Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 820 - pubb. 01/07/2007

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Appello Brescia, 13 Gennaio 1999. Est. Sigillo.


Contratto di apertura di contro corrente – Prova – Inidoneità dell’estratto autentico del libro fidi e degli estratti conto.

Revoca di ipoteca ex art. 67 nr. 4 l.f. – Fattispecie.



 


 


La Corte d’Appello di Brescia, Sezione seconda civile, composta dai Sigg.:

CUSIMSANO Dott. Giuseppe, Presidente

BUT Dott. Giuseppe, Consigliere

SIGILLO, Dott. Carmelo, Consigliere rel. est.

ha pronunziano la seguente

SENTENZA

nella causa civile promossa con atto d’appello notificato il giorno 30 aprile 1997 nr. 7426 cronl. UNEP presso il Tribunale di Mantova e posta in deliberazione all'udienza collegiale del 13 gennaio 1999

Da

BANCA AGRICOLA MANTOVA SOC. COOP. A.R.L.

C o n t r o

FALLIMENTO OMEGA VERDI –ROSSI s.d. f. – FALLIMENTO VERDI PAOLA – FALLIMENTO ROSSI MARIO, ciascuno in persona del Curatore giusta delega a margine della comparsa di risposta

In punto: appello a sentenza del Tribunale di Mantova in data 13/06/1996- 3 FEBBRAIO 1997 N. 93

CONCLUSIONI

Dell’appellante:

-In totale riforma della sentenza n. 93/97 del Tribunale di Mantova:

1) ammettersi al passivo del fallimento della s.d.f. OMEGA

-IN VIA CHIROGRAFARIA per £. 101.085.368 quale saldo debitore del c/c 48716/0, valuta 5.8.93, intestato a ROSSI MARIO;

-IN VIA IPOTECARIA per £. 156.009.699 oltre interessi ex art. 2855  C.C. e 55 L.F. quale residuo del nutuo ipotecario n. 97698/2, intestato a ROSSI MARIO, valuta 14/3/93, riconoscendosi l’efficacia dell’ipoteca volontaria costituita  con atto 14.9.92 n. 47630 Notaio Binelli, nonché quale importo degli interessi maturati su tale rapporto dal 15.3.93 al 5.8.93.

-Fermo il resto.

2)Ammettersi in via ipotecaria, al passivo del Fallimento ROSSI MARIO socio della s.d.f., il credito di £. 156.009.699 oltre interessi ex art. 2855 e 55 L.F. quale residuo del mutuo ipotecario n. 97698/2, intestato a ROSSI MARIO, valuta 14.3.93, riconoscendosi l’efficacia dell’ipoteca volontaria costituita con atto 14.9.92 n. 47630 Rep. Notaio Binelli nonché quale importo degli interessi maturati su tale rapporto dal 15.3.93 al 5.8.93.

-Fermo il resto

3)Ammettersi in via ipotecaria, al passivo del Fallimento VERDI PAOLA, socio della s.d.f. , il credito di £. 156.009.699 oltre interessi ex art. 2855 e 55 L.F. quale residuo del mutuo ipotecario n. 97598/2, intestato a ROSSI MARIO, valuta 14.3.93, riconoscendosi l’efficacia dell’ipoteca volontaria costituita con atto 14.9.92 n. 47630 Rep. Notaio Binelli nonché quale importo degli interessi maturati su tale rapporto dal 15.3.93 al 5.8.93.

-Fermo il resto

-Mandarsi alla Cancelleria per le modifiche agli stati passivi del fallimento (s.d.f. e singoli soci) conseguenti all’accoglimento delle domande formulate ai punti 1,2, e 3 che precedono.

-Con vittoria di spese, diritti ed onorari anche per la fase del primo grado.

Degli appellati:

Ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa e reietta, e con la refusione integrale in favore degli appellati delle spese, competenze ed onorari del presente giudizio:

A)in via preliminare di rito: dichiararsi l’improcedibilità del presente giudizio d’appello per tardiva costituzione in giudizio dell’appellante.

B)In via di appello incidentale: riformarsi comunque l’impugnata sentenza limitatamente al capo che dispone la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di primo grado, condannandosi l’appellante alla refusione integrale delle stesse in favore degli appellati come da note già depositate nell’allegato fascicolo di parte integrate con le successive corse.

C)Nel merito: fatta salva la domanda di riforma incidentale di cui al precedente punto B, confermasi per il resto integralmente l’impugnata sentenza del Tribunale di Mantova, previo accertamento della inefficacia nei confronti della massa dei creditori dell’ipoteca per cui è causa, secondo il disposto di cui all’art. 67, nn 4 e/o 3 L.F. o, in subordine, in base al secondo comma del medesimo articolo, come da domanda già svolta in primo grado per l’effetto respingersi in toto le domande tutte formulate dall’appellante.

