Prevalenza dei crediti ipotecari sui crediti prededucibili
Cassazione civile, sez. I, 28 Giugno 2002, n. 9490. Est. Nappi.
Fallimento - Ripartizione dell'attivo - Somme ricavate dalla vendita di beni ipotecati - Ripartizione - Crediti ipotecari - Prevalenza su crediti prededucibili - Ammissibilità - Limiti
In sede di ripartizione fallimentare delle somme ricavate dalla vendita di beni oggetto di ipoteca, i crediti ipotecari prevalgono sui crediti prededucibili, salvo che questi ultimi si ricolleghino ad attività direttamente e specificamente rivolte ad incrementare, o ad amministrare, o a liquidare i beni ipotecati o rechino, comunque, ai titolari specifiche utilità, e salvo il limite di un'aliquota delle spese generali, che deve, in ogni caso, gravare sui beni assoggettati a garanzia reale. (massima ufficiale)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ANTONIO SAGGIO - Presidente -
Dott. DONATO PLENTEDA - Consigliere -
Dott. WALTER CELENTANO - Consigliere -
Dott. LUIGI MACIOCE - Consigliere -
Dott. ANIELLO NAPPI - rel. Consigliere -
Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO - Consigliere -
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
Omissis
Svolgimento del processo
La Banca Nazionale del Lavoro s.p.a., ammessa al passivo del fallimento della Creazioni Alessandra s.r.l. per un credito ipotecario di L. 1.906.809.263 oltre interessi, propose reclamo avverso il decreto del giudice delegato che aveva dichiarato esecutivo un piano di ripartizione parziale dell'attivo fallimentare con il quale le veniva attribuita la somma di L. 1.678.739.458, lamentando un'erronea imputazione delle spese e degli accantonamenti. Il Tribunale di Modena, competente a pronunciarsi sul reclamo, confermò il decreto impugnato, rilevando come a carico del creditore ipotecario fossero state poste spese estranee all'immobile ipotecato, ma solo una quota delle spese generali utili al reclamante, che peraltro doveva sopportare in parte anche quelle riferibili alla sua quota di credito soddisfatto in rango solo chirografario per l'insufficienza del bene oggetto della garanzia, mentre gli accantonamenti disposti a norma dell'art. 113 n. 4 legge fall. avrebbero potuto essere oggetto di contestazione in sede di riparto finale.
Ricorre per cassazione la banca creditrice e propone due motivi d'impugnazione, cui resiste con controricorso la curatela fallimentare.
La Banca Nazionale del Lavoro ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli art. 54, 107, 109 e 111 legge fall., 2770, 2777, 2880 c.c. Lamenta che il tribunale abbia detratto dalla somma attribuitale anche spese non riconducibili alla gestione e alla vendita dell'immobile gravato da ipoteca e abbia disposto accantonamenti non riferibili alla sua posizione di creditore ipotecario, che si esaurisce con la distribuzione delle somme ricavate dalla vendita immobiliare. In particolare ritiene eccessivo l'accantonamento relativo al compenso spettante al curatore. Con il secondo motivo la ricorrente deduce omessa e contraddittoria motivazione del provvedimento impugnato. Lamenta che il tribunale non abbia specificato quali spese siano imputabili al creditore ipotecario e per quale ragione, abbia erroneamente ritenuto il creditore ipotecario equiparabile agli altri creditori per la parte del suo credito che non potrà essere pagato con quanto ricavato dalla vendita immobiliare, abbia erroneamente attribuito ad altri creditori, con gli accantonamenti, somme che le sarebbero invece spettate nella sua qualità di creditrice ipotecaria, abbia omesso di giustificare l'accantonamento per il compenso al curatore. 2. Ai fini di una corretta decisione, occorre chiarire preliminarmente che nel provvedimento impugnato si possono distingue due parti: quella relativa alla individuazione delle spese da pagare in prededuzione, a norma dell'art. 111 n. 1 legge fall.; quella relativa alla individuazione delle quote da trattenere in sede di ripartizione parziale, a norma dell'art. 113 n. 4 legge fall., per il pagamento delle spese future e del compenso al curatore. Il ricorso proposto contro il provvedimento assunto a norma dell'art. 113 n. 4 legge fall. è inammissibile, perché investe un provvedimento privo dei requisiti della decisorietà e della definitività. Le somme sottratte alla ripartizione parziale, invero, non vengono definitivamente negate al creditore ipotecario, ma se ne rinvia soltanto la distribuzione al piano di ripartizione finale, quando sarà definitivamente determinata l'entità delle spese e del compenso per il curatore. Come si desume dal testo stesso dell'art. 113 legge fall., si tratta di somme che non vengono attribuite ad alcun creditore, ma vengono solo trattenute in attesa della definitiva decisione sulla loro effettiva destinazione. E nella giurisprudenza di questa Corte è indiscusso che questi provvedimenti, non avendo carattere decisorio, non sono ricorribili per cassazione (Cass., 9 sez. 1^, 22 dicembre 2000, n. 16153, m. 542878, Cass., sez. 1^, 8 gennaio 1999, n. 83, m. 522053), perché si tratta di atti interni alla procedura, di carattere ordinatorio, inerenti alla gestione del patrimonio fallimentare (Cass., sez. 1^, 22 maggio 1997, n. 4590, m. 504624). Possono avere carattere decisorio, invece, e sono in tal caso ricorribili per cassazione, i provvedimenti relativi alla individuazione delle spese da pagare in prededuzione, a norma dell'art. 111 n. 1 legge fall.
