Acquisto di obbligazioni Cirio e adeguatezza dell'operazione
Tribunale di Roma, 03 Dicembre 2005. ..
Intermediazione finanziaria – Acquisto di obbligazioni Cirio – Adeguatezza dell’operazione – Sussistenza
Deve ritenersi adeguata l’operazione di acquisto di obbligazioni Cirio (nella specie Cirio Fin 8% DC05) qualora l’incidenza della stessa non sia superiore al 5% degli investimenti complessivi anche in titoli azionari operati dei clienti e questi abbiano scelto e dichiarato un profilo di rischio elevato finalizzato all’ottenimento della massima redditività.
Sent. N. 26173/2005
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(omissis)
Assumevano gli attori di essere titolari di un conto di deposito presso l'istituto bancario convenuto e che quest'ultimo, senza alcuna loro autorizzazione, aveva inserito nel portafoglio titoli obbligazioni Cirio denominate "Cirio Fin 8% DC05 Eur" per un controvalore d'acquisto di €.49.000,00 ciascuno. Tale operazione, oltre a non essere mai stata richiesta nemmeno era stata ratificata dai medesimi; inoltre non era mai stato fornito alcun documento sui contenuti ed i rischi connessi a tale tipo di investimento. Gli stessi venivano a conoscenza dell'operazione solo in data 3.01.03 allorché la banca aveva comunicato l'infruttuosità della relativa cedola a causa dell'inadempimento dell'emittente tali obbligazioni. Chieste, anche tramite il proprio legale: le dovute spiegazioni di tale operazione, oltre alla necessaria documentazione che non era stata consegnata all'epoca dell'acquisto, ottenevano solo risposte elusive da parte della banca, che solo successivamente e dopo reiterate richieste aveva finalmente fornito parte della documentazione richiesta. Da questa emergeva che i moduli usati dalla banca recavano la data del 5.12.2000 e gli stessi risultavano privi degli elementi necessari alla validità dell'operazione. Ciò induceva gli stessi apresentare denunzia penale per le gravi responsabilità dell'istituto convenuto, giacché risultava, oltre tutto, il vero motivo che aveva determinato tale operazione ossia di un piano dì ristrutturazione da parte degli advisor del debito Cirio giacché le società del corrispondente gruppo versavano in una disastrosa situazione finanziaria e patrimoniale, nota agli istituti di credito al momento dell'emissione di dette obbligazioni. In particolare, deduceva che le società del gruppo Cirio avevano maturato un debito elevatissimo verso il sistema bancario e che per tale motivo avevano tatto ricorso a forme di finanziamento sempre più frequenti, sino all'emissione di titoli obbligazioni per oltre 1.000 di euro, che per ragioni di impedimenti normativi del mercato interno, dovuto al forte indebitamento del gruppo, era stato collocato presso la borsa di Lussemburgo e destinato agli investitori professionali, tra cui anche gli istituti di credito, in modo da eludere il vincolo di mercato operante in Italia. A seguito di tale collocamento obbligazionario, molti istituti di credito procedevano a trasferire il debito Cirio sui propri clienti anche piccoli risparmiatori privati, e ciò in contrasto con quanto indicato dallo stesso collegio sindacale del gruppo Cirio a proposito della destinazione del finanziamento agli investitori istituzionali ed alla preclusione della vendita retail. Tale sistema aveva permesso ai vari istituti di credito partecipi di tale complessa operazione di trasferire il debito di tale gruppo mediante la collocazione delle obbligazioni sui piccoli investitori. A tale attività speculativa e traslativa del debito Cirio aveva preso parte anche l'istituto creditizio convenuto, che infatti aveva trasferito sui propri clienti, semplici risparmiatori, detti titoli lucrando anche le commissioni per la rivendita degli stessi. I titoli, che erano stati emessi, in varie soluzioni all'evidente scopo di autofinanziare ogni precedente emissione, a dicembre 2002 venivano dichiarati in default, giacché la società emittente, messa in mora dallo stesso collocatore dei titoli, si era resa inadempiente. Tale modo di operare aveva permesso di eludere le prescrizioni normative dettate dal D.Lgs. 58/98, giacché tali titoli venivano messi in circolazione senza alcun prospetto informativo mancando per essi qualsiasi valutazione delle società di rating a ciò deputate proprio per determinare il rischio dell'investimento. Pertanto, in buona sostanza, le violazione commesse consisteva nell'aver collocato le obbligazioni Cirio sul mercato italiano e ad investitori privati sapendo che ciò non era consentito, nonché nell'aver occultato ai risparmiatori l'elevato livello di, rischio insito in tale investimento in modo da trasferire su questi ultimi i titoli che, viceversa, dovevano permanere; nel portafoglio della banca, come specificato nello stesso prospetto informativo. Inoltre, in violazione dell'art. 28 del citato teste normativo, non era stata acquisita dalla banca alcuna informazione in ordine all'esperienza del cliente in materia di investimenti mobiliari e sulla propensione al rischio assunta; ed in violazione dell'art. 29 dello stesso testo, aveva compiuto operazioni non adeguate al profilo finanziario e rischio posseduto dall'investitore, e ciò reso ancor più grave dal fatto di essere stata edotta, la banca, dell'illegittimità dell'investimento. Relativamente al danno subito, deducevano gli attori che oltre al valore pecuniario dell'investimento, pari ad €. 