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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 13/04/2023 Scarica PDF

La permuta: un contratto inusuale tornato da poco di fragorosa attualità a seguito delle controversie giudiziarie relative ai bilanci delle società calcistiche

Gianfranco Capodaglio, Vanina Stoilova Dangarska, Lauretta Semprini, Gianfranco Capodaglio già professore ordinario di economia aziendale nell'Università di Bologna, dottore commercialista e revisore legale. Vanina Stoilova Dangarska dottore commercialista e revisore legale, phd Università UNWE Sofia


Sommario: Premessa. 1. un contratto desueto: la permuta. 2. Il ritorno all’antico. 3. La rappresentazione contabile delle operazioni di permuta. 3.1 La permuta nei bilanci redatti secondo i principi contabili internazionali 3.1.1 L’iscrizione dei ricavi derivanti da contratti di permuta. 3.1.2 L’iscrizione degli immobilizzi immateriali acquisiti attraverso contratti di permuta. 3.1.3 Considerazioni finali sulla permuta nell’IFRS 15 e nello IAS 38. 3.2 La permuta nei bilanci redatti secondo il codice civile ed i principi contabili nazionali. 4. Conclusioni.

 

Premessa

Come è noto, nel mondo dello sport professionale operano società commerciali i cui proventi derivano da due fonti principali: le cd “sponsorizzazioni” e le operazioni volgarmente definite “compravendite di giocatori”. Queste seconde consistono nell’acquisizione e nella cessione dei diritti relativi ai contratti stipulati fra le società sportive ed i singoli atleti.

Come meglio si dirà in seguito, le società sportive cedono ed acquisiscono i citati diritti attraverso contratti di compravendita, o di permuta, con o senza conguaglio.

In entrambe le tipologie di contratto, giuridicamente fra loro assai diverse, lo scambio non prevede necessariamente uscite ed entrate di denaro per importi corrispondenti rispettivamente ai valori delle cessioni e delle acquisizioni dei diritti, in quanto esiste una sorta di “cassa di compensazione”, grazie alla quale ciascuna società paga o riscuote periodicamente soltanto il saldo fra le operazioni attive e passive poste in essere nel periodo.

Le permute, quando riguardano importanti società sportive e noti giocatori professionisti, sono caratterizzate da valori rilevanti; alcune di esse hanno suscitato il sospetto di possibili abusi. Ciò ha avuto forte eco attraverso i mezzi di comunicazione.

 

1. Un contratto desueto: la permuta

Recenti fatti di cronaca giudiziaria hanno messo in luce gli effetti di una tipologia di contratti ormai desueta: la permuta, ovvero il “baratto”, che ha rappresentato la prima forma di scambio commerciale della storia.

A ben vedere, anche ai primordi dell’economia monetaria, gli scambi si basarono su di una forma particolare di “baratto”: la moneta metallica (oro ed argento) fu oggetto di scambio contro beni e servizi. La particolarità derivò dall’intervento dell’autorità di governo dei vari territori in cui la moneta era prodotta e scambiata; l’intervento garantiva il peso ed il titolo del metallo prezioso col quale la moneta era realizzata, attraverso l’utilizzo del conio, che consentiva d’imprimere sulla moneta una sorta di “sigillo” sulle due facce e, spesso, anche sul bordo, al fine di impedirne falsificazioni e limature del metallo.

Nella sostanza, si trattava pur sempre di un baratto, nel quale uno degli elementi di scambio era convenzionalmente dotato di un valore certificato dalla pubblica autorità: ciò consentiva ad esso di costituire una “misura del valore”, capace, inoltre, di conservarla nel tempo.

Nelle epoche successive, la moneta subì importanti progressive trasformazioni: la più importante fu quella relativa alla moneta cartacea (o di metallo non prezioso), il cui valore di scambio era certificato e garantito dalla pubblica autorità, che dichiarava di possedere una quantità di metallo prezioso a garanzia – almeno in parte – dell’eventuale (e spesso teorica) possibilità di conversione della moneta cartacea in metallo prezioso.

Col trascorrere del tempo, anche questa ipotesi di garanzia venne meno e la pubblica autorità introdusse il concetto di “corso legale”, cioè l’obbligo per i contraenti di accettare negli scambi la moneta corrente nel paese.

Infine, con l’intervento della moneta elettronica, si è perso definitivamente il concetto di baratto e tutti gli scambi avvengono su base convenzionale, giuridicamente definita[1].

 

2. Il ritorno all’antico

Il “pasticcio plusvalenze” riguardante i bilanci di talune società calcistiche, che ha provocato i recenti fatti di cronaca, mette in luce le contraddizioni proprie dell’imperante prevalenza riconosciuta ai fenomeni finanziari (cioè monetari, relativi a moneta presente o futura), rispetto a quelli propriamente economici, consistenti nelle operazioni produttive e commerciali. Tutto ciò rischia di confondere il concetto di “creazione della ricchezza” con quello di “misurazione della ricchezza”. In altre parole, la moneta è lo strumento di misurazione più diffuso del valore dei beni e dei servizi prodotti e scambiati, ma non si identifica con essi; cioè, come detto, la moneta misura la “ricchezza”, ma non è ricchezza essa stessa. Lo diventa nel momento in cui viene scambiata con altri beni e altri servizi. Finché la moneta non viene accettata in cambio di beni e servizi, non ha alcun utilizzo.

