Vizi dell'offerta nella vendita senza incanto, reclamabilità del decreto con cui il G.E. provvede sulla richiesta del professionista delegato
Tribunale di Ascoli Piceno, 17 Gennaio 2019. Est. Agostini.
Atti del professionista delegato - Reclamabilità ex art. 591 ter c.p.c.
Inefficacia dell'offerta per inosservanza delle condizioni di vendita - Necessaria chiarezza e convergenza delle fonti che disciplinano le operazioni di vendita
Carenza dei dati catastali dell'immobile per la cui vendita viene presentata l'offerta - Integrazione per relationem - Ammissibilità - Raggiungimento dello scopo
Unicità dell'offerta inferiore al prezzo base - Applicabilità dell'art. 572 c. 3 c.p.c.
Le parti e gli interessati, ivi compreso il debitore, possono proporre reclamo ex art. 591 ter c.p.c., oltre che avverso il decreto con cui il G.E. provvede sulla richiesta formale del professionista delegato, anche avverso gli atti di quest'ultimo con ricorso allo stesso Giudice.
Nell'esecuzione per espropriazione immobiliare, quando sia disposta la vendita senza incanto, è inefficace l'offerta presentata con modalità difformi da quelle stabilite nell'ordinanza che dispone la vendita, a nulla rilevando che la difformità riguardi prescrizioni dell'ordinanza di vendita stabilite dal giudice di sua iniziativa, ed in assenza di una previsione di legge in tal senso. Per questa via, è dunque consentito escludere offerte che siano carenti di altri requisiti (rispetto a quelli individuati dal legislatore) richiesti a pena di inefficacia dall'ordinanza di delega o dall'avviso del delegato o dalle condizioni generali di vendita. Occorre, però, che le disposizioni contenute nei citati atti siano uniformi, convergenti, univoche, chiare, non contraddittorie. Infatti, il subprocedimento di vendita è scandito da condizioni di forma, sostanza e tempo che devono essere conoscibili e chiare sin dall'avvio.
Nell'offerta è consentito indicare taluni dati catastali dell'immobile per cui si presenta l'offerta, aggiungendo un espresso e consentito richiamo a quanto meglio descritto nell'ordinanza/avviso di vendita, così integrando per relationem eventuali dati mancanti. Eventuali carenze sono altresì sanate se lo scopo dell'offerta sia stato raggiunto, quando il soggetto ha manifestato l'univoca intenzione di acquistare proprio quel bene posto in vendita. Non è esatto sostenere che, riammettendo l'offerente che ha indicato dati incompleti, ma idonei ad individuare l'immobile per cui si presenta l'offerta, qualora questi si rendesse aggiudicatario, vi sarebbero problemi al trasferimento della proprietà: infatti non si vende ciò che è indicato nell'offerta ma ciò che è indicato nell'ordinanza di vendita. L'art. 586 prevede che il G.E. pronunci il decreto di trasferimento “ripetendo la descrizione contenuta nell'ordinanza che dispone la vendita”.
Qualora l'unica offerta ammessa sia inferiore al prezzo base di vendita del bene subastato in misura non superiore ad un quarto e, comunque, risulti conforme all' offerta minima indicata nell'ordinanza di vendita, il Giudice procede all'aggiudicazione salvo che non ricorrano due diverse condizioni (art. 572 c. 3 c.p.c.), ciascuna delle quali è idonea ad impedire l'aggiudicazione:
- la proposizione di una o più istanze di assegnazione del bene da parte di un creditore;
- la valutazione da parte dello stesso Giudice che vi sia il fondato motivo di ritenere che, con una nuova vendita, sarebbe possibile conseguire un prezzo superiore, ad esempio valorizzando la circostanza che una o più offerte sono state dichiarate inefficaci e che per questo vi è fondato motivo di ritenere che un rinvio della vendita, da tenersi alle stesse condizioni, potrebbe garantire lo svolgimento di una gara tra gli interessati. (Luca Troiani) (riproduzione riservata)
Segnalazione dell'Avv. Luca Troiani
TRIBUNALE DI ASCOLI PICENO
Il Tribunale di Ascoli Piceno riunito in camera di consiglio e composto dai signori magistrati:
dott. C. Calvaresi PRESIDENTE
dott. R. Agostini GIUDICE relatore
dott. B. Caponetti GIUDICE
a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 17 gennaio 2019 (procedimento R.Reclami 171-6/12, reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. avverso ordinanza emessa ai sensi dell’art. 591 ter c.p.c.) ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
Letto il reclamo con cui N. Srl, esponendo che il Giudice designato del Tribunale di Ascoli Piceno, con provvedimento in data 27 novembre 2018, ha erroneamente revocato l’aggiudicazione in suo favore in relazione al lotto 2 nell’esecuzione immobiliare n. 171/12, revocato l’esclusione dell’offerta n. 4 e disposto procedersi alla gara fra i due offerenti ammessi, chiede la revoca/riforma del citato provvedimento.
Premesso che il presente reclamo s’innesta in un quadro di contestazioni più ampio, sfociato in ben 5 reclami, trattati separatamente pur connotati da analogie e da profili di parziale connessione oggettiva e soggettiva, che qui si cerca di ricostruire in ragionata sintesi:
nell’esecuzione immobiliare n. 171/2012 promossa da Associazione Professionale Studio Commerciale Associato B. (che successivamente rinunciava e veniva sostituita), con intervento di numerosi creditori (dalla visione del frontespizio del fascicolo, risultano 25 interventi), nei confronti di B. Leo, B. Floriano e B. Spa in liquidazione, dopo vari tentativi di vendita del compendio pignorato andati deserti, in data 15 maggio 2017 il GE delegava al compimento delle operazioni di vendita e di tutti gli altri adempimenti ex art. 591 bis c.p.c. il notaio dott.ssa Silenzi.
In data 4 agosto 2017 il Notaio depositava l’avviso d’asta, che veniva affisso l’11 settembre 2017 e avviato alla pubblicità.
L’apertura delle buste avveniva in data 8 marzo 2018.
Relativamente al lotto 2 (villa con piscina e giardino in *) il Notaio constatava la presenza di n. 3 buste per altrettanti offerenti.
Due di essi venivano esclusi.
L’offerente n. 4 (avv. Maurizio * per persona da nominare, poi identificata in SPACCA Gian Mario, per € 991.000) per mancanza dei dati catastali relativi alla porzione distinta al C.T. e mancanza di riferimenti a bene comune non censibile, specificando che trattasi di elementi previsti a pena di esclusione dalle condizioni generali in materia di vendite immobiliari.
L’offerente n. 7 (St. Luca, per € 991.000) per mancanza dell’espressa dichiarazione ai sensi del DM 22 gennaio 2008 n. 37 e DLGS 192/2005 e s.m.i., che l’offerente dichiarandosi edotto dell’ordinanza di vendita e dell’elaborato peritale, dispensava esplicitamente la procedura esecutiva dal produrre sia la certificazione relativa alla conformità degli impianti, alle norme di sicurezza, che la certificazione/attestato di qualificazione energetica, che quella attestante la conformità catastale, manifestando di voler assumere direttamente tali incombenze.
Inoltre, in quanto negli assegni allegati alla domanda mancava l’indicazione relativa al Tribunale di Ascoli Piceno.
Ciò sul presupposto che trattavasi di elementi previsti a pena di esclusione dalle condizioni generali in materia di vendite immobiliari.
L’aggiudicazione avveniva in favore dell’offerente n. 5 (avv. G. per persona da nominare, successivamente identificata in N. Srl) al prezzo di € 991.000.
Relativamente al lotto 3 (frustoli di terreno in via Volta) il Notaio constatava la presenza di n. 4 buste per altrettanti offerenti.
Tre di essi venivano esclusi.
L’offerente n. 8 (Felice P. srl, per € 89.200) per mancanza all’interno della dichiarazione ai sensi del DM 22 gennaio 2008 n. 37 e DLGS 192/2005 e s.m.i., della dichiarazione di essere “ edotto dell’ordinanza di vendita e dell’elaborato peritale “, richiesta a pena di esclusione dalle disposizioni generali in materia di vendite immobiliari.
L’offerente n. 9 (avv. Antonio L., per € 89.150) in quanto negli assegni allegati alla domanda mancava indicazione relativa al Tribunale di Ascoli Piceno ed il numero del RGE richiesti a pena di esclusione dalle disposizioni generali in materia di vendite immobiliari.
L’offerente n. 14 (G. Raffaela, quale socio accomandatario di S. Immobiliare di G. Raffaela & C. Sas, per € 90.000) per mancanza dell’espressa dichiarazione ai sensi del DM 22 gennaio 2008 n. 37 e DLGS 192/2005 e s.m.i., che l’offerente dichiarandosi edotto dell’ordinanza di vendita e dell’elaborato peritale, dispensava esplicitamente la procedura esecutiva dal produrre sia la certificazione relativa alla conformità degli impianti, alle norme di sicurezza, che la certificazione/attestato di qualificazione energetica, che quella attestante la conformità catastale, manifestando di voler assumere direttamente tali incombenze.
Inoltre, in quanto negli assegni allegati alla domanda mancava indicazione relativa al Tribunale di Ascoli Piceno.
Ciò, trattandosi di elementi previsti a pena di esclusione dalle condizioni generali in materia di vendite immobiliari.
L’aggiudicazione avveniva in favore dell’offerente n. 6 (avv. G. per persona da nominare, successivamente identificata in N. Srl) al prezzo di € 90.000
Venivano presentati vari reclami mediante ricorsi ex art. 591 ter c.p.c. avverso gli atti del professionista delegato.
In data 6.4.2018 ricorreva ex art. 591 ter c.p.c. S. Gian Mario (avv. C.), relativamente al lotto 2.
Con ordinanza 27.11.2018 il GE revocava l’esclusione dell’offerta n. 4 in relazione al lotto 2, revocava il provvedimento di aggiudicazione e disponeva che il delegato procedesse a gara fra gli offerenti ammessi.
Avverso tale provvedimento proponeva reclamo ex art. 669 terdecies in data 12 dicembre 2018 la N. Srl (avv. Ga.) da cui scaturiva il presente fascicolo 171/2012-6.
In data 28.3.2018 ricorreva ex art. 591 ter c.p.c. B. Floriano (avv. Marco D.) relativamente al lotto 2.
Con ordinanza 27.11.2018 GE revocava esclusione offerta n. 4 in relazione al lotto 2, revocava il provvedimento di aggiudicazione e disponeva che il delegato procedesse a gara fra gli offerenti ammessi.
Avverso tale provvedimento proponeva reclamo ex art. 669 terdecies in data 12 dicembre 2018 la N. Srl (avv. Ga.) da cui scaturiva il fascicolo 171/2012-7.
In data 6.4.2018 ricorreva ex art. 591 ter c.p.c. Felice P. srl (avv.ti Edoardo P. e Annalisa C.), relativamente al lotto 3.
Con ordinanza 27.11.2018 il GE revocava esclusione offerta n. 8 in relazione al lotto 3, revocava il provvedimento di aggiudicazione e disponeva che il delegato procedesse a gara fra gli offerenti ammessi.
Avverso tale provvedimento proponeva reclamo ex art. 669 terdecies in data 12 dicembre 2018 la N. Srl (avv. Stefano L.) da cui scaturiva il fascicolo 171/2012-8.
In data 24.5.2018 ricorrevano ex art. 591 ter c.p.c. L. avv. Antonio, S. Immobiliare di G. Raffaela & C. Sas relativamente al lotto 3 e St. Luca relativamente al lotto 2 (tutti, con avv. Antonio L.).
Con ordinanza 27.11.2018 GE rigettava il reclamo.
Avverso tale provvedimento proponeva reclamo ex art. 669 terdecies in data 21 dicembre 2018 la S. Immobiliare di G. Raffaela & C. Sas (avv.ti Edoardo P. e Annalisa C.) da cui scaturiva il fascicolo 171/2012-9.
Altresì, proponeva reclamo ex art. 669 terdecies in data 21 dicembre 2018 St. Luca (avv.ti Edoardo P. e Annalisa C.) da cui scaturiva il fascicolo 171/2012-10.
Esaminati tutti gli atti e documenti del procedimento in disamina e le memorie difensive e di costituzione redatte nell’interesse delle parti,
OSSERVA
Sotto un profilo procedurale, va detto che:
al momento dell’apertura delle buste, pur ritenendo che vi siano delle criticità, il delegato non è tenuto a consultare necessariamente il GE.
Dal tenore letterale dell’art. 591 ter c.p.c. (“… il professionista delegato può rivolgersi … “), si coglie come per il professionista non vi sia alcun obbligo di rivolgersi al Giudice dell’esecuzione, neppure quando sorgano difficoltà nel corso della procedura; tale alternativa rimane una sua facoltà e le parti non possono costringerlo a farlo, né tanto meno ricorrere direttamente al Giudice dell’esecuzione.
Qualora il professionista delegato discrezionalmente decida di rivolgersi al Giudice dell’esecuzione, può farlo in modo formale o informale: nel primo caso presenterà una richiesta espressa al Giudice dell’esecuzione, il quale deciderà con decreto, vincolante per il professionista; nel secondo caso, invece, chiederà informalmente un “consiglio” (giuridicamente non vincolante) su una scelta da compiere nello svolgimento delle attività delegate.
Le parti e gli interessati possono proporre reclamo, oltre che avverso il decreto con cui il G.E. provvede sulla richiesta formale del professionista, anche avverso gli atti del professionista con ricorso allo stesso Giudice.
In tali casi, il Giudice decide con ordinanza.
E’ inammissibile l’istanza al giudice dell’esecuzione, formulata con atto di opposizione ex art. 615 II co., c.p.c., volta a far dichiarare l’illegittimità di un atto del professionista delegato, poiché tale istanza va formulata nelle forme previste dall’art. 591 ter c.p.c. (Trib. Bari, 18 settembre 2017).
E’ principio consolidato (cfr. Trib. Monza, 4 giugno 2018, n. 1577) che impugnabili con lo strumento di cui all'art. 617 co 2 c.p.c. sono solo i provvedimenti del Giudice dell'esecuzione, e non gli atti degli ausiliari di questi (v. Cass. ord. n. 1335/2011; nella parte motiva di tale pronuncia si fa espresso riferimento alla necessità di attivare, per l'impugnativa di atti compiuti dal professionista delegato alla vendita, il reclamo ex art. 591 ter c.p.c.; v. anche Cass n. 14707/2006, citata nella motivazione di Cass. n. 1335/2011, ove si opera un distinguo tra atti del professionista delegato, impugnabili ex art. 591 ter c.p.c., e decisioni sul reclamo del Giudice dell'esecuzione, impugnabili ex art. 617 co 2 c.p.c.; tale distinguo è però venuto meno in seguito alla novellazione dell'art. 591 ter c.p.c. da parte del d.l. 83/15, conv. in 1, che ha abrogato il riferimento all'art. 617 c.p.c. e ha introdotto, quale rimedio contro le decisioni del G.E., il reclamo al collegio, ex art. 669 terdecies c.p.c.; ferma rimanendo, però, la necessità di azionare il reclamo ex art. 591 ter c.p.c. avverso gli atti del delegato).
Può dirsi anzi che, nella pratica, si applichi l’art. 591 ter c.p.c. massimamente in relazione agli atti del delegato, in quanto tale strumento, a fronte della massiccia esternalizzazione delle operazioni di vendita al professionista delegato ex art. 591 bis c.p.c., mira a garantire il controllo giurisdizionale dell’attività del delegato mediante la verifica della conformità degli atti alle prescrizioni impartite dal G.E. nell’ordinanza di delega ex art. 591 bis c.p.c. e nei provvedimenti integrativi, e l’incidenza di eventuali violazioni nella sfera giuridica dei destinatari.
Alla domanda se il debitore possa proporre ricorso ex art. 591 ter c.p.c non può che rispondersi affermativamente, in quanto esso può essere introdotto a cura di tutte le parti della procedura (creditori, debitore, terzo proprietario) o di eventuali altri interessati (offerenti, aggiudicatario) che abbiano interesse a dolersi del provvedimento del giudice (reso per risolvere la difficoltà del delegato) o dell’operato del professionista.
In generale, la violazione della speciale disciplina della vendita contenuta nell'ordinanza può essere fatta valere da tutti gli interessati e, cioè, da tutti i soggetti del processo esecutivo, compreso il debitore, interessato anch'egli all'appropriata funzionalità del suddetto sub-procedimento al fine di ridurre nella misura massima possibile la sua esposizione (v. Cass. 5 ottobre 2018, n. 24570).
Che poi il debitore intervenga in favore di una parte offerente anziché di altre, sull’assunto che solo una delle offerte escluse fosse regolare, oltre che non sindacabile da parte del G.E. e di questo Collegio, non implica alcuna violazione della normativa vigente, salvo che venga provata l’esistenza di un accordo interpositorio – fittizio o reale – al quale abbia preso parte il debitore stesso.
Quanto più in dettaglio alla presente fase di reclamo ex art. 669 terdecies, esso si configura come un gravame a critica libera e non a critica vincolata ed è considerato come mezzo generale di controllo sull’operato del giudice cha ha emesso il provvedimento reclamato, affidato ad un giudice diverso; il reclamo si svolge sullo stesso thema decidendum oggetto della fase cautelare della quale rappresenta una prosecuzione; il giudice del reclamo non è limitato nella propria cognizione dai motivi dedotti dalle parti; si è in presenza di un effetto devolutivo pieno ed automatico, come dimostra l’art. 669 terdecies, comma 5, c.p.c., dove si legge che il collegio conferma, modifica o revoca il provvedimento cautelare.
Ciò detto, si discute se, relativamente all’offerta identificata dal n. 4, proposta dall’avv. M. per persona da nominare, poi identificata in S. Gian Mario, sia corretta l’esclusione disposta dal professionista delegato (per riscontrata mancanza di tutti i dati catastali identificativi) ovvero sia corretta la revoca di tale esclusione disposta dal G.E. (per considerazione delle omissioni in questione quali mere irregolarità).
Le modalità di svolgimento delle operazioni di vendita senza incanto, quale quella di specie, sono delineate dalla legge, dal provvedimento di delega del G.E. al professionista, dall’avviso d’asta redatto da quest’ultimo (da sempre impropriamente qualificato “ordinanza” di vendita nonostante il più delle volte redatto non dal G.E. ma dal delegato) e dalle condizioni generali di vendita stabilite dall’intestato Tribunale.
La legge, all’art. 571 comma 2 c.p.c., considera inefficaci le offerte:
Secondo un orientamento, queste ipotesi sarebbero tassative e solo la legge, non già disposizioni diverse da essa o addirittura regolamentari, potrebbe prevederne ulteriori.
Secondo la tesi maggioritaria, supportata da autorevole giurisprudenza di legittimità, invece, nell'esecuzione per espropriazione immobiliare, quando sia disposta la vendita senza incanto, è inefficace l'offerta presentata con modalità difformi da quelle stabilite nell'ordinanza che dispone la vendita, a nulla rilevando che la difformità riguardi prescrizioni dell'ordinanza di vendita stabilite dal giudice di sua iniziativa, ed in assenza di una previsione di legge in tal senso (così, Cassazione civile sez. III, 24/07/2012, n.12880).
In altre parole, nonostante il tenore letterale dell’art. 571 c.p.c. non sia del tutto preciso su questo punto, si è ritenuto che l’offerta sia inefficace (Cass. 23 febbraio 2009, n. 4334) anche quando la cauzione non sia prestata con le modalità prescritte nella ordinanza di vendita (nella prassi si verifica sovente che l’offerente, pur versando una cauzione regolare nel quantum, provveda alla sua presentazione con assegno bancario e non circolare e, dunque, utilizzando modalità diverse rispetto a quanto previsto nell’ordinanza di vendita), e ciò anche nei casi in cui tali modalità siano state prescritte “ di iniziativa “ dal G.E., pur in assenza di una specifica disposizione di legge che ne imponga il rispetto.
Per questa via, è dunque consentito escludere offerte che siano carenti di altri requisiti (rispetto a quelli individuati dal legislatore) richiesti a pena di inefficacia dall’ordinanza di delega o dall’avviso del delegato o dalle condizioni generali di vendita.
Occorre, però, che le disposizioni contenute nei citati atti siano uniformi, convergenti, univoche, chiare, non contraddittorie.
Infatti, il subprocedimento di vendita è scandito da condizioni di forma, sostanza e tempo che devono essere conoscibili e chiare sin dall’avvio (v. Cass. SS.UU. 12 gennaio 2010, n. 262; Cass. civile 7 maggio 2015, n. 9255).
Analizzando però le fonti che contengono la disciplina e le modalità delle operazioni di vendita presso il Tribunale di Ascoli Piceno, si rinvengono numerose discordanze, evidentemente dovute agli apporti nel tempo dei vari magistrati succedutisi nello svolgimento delle funzioni di G.E. dell’intestato Tribunale, ed all’evoluzione normativa (a tacer d’altro, si pensi all’art. 13 del D.L. 27 giugno 2015, n. 83, entrato in vigore il 27 giugno 2015, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015 n. 132), arricchita dalle Linee guida in materia di buone prassi nel settore delle esecuzioni immobiliari promanate dal C.S.M. (da ultime, cfr. circolari rese con delibere dell'11 ottobre 2017 e del 18 giugno 2018).
Nel caso di specie, a titolo esemplificativo, per quanto in questa sede rilevi:
A seguito di questa esemplificativa carrellata di incongruenze nelle indicazioni, descrizioni e conseguenze dei medesimi adempimenti, corre anzitutto l’obbligo da parte di questo Collegio di invitare il G.E., per il prosieguo, a controllare e soprattutto uniformare tutti gli atti che disciplinano le disposizioni di vendita e, in particolare, le modalità di presentazione delle offerte (invito, per vero, già accolto con la pregevole redazione del nuovo allegato A, che però non dovrà contrastare con l’ordinanza di vendita e dovrà costituire il (nuovo) contenuto delle condizioni generali scaricabili dal web).
In questa sede, sin d’ora, quanto detto può essere apprezzato, traducendosi, a tutto voler concedere, in una non univoca identificazione delle disposizioni da osservare e, dunque, nel riconoscimento dell’ordinaria diligenza dell’offerente, semmai incappato in un errore scusabile.
Non si dimentichi, come chiave di lettura della vicenda che ci occupa, che la facoltà di inserire nelle ordinanze di vendita minuziose istruzioni operative non nasce dall’esigenza di escludere dalle gare il maggior numero possibile di offerenti ma, al contrario, e nel rispetto della ratio della massimizzazione dei ricavi, dallo scopo di semplificare i compiti e le incombenze della Cancelleria e/o del delegato e di predeterminare la soluzione da adottare in caso di contestazioni od opposizioni.
Inoltre, prevale in dottrina e giurisprudenza la tesi secondo cui la vendita forzata si inserisce nell’ambito pubblicistico e processuale.
Se così è, dal punto di vista processuale, la violazione delle regole di procedura è disciplinata dalle norme del codice di procedura civile in tema di nullità, con applicazione dell’art. 156 comma 3 c.p.c. secondo cui “la nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato”.
Interessanti, e pertinenti, in proposito sono le considerazioni contenute nello studio n. 19-2011/E del Consiglio Nazionale del Notariato, richiamato da taluni dei reclamanti indicati in premessa, secondo cui, a proposito degli errori dell’offerente compiuti in sede di formulazione o deposito dell’offerta e dei relativi allegati, e segnatamente delle offerte irregolari sotto il profilo formale, tra l’altro si evidenzia quanto di seguito giova trascrivere letteralmente (pagg. 10-11): “B2 i) omissioni, errori ed incongruenze nel modulo d’offerta: è possibile che l’offerente, soprattutto allorché la domanda di partecipazione alla vendita venga depositata in busta chiusa (vendita senza incanto – art. 571 c.p.c.), possa incorrere in difficoltà redazionali ed omettere dei dati nell’offerta, ovvero indicare degli elementi contraddittori. Partendo dal principio fondamentale secondo cui utile per inutile non vitiatur, possiamo affermare che tutti i vizi minori o integranti una mera irregolarità non siano rilevanti se consentono comunque di individuare con esattezza gli elementi essenziali dell’offerta come individuabili dall’art. 571 del codice di rito.
Inoltre vi è da considerare l’altro principio fondamentale falsa demonstratio non nocet, per cui eventuali errori che non comportino incertezze sulla individuazione dei detti elementi essenziali non sono da considerarsi ostativi alla prosecuzione della vendita, ma vanno emendati in sede di apertura delle buste, eventualmente chiedendo chiarimenti alla parte presente (ad es: errori sullo stato civile, il regime patrimoniale, le agevolazioni fiscali eventualmente richieste, l’indirizzo o così via). In effetti i principi generali qui richiamati trovano trasposizione normativa nel testo dell’art.156, ultimo comma, c.p.c., secondo cui la nullità non può essere pronunciata se l’atto ha comunque raggiunto il suo scopo e, dal punto di vista applicativo, ai sensi del citato e successivo art. 571, l’offerta deve contenere l’indicazione del prezzo, del tempo e modo di pagamento e ogni altro elemento utile alla valutazione. E’ da sottolineare, al riguardo, che l’art. 174 d.att. c.p.c. nel prevedere l’obbligo di dichiarare la residenza od eleggere il domicilio nel comune nel quale ha sede il Tribunale, espressamente prevede quale “sanzione” che le comunicazioni, in caso di mancata ottemperanza al disposto della stessa norma, siano fatte in Cancelleria. Se si considera che in genere tutti questi elementi, a parte il prezzo offerto, sono indicati nell’ordinanza di vendita, si comprende come veramente essenziali siano la espressione del prezzo offerto irrevocabilmente e la possibilità di individuare l’offerente. Analogamente, allorché detti elementi essenziali siano presenti, non è da escludere la applicabilità dei principi di cui all’art. 162 c.p.c., in forza del quale occorre procedere alla rinnovazione, ove possibile e ove ciò non leda diritti acquisiti da altre parti, degli atti nulli; parimenti è da ritenere ammissibile in questo caso la possibilità di ammettere una integrazione della documentazione ad opera dell’offerente…”.
Si impongono regole certe ed univoche e sanzioni altrettanto chiare.
Come accennato, lo stesso aggiudicatario ha contraddetto l’allegato A della delega 15 maggio 2017 laddove non ha espressamente dichiarato di aver preso visione delle condizioni generali di vendita.
Analizzando più in dettaglio l’offerta di S. Gian Mario, esclusa dal delegato e riammessa dal G.E., e ammettendo per ipotesi che non esista alcun contrasto tra le condizioni generali di vendita e la delega del G.E. (circa la nullità o la mera irregolarità di un’offerta che non contenga gli esatti dati catastali del bene per il quale l’offerta è proposta; contrasto che invece, come detto, esiste), vanno fatte le seguenti considerazioni, ulteriori rispetto a quanto condivisibilmente e congruamente argomentato dal G.E. nel provvedimento reclamato, in particolare sulla natura giuridica dei beni non espressamente indicati:
A quanto sin qui argomentato, in conclusione, va aggiunto un tassello che, da solo, è idoneo alla individuazione della corretta soluzione del caso concreto.
L’aggiudicatario N. Srl ha offerto meno del prezzo a base d’asta, come consentito, a partire dal 2015, dall’art. 571 c.p.c.
Il vigente art. 572 c. 3 c.p.c. prevede che “Se il prezzo offerto è inferiore rispetto al prezzo stabilito nell'ordinanza di vendita in misura non superiore ad un quarto, il giudice può far luogo alla vendita quando ritiene che non vi sia seria possibilità di conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita e non sono state presentate istanze di assegnazione ai sensi dell'articolo 588”.
Nella versione precedente della disposizione, era consentito aggiudicare a chi avesse offerto meno del prezzo base aumentato di un quinto, solo in mancanza di dissenso del creditore procedente (vero e proprio potere di veto attribuito al procedente) ovvero se il giudice avesse ritenuto insussistenti serie possibilità di migliore vendita con il sistema dell’incanto.
Essendovi nel caso di specie il dissenso del creditore procedente, manifestato all’udienza del 17 gennaio 2019 dal difensore fiduciario di SPV Project S.r.l., la legge previgente avrebbe precluso l’aggiudicazione.
Ma a ben vedere, la preclude anche nella nuova versione, come sopra riportata.
Accantonando la tesi, fondata sul dato letterale (ma non condivisa da questo Collegio, secondo cui si permane all’interno della discrezionalità vincolata del delegato), per la quale in casi di tal fatta solo il Giudice dell’esecuzione (e non il delegato, tenuto a sottoporre a quello la questione) possa assumere determinazioni circa l’aggiudicazione o meno, in assenza di arresti giurisprudenziali, la dottrina più attenta è concorde nel ritenere che la fattispecie concreta è perfettamente sussumibile in quella “seria possibilità di conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita”.
Ove, quindi, l’unica offerta sia inferiore al prezzo base di vendita del bene subastato in misura non superiore ad un quarto e, comunque, risulti conforme all’offerta minima indicata nell’ordinanza di vendita (poiché, diversamente, essa sarebbe inefficace ai sensi dell’art. 571 c.p.c.), il Giudice procede all’aggiudicazione salvo che non ricorrano due diverse condizioni (art. 572 c. 3 c.p.c.), ciascuna delle quali è idonea ad impedire l’aggiudicazione:
Naturalmente, il Giudice non può limitarsi a ritenere incongrua l’offerta “al ribasso” ma deve motivare la eventuale scelta di non accogliere l’offerta inferiore al prezzo base esponendo le “serie” ragione che lo inducono a ritenere possibile una migliore aggiudicazione in virtù di un nuovo esperimento di vendita.
In perfetta conformità con la fattispecie concreta, la manualistica più recente precisa che il Giudice, per manifestare il proprio “dissenso” dovrà, ad esempio, valorizzare la circostanza che una o più offerte sono state dichiarate inefficaci e che per questo vi è fondato motivo di ritenere che un rinvio della vendita, da tenersi alle stesse condizioni, potrebbe garantire lo svolgimento di una gara tra gli interessati.
In altre parole, la verifica della possibilità (che deve essere “seria”) di conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita, è rimessa ad un’attenta valutazione caso per caso del giudice.
In linea di principio, se la pubblicità è stata eseguita regolarmente e non risultino deviazioni patologiche della procedura, sembra difficile ipotizzare che un nuovo tentativo di vendita possa condurre ad un prezzo migliore. Tuttavia, è possibile immaginare casi (quale quello di specie) in cui simile ipotesi potrebbe essere seriamente formulata, come ad esempio la presenza di una o più offerte invalide (prive di regolare cauzione o depositate tardivamente), meglio se per un prezzo superiore.
Nel caso di specie va detto che per entrambi i lotti vi erano delle offerte di pari entità, per cui inevitabilmente vi sarebbero stati dei rialzi; che per il lotto 2 il primo rialzo sarebbe spettato alla N. S.r.l., in quanto l’offerta di S. Gian Mario è stata presentata cronologicamente prima; che ogni rialzo per il lotto 3 sarebbe stato di circa € 3.000 e per il lotto 2 di circa € 30.000.
A placare ogni discussione, basta por mente al fatto che, in forza dell’art. 572 c. 3 c.p.c., se il prezzo offerto è inferiore al prezzo stabilito nell’ordinanza di vendita in misura non superiore ad un quarto, l’aggiudicazione è subordinata alla valutazione del giudice dell’esecuzione e che, in forza dell’art. 669 terdecies c.p.c., il Collegio si sostituisce al giudice che ha emesso il provvedimento reclamato.
Nel caso sussumibile nella fattispecie astratta delineata dall’art. 572 c. 3 c.p.c., resta solo da stabilire come debba aver luogo la nuova vendita nel caso in cui il Giudice non abbia accolto l’offerta valutando la vantaggiosità di un ulteriore esperimento.
In tal senso, i provvedimenti del G.E. che ha revocato l’aggiudicazione e disposto un nuovo esperimento di vendita, sia pure solo per alcuni degli esclusi, colgono nel segno, posto che nel caso di specie vi è la verosimile certezza che nella gara tra l’aggiudicatario revocato e tutti gli altri offerenti (esclusi dal delegato e solo in parte riammessi dal G.E.; inutile riaprire la procedura all’esterno, sia per contrasto con la ragionevole durata dell’esecuzione sia perché il mercato ha già dato risposta chiara alla messa in vendita del bene) si ricaverà un prezzo superiore rispetto a quanto offerto da N. Srl.
Tali provvedimenti, inoltre, non risultano affatto assunti in base all’equità, risultando decisamente assunti secundum legem, ed in particolare nel pieno rispetto dell’art. 572 c.p.c.
In conclusione, per le motivazioni esposte ed in ossequio alla funzionalizzazione del subprocedimento di vendita “ a conseguire il più pieno soddisfacimento delle ragioni del creditore con il minor sacrificio possibile di quelle del debitore “ (così, in parte motiva, Cass. civ., 7 maggio 2015, n. 9255), o in altre parole la miglior vendita possibile, il Notaio già delegato dovrà dirigere la gara fra 3 offerenti per il lotto 2 e 3 offerenti per il lotto 3. Infatti la presente decisione, pur relativa ad uno dei 5 reclami oggi in disamina, va letta ed eseguita unitamente alle ordinanze emesse in data odierna per i restanti 4 reclami.
Essendo nel frattempo inevitabilmente venuta meno la segretezza delle offerte, o meglio degli offerenti, avallata dal legislatore con la previsione dell’art. 572 c. 3 c.p.c., s’impone la trasmissione degli atti alla Procura Repubblica in Sede perché attenzioni la procedura di vendita al fine di scongiurare pericoli di turbativa d’asta.
La complessità, peculiarità e novità delle questioni, impongono la compensazione delle spese legali.
P.Q.M.
visti gli artt. 591 ter e 669-terdecies c.p.c.;
ogni diversa istanza, deduzione od eccezione disattesa, così provvede:
1) CONFERMA l’ordinanza emessa il 27 novembre 2018 dal G.E. del Tribunale di Ascoli Piceno (proc. n. 171-4/2012);
2) INVITA il G.E. immobiliare del Tribunale di Ascoli Piceno a verificare, ed uniformare tra loro, gli atti contenenti descrizione delle condizioni generali di vendita e delle modalità di presentazione delle offerte, in modo che i relativi contenuti siano identici e sovrapponibili;
3) MANDA alla Procura della Repubblica in Sede, per conoscenza e quanto di eventuale competenza;
4) COMPENSA le spese.
Si comunichi.
Ascoli Piceno, così deciso nella camera di consiglio del 17 gennaio 2019
IL GIUDICE RELATORE
(Dott. Raffaele Agostini)
IL PRESIDENTE
(Dott. Carlo Calvaresi)