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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 742 - pubb. 01/07/2007.

Revocatoria fallimentare, cessione di credito in garanzia e delegazione di pagamento


Appello di Brescia, 15 Maggio 2002. .

Revocatoria fallimentare - Cessione di credito con funzione di garanzia - Delegazione di pagamento - Versamenti sul conto del fallito - Notifica della cessione al debitore ceduto - Conoscenza dello stato di insolvenza.


 

 

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1- Con atto di citazione notificato il 17 settembre 1994 il Fallimento della S.d.f. Esposito Ivano e Bigotti Maria Rosa e il Fallimento personale dei soci illimitatamente responsabili convenivano davanti al Tribunale di Brescia la Banca Agricola Mantovana. Esponevano che il Tribunale di Brescia con sentenza 7 aprile 1992 aveva dichiarato i fallimenti della S.d.f. Esposito Ivano e Bigotti Maria e quello personale dei soci di fatto; che la Banca Agricola Mantovana nel periodo 27 settembre – 18 ottobre 1991 aveva ricevuto dai falliti alcuni versamenti, per complessive £. 308.000.000, i quali avevano ridotto la loro esposizione debitoria relativa al conto corrente n. 48735/2, aperto presso la Filiale 29 di Castiglione delle Siviere; e che la Banca era a conoscenza dello stato di insolvenza dell’Esposito e della Bigotti, perché essa aveva chiuso il conto precitato con lettera 20 agosto 1991, revocando l’autorizzazione ad emettere su di essa assegni. Chiedevano quindi la dichiarazione di inefficacia dei citati pagamenti, ai sensi dell’art. 67, primo e/o secondo comma, L.F. e la condanna della Banca Agricola Mantovana alla restituzione della somma sopra menzionata.

Si costituiva la Banca Agricola Mantovana, la quale chiedeva il rigetto della domanda, affermando che i versamenti dei quali era stata richiesta la revocatoria fallimentare – effettuati il 20 giugno 1991, il 4 luglio 1991 e il 26 luglio 1991 – non erano pagamenti, ma delle cessioni di credito, aventi data certa, fatte a suo favore dalla società di fatto poi fallita.

In sede di precisazione della conclusioni gli attori chiedevano la dichiarazione di inefficacia dei “pagamenti” a norma dell’art. 67, secondo comma, L.F..

2- Il Tribunale di Brescia, con sentenza 8-21 ottobre 1998, dichiarava inefficaci nei confronti della massa del Fallimento della S.d.f. Esposito Ivano e Bigotti Maria Rosa, ai sensi dell’art. 67, secondo comma, L.F., i pagamenti di £. 151.000.000 del 9 ottobre 1991, di £. 102.000.000 del 9 ottobre 1991 e di £. 55.000.000 del 18 ottobre 1991; e condannava la Banca Agricola Mantovana a restituire al Fallimento la somma di £. 308.000.000, con gli interessi legali dal 18 aprile 1994.

Affermava che:

-         l’Esposito aveva personalmente versato sul suo conto corrente passivo degli assegni emessi a suo favore da terzi; essi integravano quindi pagamenti diretti del fallito alla Banca, revocabili ex art. 67, secondo comma,L.F.;

-         se i versamenti avessero potuto essere qualificati quali cessioni di credito, queste ultime non sarebbero state opponibili al Fallimento – giusta la disposizione dell’art. 2914 n. 2 cod. civ. – perché non erano state notificate al debitore ceduto;

-         la Banca Agricola Mantovana conosceva lo stato di insolvenza, perché essa, con lettera 20 Agosto 1991, essendo stati protestati vari assegni, aveva revocato l’autorizzazione all’Esposito ed alla Bigotti di emettere  sul conto corrente ulteriori assegni.

Avverso la sentenza interponeva impugnazione la BAM proponendo tre motivi di gravame e chiedendo la riforma della efficacia esecutiva della stessa.

Si costituivano in giudizio i Fallimenti resistendo ai motivi avversari e concludendo per il rigetto dell’appello e dell’istanza di inibitoria.

Il consigliere istruttore, con ordinanza 25 febbraio 1999, sospendeva l’esecutività della sentenza impugnata.

Con reclamo al collegio ex art. 357 c.p.c. del 16 marzo 1999 i Fallimenti appellati chiedevano la revoca dell’ordinanza del consigliere istruttore.

Con provvedimento del 29 aprile 1999 la Corte rigettava il reclamo.

Precisate dai procuratori delle parti le conclusioni sopra trascritte la causa veniva trattenuta a sentenza all’udienza collegiale del 15 maggio 2002.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di gravame l’appellante si lamenta che il primo giudice abbia ritenuto che le cessioni di credito intervenute tra l’Esposito e la BAM sarebbero in opponibili al Fallimento in quanto mai notificate o comunicate al debitore ceduto.

Al riguardo l’appellante assume che il Tribunale avrebbe confuso il profilo di cessione del credito tra cedente e cessionario con quello della sua efficacia nei riguardi del debitore ceduto. Infatti la cessione di credito è un negozio giuridico è un negozio giuridico bilaterale che, in quanto tale, produce l’effetto traslativo in conseguenza del solo consenso dei contraenti, essendo irrilevante, ai fini della validità, il consenso del, o la notifica al, debitore ceduto.

L’assunto è fondato.