Il fenomeno si manifesta proprio nelle non frequenti occasioni in cui si stipula un contratto di permuta, per il quale non è necessaria – in tutto o in parte - la presenza del mezzo monetario. Nella permuta ciascun bene o servizio scambiato assume prioritariamente un valore, non in termini monetari, ma in termini di altri beni o servizi.

La mancata presenza del metro monetario rende difficile per i terzi la verifica, soprattutto a posteriori, della misura monetaria della realtà economica di tali operazioni, in particolare quando la verifica riguarda la rappresentazione numerica delle operazioni di permuta nei bilanci delle imprese partecipanti.

 

3. La rappresentazione contabile delle operazioni di permuta

I principi contabili nazionali ed internazionali non trattano le operazioni di permuta in uno specifico documento, ma affrontano l’argomento in quelli riguardanti taluni elementi del bilancio.

 

3.1. La permuta nei bilanci redatti secondo i principi contabili internazionali

3.1.1. L’iscrizione dei ricavi derivanti da contratti di permuta

Negli IAS/IFRS lo standard 15 (Ricavi provenienti da contratti con i clienti) tratta il caso in cui la cessione di beni o servizi avvenga con un “corrispettivo non monetario”; in tale ipotesi è così previsto ai paragrafi 66 e seguenti:

“66. Per determinare il prezzo dell'operazione in caso di contratto in cui il cliente promette un corrispettivo non monetario, l'entità deve valutare al fair value (valore equo) il corrispettivo non monetario (o la promessa di corrispettivo non monetario).

67. Se non può stimare ragionevolmente il fair value (valore equo) del corrispettivo non monetario, l'entità deve valutare il corrispettivo indirettamente, facendo riferimento al prezzo di vendita a sé stante dei beni o servizi promessi al cliente (o alla categoria di clienti) in cambio del corrispettivo.

68. Il fair value (valore equo) del corrispettivo non monetario può variare in ragione della forma del corrispettivo (per esempio, il prezzo di un'azione che l'entità ha il diritto di ricevere dal cliente può subire fluttuazioni). Se il fair value (valore equo) del corrispettivo non monetario promesso dal cliente varia per altri motivi, e non unicamente per motivi legati alla forma del corrispettivo (per esempio, il fair value (valore equo) potrebbe variare a causa della prestazione dell'entità), l'entità deve applicare le disposizioni dei paragrafi 56-58.”

La regola generale prevede, quindi, che il ricavo corrisponda al fair value del bene o del servizio ricevuto in cambio, ovvero al “prezzo che si percepirebbe per la vendita di un’attività ovvero che si pagherebbe per il trasferimento di una passività in una regolare operazione nel mercato principale (o più vantaggioso) alla data di valutazione, alle correnti condizioni di mercato (ossia un prezzo di chiusura), indipendentemente dal fatto che quel prezzo sia osservabile direttamente o che venga stimato utilizzando un’altra tecnica di valutazione.”[2]

Il paragrafo 67 dell’IFRS 15 prende in considerazione il caso nel quale il cedente “non può stimare ragionevolmente il fair value (valore equo) del corrispettivo non monetario”. La soluzione proposta si basa sull’ipotesi che il cedente abbia comunque un “listino prezzi” di elementi corrispondenti a quello ceduto, per cui l’individuazione del prezzo nella permuta risulti agevole.

Il paragrafo 68 tratta esplicitamente i casi nei quali lo scambio effettivo dei beni e/o servizi non sia contestuale; infatti, non si riferisce al “corrispettivo ricevuto”, ma “al corrispettivo che l’entità ha il diritto di ricevere”. Pertanto, la controprestazione potrebbe variare il proprio valore prima dell’effettiva acquisizione: in tali casi, viene prevista l’applicazione delle disposizioni contenute nei paragrafi 56 - 58[3].

Da quanto sopra risulta che, nel caso in cui le prestazioni vengano effettivamente scambiate al momento in cui ha effetto il contratto di permuta, il fair value del corrispettivo non monetario ricevuto o il prezzo di vendita a sé stante dell’elemento ceduto siano le uniche valutazioni applicabili. A questo proposito, si nota che non viene presa in considerazione l’ipotesi in cui le parti indichino nel contratto il valore monetario riconosciuto come prezzo dei beni o servizi scambiati; sorprende la mancanza, dato che tale indicazione è normalmente presente, anche perché indispensabile a fini fiscali.

In definitiva, il ricavo da contratti di permuta può assumere, in ordine di priorità, i seguenti valori:

a) il fair value del corrispettivo non monetario ricevuto o da ricevere;

b) se non è possibile stimare ragionevolmente il fair value del corrispettivo non monetario - il prezzo di vendita a sé stante dei beni o servizi promessi al cliente.

Non viene preso in considerazione il caso in cui non esista un prezzo di vendita a sé stante dei beni o servizi promessi al cliente (come è probabile che succeda nei contratti da cui trae origine il presente articolo), né, come detto, quello in cui le parti abbiano concordemente indicato i valori attribuiti ai beni o servizi oggetto della permuta.