SVOLGIMENTO PROCESSO

Con ricorso tempestivamente depositato il 29 ottobre 1993 la Banca Agricola Mantovana Soc. Coop. a.r.l. (d’ora innanzi BAM) insinuava al passivo del fallimento OMEGA s.d.f. e dei soci VERDI PAOLA e ROSSI MARIO i seguenti crediti:

-£. 50.894.084 per saldo debitore del c/c n. 46385/3 intestato alla OMEGA s.d.f.;

-£. 101.085.368 per saldo  debitore del c/c n. 48716/O intestato a MARIO ROSSI e garantito dalla VERDI.,

-£. 156.009.699 per residuo (compresi interessi) del mutuo n. 97698/2 intestato al ROSSI, stipulato il 14 settembre 1992 e garantito da ipoteca iscritta a carico dello stesso ROSSI e della VERDI.

Con decreto in data 27 gennaio 1994 il giudice delegato dichiarava esecutivi gli stati passivi, ammettendo al passivo del fallimento della s.d.f il solo credito della BAM di £.50.894.084 (punto a), con esclusione degli altri (punti b+c) in quanto crediti particolari verso i soci; ammettendo al passivo del fallimento VERDI PAOLA il credito di £.206.903.784 (punti a+c) in via chirografaria, esclusa la prelazione ipotecaria per il credito di cui al punto c) per essere stata la garanzia concessa entro l’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per credito non contestualmente creato, ed escluso il credito di cui al punto b) di £.101.085.368 perché derivante da fideiussione per obbligazioni condizionali o future prive della limitazione prevista dall’art. 1938 cc come modificato dall’art. 10 L. N. 154/92; ammettendo al passivo del fallimento MARIO ROSSI l’intero credito di £.307.989.452 (punti a+b+c) in via chirografaria, esclusa la prelazione ipotecaria per il credito di cui al punto c) per essere stata la garanzia concessa entro l’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, quando la banca conosceva lo stato di insolvenza, per credito non contestualmente creato.

Proponeva la BAM tempestiva opposizione ai sensi dell’art. 98 L. Fall., sostenendo per un verso che l’esclusione dei crediti sub b) e c) dallo stato passivo della società era illegittima perché i relativi rapporti bancari, per quanto formalmente conclusi con il singolo ROSSI erano stati instaurati nell’ambito dell’attività commerciale della s.d.f., e per altro verso che illegittima era l’esclusione della garanzia ipotecaria, concessa per un debito contestuale e senza che la banca conoscesse lo stato d’insolvenza; deduceva infine l’inapplicabilità della 154/92 in relazione alla Fideiussione prestata dalla VERDI (credito sub b). Con sentenza 3.2.97 il Tribunale di Mantova dichiarava inefficace l’ipoteca volontaria costituita con atto 14.9.92 quale garanzia del contestuale mutuo, ammetteva al passivo del fallimento di Luppi Francesca l’ulteriore credito di lire 101.085.368 (su conclusione conforme della stessa curatela) e per il resto respingeva le opposizioni.

Proponeva appello la BAM con due motivi di censura. Resisteva al gravame la curatela fallimentare, eccependo l’improcedibilità dell’appello per tardiva costituzione in giudizio dell’appellante, e proponendo a sua volta impugnazione incidentale sul capo relativo alle spese.

All’udienza 13.1.99 la causa passava in decisione sulle conclusioni delle parti come precisate in epigrafe.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminare è la questione relativa alla procedibilità dell’appello. Sostiene la curatela che, avendo la BAM notificato la relativa citazione il 30/4/97, sarebbe suo onere costituirsi entro il termine perentorio di cinque giorni dalla notifica, desumibile con gli opportuni adattamenti dal disposto dell’art. 98 L. Fall., ritenuto applicabile anche al giudizio di appello; poiché la BAM ha iscritto la causa al ruolo solo il 7.5.97, per ciò solo conseguirebbe l’improcedibilità.

Il rilievo è infondato.

