Spese a favore di associazione sportiva dilettantistica: irrilevante ogni considerazione circa la antieconomicità
Commissione tributaria regionale di Bologna, 10 Gennaio 2020. Pres. Mainini. Est. Morlini.
Spese a favore di associazione sportiva dilettantistica - Qualifica ex lege come spese pubblicitarie se rispettato il limite quantitativo dell’art. 90 comma 8 L. n. 289/2002 - Sussiste
Spese a favore di associazione sportiva dilettantistica - Valutazione inerenza in ordine a congruità costi rispetto a volume d’affari e oggetto sociale - Non sussiste
Ai sensi dell’articolo 90 comma 8 L. n. 289/2002, le spese sostenute sono qualificate ex lege come pubblicitarie se si verificano quattro condizioni: il soggetto sponsorizzato è una compagine sportiva dilettantistica; è rispettato il limite quantitativo di spesa previsto dalla norma; la sponsorizzazione mira a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor; il soggetto sponsorizzato ha effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale.
Ai fini dell’applicazione dell’articolo 90 comma 8 L. n. 289/2002, non occorre una valutazione di inerenza in ordine alla congruità dei costi rispetto al volume d’affari ed all’oggetto sociale, posto che la norma pone una presunzione assoluta, oltre che della natura di spesa pubblicitaria, altresì di inerenza della spesa stessa fino alla soglia, normativamente prefissata: consegue che deve considerarsi irrilevante ogni considerazione circa la antieconomicità della spesa in ragione della affermata irragionevole sproporzione tra l’entità della stessa rispetto al fatturato/utile di esercizio della società contribuente. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
RG. 1199/2017
Fatto
La controversia trae origine da tre avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate di Reggio Emilia nei confronti di Momastela s.r.l., con riferimento agli anni di imposta 2010, 2011 e 2012, per il recupero di imposta ai fini IRES, IRAP ed IVA, oltre sanzioni di interessi. In particolare, l’Ufficio, con riferimento alle tre annualità, ha mosso due contestazioni: per un verso, l’illegittima deduzione di costi ritenuti non inerenti per prestazioni di terzi afferenti ad un contratto di noleggio di beni mobili e servizi contabili, ritenendo il corrispettivo di € 120.000 annui pattuito sproporzionato rispetto al valore complessivo delle attrezzature noleggiate; per altro verso, l’illegittima deduzione di spese pubblicitarie ritenute indimostrate, eccessive e comunque non utili rispetto all’attività commerciale svolta per difetto di inerenza.
I tre avvisi di accertamento sono stati impugnati dal contribuente avanti alla CTP di Reggio Emilia, la quale, previa riunione dei ricorsi, ha accolto l’impugnazione con riferimento alla spesa sopportata per il contratto di noleggio, mentre ha rigettato l’impugnazione con riferimento alla spesa pubblicitaria.
Avverso la sentenza ha formulato appello principale il contribuente, riproponendo le proprie tesi in ordine alla correttezza delle spese pubblicitarie; mentre ha interposto appello incidentale l’Ufficio, riproponendo le proprie tesi in ordine alla non inerenza delle spese sopportate per il contratto di noleggio.
La parte privata ha altresì depositato memoria ex art. 32 D.Lgs. n. 546/1992.
La controversia, così come da richiesta dell’appellante, è stata discussa in pubblica udienza.
Diritto
a) Come esposto in parte narrativa, l’appello principale, proposto dal contribuente, riguarda la parte della sentenza che ha rigettato l’impugnazione del contribuente stesso relativa alla parte dell’avviso di accertamento che ritiene indeducibili le spese pubblicitarie.
L’appello è fondato, e va pertanto accolto.
Parte contribuente già dal primo grado ha infatti provato per tabulas, con inequivoca documentazione, sia i pagamenti effettuati alle società che dovevano effettuare la sponsorizzazione; sia l’effettivo svolgimento di tale attività di sponsorizzazione e promozione dell’immagine, grazie al deposito di copioso materiale fotografico (cfr. all. 2 fascicolo d’appello).
Ciò detto, le doglianze dell’Ufficio in relazione al fatto che la contribuente non avrebbe provato l’utilità commerciale della sponsorizzazione, sono infondate in fatto, e prima ancora errate in diritto.
