Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19768 - pubb. 11/01/2018

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Cassazione civile, sez. I, 09 Novembre 2000, n. 14561. Est. Di Amato.


Accertamento del passivo - Credito dell'amministrazione finanziaria per pena pecuniaria conseguente a violazione di norme finanziarie - Ammissione al passivo della procedura - Presupposti - Previa ordinanza dell'autorità amministrativa determinativa della pena - Necessità - Portata



Nel caso di impresa assoggettata ad amministrazione straordinaria, presupposto per l'ammissione al passivo della relativa procedura del credito dell'amministrazione per la pena pecuniaria conseguente alla violazione di norme finanziarie, ai sensi dell'art. 55 della legge 7 Gennaio 1929, n. 4, è la emissione della ordinanza con la quale l'autorità amministrativa determina discrezionalmente la misura della pena. Peraltro, la domanda di accertamento negativo della pretesa dell'amministrazione finanziaria non può essere proposta in sede diversa da quella concorsuale. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Pellegrino SENOFONTE - Presidente -
Dott. Vincenzo PROTO - Consigliere -
Dott. Salvatore SALVAGO - Consigliere -
Dott. Luigi MACIOCE - Consigliere -
Dott. Sergio DI AMATO - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A


sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

- ricorrente -

contro

C.I.R. CARTIERE ITALIANE RIUNITE SpA;

- intimata -

e sul 2^ ricorso n.^ 06993/99 proposto da:
C.I.R. CARTIERE ITALIANE RIUNITE SpA, in amministrazione straordinaria, in persona del Commissario Governativo, elettivamente domiciliata in ROMA VIA VITTORIO VENETO 108, presso l'avvocato PESCATORE SALVATORE, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato NICOLOSI FRANCESCO, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente e ricorrente incidentale -

contro

MINISTERO DELLE FINANZE;