Come è stato ben chiarito, "qualora la sussistenza e la prededucibilità di un credito nei confronti della massa, che siano contestate dal curatore, e difettino di accertamento in forza di pronuncia giurisdizionale, vengano disconosciute anche dal giudice delegato, con decreto di reiezione dell'istanza di pagamento, reso a norma dell'art. 111 secondo comma della legge fallimentare, si deve escludere che il preteso creditore, per ottenere il riconoscimento dei propri diritti, possa proporre reclamo contro detto decreto, e poi ricorso per cassazione contro la statuizione sul reclamo, atteso che i relativi provvedimenti, meramente ricognitivi del difetto dei presupposti per il pagamento in prededuzione, non hanno portata decisoria su quei diritti" (Cass., sez. 1^, 8 maggio 1991, n. 5124, m. 472055). Al contrario, quando, come nel caso in esame, il giudice delegato e il tribunale fallimentare riconoscano la prededucibilità di tali crediti e, quindi, incidano sulla pretesa degli altri creditori, riducendo l'ambito delle somme a essi attribuibili, i relativi provvedimenti hanno natura decisoria e il ricorso per cassazione è ammissibile contro il decreto del tribunale (Cass., sez. 1^, 21 febbraio 2001, n. 2493, m. 544001). È ammissibile, perciò, il ricorso con il quale l'attuale ricorrente lamenta appunto che la individuazione delle spese da pagare in prededuzione sia stata effettuata in modo da pregiudicare i suoi diritti di creditore ipotecario.
In realtà, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in sede di ripartizione fallimentare delle somme ricavate dalla vendita di beni oggetto di ipoteca, i crediti ipotecari prevalgono sui crediti prededucibili, salvo per la parte in cui questi "si ricolleghino ad attività direttamente e specificamente rivolte ad incrementare, o ad amministrare, o a liquidare i beni ipotecati o rechino, comunque, ai titolari specifiche utilità e salvo il limite di un'aliquota delle spese generali, che deve, in ogni caso, gravare sui beni assoggettati a garanzia reale" (Cass., sez. 1^, 11 gennaio 1995, n. 251, m. 489614, Cass., sez. 1^, 20 agosto 1997, n. 7756, m. 506880, Cass., sez. 1^, 10 maggio 1999, n. 4626, m. 526152). E nel caso in esame il tribunale, esplicitamente richiamatosi a questi principi, ha ritenuto che in concreto "nessun costo o spesa della procedura estranei all'immobile oggetto di ipoteca sia stato posto a carico del creditore" ipotecario.
La ricorrente, premesso che l'entità delle spese riferibili al bene ipotecato è stata determinata nella misura forfettaria di L. 16.498.990, in ragione del 62% delle spese complessive, sostiene però che vi siano state duplicazioni e lamenta omessa e contraddittoria motivazione del provvedimento impugnato. In proposito occorre rilevare che, secondo una giurisprudenza indiscussa di questa Corte, nei casi, come quello in esame, nei quali il ricorso per cassazione è ammesso solo ai sensi dell'art. 111 Cost., la deducibilità del vizio di motivazione non si estende alle ipotesi di insufficiente o incompleta valutazione dei dati processuali, ma è limitata ai soli casi di radicale mancanza del discorso giustificativo della decisione. Si ritiene, infatti, che "la inosservanza del giudice civile all'obbligo della motivazione su questioni di fatto integra 'violazione di legge', e come tale è denunciabile con il detto ricorso, quando si traduca in mancanza della motivazione stessa (con conseguente nullità della pronuncia per difetto di un requisito di forma indispensabile), la quale si verifica nei casi di radicale carenza di essa, ovvero del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la 'ratio decidendi (cosiddetta motivazione apparente), o fra di loro logicamente inconciliabili, o comunque perplesse od obiettivamente incomprensibili, e sempre che i relativi vizi emergano dal provvedimento in sè, restando esclusa la riconducibilità in detta previsione di una verifica sulla sufficienza e razionalità della motivazione medesima in raffronto con le risultanze probatorie" (Cass., sez. un., 16 maggio 1992, n. 5888, m. 477253; Cass., sez. un., 30 ottobre 1992, n. 11846, m. 479257; Cass., sez. un., 24 settembre 1993, n. 9674, m. 483829). E nel caso in esame è certamente da escludere che la motivazione esibita dai giudici del merito sia così radicalmente carente.
Appare palesemente infondata, innanzitutto, la deduzione di duplicazione delle voci di spesa, posto che lo stesso ricorrente ne riconosce la determinazione in misura forfettaria e percentuale sull'importo complessivo delle spese stesse, senza che risulti dimostrata, se non per ipotesi, la dedotta duplicazione. Nè risulta pertinente la censura rivolta all'argomento con il quale i giudici del merito giustificano la propria decisione anche con la previsione di un'ulteriore partecipazione della banca come chirografaria alle future ripartizioni, in quanto non integralmente soddisfatta come creditrice ipotecaria. Si tratta, invero, di un argomento evidentemente esibito a sostegno della decisione assunta a norma dell'art. 113 legge fall., che, come s'è detto, non è impugnabile. Mentre per il resto il ricorso propone una rivalutazione di questioni di merito estranee al giudizio di legittimità, laddove sostiene che sia eccessiva la percentuale delle spese ritenute comune anche al creditore ipotecario.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese in favore della resistente, liquidandole in complessive euro 5077,47 di cui euro 5000,00 per onorari.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 6 marzo 2002.
Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2002