Invero, con riferimento al fatto si osserva che la contribuente ha dedotto e provato che le principali destinatarie della sponsorizzazione, id est l’associazione sportiva dilettantistica Castellano e l’associazione sportiva dilettantistica Calcio Polinago, avevano nel loro consiglio direttivo i titolari di alcuni fra i principali clienti di Momastela, e tali sponsorizzazioni hanno rafforzato i rapporti tra le società ed aumentato il volume d’affari della Momastela (cfr. all. 5-12 fascicolo di parte appellante).
Quanto all’area territoriale ove le sponsorizzazioni sono state svolte, essa corrisponde al comprensorio delle ceramiche, che rappresenta l’attività di approvvigionamento delle merci commercializzate alle migliori condizioni di mercato.
Né può opinarsi l’irragionevolezza di una spesa pubblicitaria di poco superiore a € 100.000 da parte di una società che ha ricavi che si aggirano sugli 8 milioni di euro.
In ogni caso e comunque, la posizione dell’Ufficio è radicalmente errata già in diritto.
Infatti, dimostrata l’effettuazione della spesa e l’adempimento del contratto da parte dello sponsor, in relazione alla pretesa antieconomicità della sponsorizzazione, ogni questione sollevata dall’Ufficio è superata dal dettato dell’articolo 90 comma 8 L. n. 289/2002, cd. legge Pescante, il quale statuisce che: “Il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuti dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a € 200.000 (400.000 dal 2017), spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario, ai sensi dell’articolo 74 comma 2 (ora 108/2) TUIR, di cui al DPR n. 917/1986”.
Si tratta all’evidenza di una norma di favore per le associazioni sportive dilettantistiche, perché consente l’integrale deducibilità delle sponsorizzazioni loro rivolte e quindi incentiva la corresponsione di denaro da parte degli sponsor.
Nel caso che qui occupa, la norma è pienamente applicabile, posto che è provata la dazione di somme di denaro ad associazioni dilettantistiche sportive soggettivamente rientranti nell’elencazione di cui all’articolo 90 comma 8 L. n. 289/2002; la controprestazione delle società sponsorizzate è stata oggettivamente resa, essendo la circostanza non contestata dall’Ufficio e comunque provata con riferimento all’apposizione nel corso delle manifestazioni sportive di striscioni contenenti il nome della società sponsorizzata; l’importo pagato per la sponsorizzazione ed oggetto di deduzione è pacificamente ricompreso nei limiti indicati dalla disposizione di legge.
Deve quindi concludersi che vi è una presunzione assoluta in ordine alla deducibilità integrale come spesa pubblicitaria ex art. 108 TUIR.
Infatti, poiché la presunzione di legge riguarda la natura e la qualificazione della spesa imputata a sponsorizzazione, nessun giudizio inerenziale deve essere svolto, ex artt. 108/2 e 109/5 TUIR, sotto il profilo della idoneità della spesa alla produzione di utili e di un ritorno commerciale, in relazione all’attività dello sponsor e del soggetto sponsorizzato.
Ciò è già stato sancito da questa CTR e da questa stessa Sezione (cfr. ex pluribus CRT nn. 133/2017, 3004/2017), e soprattutto è ormai pacifico approdo anche della Suprema Corte (cfr. Cass. n. 16113/2018, Cass. n. 1420/2018, Cass. n. 21578/2017, Cass. n. 21333/2017, Cass. n. 8981/2017, Cass. n. 7202/2017, Cass. n. 5720/2016).
Ha infatti spiegato il Giudice di legittimità che il comma 8 dell’articolo 90 qualifica ex lege le spese come pubblicitarie se si verificano quattro condizioni: il soggetto sponsorizzato è una compagine sportiva dilettantistica; è rispettato il limite quantitativo di spesa; la sponsorizzazione mira a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor; il soggetto sponsorizzato ha effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale.
