Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 28919 - pubb. 25/03/2023

Il mezzo di impugnazione del decreto di inammissibilità del ricorso per ristrutturazione dei debiti del consumatore

Tribunale Bologna, 27 Febbraio 2023. Pres. Florini. Est. Atzori.


Accordo di ristrutturazione - Impugnabilità dei provvedimenti del tribunale - Decreto di inammissibilità - Procedimento di cui agli artt. 737, 738 e 739 c.p.c.



Con riferimento alla impugnabilità dei provvedimenti del tribunale resi in tema di accordo di ristrutturazione, l'art 70 CCI, si limita a regolare l'ipotesi della impugnazione avverso il provvedimento sulla omologabilità o meno dell'accordo, individuando la corte d'appello come organo competente, attraverso il richiamo del comma 8 all'art.51 CCI in caso di omologazione e il richiamo del comma 10 all'art. 50 CCI in caso di rigetto.


La struttura dell'art.70, però, evidenzia come lo strumento del ricorso alla corte d'appello riguardi provvedimenti resi per ragioni di merito che vengono sondate attraverso un articolato procedimento il quale prevede un contraddittorio con i controinteressati come dimostrato, a titolo di esempio, dal coinvolgimento dei creditori, dalla possibilità per questi ultimi di depositare osservazioni e che l'OCC può, a seguito di tali osservazioni, presentare una modifica del piano (vedi art.70 commi 3 e 6 CCI in connessione tra loro).

Trattasi, all'evidenza, di un procedimento a formazione progressiva, nel corso del quale il giudice acquisisce elementi conoscitivi dai soggetti interessati che possono portare a decisioni rilevanti quali "...la sospensione dei procedimenti di esecuzione forzata che potrebbero pregiudicare la fattibilità del piano" e "...su istanza del debitore... il divieto di azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del consumatore nonché le altre misure idonee a conservare l'integrità del patrimonio fino alla conclusione del procedimento." (art. 70 comma 4). Dunque l'art. 70 commi ottavo e decimo che disegnano l'investitura della corte di appello, non sono in alcun modo applicabili alla fattispecie, del tutto diversa, di un decreto che sancisca in via preliminare la inammissibilità del ricorso.


A fronte di ciò, occorre che l'interprete, una volta rifiutata la opzione ermeneutica che esclude la portata lesiva di un provvedimento di mera inammissibilità attraverso l'affermazione di una riproponibilità senza limiti dell'istanza, individui lo strumento sistematicamente più corretto, per consentire al debitore che ritenga lesa la propria posizione, di impugnare la decisione del giudice che abbia ritenuto insussistenti le precondizioni minime per aprire il procedimento.


A tal fine appare corretto fare riferimento alle norme di carattere generale ed, in particolare, alla sussumibilità di tale procedimento, sotto il profilo processuale, nello schema dettato dagli artt. 737, 738 e 739 c.p.c., con la precisazione che per altro verso si arriva allo stesso risultato, attraverso il richiamo alla clausola di compatibilità di cui all'art. 65 CCI che consente di applicare alla fattispecie l'art. 47 comma 5, sostituita la corte di appello con il tribunale, essendo qui impugnato un provvedimento del giudice monocratico. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)




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