Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 22691 - pubb. 14/11/2019

Quando la presunzione di responsabilità per danni da cose in custodia di cui all’art. 2051 c.c. non si applica agli enti pubblici per danni subiti dagli utenti di beni demaniali

Tribunale Reggio Emilia, 31 Ottobre 2019. Est. Morlini.


Responsabilità custodiale ex art. 2051 c.c. pubblica amministrazione – Sinistro stradale – Bene demaniale – Possibilità esercizio custodia – Posizionamento strada in perimetro urbano – Elemento sintomatico possibilità custodia – Perizia stragiudiziale – Prova atipica – Valore argomento di prova



La presunzione di responsabilità per danni da cose in custodia di cui all’art. 2051 c.c. non si applica agli enti pubblici per danni subiti dagli utenti di beni demaniali ogni qual volta sul bene demaniale, per le sue caratteristiche, non sia possibile esercitare la custodia intesa quale potere di fatto sulla stessa; elemento sintomatico della possibilità di custodia è dunque il posizionamento della strada nel perimetro urbano.

La perizia stragiudiziale integra una prova atipica, la quale è utilizzabile ai fini della decisione come argomento di prova ex art. 116 comma 2 c.p.c. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI REGGIO EMILIA

SEZIONE SECONDA CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice monocratico dott. Gianluigi Morlini, ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente

SENTENZA

 

FATTO E DIRITTO

La controversia trae origine da un sinistro stradale avvenuto il 8/3/2014 che ha visto coinvolto B. A., il quale, perdendo il controllo della bicicletta da lui condotta nel tratto di pista ciclabile di via Fratelli Cervi di Montecavolo di Quattro Castella, dopo avere toccato con la ruota anteriore il cordolo esistente a ridosso della linea delimitatrice di carreggiata, è caduto a terra riportando gravissimi danni fisici.

A. ha così evocato in giudizio il Comune di Quattro Castella, deducendone l’esclusiva responsabilità ex art. 2051 c.c. nella causazione del sinistro, per la pericolosità del rialzo del cordolo e per la sua difficile percettibilità, e chiedendone la condanna a risarcire il danno non patrimoniale subìto.

Costituendosi in giudizio, il Comune di Quattro Castella ha negato ogni responsabilità, ritenendo inapplicabile l’articolo 2051 c.c. sia in ragione dell’estensione della strada pubblica e della sua utilizzazione diffusa, ciò che renderebbe impossibile la custodia, sia in ragione del fatto che la res avrebbe svolto il ruolo di mera occasione e non già di causa dell’evento; ed ha evidenziato che la strada non presentava insidie, le quali comunque, se esistenti, avrebbero dovuto essere note all’attore in quanto residente nel comune e quindi conoscitore dello stato dei luoghi.

La causa è stata istruita dal giudice allora procedente mediante l’assunzione dei testi indotti dalle parti, nonché con una CTU medico legale affidata alla dottoressa Paola Carani.

Lo stesso giudice allora procedente ha poi formulato alle parti una proposta conciliativa per definire la controversia tramite il pagamento, da parte della convenuta, della complessiva somma di € 200.000, proposta rifiutata da parte convenuta; ed ha poi fissato, con previa concessione di termini per memorie conclusive, la presente udienza di discussione orale, alla quale il fascicolo è per la prima volta pervenuto a questo nuovo Istruttore, che in tale udienza ha deciso la controversia con sentenza contestuale letta in udienza e depositata telematicamente.

 

DIRITTO

a) Va innanzitutto evidenziato che, diversamente da quanto opinato dalla difesa di parte convenuta, è insegnamento giurisprudenziale pacifico, quantomeno a partire da Cass. n. 15383/2006, quello per cui la natura demaniale del bene, la sua estensione e l’uso diretto da parte dei cittadini, non sono circostanze tali da fare di per sé escludere l’applicabilità dell’art. 2051 c.c., ma circostanze di fatto da apprezzare nel caso concreto da parte del giudice.

Nel caso di specie, non è seriamente revocabile in dubbio la possibilità di custodia, intesa come potere di fatto sulla cosa, da parte della pubblica amministrazione, trattandosi di strada urbana all’interno del centro abitato e nella centralissima piazza Matteotti di un piccolo paese pedecollinare quale Montecavolo; e tenuto conto del fatto che la localizzazione della strada all’interno del perimetro urbano, è pacificamente elemento sintomatico della possibilità di custodia (Cass. n. 14635/2015, Cass. n. 21328/2010, Cass. n. 8377/2009, Cass. n. 1691/2009, Cass. n. 12449/2008, Cass. n. 23924/2007, Cass. n. 4962/2007, Cass. n. 20827/2006, Cass. n. 20825/2006, Cass. n. 16770/2006, Cass. n. 15779/2006, Cass. n. 15383/2006).