49.000,00 per ognuno di essi, si era prodotto anche il danno per il turbamento della serenità familiare derivato dalle notizie che pervenivano dai mezzi di comunicazione di massa sullo stato ed andamento di detti titoli. Tale tipologia di danno risarcibile, come riconosciuto anche dalla Corte di cassazione, riguardava infatti l'angoscia e la paura derivata da tali eventi, ed era suscettibile di produrre un danno esistenziale; ossia un danno non patrimoniale comunque effetto negativo diretto della condotta illecita lesiva di situazioni soggettive. A tale titolo, chiedevano pertanto il risarcimento di €. 250.000,00 in favore di ognuno di essi, ovvero la diversa somma accertata in giudizio.Si costituiva il Credito Emiliano s.p.a. contestando la domanda attrice e chiedendone il rigetto. Deduceva, infatti, un totale travisamento dei fatti da parte attrice, oltre che una totale inconsistenza delle argomentazioni giuridiche poste a base della domanda risarcitoria. In particolare non rispondeva al vero che i titoli fossero stati inseriti nel portafoglio senza alcuna autorizzazione o ratifica dei clienti, in quanto, viceversa, gli stessi venivano acquistati in esecuzione del rapporto di deposito titoli in amministrazione in relazione a specifici ordini scritti del cliente, a fronte dei quali essa esponente non poteva omettere di dare esecuzione agli stessi, pena la responsabilità per i danni eventualmente subiti dal cliente. Nel caso di specie, inoltre, l'attore B. aveva imposto che gli investimenti scelti dagli attori fossero comunicati per telefono, non disponendo egli di tempo a sufficienza per recarsi presso l'istituto essendo presidente e maggiore azionista della *** s.p.a. Gli ordini così impartiti venivano confermati via fax dalla banca con il riepilogo degli ordini eseguiti, dopo che gli attori provvedevano a sottoscrivere l'elenco e solo una volta sottoscritti essa esponente provvedeva alla loro esecuzione. Quanto al trasferimento sui clienti investitori del rischio dal Gruppo Cirio deduceva che nel febbraio 2001 non esisteva alcun rischio di questo tipo, ed i crediti di essa esponente verso detto gruppo non erano stati mai trasferiti su deduceva che nel febbraio 2001 non esisteva alcun rischio di questo tipo, ed i crediti di essa esponente verso detto gruppo non erano stati mai trasferiti su era estranea alla vicenda e comunque non era stata nemmeno citata nel presente giudizio, inoltre la stessa aveva venduto tali titoli esclusivamente ad investitori istituzionali, quindi perfettamente in osservanza del prospetto informativo citato dagli attori. Peraltro, tale prospetto contemplava due aspetti irrilevanti nella specie, ossia: le sole obbligazioni degli enti collocatori e non anche quelle degli investitori istituzionali, che a loro volta potevano vendere i titoli ai propri clienti nei limiti stabiliti dalle legislazioni interne; gli obblighi dettati dall'art. 94 del D.Lgs. 58/98 per la sollecitazione del pubblico risparmio, non ricorrente nel caso degli attori in quanto gli stessi ne avevano fatto esplicita richiesta, pertanto la vendita in contestazione doveva ritenersi perfettamente lecita. In relazione alla mancata predisposizione del prospetto informativo, eccepiva che tale obbligo nasceva solo in caso di operazioni di sollecitazione al pubblico risparmio mentre nel caso di specie, essa esponente, non aveva posto in essere alcuna condotta di tal genere, dunque non poteva essere destinataria di un siffatto addebito, essendosi limitata a compiere semplici operazioni individuali su espressa richiesta del cliente. Relativamente alla dedotta conoscenza delle condizioni di dissesto del gruppo Cirio da parte di essa convenuta, al febbraio 2001, deduceva la totale mancanza di prova di tale affermazione, ed inoltre a tale epoca l'andamento economico del gruppo per un verso non incideva sulla consistenza patrimoniale dello stesso, come risultava dai bilanci approvati e certificati da società terze specializzate; per altro verso gli esperti del settore esprimevano piena tranquillità sulla solvibilità del gruppo. Contestava, ancora, l'assenza di qualsiasi nesso di causalità tra l'acquisto dei titoli in argomento e il dannolamentato, giacché nei due anni circa intercorsi tra l'acquisto dei titoli (febbraio 01) ed il loro default (dicembre 02) gli stessi ben avrebbero potuto rivenderli in ogni momento, avendo scelto di gestire direttamente il patrimonio. Per altro verso, aggiungeva che il B. era persona ben esperta in materia di negoziazioni finanziarie, ed aveva impiegato ingenti somme in tale direzione, provvedendo anche alla gestione del patrimonio intestato alla di lui moglie, sicché la situazione reale si presentava ben diversa da quella viceversa prospettata con l'atto di citazione. Lo stesso, infatti, aveva investiti circa quattro miliardi di lire in titoli ed in quanto presidente e azionista di riferimento della ** s.p.a., operante proprio nel settore della valutazione del rischio, era perfettamente capace di valutare il rischio connesso alle singole operazioni mobiliari realizzate. Peraltro, nel caso di specie la quota riservata ai titoli Cirio era di appena il 5% del patrimonio di quattro miliardi investito.