La soluzione può essere ricercata nell’IFRS 13 Valutazione del fair value, dal quale si evince che, quando è prevista la valutazione al fair value per un qualsiasi elemento, il criterio va comunque applicato, a meno che lo specifico standard dell’elemento disponga diversamente. Sono decisamente interessanti il paragrafo 61[4], che prevede, per l’applicazione del fair value, la scelta di uno dei tre livelli di “input” declinati nell’appendice A e la descrizione di tali livelli[5]. In particolare, l’ultimo livello “residuale”, enfatizzato nei paragrafi 87 e 88 che vedremo in seguito, prevede che gli input non osservabili devono essere utilizzati per valutare il fair value.  Sembra chiaro, quindi, che, al fine di valutare i ricavi secondo quanto prescritto dall’IFRS 15, non si può derogare dal criterio del fair value, o del prezzo. Nel caso in cui non sia disponibile neanche il prezzo, occorre comunque stimare il fair value con le informazioni disponibili, tenendo conto dei rischi legati alla stima.

La tassatività dell’obbligo di valutare al fair value si evince anche dal tenore letterale del paragrafo 21 dell’IFRS 13, che così si esprime:

“21. Anche in mancanza di un mercato osservabile che fornisca informazioni sui prezzi di vendita di un’attività o di trasferimento di una passività alla data di valutazione, una valutazione al fair value deve presumere che in quella data abbia luogo una transazione, considerata dal punto di vista di un operatore di mercato che possiede l’attività o la passività. Tale presunta transazione rappresenta una base per la stima del prezzo di vendita dell’attività o di trasferimento della passività.”

Inoltre, lo standard sembra suggerire una visione ottimistica della stima del fair value, in quanto sottolinea la necessità che esso sia coerente con il “massimo e migliore utilizzo” dell’oggetto della valutazione. Infatti, il paragrafo 27 prevede che:

“27. Una valutazione del fair value di un’attività non finanziaria considera la capacità di un operatore di mercato di generare benefici economici impiegando l’attività nel suo massimo e migliore utilizzo o vendendola a un altro operatore di mercato che la impiegherebbe nel suo massimo e miglior utilizzo.”

Infine, nell’applicazione del fair value si deve tenere conto della possibilità che l’oggetto della valutazione sia utilizzabile all’interno di un gruppo di altri elementi che ne possono far variare il valore. Il concetto è riportato al paragrafo 31, che così si esprime:

“Presupposti di valutazione per attività non finanziarie

31. Il massimo e migliore utilizzo di un’attività non finanziaria individua dei presupposti di valutazione, utilizzati per valutare il fair value dell’attività, nel seguente modo:

(a) il massimo e migliore utilizzo di un’attività non finanziaria potrebbe garantire il massimo valore agli operatori di mercato se essa viene utilizzata in un gruppo di altre attività (in quanto installata o altrimenti configurata per l’utilizzo), o in combinazione con altre attività e passività (per esempio, un’attività aziendale);”

A questo punto, sembra impossibile che per un contratto di permuta il redattore del bilancio non sia in grado di individuare un fair value, che deve ritenersi attendibile, anchese basato soltanto su “input non osservabili”.

 

3.1.2. L’iscrizione degli immobilizzi immateriali acquisiti attraverso contratti di permuta

Nella fattispecie che ci interessa, ovvero la permuta (con o senza conguaglio) di giocatori, troviamo un riferimento a tale tipo di contratti nel principio IAS 38 (attività immateriali), dato che così vengono considerati i diritti che si trasferiscono dal cedente al cessionario[6]. Lo standard disciplina la fattispecie ai paragrafi 45 e ss.:

“Permute di attività

45. Una o più attività immateriali possono essere acquisite in cambio di una o più attività non monetarie o di una combinazione di attività monetarie e non monetarie. La seguente considerazione fa riferimento semplicemente a uno scambio di un’attività non monetaria con un’al­tra, ma si applica anche a tutti gli scambi descritti nella frase prece­dente. Il costo di tale attività immateriale è valutato al fair value (valore equo) a meno che a) l’operazione di scambio manchi di so­stanza commerciale, o b) né il fair value (valore equo) dell’attività ricevuta né quello dell’attività ceduta sia misurabile attendibilmente. L’attività acquistata è valutata in questo modo anche se l’entità non può stornare immediatamente l’attività ceduta. Se l’attività acquistata non è valutata al fair value (valore equo), il suo costo è commisurato al valore contabile dell’attività ceduta.

46. L’entità determina se un’operazione di scambio ha sostanza commer­ciale considerando la misura in cui si suppone che i suoi flussi finan­ziari futuri cambino a seguito dell’operazione. Un’operazione di scam­bio ha sostanza commerciale se:

a)  la configurazione (ossia rischio, tempistica e importi) dei flussi finanziari dell’attività ricevuta differisce dalla configurazione dei flussi finanziari dell’attività trasferita; o

b)  il valore specifico dell’entità relativo alla porzione delle attività dell’entità interessata dall’operazione si modifica a seguito dello scambio; e

c)  la differenza di cui in a) o b) è significativa rispetto al fair value (valore equo) delle attività scambiate.