- intimato -

avverso la sentenza n. 132/98 della Corte d'Appello di GENOVA, depositata il 03/03/98;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/06/2000 dal Consigliere Dott. Sergio DI AMATO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Marco PIVETTI che ha concluso per l'accoglimento del ricorso principale e il rigetto del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Circoscrizione Doganale di Genova notificava alla C.I.R. - Cartiere Italiane Riunite s.p.a., che all'epoca era stata assoggettata alla procedura di amministrazione straordinaria, atto di contestazione di violazione delle leggi sull'IVA. La C.I.R. presentava le proprie deduzioni all'Intendente di Finanza di Genova, che, con ordinanza emessa ai sensi dell'art. 55 della legge n. 4 del 1929, applicava sanzione pecuniaria, Avverso detto provvedimento la C.I.R. proponeva ricorso al Ministero delle Finanze. Il ricorso veniva rigettato e la C.I.R. proponeva opposizione innanzi al Tribunale di Genova, deducendo che competente ad applicare la sanzione era l'ufficio IVA di Roma; che essa aveva, comunque, definito la pendenza in questione ai sensi dell'art. 47 della legge n. 413 del 1991; che, comunque, era stata erroneamente individuata la sanzione applicabile.
Il Tribunale di Genova accoglieva l'opposizione, osservando che per la stessa infrazione l'Ufficio IVA di Roma aveva applicato la sanzione di cui all'art. 48, 1^ co., del d.p.r. n. 633 del 1972, così come indicato in via subordinata dall'opponente. L'Amministrazione finanziaria proponeva appello contestando che l'Ufficio IVA di. Roma avesse sanzionato la medesima infrazione e che, in ogni caso, fosse applicabile la sanzione indicata dal Tribunale.
La Corte di merito, con sentenza del 3 marzo 1996, premesso che il provvedimento dell'intendenza di finanza ha contenuto sia di determinazione della pena che di ordine di pagamento del relativo importo, osservava che la C.I.R. si trovava, al momento della notifica dell'ordinanza intendentizia, in amministrazione straordinaria; poiché, quindi, il credito relativo all'infrazione non poteva essere accertato che nella sede concorsuale, dichiarava, da un lato, l'inefficacia dell'ordinanza dell'Intendente di finanza e del decreto che aveva respinto il ricorso avverso la stessa e, d'altro canto, l'improponibilità in sede diversa da quella concorsuale di una domanda di accertamento negativo della pretesa tributaria dell'Amministrazione finanziaria.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l'Amministrazione finanziaria, deducendo un unico motivo. La C.I.R., in amministrazione straordinaria, resiste con controricorso e propone ricorso incidenta le, sulla base di un motivo, illustrando entrambi anche con memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi, proposti avverso la stessa sentenza, devono essere riuniti, ai sensi dell'art. 335 c.p.c.. Con l'unico complesso motivo l'amministrazione finanziaria ricorrente deduce che l'ordinanza dell'intendente di finanza (art. 5 della legge n. 4 del 1929) svolge sia la funzione di accertamento e
quantificazione della sanzione sia quella di formazione di un titolo esecutivo e mentre la seconda funzione deve ritenersi incompatibile con l'instaurazione di una procedura concorsuale, la prima è prodromica alla insinuazione al passivo della procedura. Da ciò consegue, secondo la ricorrente, che la Corte di appello non avrebbe dovuto dichiarare l'inefficacia dell'ordinanza dell'Intendente di finanza.
Il ricorso è fondato per quanto di ragione. Come riferito in narrativa, l'ordinanza dichiarata inefficace dalla Corte di appello era stata emessa ai sensi dell'art. 55 della legge n. 4 del 1929;
detta disposizione prevede che l'intendente di finanza, qualora accerti l'esistenza della violazione e la responsabilità del trasgressore, determina con provvedimento motivato, sotto forma di ordinanza, l'ammontare della pena pecuniaria. Orbene, come già sottolineato da questa Corte, con sentenza 14 gennaio 1982, n. 229, in difetto di tale ordinanza non è possibile l'ammissione al passivo di una procedura concorsuale delle somme dovute a titolo di pena pecuniaria; infatti, tale pena può variare tra una misura minima ed una misura massiva e la sua concreta determinazione deve essere effettuata, secondo l'ordinamento, soltanto dall'intendente di finanza con ordinanza, che rappresenta titolo necessario ed insostituibile per l'ammissione al passivo della pena anzidetta. In altre parole, la determinazione della sanzione pecuniaria è rimessa alla insostituibile discrezionalità della attività amministrativa, con la conseguenza che l'efficacia dell'ordinanza ai detti fini deve rimanere ferma. L'ordinanza, peraltro, non consente di superare le regole del divieto di azioni esecutive e del concorso formale e sostanziale, dettate dagli artt. 51
e 52 l. fall. (applicabili all'amministrazione straordinaria in virtù del rinvio dell'art. 1 della legge n. 26/1979 all'art. 201 l. fall. che, a sua volta, rinvia ai precedenti artt. 51 e 52) e la sanzione deve essere insinuata al passivo della procedura, nelle forme previste dagli artt. 207-209 l. fall.; in questo procedimento deve, poi, essere esaminata ogni
questione inerente all'esistenza del credito.
Per quanto sopra detto e considerato, inoltre, che ricorrono i presupposti per una decisione nel merito, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., deve essere dichiarata l'efficacia della ordinanza de qua ai
limitati finì della determinazione della sanzione da parte dell'autorità amministrativa.
Con il ricorso incidentale subordinato la C.I.R. s.p.a. in amministrazione straordinaria ha dedotto la violazione del combinato disposto degli artt. 38 c.p.c.
e 90 della legge n. 353 del 1990. In particolare, il ricorrente incidentale si duole che la Corte di appello abbia accolto l'eccezione sollevata dalla Amministrazione finanziaria in ordine alla improponibilità della domanda di accertamento negativo proposta dalla C.I.R., malgrado tale eccezione fosse stata proposta oltre il termine assoluto di decadenza (la prima udienza di trattazione), oltre il quale, secondo quanto previsto dall'art. 38 c.p.c. nel testo novellato dalla legge n. 353/1990, è preclusa alle parti ed al giudice la possibilità di rilevare qualunque tipo di incompetenza, inclusa quella funzionale. Nella specie, secondo la ricorrente, per i giudizi pendenti alla data del 18 dicembre 1994, la disciplina transitoria dettata dall'art. 90 della citata legge n. 353/1990 prevede che l'incompetenza per materia, oltre quella per valore e quella funzionale, deve essere rilevata non oltre la prima udienza successiva alla predetta data del 18 dicembre 1994.
Il ricorso è infondato, poiché alla stregua dell'art. 90 della legge 353/1990, nel testo risultante dalle modifiche succedutesi nel tempo, ai processi in corso alla data del 30 aprile 1995 continuano ad applicarsi le norme precedentemente in vigore, tranne alcune eccezioni tra le quali non è compreso l'art. 38 c.p.c.. Tale assorbente rilievo esonera dall'esame dell'ulteriore questione se l'improponibilità o l'improcedibilità delle domande di accertamento del passivo in sede diversa da quella concorsuale ricadano o meno nell'ambito della disciplina dettata dal novellato art. 38 c.p.c.. soccorrono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.

P.Q.M.

riuniti i ricorsi, accoglie per quanto di ragione il ricorso principale; per l'effetto cassa la sentenza impugnata e, provvedendo ai sensi dell'art. 384 c.p.c., dichiara l'efficacia dell'ordinanza 14 aprile 1987 n. 553 dell'intendente di Finanza di Genova; rigetta il ricorso incidentale; compensa le spese dell'intero giudizio. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 giugno 2000.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2000