Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 28711 - pubb. 16/02/2023

Una lettura evolutiva del principio equitativo, ammettendolo a operare praeter legem e non solo secondun legem

Tribunale Brindisi, 25 Gennaio 2023. Est. Natali.


Sentenza - Regola del caso di specie - Contrarietà a equità - Possibilità di disattendere il comando giudiziale in sede di sua esecuzione coattiva - Inammissibilità


Orientamento tradizionale - Equità secundum legem - Esclusiva modalità di rilevare dell’equità


Attuale evoluzione ordinamentale - Equità prater legem - Ammissibilità


Attuale evoluzione ordinamentale - Equità prater legem - Ammissibilità



La sentenza costituisce regola del caso di specie, per di più definitiva, ove passata in giudicato e, dunque, cristallizzata nel suo contenuto precettivo e la sua eventuale (anche totale) ingiustizia, ove la sua contrarietà a equità, non consentono di disattenderne il comando giudiziale in sede di sua esecuzione coattiva.


Secondo l’orientamento tradizionale il giudizio secondo equità - che consente di temperarne il rigore applicativo della norma di stretto diritto, ovvero di coniare una regola decisoria che tenga conto di tutte le circostanze del caso di specie - è possibile solo se la stessa norma di diritto positivo lo consenta, con previsione espressa, dovendosi altrimenti fare applicazione della regola di stretto diritto.


L’attuale evoluzione ordinamentale, desumibile dalla disciplina comunitaria o di derivazione comunitaria (v. art. 1, comma 2, della legge 30 luglio 1998, n. 281), consente di riconoscere rilievo al principio equitativo, anche al di fuori delle ipotesi in cui la stessa sia oggetto di espresso richiamo da parte della previsione normativa, e ciò prescindendo dalla mediazione di quelle clausole generali che rendono doverosa per l’interprete una valutazione, secondo prudenza di tutte le circostanze del caso di specie, come i principi di buona fede e correttezza o il concetto di giusta causa o giusti motivi, o ancora la locuzione normativa, frequente specie in materia di obbligazioni, di “natura dell’affare”.


Devono essere rivisitati i tradizionali limiti al principio equitativo, potendo lo stesso essere invocato dall’interprete non solo secundum, ma anche praeter legem, quale clausola che consente all’ordinamento di smussare le sue asperità per piegarsi alle esigenze specifiche del caso concreto e, talvolta, assumendo la portata di fonte oggettiva del diritto, non potendo, però, sovvertirsi il principio per cui l’equità non può contrastare con la regola di stretto diritto. (Antonio Ivan Natali) (riproduzione riservata)




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