Acquisiti i documenti, la causa era trattenuta in decisione all'udienza del 2.11.05 a seguito della discussione orale richiesta dai procuratori delle parti all'udienza di precisazione delle conclusioni, con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda attrice è infondata e va integralmente rigettata.
Nessuna inadempienza negoziale o violazione di legge appare, infatti, ravvisabile nella condotta della banca convenuta in ordine al danno lamentato dagli odierni attori in conseguenza dell'investimento finanziario in obbligazioni Cirio.
Va anzitutto rilevato come dalla documentazione prodotta dalla convenuta risulti totalmente smentita l'affermazione degli attori di non aver mai richiesto, ordinato o ratificato l'acquisto dei citati titoli, dato che emerge, al contrario, la piena consapevolezza dei medesimi di detta operazione d'acquisto. È sufficiente esaminare le comunicazioni scritte intercorse tra i medesimi ed il funzionario della banca (M.) per rendersi conto che prima dell'acquisto delle obbligazioni Cirio gli stessi sono stati edotti dell'investimento in questione, unitamente all'investimento complessivo in titoli per circa quattro miliari di lire, e che il pacchetto di investimento proposto agli stessi, e che appunto comprendeva espressamente le obbligazioni Cirio, è stato debitamente sottoscritto dai predetti e inviato alla banca (cfr. doc. da 1 a 3 conv.).
Peraltro, tale conferma scritta veniva preceduta da colloqui telefonici tra gli stessi soggetti, come sostenuto dalla banca e non contestato dagli attori.
A questo stesso riguardo, la convenuta, infatti, ha precisato che il B. aveva chiesto ed ottenuto dalla banca di poter operare sui titoli per via telefonica senza presentarsi nei locali dell'istituto in quanto particolarmente impegnato essendo egli presidente di un'importante società (la ** s.p.a.), sicché anche nel caso in questione l'ordine era stato impartito per telefono e poi confermato via fax con sottoscrizione del prospetto contenente i vari titoli oggetto dell'investimento complessivo compiuto (cfr. doc. 3). In relazione a tale affermazione della banca nulla è stato obiettato o contestato dagli attori, sicché tale ammissione dei diretti interessati insieme alla documentazione probatoria sopra detta rendono pacificamente accertato l'ordine di acquisto delle obbligazioni Cirio in questione da parte degli attori.
A tale fondamentale elemento che sconfessa l'affermazione di non aver mai chiesto l'acquisto dei titoli, si aggiunte, in ogni caso, la ratifica implicita dell'operazione da parte degli attori ai sensi dell'art. 1399 c.c. Questi, infatti, hanno detenuto le obbligazioni Cirio per circa due anni nel proprio portafoglio, ossia dal febbraio 2001 al gennaio 2003; senza mai contestare alcunché e ritraendo in tale arco di tempo i rendimene forniti dal titolo obbligazionario, a fronte delle numerose e periodiche comunicazioni della banca dalle quali risultava a tutta evidenza il possesso dei titoli Cirio.
Tale comportamento è dunque palesemente esaustivo della volontà degli odierni attori di accettare nel proprio portafoglio detti titoli, sicché anche se non vi fosse stato, come invece è avvenuto, l'ordine specifico di acquisto da parte degli stessi l'operazione sarebbe comunque valida attesa la incontestabile ratificata intervenuta.