Vero è che la tesi della curatela trova conferma nell’orientamento della Cassazione espresso dalla sentenza n. 2380 del 11/03/1994 (così massimata secondo il CED “Nel giudizio di opposizione allo stato passivo del fallimento, la mancata tempestiva costituzione del creditore appellante entro il termine di cinque giorni dalla notifica dell’atto di citazione in appello, determina l’improcedibilità della impugnazione a norma dell’art. 98, terzo comma del R.D. 16 marzo 1942 n. 267, ancorchè manchi per il giudizio di appello un espresso richiamo a detta norma, dettata per il giudizio di primo grado, atteso che dagli articoli 359 e 347 del cod. proc. civ. si evince il principio che in quel grado di giudizio, per quanto attiene al tema della costituzione in giudizio, si osservano le norme relative al giudizio di primo grado, se compatibili”). Tuttavia, ritiene questa Corte più convincente l’orientamento sulla questione espresso da successive pronunzie della Cassazione, che non introducono per via interpretativa un termine di decadenza costruito sulle peculiari caratteristiche del giudizio di primo grado, che inizia mediante ricorso e non mediante citazione, come invece il giudizio di appello. Successivamente alla pronunzia citata, la Cassazione ha infatti emesso in tema almeno altre due decisioni, pronunziando in senso opposto: la sentenza n. 6723 del 10/7/1998, così massimata (doc. CED): “In materia di opposizione allo stato passivo fallimentare, l’appellante non ha l’onere di costituirsi in giudizio nel termine di cinque giorni dalla data di notificazione dell’atto di appello, non trovando applicazione in tale giudizio l’art. 98, terzo comma, della legge fallimentare, il quale dispone che i creditori devono costituirsi almeno cinque giorni prima dell’udienza e che in mancanza di tempestiva costituzione l’opposizione si reputa abbandonata”, e la sentenza n. 8571 del 28/08/1998, così massimata (doc. CED): “Nel giudizio di opposizione allo stato passivo del fallimento, la mancata tempestiva costituzione del creditore appellante entro il termine di cinque giorni dalla notifica dell’atto di appello, non determina l’improcedibilità dell’opposizione, prevista, per il primo grado di giudizio, dall’art. 98, terzo comma, del  R.D. 16 marzo 1942, n. 267”.

E’ possibile adesso esaminare il primo motivo di appello, con il quale la BAM censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso dallo stato passivo della società di fatto i crediti particolari nei confronti del socio ROSSI MARIO, relativi al c/c 48716/0 e al mutuo ipotecario. Secondo l’appellante le prove assunte avrebbero dimostrato che il ROSSI utilizzava il conto corrente per le esigenze correnti dell’azienda e che il mutuo gli era stato concesso per acquisire la liquidità necessaria all’attività dell’azienda stessa; e dunque “al di là del dato formale rappresentato dalla stipulazione dei contratti de quo (recte: de quibus) a cura di un socio, che aveva comunque la rappresentanza della società, i saldi debitori del c/c 48716/0 ed residuo del mutuo ipotecari n. 96798/2 configurano debiti sociali”.

Il motivo è infondato.

Le circostanze di fatto richiamate dall’appellante BAM erano presenti al giudice di primo grado, il quale ha tuttavia respinto la pretesa sul punto con argomenti incensurabili, fondati sull’indiscutibile premessa - logica che socio e società di fatto costituiscono entità soggettive distinte e autonome, nonostante il regime delle responsabilità personali dei soci derivante dall’irregolare costituzione della società. La mancata spendita della ragione sociale da parte del ROSSI, circostanza del tutto incontroversa, impedisce pertanto di attribuire diritti e obblighi scaturenti dai contratti direttamente in capo alla società. Per il resto può richiamarsi l’esaustiva motivazione del Tribunale, del quale è opportuno comunque riportare espressamente il seguente fondamentale passaggio: “la circostanza secondo cui il ROSSI  nell’ambito di questi rapporti avrebbe pagato dei debiti sociali […] è comunque del tutto irrilevante, in quanto è ovvio che il socio, quale responsabile illimitatamente delle obbligazioni sociali, può ben farvi fronte con il patrimonio personale, senza che a questo comportamento debba essere attribuito altro significato che quello di esecuzione di pagamenti”.

Con il secondo motivo di appello la BAM censura la sentenza del Tribunale nella parte in cui dichiarava inefficace ai sensi dell’art. 67 n. 4 L. Fall. l’ipoteca volontaria del 14/9/92, sul presupposto che l’apparente operazione di mutuo ipotecario era servita solo a ridurre lo scoperto di conto corrente, trasformando il preesistente debito chirografario in debito garantito da ipoteca, e che la banca doveva reputarsi a conoscenza solo dello stato di decozione in cui versava la s.d.f.. Osserva l’appellante in contrario che il c/c 48716/0 sarebbe stato assistito  da apertura di credito pari a 163.000.000 “ricomprendendosi in tale limite le operazioni di finanziamento realizzate dal ROSSI mediante anticipazione di somme allo stesso effettuate dalla BAM sulle fatture di vendita di bovini a terzi”, mentre il c/c 46385/3 intestato alla OMEGA, affidato formalmente sino a lire 50.000.000 […] ha sempre operato di fatto  ben oltre tale limite: […] la circostanza pertanto che tale c/c evidenziasse uno scoperto di lire 64.757.827 alla data del 14/9/92 […] era assolutamente normale, quanto poi alla scientia decoctionis, “nessun sintomo di insolvenza era stato accertato dalla B.A.M. a carico dei debitori in proprio e/o della s.d.f.”.

