Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 31148 - pubb. 03/05/2024

Ricorribilità ex art. 111 Cost. del decreto che rigetta la domanda di annullamento del concordato fallimentare

Cassazione civile, sez. I, 07 Agosto 2023, n. 23902. Pres. Cristiano. Est. Dongiacomo.


Fallimento - Concordato fallimentare - Istanza di annullamento - Rigetto - Ricorso per Cassazione



Il decreto con cui la corte d’appello, in sede di reclamo avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza del creditore di risoluzione ovvero (a fronte del rinvio operato dall’art. 138, comma 1°, l.fall., alla disciplina dettata dall’art. 137 l.fall. in tema di procedimento per la risoluzione) di annullamento del concordato fallimentare, confermi il predetto diniego, non è impugnabile con il ricorso per cassazione a norma dell’art. 111 Cost..


Si tratta, invero, di un provvedimento che, pur incidendo sui diritti del creditore istante e degli altri creditori, cui questi effetti si estendono ai sensi dell’art. 135 l.fall., non decide, tuttavia, in via definitiva sugli stessi e che, per l’effetto, risulta del tutto privo della definitività necessaria per rendere ammissibile il ricorso straordinario (cfr. Cass. n. 2990 del 2016; per il precedente regime, Cass. SU n. 10095 del 1996).


Il creditore istante, infatti, al pari degli altri creditori, oltre a poter beneficiare dell’eventuale modifica o revoca del decreto, ha la facoltà di riproporre la medesima istanza, eventualmente emendandola dei vizi riscontrati dal decreto di rigetto ovvero fondandola sulle medesime ragioni di fatto e di diritto a suo tempo allegate con l’illustrazione dei motivi per cui si ritiene erronea la valutazione che ha condotto a tale provvedimento.


In effetti, con il rinvio all’art. 15 l.fall., il decreto di rigetto della richiesta di risoluzione (art. 137, comma 5°, l.fall.), al pari di quello di rigetto della richiesta di annullamento (art. 138, comma 2°, l.fall.), rimane reclamabile innanzi alla corte d’appello (in applicazione analogica dell’art. 22 l.fall., ovvero a norma dell’art. 739 c.p.c.) ma l’eventuale decreto di rigetto del reclamo non è, tuttavia, idoneo a precludere una rinnovazione della richiesta di risoluzione o di annullamento da parte del medesimo reclamante ovvero di altri creditori, sicché manca di quei profili di definitività che rendono ammissibile il ricorso straordinario per cassazione.


Non appare utile, per sostenere la tesi della ricorribilità per cassazione, invocare la circostanza che, in caso di accoglimento della domanda di risoluzione o di annullamento del concordato fallimentare, la sentenza che conseguentemente riapre la procedura di fallimento (artt. 137, comma 4°, e 138, comma 2°, l.fall.) sia espressamente assoggettata al reclamo previsto dall’art. 18 l.fall. e, quindi, al ricorso per cassazione. La scelta del legislatore di confermare la ricorribilità per cassazione soltanto delle sentenze che aprono la procedura concorsuale, appare, in effetti, “coerente con i rilevati profili di retrattabilità e modificabilità del decreto che respinge le istanze di risoluzione o di annullamento del concordato”: “gli stessi che ancora oggi, per giurisprudenza consolidata, sono riscontrabili nei provvedimenti di rigetto delle istanze di fallimento ex art. 22 l.fall. (Cass. 9 ottobre 2015, n. 20297; Cass. 2 aprile 2015, n. 6683; Cass. 10 novembre 2011, n. 23478; Cass., sez. un., 7 dicembre 2006, n. 26181)” (Cass. n. 2990 del 2016, in motiv.). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)




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