Ciò dimostra l'inconsistenza dell'assunto attoreo di aver rilevato l'esistenza dei titoli, nei loro portafogli, solo nel gennaio 2003, allorché avevano ricevuto la comunicazione della banca del mancato pagamento delle cedole scadute nel dicembre 2002 a causa dell'inadempimento della società emittente le obbligazioni.Infatti, per un verso, dalla copiosa documentazione prodotta dalla banca emerge, come detto, il periodico invio degli estratti conto e dei rendiconti sui conti correnti e conti di deposito titoli, dall'esame dei quali si rileva agevolmente l'esistenza delle obbligazioni Cirio, per altro verso, la tesi risulta oltremodo sconfessata dall'entità degli investimenti compiuti dagli attori (circa quattro miliardi di lire) e dalle specifiche qualità personali del B., in quanto componente del C.d.A. della ** .s.p.a. (cfr. doc. da 4 a 17 banca).
In altri termini, non può essere creduta l'assenza anche di semplici verifiche superficiali da parte degli attori sui rispettivi conti bancari e quindi dell'esistenza dei titoli in parola per circa due anni senza alcuna presa di posizione negativa verso la banca sul presupposto che, come dagli stessi affermato, nessuna autorizzazione o ratificata vi era stata per l'acquisto dei medesimi prodotti finanziari.
Le deduzioni svolte e i riscontri documentali indicati, rendono quindi totalmente ragione alla tesi della banca convenuta, ossia di aver proceduto all'acquisto dei titoli in parola su espressa disposizione dei coniugi B.-M..
Va osservato, in proposito, che in apporto in essere con la banca era di semplice custodia titoli e non di gestione degli investimenti (cfr. doc. 28 e 29 banca), di talché le operazioni sui prodotti finanziati venivano eseguite su esplicito ordine del cliente e non sulla base di decisioni discrezionali della banca, come avviene nel caso di gestione titoli affidata alla stessa, sicché coerentemente con tale tipo di rapporto la banca ha agito sulla base dell'ordine che i clienti le hanno impartito nel corso del rapporto.
Peraltro, come accennato, si è trattato di un rapporto relativo a cospicui investimenti mobiliari (circa quattro miliardi di lire, cfr. doc. da 22 a 27 banca) sul quale sono intervenuti vari ordini di vendita ed acquisto da parte degli stessi clienti ed odierni attori; ordini che evidentemente sono stati eseguiti correttamente dalla banca, come può evincersi dall'assenza di contestazioni sugli altri investimenti effettuati dagli attori. Sicché non è dato comprendere per quale oscuro motivo la banca avrebbe dovuto, limitatamente alle obbligazioni Cirio, operare all'insaputa dei clienti e senza un loro ordine per inserire nel loro portafoglio tali titoli.
Una tale condotta avrebbe dovuto coerentemente determinare anche una prosecuzione dell'attività simulatoria da parte della stessa e non invece, come ha fatto, evidenziare ordinariamente in tutte le comunicazioni l'esistenza dei titoli nel portafogli degli interessati, ma ignari dell'operazione irregolare della banca.
Ciò non aveva alcun senso logico.
Peraltro, la stessa tesi attorea sull'esistenza di un interesse della banca a far deflettere il rischio di insolvenza del gruppo Cirio sugli investitori individuali, atteso l'elevato indebitamento dello stesso gruppo verso il ceto bancario, appare nel caso in questione ugualmente privo di senso, giacché se anche fosse dimostrata, il che non è, come si dirà appresso, l'esistenza di un sfatto illecito interesse della banca ancor più sarebbe dovuta essere celata la condotta della stessa nell'inserire i titoli Cirio nel portafoglio dei clienti, e non darne continua comunicazione.
Né può seriamente sostenersi la consapevolezza ab origine della banca convenuta dell'esistenza di programma criminoso di terzi per scaricare sugli investitori individuali il grande debito avuto dal gruppo Cirio verso le banche. Infatti, per un verso va subito rilevato che in tal senso non esiste agli atti di causa la benché minima prova di tale partecipazione della banca ad un illecito di tal fatta. Per altro verso, lo stesso illecito dedotto dagli attori, pur avendo occupato le cronache nazionali giudiziarie e non, non ha in questa sede ricevuto alcun riscontro probatorio in ordine alla sua sussistenza obbiettiva e sull'incidenza concreta avuta per il caso che qui interessa. Inoltre, l'arco di tempo compreso tra il dedotto inserimento dei titoli nel portafoglio degli odierni attori (febbraio 01) e la scoperta del default (dicembre 02-gennaio 03) e tale da escludere ragionevolmente qualsiasi maliziosa consapevolezza iniziale da parte della banca convenuta dell'insolvenza a cui l'operazione su tali titoli andava incontro.