Con dichiarazioni del 28 giugno 1991, 4 luglio 1991 e 26 luglio 1991 l’Esposito cedeva alla BAM  i diritti di credito vantati nei confronti della MAROFER S.r.l. e della ditta Basagli Luigi come garanzia per le anticipazioni richieste alla Banca e versate, per l’importo di tali crediti, dedotti interessi e spese, sul c/c ordinario n. 41981/8, e cui corrispondeva un addebito, per lo stesso importo, sul c/c anticipi n. 48735/2.

In questo momento si perfezionava il contratto di cessione del credito, con il trasferimento della posizione attiva del cedente Esposito al cessionario BAM e detti documenti erano opponibili a terzi nel momento in cui recavano la data certa rappresentata dal timbro di raccomandata postale apposto sul retro delle singole lettere.

La conoscenza dell’avvenuta cessione da parte del debitore ceduto non influisce sul perfezionamento dell’accordo essendo rilevante solo ai fini dell’efficacia liberatoria del pagamento effettuato dal creditore cedente.

L’Esposito, avendo legittimamente ricevuto dai debitori ceduti i pagamenti con assegni, ha girato gli stessi alla BAM, in tal modo estinguendo l’obbligazione di restituire le somme oggetto del finanziamento ricevuto.

Con il secondo motivo di gravame l’appellante censura la decisione del primo giudice nella parte in cui afferma che non risulta provato che i versamenti siano stati effettuati secondo lo schema contrattuale proprio della cessione dei crediti in quanto “i pagamenti risultano effettuati direttamente dal fallimento Esposito attraverso l’accreditamento sul suo conto corrente di assegni emessi in suo favore dal debitore ceduto”, mentre la girata dei titoli era semplice esecuzione del contratto di cessione già perfezionatosi tra le parti nelle date di cui alle lettere che recavano il testo dell’accordo.

Il motivo è fondato.

Lo schema contrattuale della cessione del credito con funzione di garanzia di un finanziamento richiesto dal creditore cedente alla Banca è stato descritto trattando del precedente motivo.

In questo caso si verifica una soluzione di continuità tra il contratto di cessione e l’esecuzione dello stesso, in quanto la mancata notifica dell’accordo al debitore ceduto comporta che questo paga al credito cedente che quindi versa l’importo al cessionario, estinguendo il finanziamento ricevuto.

Qualora si scompongono i due momenti il secondo, può apparire un semplice pagamento, con funzioni solutorie, su un conto in sofferenza, ma tenuto conto della schema contrattuale e della sua funzione unitaria appare che il secondo momento è mera esecuzione dell’accordo precedente.

Con il terzo motivo di gravame l’appellante si duole che, con la decisione impugnata, il primo giudice abbia ritenuto che la BAM, all’atto del ricevimento dei pagamenti, fosse a conoscenza dello stato di insolvenza in cui versava la S.d.f. Esposito e Bigotti per avere ad essa revocato, con decorrenza 20 agosto 1991, l’autorizzazione ad emettere assegni a seguito del protesto, per carenza di provvista, di precedenti assegni, mentre occorreva aver riguardo alla data non dei pagamenti, ma delle cessioni di credito, tutte anteriori alla data di revoca dell’autorizzazione, quando lo stato di insolvenza non si era ancora manifestato.

Anche questo motivo è fondato.

Non è stata provata la conoscenza, da parte della banca, di elementi sintomatici dello stato di decozione della S.d.f. alla data di stipulazione delle singole cessioni (giugno e luglio 1981), essendo stata invece evidenziata la data della revoca dell’autorizzazione ad emettere assegni (20 agosto 1981), che tuttavia è successiva alla data delle cessioni.

Né la natura giuridica del soggetto banca consente da sola di presumere la conoscenza dei sintomi rilevatori dello stato di insolvenza, soprattutto quando la stessa banca pone in essere comportamenti, come la concessione di finanziamenti all’imprenditore poi fallito, che sono antitetici alla conoscenza di significative difficoltà economiche del debitore.

Esclusa pertanto la funzione meramente solutoria dei versamenti effettuati e non provata la conoscenza dello stato di insolvenza della S.d.f. Esposito e Bigotti da parte della BAM, deve essere rigettata la domanda proposta dai Fallimenti di declaratoria di inefficacia, ex art. 67, comma secondo, legge fallimentare dei pagamenti ricevuti dalla BAM, per un importo di lire 308.000.000, con assegni negoziati da Bigotti Maria Rosa ed Esposito Ivano.

La riforma della sentenza impugnata comporta che il regolamento delle spese di lite deve avere riguardo anche al giudizio di primo grado.

Poi il principio della soccombenza i Fallimenti appellati devono essere condannati alla rifusione, in favore della BAM, delle spese del giudizio liquidate in euro 7.746,85, di cui euro 2.295,50 per diritti di procuratore e euro 4.648,11 per onorari di avvocato, e in euro 6.938,62, di cui euro 1.639,75 per diritti di procuratore ed euro 4.000,00 per onorari di avvocato, rispettivamente per il primo ed il presente grado.

P.Q.M.

La Corte, definitivamente decidendo, così provvede:

in riforma della sentenza 21 ottobre 1998 del Tribunale di Brescia rigetta la domanda proposta dai Fallimenti della S.d.f. Esposito Ivano e Bigotti Maria Rosa e personale dei medesimi nei confronti della Banca Agricola Mantovana ora S.p.A., già s.c.a.r.l., con citazione notificata il 17 settembre 1994;

condanna i Fallimenti appellati alla rifusione, in favore dell’appellante, delle spese del giudizio liquidate in euro 7.746,85 ed in euro 6.938,62 rispettivamente per il primo ed il presente grado.

Così deciso in Brescia il giorno 15 maggio 2002.