Condominio


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 11/12/2020 Scarica PDF

La violazione del regolamento condominiale come causa di risoluzione del contratto di locazione

Paola Cuzzocrea, Avvocato in Mantova


La cattiva condotta tenuta dal locatario nei confronti degli altri condòmini, come l’aver assunto comportamenti che integrano violazione del regolamento condominiale, può portare alla risoluzione del contratto di locazione.

Come è noto, infatti, le disposizioni del regolamento sono vincolanti non solo per il proprietario-locatore, ma anche per il conduttore, il quale è parimenti obbligato a rispettarne i divieti e le prescrizioni.

Tant’è che sia l’amministratore, quale rappresentante di tutti i condòmini, sia qualsiasi condòmino (nel caso di inerzia dell’amministratore) possono intervenire ed avviare iniziative nei confronti dell’inquilino trasgressore a tutela degli interessi personali o dell’intero condominio.

E’ pur vero, tuttavia, che il principale destinatario delle norme del regolamento rimane in ogni caso il proprietario dell’unità immobiliare, ovvero il locatore, il quale è il diretto responsabile, nei riguardi degli altri condòmini, delle violazioni commesse dal proprio locatario: ed è per questo che egli, ove non riesca a far rientrare quest’ultimo dai comportamenti illeciti, può sanzionarlo mediante la cessazione del rapporto di locazione.

Proprio in ragione della sussistenza di tale responsabilità, viene inserita, usualmente, nei contratti di locazione una clausola con la quale il conduttore dichiara di accettare il regolamento condominiale, impegnandosi al rispetto degli obblighi in esso previsti; così facendo, in caso di inosservanza, il proprietario potrà agire nei suoi confronti senza vedersi validamente eccepire la mancata conoscenza di detti obblighi.

La disposizione legislativa di riferimento è l’art. 1587 del Codice Civile, in cui è stabilito che il locatario, nel servirsi della cosa locata - per l’uso determinato dal contratto o desumibile dalle circostanze -, deve osservare la diligenza del buon padre di famiglia, nella quale rientra appunto l’attenersi ai limiti posti dallo statuto condominiale.

Gli esempi di “abuso” del bene locato in danno della collettività dei condòmini si concretano in comportamenti di vario genere che turbano la tranquillità dei coinquilini (es. suonare strumenti musicali, fare schiamazzi, utilizzare apparecchi radio oltre l’orario consentito), o che comportano fastidi nell’uso dell’immobile (es. occupazione impropria delle parti comuni) o addirittura minaccia alla salute altrui (es. emissioni pericolose).

In tutti questi casi, come risulta chiaramente espresso nella sentenza del Tribunale di Milano n. 1947 del 22 febbraio 2018, che si rifà a precedenti decisioni della Corte di Cassazione (tra cui la n. 11859/2011), essendo il proprietario dell’immobile il principale destinatario delle norme del regolamento condominiale - e per ciò tenuto a risarcire, in via solidale con l’inquilino, i danni da quest’ultimo eventualmente procurati agli altri condòmini -, egli ben può avvalersi dello strumento della risoluzione anticipata del contratto.

Quanto all’importanza dell’inadempimento del locatario che giustifica tale risoluzione, un orientamento giurisprudenziale più risalente (es. Cass. n. 11383/2006) affermava che, per ottenere la liberazione dell’immobile, in casi simili, fosse necessario il compimento da parte del locatario di svariate o, comunque, reiterate, violazioni; il che implicava che il proprietario, prima di agire in giudizio, fosse tenuto ad inoltrare più inviti o, meglio ancora, una diffida formale a cessare tali violazioni.

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 2286 del 20 ottobre 2020), invece, dopo aver ribadito il principio secondo il quale il comportamento del conduttore che provoca molestie ai coinquilini integra inadempimento contrattuale per abuso della cosa locata ex art. 1587 c.c. - in quanto il locatore, ove tolleri tali molestie, deve risponderne come di fatto proprio -, ha chiarito che l’inadempimento in oggetto può essere costituito anche da un solo episodio, qualora esso risulti grave.

Sull’interpretazione dell’art. 1587 c.c. è interessante rilevare che, inizialmente, dottrina e giurisprudenza avevano ravvisato il concretarsi dell’abuso solo nelle ipotesi di modifica dello stato di fatto e della destinazione dell’immobile (nella misura in cui tale modifica comporti un danno economico al locatore o alteri la conservazione del bene), mentre, successivamente, la Suprema Corte ha esteso il concetto di abuso alle circostanze in cui, pur in mancanza di qualsiasi modifica, l’uso del bene sia in grado di pregiudicarne, comunque, il valore: così arrivando a ravvisare una forma di abuso, come tale inclusa nelle cause di inadempimento che legittimano la risoluzione anticipata del proprietario, nella condotta del locatario che molesti i vicini.

Sul piano pratico,  va precisato che, per allontanare l’inquilino che abbia violato il regolamento condominiale, non si può fare ricorso alla procedura di sfratto utilizzata per le ipotesi di morosità o finita locazione, più rapida e semplice, ma è necessario promuovere una causa ordinaria, con tempi più lunghi, nella quale il proprietario dovrà essere in grado di dimostrare le circostanze che integrano il comportamento illecito del locatario (in primis mediante la prova testimoniale, e cioè assumendo le dichiarazioni degli altri condòmini e/o dell’amministratore di condominio).

Naturalmente, il locatore, oltre a dar corso alla procedura liberatoria, potrà agire nei confronti del proprio locatario per domandargli la restituzione di quanto pagato a titolo di risarcimento dei danni arrecati ai soggetti lesi dalla sua ingiusta condotta.


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