Anche questo motivo di appello si rileva infondato.

In primo luogo è necessario rilevare che la circostanza secondo cui i conti del ROSSI e della s.d.f. sarebbero stati assistiti da apertura di credito, sia pure mediante contratti  conclusi in forma tacita, come si affanna a prospettare la BAM, se anche fosse processualmente dimostrata non per ciò solo determinerebbe l’irrevocabilità dell’ipoteca 14.9.92, ma avrebbe tutt’al più il risultato come ha correttamente evidenziato la curatela, di far confluire la fattispecie nell’alveo del secondo comma dell’art. 67 L. Fall., anzichè del primo.

In realtà, la sentenza si è soffermata sull’inesistenza di aperture di credito al percipuo fine di evidenziare che esisteva una reale attuale esposizione debitoria sia del ROSSI che della s.d.f., e dunque l’effettivo intento della banca nel concedere il mutuo ipotecario era quello di trasformare il suo credito da chirografo a privilegiato. E la motivazione del giudice di primo grado sul punto resiste a tutte le critiche mosse dall’appellante, apparendo esaustiva e convincente.

In primo luogo è necessario rilevare con riferimento ad entrambi i conti correnti che l’apertura di credito, non risultando da alcuno atto scritto, dovrebbe emergere dal comportamento non equivoco delle parti, di tale concludenza da evidenziare il loro consenso reciproco almeno sugli elementi essenziali del contratto in questione.

Ma gli apporti probatori forniti sul punto dalla BAM, com’era suo onere, e cioè il libro fidi degli estratti conto, non sono idonei allo scopo.

Non è sufficiente l’estratto autentico del libro fidi perché atto unilaterale, interno alla Banca che non può far prova a favore di chi lo redige (nemmeno quando il suo contributo è ribadito in causa dal direttore della filiale, chiamato a testimoniare, soggetto mosso da un preciso interesse ad evidenziare la regolarità dei rapporti con i falliti).

Non sono sufficienti gli estratti conto, anche se essi evidenziano spesso posizioni debitorie anche notevoli del ROSSI e della sua azienda, poiché nessuna norma vieta alla banca di pagare assegni privi di copertura, anzi la legge prevede che il mandatario possa anticipare i mezzi necessari per l’esecuzione del mandato (art. 1720 c.c. applicabile al contratto di conto corrente bancario poiché negozio giuridico dominato dalle regole del mandato): se dunque la banca da’ corso ad ordine di pagamento con fondi propri, non perciò solo si ha una apertura di credito su conto corrente, posto che quest’ultimo presuppone uno specifico obbligo giuridico della banca in tale senso, obbligo entro il quale non vi è traccia tra BAM e ROSSI (sia in proprio che quale socio della s.d. f.)

Ulteriore elemento essenziale dell’apertura di credito, secondo la nozione datane dal codice civile, che non è possibile trarre dalla semplice lettura degli estratti conto è poi l’ammontare della somma che la BAM si sarebbe obbligata a porre a disposizione del cliente, per cui rimane del tutto arbitrario trarre specifiche conclusioni in ordine a questo dato essenziale sulla base del solo rendiconto periodico.

Residua a questo punto la tematica relativa al “finanziamento import su presentazione delle fatture di acquisto e corrispondente addebito del conto”, per usare le stesse parole del teste BIANCHI direttore della filiale di … che intrattenne i rapporti con i falliti.

Secondo il patrocinio della  BAM l’operazione si concreterebbe in mere anticipazioni che la BAM effettuava  al ROSSI su presentazione delle fatture di vendita di bovini emesse dal cliente a carico di terzi”, e dunque si sarebbe in presenza di un’apertura di credito “contrassegnata da una particolare forma di utilizzo”.

La tesi non può trovare accoglimento. Prescindendo dalla corretta qualificazione giuridica del rapporto che comunque, secondo l’esplicazione datane dalla stessa parte, sembra essere molto più prossima al castelletto di sconto, che all’apertura di credito), è sufficiente osservare che sulla base dell’inoppugnabile dato documentale l’affidamento aveva una durata limitata, compresa  tra il 15.2.92 e il 15.8.92, mentre la concessione del mutuo ipotecario oggetto di revocatoria è del 14.9.92. Non è certo in forza a tale “finanziamento import” che dunque il conto corrente ROSSI poteva ritenersi assistito da apertura di credito al momento della concessione dell’ipoteca.

In definitiva, i saldi debitori dei c/c 48716/0 e 46385/3 alla data del 14.9.92 configurano un autentico scoperto, e non un semplice saldo passivo di conto corrente affidato. Respinta pertanto la critica principale dell’appellante, rimane convalidata la configurazione della fattispecie nell’ambito dell’art. 67 n. 4 L. Fall. data dal Tribunale, il quale del tutto correttamente rileva che la somma mutuata (150 milioni) non entrò mai nell’autonoma disponibilità del ROSSI, ma mediante l’accredito sul conto corrente n. 48716/0 (che era scoperto per 148 milioni) e mediante un semplice giroconto dell’importo della cambiale agraria scaduta (50 milioni), servì solo a ripianare buona parte dei debiti del fallito, trasformando il corrispondente credito della banca da chirografo a privilegiato.

In ordine infine alla scientia decoctionis, invano negata dall’appellante, sia sufficiente porre l’attenzione su un duplice dato: da un lato l’intera complessiva operazione, nei termini come sopra ricostruiti, rivela l’intento della BAM di trasformare il credito chirografario in privilegiato, con ciò dimostrando di per sé la consapevolezza dello stato di decozione in capo all’ente; d’altro lato, la situazione finanziaria assai compromessa dell’OMEGA s.d.f. emerge lampante dalle esposizioni debitorie complessive, in primo luogo dall’insoluto della cambiale agraria di lire 50.000.0000, emessa il 23/9/91 in favore della BAM e presso quest’ultima domiciliata per il pagamento, scaduto il 31.7.92. in questo quadro complessivo, l’appellante rimane ben lontano dal dimostrare, come era suo onere probatorio, la non conoscenza dello stato di insolvenza dei falliti.

Con appello incidentale la curatela censura il regime delle spese adottato dal primo giudice, evidenziando che la compensazione integrale male si concilia con la propria dichiarazione, già in prima udienza, di non opporsi all’ammissione del credito di lire 101.085.368 (credito di cui al punto sub b), che l’opinabilità della soluzione relativa alla domanda di revoca dell’ipoteca non giustifica la deroga della soccombenza posto dall’art. 91 cpc.

Il motivo è parzialmente fondato.

Se infatti a poco rileva in ordine alle spese che la curatela abbia tenuto un comportamento processuale corretto con riferimento al credito sub b), ingiustamente escluso dal passivo della socia VERDI PAOLA, per altro verso la materia del contendere relativa alla domanda di revoca della garanzia ipotecaria non sembra essere di così ardua soluzione da giustificare una deroga al principio della soccombenza. La compensazione integrale mal si giustifica poi con l’intento simulatorio e fraudolento acclarato dallo stesso Tribunale a carico della BAM, ed è liquidata come in dispositivo.

Quanto infine alle spese di questo grado di giudizio, l’integrale soccombenza dell’appellante principale determina la sua condanna all’integrale rimborso delle spese sostenute dalla curatela appellata, secondo la liquidazione determinata in dispositivo.

P.Q.M

la Corte, definitivamente pronunziando, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, respinge l’appello proposto dalla Banca Agricola Mantovana Soc. Coop. a.r.l. avverso la sentenza 3.2.97 del Tribunale fallimentare di  Mantova, in parziale accoglimento dell’appello incidentale proposto dalla curatela del fallimento OMEGA s.d.f. e dei soci VERDI PAOLA e ROSSI MARIO condanna la Banca Agricola Mantovana al rimborso della metà delle spese processuali di primo grado in favore della curatela, metà liquidata in complessive lire 5.500.000, di cui  lire 500.000 per spese vive, lire 2.000.000 per diritti e lire 3.000.000 per onorari, oltre IVA e CPA; conferma per il resto la sentenza impugnata, condanna la Banca Agricola Mantovana al rimborso delle spese processuali di questo grado di giudizio in favore della curatela, liquidate in complessive lire 10.400.000 di cui lire 3.000.000 per diritti, lire 7.000.000 per onorari, lire 400.000 per spese vive, oltre IVA e CPA.

Sentenza Corte Appello di Brescia 13.1.1999.