Al fine di determinare se un’operazione di scambio ha sostanza com­merciale, il valore per l’entità della parte delle sue operazioni interes­sata dalla transazione, deve riflettere i flussi finanziari al netto degli effetti fiscali. Il risultato di queste analisi può essere evidente anche senza che l’entità debba svolgere calcoli dettagliati.

47. Il paragrafo 21 (b) specifica che una condizione per rilevare un’attività immateriale è che il costo dell’attività possa essere valutato attendi­bilmente. Il fair value di un’attività immateriale è valutabile attendi­bilmente se (a) non è significativa la variabilità nella gamma di valori ragionevoli del fair value determinati per tale attività, ovvero se (b) le probabilità delle varie stime rientranti nella gamma possono essere ragionevolmente valutate e utilizzate nella valutazione del fair value. Se un’entità è in grado di valutare attendibilmente il fair value dell’at­tività ricevuta o dell’attività ceduta, allora il fair value dell’attività ceduta è utilizzato per misurare il costo, a meno che il fair value dell’attività ricevuta sia più chiaramente evidente.”

Quindi, per quanto riguarda il valore di iscrizione in bilancio dei diritti acquisiti con i contratti di permuta, esso può assumere, in ordine, le seguenti configurazioni:

a) se è attendibilmente stimabile il fair value del bene ceduto, esso è utilizzato per “misurare” il costo del bene ricevuto;

b) se, però, è “più chiaramente evidente” il fair value del bene ricevuto, deve essere utilizzato quest’ultimo;

c) se, infine, l’operazione di scambio mancasse di sostanza commerciale[7] o non fosse attendibilmente stimabile il fair value di nessuno dei due elementi scambiati, il costo da iscrivere in bilancio sarebbe dato dal valore netto contabile del bene ceduto.

Inoltre, come avviene generalmente negli IAS/IFRS e come in modo specifico è ribadito nello IAS 38, il concetto di valore di un’attività (nel caso in oggetto immobilizzi immateriali) è strettamente legato a quello dei flussi finanziari che si ritiene deriveranno da tale attività.

La possibilità, o meno, di misurare attendibilmente detto valore è legata alla probabilità che si verifichino le condizioni previste dalle parti e che hanno spinto le medesime alla stipulazione del contratto di permuta, per cui il significato da attribuire al termine “misurare” è ben diverso da quello letterale: non c’è niente da misurare, ma molto da “prevedere”, con tutte le conseguenze di soggettività legate alle previsioni.

Nella fattispecie, il valore attribuibile ai diritti legati ad un contratto di “acquisto” di un giocatore dipende dalle prospettive di qualità del gioco dell’atleta, consapevolmente stimabili solo da coloro che lo hanno seguito, o almeno osservato, nelle precedenti attività sportive.

Con riferimento all’attendibilità, o meno, della stima del fair value, dal tenore letterale dei paragrafi dell’IFRS 13 in precedenza citati risulta difficilmente riscontrabile l’impossibilità di determinare il fair value di un qualsiasi elemento, data la possibilità di utilizzare anche degli input non osservabili.

Sull’argomento ricordiamo che, secondo lo IAS 38, perché la stima del fair value possa essere considerata attendibile, deve essere rispettata almeno una delle seguenti condizioni: “(a) non è significativa la variabilità nella gamma di valori ragionevoli del fair value determinati per tale attività, ovvero se (b) le probabilità delle varie stime rientranti nella gamma possono essere ragionevolmente valutate e utilizzate nella valutazione del fair value.”

Quindi, perché una valutazione al fair value di un immobilizzo immateriale scambiato attraverso un contratto di permuta sia considerabile non attendibile, occorre individuare una serie di possibili valutazioni di tale elemento, fra di loro caratterizzati da ampia variabilità. Pur in presenza di tale variabilità, però, la stima del fair value può considerarsi attendibile, nel caso in cui “le probabilità delle varie stime rientranti nella gamma possono essere ragionevolmente valutate e utilizzate nella valutazione del fair value”.

Per stimare le suddette probabilità, occorre di nuovo fare riferimento alle regole dettate dall’IFRS 13, che ai par. 87 e 88 così recita:

““87. Gli input non osservabili devono essere utilizzati per valutare il fair value nella misura in cui gli input osservabili rilevanti non siano disponibili, consentendo pertanto situazioni di scarsa attività del mercato per l’attività o passività alla data di valutazione. Tuttavia, la finalità della valutazione del fair value resta la stessa, ossia un prezzo di chiusura alla data di valutazione dal punto di vista di un operatore di mercato che possiede l’attività o la passività. Pertanto, gli input non osservabili devono riflettere le assunzioni che gli operatori di mercato utilizzerebbero nel determinare il prezzo dell’attività o passività, incluse le assunzioni circa il rischio.

88. Le assunzioni circa il rischio comprendono i rischi inerenti a una particolare tecnica di valutazione utilizzata per valutare il fair value (come un modello di determinazione del prezzo) e il rischio inerente gli input della tecnica di valutazione. Una valutazione che non comprenda una rettifica per il rischio non rappresenterebbe una valutazione del fair value nel caso in cui gli operatori di mercato includerebbero una tale rettifica nella determinazione del prezzo dell’attività o della passività. Per esempio, potrebbe essere necessario inserire una rettifica per il rischio laddove sussista una significativa incertezza nella valutazione (per esempio, qualora vi sia stata una significativa riduzione del volume o del livello di attività rispetto alla normale attività di mercato per l’attività o passività, oppure per attività o passività similari, e l’entità abbia stabilito che il prezzo dell’operazione o il prezzo quotato non rappresentano il fair value, come descritto nei paragrafi B37–B47).”

 

3.1.3. Considerazioni finali sulla permuta nell’IFRS 15 e nello IAS 38

Da quanto sopra esposto risulta che, secondo l’IFRS 15, il ricavo conseguente al contratto di permuta può essere iscritto in bilancio al fair value del bene ricevuto, oppure al normale prezzo di vendita del bene ceduto. Si presume che nella maggioranza dei casi l’operazione porti ad un margine positivo (plusvalenza) pari alla differenza fra il valore del corrispettivo non monetario e quello contabile del bene ceduto.

Passando al contenuto dello IAS 38, occorre fare un’ulteriore considerazione. Se è attendibilmente stimabile il fair value degli elementi oggetto di permuta e viene scelto quello del bene ricevuto per la valutazione dell’immobilizzo immateriale acquisito, non vi sono differenze contabili rispetto a quanto precedentemente indicato con riferimento all’IFRS 15. In tal caso, infatti, il ricavo risulterebbe pari al valore del cespite acquisito. In tutti gli altri casi, invece, è probabile che sussista una differenza fra tali valori. In particolare, se il cespite acquisito viene valutato al fair value di quello ceduto, la differenza fra i due valori potrà essere sia positiva che negativa e dovrà generare un corrispondente componente di reddito.

Se, invece, nella residuale ipotesi in cui si ritenesse che nessuno dei fair value relativi agli elementi scambiati fosse attendibilmente stimabile, il valore di iscrizione del cespite ricevuto dovrebbe essere pari al valore netto contabile di quello ceduto. Ciò porterebbe con tutta probabilità a rilevare un componente negativo di reddito, che potrebbe ridurre o annullare il provento derivante dall’applicazione dell’IFRS 15 ai ricavi della permuta.

Per ben comprendere come le disposizioni contenute negli standard citati incidono sulla contabilità e, quindi, sui bilanci delle imprese che li adottano, è utile fare alcune considerazioni: gli IAS/IFRS trattano principalmente la redazione del bilancio consolidato (financial statement) e solo “di riflesso” quello d’esercizio (separate). Probabilmente per questo motivo, in essi non si trovano indicazioni riguardanti le modalità di registrazione in contabilità generale degli eventi che generano i valori da iscrivere in bilancio. Inoltre, i singoli standard fissano delle regole che riguardano ciascun elemento e che vanno applicate indipendentemente da quanto è previsto da altre regole relative ad altri elementi, salvo specifici rinvii.

Nella fattispecie, quindi, se il ricavo derivante dalla cessione dei diritti relativi al giocatore A è stimato pari al fair value dei diritti riferibili al giocatore B, ricevuti in permuta, esso deve essere iscritto in bilancio secondo le disposizioni degli IFRS 15 e 13. In particolare, non sembra possibile derogare all’utilizzo del fair value.

A questo punto, occorre decidere come eseguire la scrittura in contabilità generale dell’operazione di permuta.

Sembra logico iscrivere in “dare” il valore riconosciuto per l’acquisizione del contratto con B ed in “avere” la cessione di quello con A, al valore contabile. La differenza (“avere”) rappresenta un provento del tipo “plusvalenze”.

Infine, intervengono le disposizioni dello IAS 38: se è stato possibile stimare attendibilmente il fair value dei diritti scambiati con il contratto di permuta, nulla quaestio; se, invece, si ritenesse che non sia possibile stimare attendibilmente il fair value, si dovrebbe valutare il cespite acquisito al valore contabile netto di quello ceduto e di conseguenza procedere, in sede di scritture di rettifica a fine esercizio, alla svalutazione dell’immobilizzo immateriale per adeguare l’importo in precedenza iscritto a tale valore. La svalutazione annullerebbe quindi la plusvalenza rilevata.

La scrittura sarebbe: “dare” minusvalenze, “avere” immobilizzazioni immateriali relative al contratto con B.

 

3.2. La permuta nei bilanci redatti secondo il codice civile ed i principi contabili nazionali

I principi contabili nazionali, emanati dall’OIC, non contengono specifici documenti regolatori della voce “ricavi”[8]. Dopo l’entrata in vigore nel 2018 dell’IFRS 15, però, è stato pubblicato in consultazione un documento, intitolato OIC 34 (ricavi), che sinora non è stato adottato. Malgrado ciò, può essere interessante ricordare alcuni passi, nei quali si fa riferimento anche ai contratti di permuta.

Si riportano i paragrafi 2 e 3, che indicano l’ambito di applicazione della bozza di principio.

“Ambito di applicazione

2. Il presente principio si applica a tutte le transazioni che comportano la rilevazione di un ricavo nella voce A1 Ricavi delle vendite e delle prestazioni del conto economico. Si è deciso, almeno per il momento, di non trattare nel presente principio i ricavi classificati nella voce A5 Altri ricavi ed i ricavi derivanti da lavori in corso su ordinazione, in quanto dalle precedenti consultazioni (ossia: survey pubblicata nel 2017 e Discussion Paper del 2019) non sono emerse particolari criticità per la contabilizzazione di tali ricavi.

3. Sono escluse dal principio anche le transazioni che non hanno finalità commerciale, ovvero le operazioni effettuate per procurarsi la disponibilità di un bene di analoghe caratteristiche senza l’obiettivo di conseguire un ricavo (si pensi ad esempio al caso di una società che scambia 100kg di grano stoccato in un magazzino del nord Italia con 100kg di grano della stessa qualità stoccato nel sud Italia per minimizzare i costi di trasporto). Tale impostazione è coerente con le disposizioni contenute nel par. 83 dell’OIC 16 in tema di permuta dal lato dell’acquirente”.

Dal contenuto del paragrafo 3 si evince il tentativo di superare il diverso trattamento riservato dagli IFRS 15 e IAS 38 agli effetti del contratto di permuta, messo in luce alla fine del precedente paragrafo, riguardante i bilanci redatti secondo i principi contabili internazionali. La soluzione proposta dal documento in consultazione, che fa espresso riferimento all’OIC 16 (immobilizzazioni materiali), sembra però basata sull’ipotesi (a nostro avviso impropria) che tutti i contratti di permuta di immobilizzazioni materiali con analoghe caratteristiche siano da considerarsi “non commerciali”, diversamente da quanto indicato nei principi internazionali.  Infatti, l’OIC 16 ai paragrafi 82 e 83[9], riprende la “peculiare” distinzione fra permute commerciali e non commerciali, basata sull’aspetto psicologico dei contraenti e portando come esempio di permuta non commerciale una “permuta di un’immobilizzazione materiale destinata alla produzione in sostituzione di un’immobilizzazione materiale simile da destinarsi anch’essa alla produzione”.

Sorprende una simile interpretazione: in pratica sarebbero “non commerciali” quasi tutte le permute d’immobilizzazioni, salvo quelle non destinate alla produzione, cosa assai difficile per i beni strumentali….

Si comprende quanto lontana dalla realtà sia la suddetta interpretazione, se si considera il caso, assai frequente, nel quale viene ceduta in permuta (con o senza conguaglio) un’immobilizzazione completamente ammortizzata, contro altra immobilizzazione, ugualmente destinata alla produzione. Risulta “bizzarra” l’idea che, in tal caso, “il valore d’iscrizione dell’immobilizzazione materiale acquisita è riconosciuto pari al valore contabile netto dell’immobilizzazione materiale ceduta”, che quindi risulterebbe pari a zero. Molto dipende dal significato attribuito ai termini “analoghe caratteristiche funzionali” e “simile”. Lo stesso documento fa riferimento all’ipotesi in cui i beni permutati abbiano diverse vite utili residue. In tutti i casi in cui ciò si verifica ci si trova ad evidenza di fronte a beni con caratteristiche funzionali diverse. Del resto, non si comprenderebbe una permuta fra beni assolutamente identici: la permuta non porterebbe alcun vantaggio produttivo per l’imprenditore e quindi sarebbe assolutamente immotivata. Di conseguenza, la stragrande maggioranza delle permute di immobilizzi tecnici, a nostro avviso, deve considerarsi “commerciale”.

Infine, giova sottolineare che l’OIC 24 (immobilizzazioni immateriali) non tratta affatto l’argomento, talché a tutt’oggi né il codice civile, né i principi contabili nazionali, forniscono indicazioni utili alla rappresentazione in bilancio degli effetti contabili delle operazioni di permuta di immobilizzi immateriali.

 

4. Conclusioni

In base a quanto sopra ricordato, sia nei bilanci redatti secondo i principi contabili nazionali, sia in quelli che adottano gli IAS/IFRS, l’applicazione delle disposizioni riguardanti gli effetti contabili delle operazioni di permuta di beni e servizi è caratterizzata da estrema incertezza. In ogni caso, non esistendo un prezzo di negoziazione in termini monetari, risultante da un effettivo movimento di denaro, ma soltanto una stima del valore relativo agli elementi scambiati assunta dalle parti contraenti a meri fini di rappresentazione contabile e di ottemperanza alle norme tributarie, non esistono parametri oggettivi che consentano di verificare l’attendibilità, o meno, dei valori attribuiti soggettivamente dalle parti contraenti.

Nella fattispecie della permuta dei diritti relativi ai calciatori, il fenomeno è amplificato dall’innegabile dipendenza del loro valore dalle previsioni che ciascun contraente fa in merito alle aspettative riguardanti le future prestazioni sportive degli atleti interessati. Tali previsioni sono inevitabilmente aleatorie e l’unico elemento certo è dato dal “prezzo relativo”, ovvero dal prezzo oggettivo dei diritti riferiti al calciatore “ceduto”, espresso in termini del valore dei diritti relativi al calciatore “acquisito” e non in termini monetari.

In presenza di una permuta con conguaglio, pur trattandosi di valutazioni del tutto soggettive, esiste un parametro monetario riferibile (almeno) a una parte dei valori scambiati. In assenza di conguaglio, invece, il parametro monetario è del tutto assente e il valore monetario convenzionalmente attribuito dalle parti agli elementi scambiati alla pari rimane del tutto soggettivo e difficilmente sindacabile, dovendo sostituire ad una valutazione soggettiva un’altra valutazione, altrettanto soggettiva.

Infine, passando ai casi segnalati dalla stampa, si nota che, per i bilanci delle società che adottano i principi contabili internazionali, l’analisi si sviluppa generalmente sulla corretta applicazione, o meno, dello IAS 38, trascurando il contenuto degli IFRS 13 e 15. La cosa sorprende, dato che le soluzioni indicate nello IAS 38 riguardano proprio il fatto che nell’acquisizione di un immobilizzo immateriale sia possibile, o non sia possibile, individuare attendibilmente il fair value da assumere come costo d’acquisto. L’IFRS 15 dispone il trattamento dei ricavi derivanti dai contratti di permuta (quindi anche di quelli relativi ad immobilizzi immateriali), ma, soprattutto, l’IFRS 13 fissa in modo specifico cosa debba intendersi per fair value, e come esso debba essere individuato, salvo le eccezioni espressamente indicate nel documento stesso.

Si può immaginare che il valore dei diritti ceduti ed acquisiti attraverso la permuta di calciatori sia strettamente legato alla previsione che le parti hanno definito relativamente alle future performance degli atleti interessati. Ad esempio, un attaccante avrà un valore tanto più alto quanti più sono i goal che le parti si aspettano che egli realizzi in futuro. Se si tratta di un difensore, il suo valore, al contrario, sarà tanto più alto quanti più goal riuscirà ad evitare che facciano gli avversari, mentre per un portiere il valore sarà legato a quante parate riuscirà ad eseguire.

Tutto ciò è estremamente complicato dal fatto che ciascun atleta militante in una squadra avrà delle prestazioni che non dipenderanno soltanto dalle sue qualità atletiche, ma in modo molto rilevante anche da come egli saprà inserirsi nello spirito di gruppo, dalla qualità degli altri giocatori e da quella dell’allenatore[10].

In conclusione, gli unici soggetti in grado di stimare consapevolmente il valore dei diritti in oggetto possono essere le parti che stipulano il contratto di permuta, o persone loro molto vicine, che conoscono i giocatori e le squadre. Un terzo difficilmente riesce a formulare una propria valutazione.

In altre parole, nel caso specifico la permuta avviene fra elementi considerabili “pezzi unici”, nel senso che non esiste sul mercato un “listino” riferibile alla categoria “calciatori”, né unità di misura capaci di stabilire dei rapporti correnti in termini monetari. Pertanto, la valutazione non può che essere soggettiva perché legata alle aspettative di ciascuna parte del contratto in merito alle performance future del giocatore interessato, considerato singolarmente e/o all’interno di un gruppo.

Ciò però non toglie che si possa comunque fare una stima del fair value o del valore di mercato considerata attendibile ai sensi dei principi contabili sopra citati.



[1] È interessante notare che anche le “criptovalute” si basano su convenzioni, che, però, non sono garantite dalla pubblica autorità, ma da soggetti privati.

[2] IFRS 13 Valutazione del fair value, par. 24.

[3] I paragrafi indicati trattano l’argomento “Limitazione delle stime del corrispettivo variabile”, cioè riguardano i contratti nei quali almeno una delle prestazioni deve essere fornita successivamente alla stipula. In tal caso viene stabilito che “L'entità deve includere nel prezzo dell'operazione in tutto o in parte l'importo del corrispettivo variabile stimato conformemente al paragrafo 53 solo nella misura in cui è altamente probabile che quando successivamente sarà risolta l'incertezza associata al corrispettivo variabile non si verifichi un significativo aggiustamento al ribasso dell'importo dei ricavi cumulati rilevati”.

[4]Tecniche di valutazione

61. Un’entità deve utilizzare tecniche di valutazione adatte alle circostanze e per le quali siano disponibili dati sufficienti per valutare il fair value, massimizzando l’utilizzo di input osservabili rilevanti e riducendo al minimo l’utilizzo di input non osservabili.”

[5] Estratto dall’Appendice A dell’IFRS 15:

Input osservabili:                Input elaborati utilizzando dati di mercato, come le informazioni disponibili al pubblico su operazioni o fatti effettivi, e che riflettono le assunzioni che gli operatori di mercato utilizzerebbero nel determinare il prezzo dell’attività o della passività.

Input di Livello 1:    I prezzi quotati (non rettificati) in mercati attivi per attività o passività identiche a cui l’entità può accedere alla data di valutazione.

Input di Livello 2:               Input diversi dai prezzi quotati inclusi nel Livello 1, osservabili direttamente o indirettamente per l’attività o per la passività.

Input non osservabili:         Input per i quali non sono disponibili informazioni di mercato e che sono elaborati utilizzando le migliori informazioni disponibili in merito a assunzioni che gli operatori di mercato utilizzerebbero per determinare il prezzo dell’attività o della passività.

Input di Livello 3:               Dati di input non osservabili per l’attività o per la passività.