Ritenuto allora applicabile l’articolo 2051 c.c., si osserva che trattasi di ipotesi di responsabilità oggettiva (giurisprudenza consolidata: tra le più recenti, cfr. Cass. n. 2480/2018, Cass. n. 25837/2017, Cass. n. 12027/2017, Cass. n. 11785/2017), per la cui configurazione in concreto è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza: la responsabilità è allora esclusa solo dal caso fortuito, fattore che attiene non già ad un comportamento del responsabile, bensì al profilo causale dell’evento, riconducibile non alla cosa ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell’oggettiva imprevedibilità ed inevitabilità.

Tanto premesso in linea di diritto, si osserva in fatto come non vi sia dubbio che parte attrice abbia dato prova dell’esistenza di un nesso causale tra la cosa in custodia (id est la strada comunale) ed il danno arrecato a terzi (id est il sinistro intercorso). Tale prova emerge in tutta evidenza dal fatto che, a conferma di quanto dedotto dall’attore, il sinistro è stato cagionato dalla presenza sulla carreggiata di un “cordolo di circa tre centimetri che delimita il marciapiede” (cfr. verbale di servizio dei Carabinieri intervenuti in loco nell’immediatezza dei fatti, che hanno ricostruito la dinamica del sinistro anche sulla base delle dichiarazioni del teste oculare Giovanni Carpi: all. 1 fascicolo attoreo).

Alla luce di ciò, spettava a parte convenuta, per disattendere la domanda e resistere ad un’ipotesi di responsabilità oggettiva, provare l’esistenza del caso fortuito, ciò che invece parte convenuta non ha fatto.

Anzi, l’istruttoria esperita ha comprovato addirittura un rilevante grado di colpa in capo alla convenuta, atteso che:

  • come segnalato dall’Ispettore capo della Polizia Municipale, i rialzi che hanno cagionato la caduta dell’attore, “sono pericolosi in quanto troppo bassi e dello stesso materiale e colore della pavimentazione stradale” (cfr. all. 1 fascicolo attoreo);
  • già meno di un anno prima del sinistro di causa, ed in particolare il 12/6/2013, era stata effettuata al comune altra analoga segnalazione “in seguito al sinistro in cui rimase coinvolto un ciclista con conseguenze serie, con dinamica analoga a quella del sig. A.” (cfr. all. 1 fascicolo attoreo);
  • il fatto che la criticità ambientale fosse nota al Comune è ulteriormente confermato dalla circostanza per cui, ben prima del sinistro di causa, con determina del 6/6/2013 era stato disposto l’affidamento di lavori per la messa in sicurezza della pavimentazione stradale, sul presupposto che essa fosse in “cattivo stato di manutenzione” e costituisse un “pericolo per gli utenti della strada” (cfr. all. 17 fascicolo attoreo); e con successiva determina 10/2/2014 era stato disposto di procedere all’acquisto di paletti dissuasori impiegati per evidenziare la separazione tra pista ciclabile e marciapiede pedonale anche nei luoghi di causa (cfr. all. 18 e 20 fascicolo attoreo);
  • tuttavia, solo una settimana dopo il sinistro e ragionevolmente a seguito di esso, con l’ordinanza 19/3/2014 è stato effettivamente dato impulso operativo ai lavori (cfr. all. 19 fascicolo attoreo), poi realmente effettuati evidenziando bene la separazione tra pista ciclabile e piano di calpestio pedonale, operando una distinzione cromatica tra carreggiata veicolare e pista ciclabile ed eliminando il cordolo (cfr. pag. 14 perizia).

L’oggettiva cronologia dei fatti conferma quindi la consapevolezza in capo al Comune della situazione di pericolo, e l’inerzia nel provvedere fino al momento del sinistro per cui è causa.

La manifesta pericolosità della situazione che ha cagionato il sinistro è poi bene esplicitata anche dalla perizia stragiudiziale depositata da parte attrice (cfr. all. 15), redatta da un noto ed apprezzato tecnico iscritto all’albo dei CTU del tribunale e che può essere posta a fondamento della decisione, in quanto perizia svolta con motivazione convincente e pienamente condivisibile, dalla quale il Giudicante non ha motivo di discostarsi in quanto frutto di un iter logico ineccepibile e privo di vizi, condotto in modo accurato ed in continua aderenza ai documenti ed allo stato di fatto analizzato, non oggetto di specifica e motivata contestazione da parte della convenuta (per il valore di prova atipica della perizia stragiudiziale e della sua utilizzabilità ai fini della decisione, quantomeno come argomento di prova ex art. 116 comma 2 c.p.c., cfr. Cass. n. 9551/2009, Cass. n. 4186/2004, Cass. n. 1902/2002, Cass. n. 12411/2001, Cass. n. 5544/1999, Cass. n. 4437/1997, Cass. n. 2574/1992, Cass. n. 1416/1987, Cass. n. 1325/1984, Cass. n. 5286/1980).

Infatti, ha segnalato il perito, che ha poi confermato le proprie osservazioni in una deposizione testimoniale, una serie di peculiarità atipiche del contesto ambientale ove si è verificato il sinistro, presenti all’epoca dei fatti e risolte solo con i successivi lavori, quali (cfr. in particolare pag. 15 perizia):

  • mancanza di segnaletica ‘strettoia’ nel tratto che precede l’imbocco nella piazza in cui si è verificato il sinistro;
  • mancanza di segnaletica dell’ostacolo costituito dall’inizio del gradino in improvvida posizione mediana della pista ciclabile;
  • orientamento del gradino con angolazione negativa tale, rispetto all’asse viario, da precluderne la percettibilità nella direzione di arrivo del ciclista;
  • disallineamento tra l’asse della pista presente sulla tratta asfaltata e quella della tratta lastricata, in modo tale da rendere l’angolo del gradino improvvidamente esposto alla traiettoria ottimale tenuta dai ciclisti in avvicinamento.

Deriva, in conclusione sul punto, che non solo parte convenuta, cui spettava l’onere della prova, non ha provato l’esistenza del caso fortuito per escludere la responsabilità oggettiva ex articolo 2051 c.c.; ma anzi, è parte attrice ad avere dato prova del fatto che il sinistro si è verificato per un’insidia imprevedibile e non percettibile con l’ordinaria diligenza.

b) Detto della evidente e marcata responsabilità del Comune nella causazione del sinistro, può ritenersi esistente un minoritario concorso di colpa del danneggiato ex art. 1227 comma 1 c.c.

Invero, come dedotto dalla difesa di parte convenuta, A., pur lavorando a Treviso, era residente nel Comune di Quattro Castella e continuava a frequentare la propria abitazione, e quindi era ragionevolmente a conoscenza dei luoghi, della conformazione della sede stradale e della pista ciclabile.

Pertanto, anche se il ciclista procedeva “a velocità moderata”, così come indicato dal rapporto dei carabinieri sulla base delle sommarie informazioni rese da Giovanni Carpi (cfr. all. 1 fascicolo attoreo), era da lui esigibile un ulteriore comportamento di particolare prudenza proprio in ragione del fatto che, ragionevolmente, egli conosceva la pericolosità dei luoghi.

Pertanto, ad avviso del Giudice deve ritenersi che la causa principale del sinistro sia da addebitarsi alla responsabilità custodiale del Comune per la pericolosità dei luoghi; e che purtuttavia residui comunque un concorso di colpa, da intendersi come minoritario, del ciclista, che avrebbe potuto prestare ulteriore attenzione in ragione della conoscenza dei luoghi stessi.

Pertanto, sulla base di quanto sopra, stimasi equo indicare nel 80% la responsabilità del Comune nella causazione del sinistro, residuando il rimanente 20% di responsabilità in capo all’attore.

c) Venendo ora alla quantificazione del danno, lo stesso può essere quantificato sulla base della CTU, svolta con motivazione pienamente condivisibile ed alla quale hanno aderito anche i CTP, dalla quale il Giudicante non ha motivo di discostarsi, la quale ha spiegato che le rilevanti lesioni subite dall’attore consistono nel 40% di danno biologico permanente, in 7 giorni di ITT, in 60 giorni di ITP al 75%, in 90 giorni di ITP al 50%, ed hanno comportato spese mediche per € 1.708 (cfr. in particolare pag. 7 perizia).

Pertanto, sulla base dei parametri liquidatori cd. del Tribunale di Milano aggiornati all’attualità secondo l’ultima tabella proposta nel 2018 - che qui si intendono applicare in quanto condivisibili ed adeguati, e comunque ritenuti dalla stessa Suprema Corte il metro della corretta liquidazione del danno non patrimoniale (in questi termini Cass. n. 12408/2011, nella sostanza confermata e ribadita dalle successive Cass. n. 14402/2011, Cass. n. 17789/2011, Cass. n. 2228/2012, Cass. n. 12464/2012, Cass. n. 19376/2012, Cass. n. 134/2013, Cass. n. 10263/2015, Cass. n. 2167/2016, Cass. n. 9950/2017, Cass. n. 12470/2017, Cass. n. 17018/2018) - tenuto conto di un’età di 46 anni al momento del sinistro, il complessivo danno subìto dall’attore ammonta ad € 259.159 (ed in particolare, € 244.841 per danno biologico permanente; sulla base teorica di euro 130 giornaliere per ITT, somma più vicina al massimo di 147 piuttosto che al minimo di 98, in ragione dell’entità del danno biologico sofferto, € 910 per ITT, € 5.850 per ITP al 75%, € 5.850 per ITP al 50%; € 1.708 per spese mediche ritenute congrue e documentate).

Tale quantificazione già tiene conto delle sofferenze biologiche, morali ed esistenziali, e non necessita di ulteriore personalizzazione, atteso che i pur significativi e gravi disagi dedotti da parte attrice (interruzione dell’attività sportiva, limitazioni nel muovere le braccia, difficoltà a dormire), già sono stati valorizzati nella valutazione del danno biologico, e non possono essere ulteriormente considerati al fine di evitare duplicazioni risarcitorie.

Pertanto, tenuto conto del concorso di colpa del 20% del danneggiato nella causazione del sinistro, parte convenuta deve essere condannata a risarcire all’attore l’80% del danno sofferto, pari per tale percentuale ad € di 207.327,2.

Su tale cifra capitale, che integra all’evidenza un debito di valore in quanto posta risarcitoria, così come da domanda ed in base ai principi generali, vanno riconosciuti, secondo la pacifica giurisprudenza, rivalutazione ed interessi sulla somma stessa via via rivalutata, dalla data del fatto, id est il 8/3/2014, al saldo. Tuttavia, essendo la somma capitale già calcolata all’attualità ed in ragione della difficoltà di procedere alla devalutazione, in piena aderenza all’insegnamento dalla Suprema Corte, gli interessi possono essere calcolati sulla somma integralmente rivalutata, ma da un momento intermedio tra il fatto e la sentenza, id est il 1/1/2017.

d) Non vi sono motivi per derogare ai principi generali codificati dall’art. 91 c.p.c. in tema di spese di lite, che, liquidate come da dispositivo con riferimento al D.M. n. 55/2014, sono quindi poste a carico della soccombente parte convenuta (che ha altresì immotivatamente rifiutato la proposta conciliativa formulata dal Giudice: cfr. verbale 24/10/2018) ed a favore della vittoriosa parte attrice, tenendo a mente un valore prossimo a quelli medi per ciascuna delle quattro fasi di studio, di introduzione, istruttoria e decisoria, nell’ambito dello scaglione entro il quale è racchiuso il decisum di causa.

Per gli stessi princìpi di soccombenza, anche le spese di CTU, già liquidate in corso di causa con il separato decreto di cui a dispositivo, sono definitivamente poste a carico di parte convenuta.

 

P.Q.M.

il Tribunale di Reggio Emilia in composizione monocratica

definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza disattesa

  • accerta che il sinistro avvenuto il 8/3/2014 è ascrivibile alla concorrente responsabilità delle parti, ed in particolare per l’80% al Comune di Quattro Castella e per il 20% a B. A.;
  • condanna il Comune di Quattro Castella a risarcire l’80% del danno subìto da B. A., con il pagamento di € 207.327,2, oltre rivalutazione ed interessi dal 1/1/2017 al saldo;
  • condanna il Comune di Quattro Castella a rifondere a B. A. le spese di lite del presente giudizio, che liquida in € 13.430, € 1.269,15 per esborsi, oltre IVA, CPA e rimborso spese forfettarie;
  • pone le spese di CTU, già liquidate in corso di causa con separato decreto 28/6/2018, definitivamente a carico del Comune di Quattro Castella.

Reggio Emilia, 31/10/2019

Il Giudice

Dott. Gianluigi Morlini