Dunque, anche sotto questo collegato profilo le doglianze e contestazioni attoree si dimostrano prive di qualsiasi pregio.
Nello stesso alveo discorsivo va pure denegato ogni fondamento alla pretesa violazione delle norme sulle operazioni di negoziazioni titoli sostenuta dagli attori con riferimento all'obbligo di informazione gravante sui soggetti abilitati, e sull'obbligo di una oculata gestione per garantire e tutelare costantemente gli investitori non professionali in relazione al profilo di rischio dagli stessi adottato e scelto.
Anche da questo punto di vista non sussiste alcuna violazione di regole comportamentali da parte della banca convenuta.
Quanto al profilo di rischio scelto dagli attori, e quindi alla coerenza e compatibilità dell'operazione sui titoli Cirio, risulta che gli stessi hanno espressamente scelto un profilo di rischio elevato, come risulta dalla documentazione prodotta dalla banca (cfr. doc. 21 banca) in cui è chiaramente evidenziata la scelta degli stessi di un investimento con massima rischiosità finalizzati all'ottenimento di una redditività massima, nonché specificata la pregressa esperienza in materia di investimenti finanziari. Lo stesso riscontro può essere fatto in via deduttiva dal complesso degli investimenti operati dai medesimi. Infatti, su un patrimonio di circa quattro miliardi solo il cinque per cento è stato investito in obbligazioni Cirio, ed il restante investimento è stato destinato ugualmente a titoli obbligazionari ed azionari, quindi a prodotti finanziari con rischio elevato e sopratutto coerente con l'operazione che qui contestata.
Per ciò che concerne l'adeguata informazione va messo in luce il fatto che la vendita di tali titoli è stata fatta in conto proprio dalla banca e non mediante sollecitazione pubblica all'acquisto, ragione per cui non era richiesta l'emissione e la consegna di un prospetto informativo, giacché documento obbligatorio solo nelle ipotesi di sollecitazione pubblica e non di transazione individuale o negoziazione di titoli posseduti dal soggetto abilitato.
Nel caso di specie, peraltro, l'acquisto in discussione è stato effettuato previa consegna del documento sui rischi generali degli investimenti (cfr. doc. 30 banca) e dichiarazione degli attori di conoscenza del conflitto di interessi della banca e di contestuale richiesta dell'operazione anche in presenza di tale conflitto (cfr. doc. 3 citato).
Alla luce di tali risultanze documentali non sembra esservi dubbio sulla regolarità dell'operazione oggi contestata dagli attori, ma di cui gli stessi hanno avuto piena consapevolezza sin dall'origine e nel corso di circa due anni di permanenza dei titoli nel loro portafoglio.
L'esito negativo dell'operazione, emerso come detto dopo due anni circa, non può essere imputato in nessun modo alla odierna convenuta, in quanto nessun inadempimento o violazione di legge è rilevabile nella condotta operativa della stessa.
Le ragioni sopra illustrate rendono superfluo ogni ulteriore esame della vicenda anche per ciò che concerne il danno richiesto dagli attori, il quale certamente appare del tutto insensato per gli aspetti del dedotto pregiudizio non patrimoniale subito, consideratoti capitale investito dai medesimi, la perdita derivata dalle obbligazioni Cirio e l'andamento complessivo degli investimenti fatti tramite la stessa banca, che hanno prodotto un consistente guadagno nonostante il contestato default Cirio. Sostenere, come fatto dagli attori., di aver subito un danno esistenziale pari a € 250.000,00 in conseguenza di un'eventuale perdita di €. 49.000,00, su investimenti complessivi cospicui e che comunque producevano guadagni per circa €. 38.000,00, risulta obiettivamente non credibile, unito al fatto di non aver dedotto né provato alcunché a tale riguardo.
In conseguenza delle ragioni di rigetto della presente domanda, le spese di lite vanno poste a totale carico della parte attrice, come da liquidazione che segue in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale, definendo il giudizio, così provvede:
1. rigetta la domanda di risarcimento danni proposta da B. G. e M. M. F. nei confronti del Credito Emiliano s.p.a. con l'atto di citazione notificato a quest'ultimo in data;
2. condanna B. G. e M. M. F., in solido tra loro, a rifondere al Credito Emiliano s.p.a. le spese del presente giudizio che si liquidano in complessivi €. 10.300,00, di cui E. 8.000,00 per onorari di avvocato, €. 2.300,00 per diritti e spese, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge.