Diritto e Procedura Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 9691 - pubb. 13/11/2013

Lunghezza degli atti: se sovrabbondanti, è violato il principio del Giusto processo

Tribunale Milano, 01 Ottobre 2013. Est. Buffone.


Ampiezza degli atti di Parte – Sinteticità – Necessità – Sussiste – Atti eccessivamente lunghi senza contenuti qualitativamente apprezzabili – Valutazione negativa – Sussiste.

Provvedimenti presidenziali assunti ex art. 708 c.p.c. – Reclamo – Modifica da parte del giudice istruttore – Rapporti e presupposti.

Richieste istruttorie – Divieto di giudizi valutativi – Art. 244 c.p.c. – Richiesta al teste di riferire circa una “relazione extraconiugale” – Capitolazione inammissibile – Sussiste.



Non rispettano il principio del giusto processo gli atti depositati dalle parti con contenuti sovrabbondanti dove, nel merito, rispetto alle precedenti difese ed al thema decidendum, non introducano elementi di particolare differenziazione o novità. Infatti, la particolare ampiezza degli atti certamente non pone un problema formale di violazione di prescrizioni formali ma non giova alla chiarezza degli atti stessi e concorre ad allontanare l'obiettivo di un processo celere che esige da parte di tutti atti sintetici, redatti con stile asciutto e sobrio. Non è un caso che la più recente codificazione processuale italiana, il codice del processo amministrativo (v. decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, di attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo) abbia introdotto nel “processo” (art. 3) un Principio comune ad altre Codificazioni Europee: il “dovere di motivazione e sinteticità degli atti”, sia del giudice che delle parti. Nel caso di atti sovrabbondanti il violazione del principio di sinteticità, il giudice può tenere conto del comportamento in sede di liquidazione delle spese processuali, ex artt. 91, 92 c.p.c.. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

In materia di modifica dei provvedimenti temporanei assunti dal Presidente, nel rito della famiglia, ove la parte lamenti errori di valutazione da parte del presidente del Tribunale su fatti portati alla sua conoscenza dovrà proporre reclamo, entro il termine perentorio previsto dall'art. 708, comma 4 cod. proc. civ., avanti alla corte d'appello; qualora, invece, affermi l'esistenza di circostanze sopravvenute o anche di fatti preesistenti di cui, però, si sia acquisita conoscenza successivamente, ovvero alleghi fatti emergenti da una successiva attività istruttoria, dovrà richiedere al giudice istruttore la revoca o la modifica del provvedimento presidenziale ex art. 709, ultimo comma cod. proc. civ.” (cfr. Trib. Mantova, 23 maggio 2007, Trib. Palermo, 6 marzo 2007; Trib. Lamezia Terme, ordinanza 30 marzo 2010 in; Trib. Varese, sez. I, ordinanza 26 novembre 2010; Trib. Roma, sez. I, ordinanza 13 luglio 2011; Trib. Busto Arsizio, ordinanza 17 novembre 2010). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

La nozione di “relazione extraconiugale” assorbe, in sé, almeno tre connotazioni specifiche: 1) una nozione socio-culturale, nel senso di rivelare un fatto deprecabile, in quanto si fa riferimento ad un approccio sentimentale che interviene fuori dal matrimonio e in violazione del dovere di fedeltà; 2) una nozione giuridica, in quanto si richiama una relazione di fatto, denotata da stabilità e continuità; 3) una connotazione antropologica: perché si fa riferimento ad un vincolo affettivo, la “relazione”, in cui c’è lo scambio del sentimento e degli interessi. Si tratta, allora, di una concetto che non può essere deferito al teste dovendo la parte interessata, dimostrare una eventuale relazione, mediante “fatti” e non tramite descrizioni valutative. Ad esempio: provando lo scambio di comuni abitudini di vita; la frequenza di occasioni di incontro o viaggio; l’adesione a circostanze di comunanza di vita; etc.. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


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