La Cassazione, con insegnamento costante quanto sorprendentemente ignorato dalla difesa dell’Ufficio anche in sede di discussione finale, ha quindi chiarito che, ai fini dell’applicazione della norma, non occorre una valutazione di inerenza in ordine alla congruità dei costi rispetto al volume d’affari ed all’oggetto sociale, posto che l’articolo 90 comma 8 pone una “presunzione assoluta oltre che della natura di spesa pubblicitaria, altresì di inerenza della spesa stessa fino alla soglia, normativamente prefissata”: consegue che deve considerarsi “irrilevante” ogni considerazione circa la “antieconomicità della spesa in ragione della affermata irragionevole sproporzione tra l’entità della stessa rispetto al fatturato/utile di esercizio della società contribuente” (Cass. n. 21333/2017, Cass. n. 8981/2017, Cass. n. 7202/2017, Cass. n. 5720/2016).
Conclusivamente, quindi, deve ritenersi che la spesa di sponsorizzazione, pacificamente sostenuta con riferimento ad una controprestazione altrettanto pacificamente effettuata, è assistita da una presunzione assoluta di congruità in quanto rientrante nei limiti quantitativi di cui all’articolo 90 comma 8 L. n. 289/2002.
Ne deriva, in conclusione sul punto, la fondatezza dell’appello principale.
b) Muovendo all’esame dell’appello incidentale, esso è proposto dall’Ufficio in relazione alla parte della sentenza che ha accolto la domanda del contribuente di annullamento dell’avviso di accertamento laddove esso ritiene indeducibili le spese di noleggio.
L’appello incidentale è però infondato, risultando sul punto condivisibili le argomentazioni della sentenza di primo grado.
Deve infatti osservarsi che l’elemento di riferimento per valutare la congruità del compenso annuo di € 120.000, non deve essere tanto quello del valore dei beni noleggiati, quanto soprattutto quello relativo al fatto che la società noleggiante ha anche sostenuto il costo di un dipendente per svolgere un molto significativo lavoro contabile, di riordino e controllo di documentazione amministrativa, nonché di tenuta dei contatti con i clienti; e tale costo, che in assenza di noleggio avrebbe dovuto essere sopportato da Momastela, è sempre stato superiore ad € 100.000 l’anno, ciò che fa apparire congruo l’importo complessivamente erogato per il noleggio di beni mobili e fornitura di servizi contabili amministrativi in € 120.000 annui.
Parimenti, la congruità della spesa emerge anche dal fatto che la stessa corrisponde a poco più dell’1% del fatturato.
Non dirimente è poi la circostanza, sulla quale si è invece lungamente diffusa la difesa dell’appellante incidentale, relativa alla sussistenza di vincoli familiari tra i soggetti amministratori della società noleggiante e della contribuente: in realtà, il fatto che i legali rappresentanti delle due società siano ex coniugi non rappresenta un dato di per sé eccentrico, atteso che non vi sono indici di nessun genere per ritenere la prestazione non eseguita o simulata, e lo stesso Ufficio nulla ha contestato con riferimento alla posizione tributaria e contributiva della società noleggiante.
c) In ragione di tutto quanto sopra, l’appello principale va accolto, mentre va rigettato l’appello incidentale, con la conseguenza che vanno integralmente annullati gli atti originariamente impugnati in primo grado.
Non vi sono motivi per derogare ai principi generali codificati dagli artt. 15 D.Lgs. n. 546/1992 e 91 c.p.c. in tema di spese di lite, che, liquidate come da dispositivo con riferimento al D.M. n. 55/2014, sono quindi poste per il doppio grado di giudizio a carico del soccombente Ufficio appellato ed a favore del vittorioso contribuente appellante, tenendo a mente un valore ricompreso tra i minimi ed i medi nell’ambito dello scaglione entro il quale è racchiuso il decisum di causa.
P.Q.M.
la Commissione Tributaria Regionale di Bologna sez. XI
in accoglimento dell’appello principale ed in rigetto dell’appello incidentale, annulla integralmente gli atti originariamente impugnati in primo grado;
condanna Agenzia delle Entrate a rifondere a Momastela s.r.l. le spese di lite del doppio grado di giudizio, che liquida a in € 11.000 per compensi (€ 5.000 per il primo grado ed € 6.000 per l’appello), oltre IVA, CPA e rimborso spese forfettarie.
Bologna, 13/12/2019
Il Giudice
Gianluigi Morlini
Il Presidente
Elisabetta Mainini