[6] A titolo esemplificativo, possiamo citare la recente ordinanza n. 2366, con la quale la Corte di Cassazione ha affermato che il trasferimento di un atleta professionista da una società sportiva a un’altra, laddove disposto dietro corrispettivo prima della scadenza naturale del contratto, è riconducibile allo schema della cessione del contratto (ai sensi dell’art. 5 comma 2 della L. 91/81).  Sotto il profilo fiscale, quindi, l’operazione è equiparabile alla cessione di un bene immateriale, suscettibile di generare una plusvalenza da rilevare nella voce A.5 del Conto economico e, come tale, concorrente alla formazione della base imponibile IRAP (ex art. 5 del DLgs. 446/97).  Viene in tal modo ribadito il consolidato orientamento della stessa Suprema Corte (tra le altre, cfr. Cass. n. 2144/2019), del Consiglio di Stato (parere n. 5285/2012), di parte della giurisprudenza di merito (ad esempio, cfr. C.T. Reg. Torino 22 maggio 2017 n. 825/5/17) e dell’Agenzia delle Entrate (risoluzione n. 213/2001) (cfr. il quotidiano del commercialista Eutekne.info del 26 gennaio 2023).

[7] Semplificando, il paragrafo 46 prevede che un’operazione di scambio ha sostanza commer­ciale se il cedente ha aspettative di flussi finanziari positivi derivanti dal bene o servizio acquisito superiori a quelle che avrebbe ottenuto dal bene o servizio ceduto. Sembra, però, che tale condizione sia presente in tutti gli scambi, che avvengono solo se il cedente ritiene che ciò che cede abbia un valore inferiore a ciò che riceve in controprestazione, indipendentemente dal fatto che il corrispettivo sia monetario, o meno.

[8] Il documento OIC 15 (crediti), che considera anche taluni aspetti della voce “ricavi”, non tratta quelli derivanti dai contratti di permuta. Diversa è la scelta operata nel documento OIC 19 (debiti), che tratta, seppur brevemente, l’argomento al paragrafo 77, prevedendo esclusivamente la valutazione a valori di mercato. “77.  Debiti pagabili con una attività diversa dalle disponibilità liquide. I debiti consistenti nell’obbligazione di consegnare beni o servizi laddove originati da permute sono esposti al valore di mercato di tali beni o servizi. La valutazione è effettuata a ciascuna data di bilancio; le eventuali modifiche ai valori sono imputate al conto economico.”

[9] 82. La permuta di un bene con un altro, se nella sostanza realizza un’operazione di acquisto e vendita, è rilevata in base al presumibile valore di mercato attribuibile al bene ricevuto alla data di acquisizione. Il valore di mercato del bene ricevuto misura la plusvalenza o minusvalenza realizzata rispetto al valore netto contabile del bene dato in permuta.

Nel caso in cui un’immobilizzazione materiale sia acquisita dando a parziale pagamento un’altra immobilizzazione materiale, quindi un’immobilizzazione non di analogo valore e caratteristiche, questa è valutata al suo presumibile valore di mercato salvo tener conto degli eventuali conguagli in denaro ai quali si dovrà fare riferimento ai fini della determinazione della plusvalenza o minusvalenza realizzata.

83.  Se la permuta nella sostanza non realizza una compravendita, ma è effettuata per procurare la disponibilità di un cespite di analoghe caratteristiche funzionali senza l’obiettivo di conseguire un componente positivo di reddito, il valore d’iscrizione dell’immobilizzazione materiale acquisita è riconosciuto pari al valore contabile netto dell’immobilizzazione materiale ceduta, come nel caso di permuta di un’immobilizzazione materiale destinata alla produzione in sostituzione di un’immobilizzazione materiale simile da destinarsi anch’essa alla produzione. La vita utile del bene va eventualmente ricalcolata qualora essa differisca da quella precedentemente utilizzata per il bene ceduto.

84. I costi accessori relativi alla permuta di un bene con un altro, se nella sostanza tale operazione realizza una compravendita, sono capitalizzabili per la quota attendibilmente riferibile all’operazione di acquisto del bene.
I costi accessori relativi ad operazioni che non realizzano nella sostanza una compravendita sono imputati direttamente a conto economico

[10] Infatti, questa fattispecie corrisponde al contenuto del paragrafo B3 dell’Appendice B dell’IFRS 13, che fornisce ulteriori disposizioni oltre a quanto previsto al par. 31 in precedenza citato:

“PRESUPPOSTO DI VALUTAZIONE PER ATTIVITÀ NON FINANZIARIE (PARAGRAFI 31–33)

B3 Quando si valuta il fair value di un’attività non finanziaria utilizzata in combinazione con altre attività come un gruppo (come installata o altrimenti configurata per l’utilizzo), ovvero in combinazione con altre attività e passività (per esempio, un’attività aziendale), l’effetto del presupposto di valutazione dipende dalle circostanze. Per esempio:

(a) il fair value dell’attività potrebbe essere uguale sia che l’attività sia utilizzata singolarmente, sia in combinazione con altre attività ovvero con altre attività e passività. Ciò potrebbe accadere se l’attività è un’attività aziendale che gli operatori di mercato continuerebbero a gestire. In tal caso, l’operazione implicherebbe la valutazione dell’attività aziendale nella sua interezza. L’utilizzo delle attività come un gruppo, in un’attività aziendale operante su base continuativa, genererebbe sinergie disponibili agli operatori di mercato (ossia sinergie tra gli operatori di mercato che, pertanto, inciderebbero sul fair value dell’attività singolarmente, in combinazione con altre attività o con altre attività e passività); […]



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