EsecuzioneForzata
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 02/03/2023 Scarica PDF
Abrogazione della formula esecutiva e disciplina transitoria: (ipotesi di) un breve vademecum
Alessandro Barale, Professore a contratto di informatica giuridica presso l'Università degli studi di TorinoSommario: 1. Premessa. – 2. La disciplina normativa. – 3. Difficoltà interpretative. – 4. Criticità applicative. – 5. Segue. La fattispecie del titolo esecutivo su cui si fonda l’atto di intervento. – 6. Le conseguenze dell’omessa apposizione della formula esecutiva. – 7. (Ipotesi di) un breve vademecum.
1. Premessa.
Non v’è dubbio che la principale modifica apportata dalla riforma del processo civile nell’ambito dell’esecuzione forzata sia l’abrogazione della formula esecutiva[1].
Da decenni si discuteva sulla sua effettiva utilità, per alcuni ravvisabile unicamente nel fatto che essa consentiva di individuare materialmente quale fosse la copia sulla cui base fondare l’esecuzione forzata[2], per altri riconducibile piuttosto al controllo sostanziale che precedeva l’apposizione della formula, volto ad accertare la certezza, liquidità ed esigibilità del credito[3] e quindi a garanzia dell’esecutato; di fatto gli operatori percepivano però la formula esecutiva come una sorta di strumento per evitare che il creditore avviasse molteplici azioni esecutive, al punto che alcuni uffici – forse dimenticando che altri sono gli strumenti che il codice di rito ha predisposto all’uopo[4] – ordinata l’assegnazione della somma pignorata o distribuito il ricavato della vendita, erano soliti “requisire” al procedente la copia del titolo munita di formula esecutiva[5].
Sebbene non siano mancate voci contrarie, va detto che contro di essa si sono scagliati la maggior parte degli studiosi, anche tra i più autorevoli, nella manualistica così come nei trattati e negli studi più approfonditi, “facendo a gara” ad offrirne una definizione il più critica possibile: da «requisito più formalistico che formale»[6] a «retaggio del passato»[7], da «roboante ed inutile orpello»[8] a «relitto storico»[9] e ciò non da ieri, ma sin dai primi decenni dello scorso secolo[10].
A parte alcune perplessità sui rischi che il venir meno del controllo preventivo richiesto dal previgente art. 153 disp. att. c.p.c. potrebbe determinare[11], la novella normativa è stata generalmente ben accolta, in particolar modo dalla classe forense, che – soprattutto a seguito dell’introduzione della possibilità di estrazione di copie conformi dal fascicolo telematico[12] – mal tollerava l’aggiuntivo “orpello” previsto per la copia necessaria a fondare l’esecuzione forzata: se infatti la copia autentica poteva essere liberamente estratta dal difensore tramite accesso al fascicolo telematico, per quella esecutiva non v’era alternativa a recarsi fisicamente presso la cancelleria del giudice che aveva emesso il provvedimento.
E se un lieve alleggerimento dell’incombenza si è avuto prima con i protocolli locali (peraltro di dubbia copertura normativa), che hanno consentito il rilascio della formula esecutiva con modalità telematica, e poi con la disciplina emergenziale[13] – applicata in modo multiforme nei diversi uffici e che in ogni caso imponeva un’apposita istanza scritta del legale del creditore – è solo la modifica in discorso che “libera” definitivamente il processo esecutivo da questo retaggio del passato.
2. La disciplina normativa.
In questo scenario, tantopiù alla luce dell’esigenza di “efficientare” – come si dice oggi – il processo[14], ci si sarebbe aspettati una previsione transitoria secondo cui, dal 1° marzo 2023, qualsiasi esecuzione o intervento nell’esecuzione potevano aver luogo senza la presenza, sul titolo esecutivo, della formula esecutiva.
Anziché inserire riferimenti, quindi, alla data di formazione del titolo o di inizio del singolo procedimento esecutivo, o tantomeno di notificazione dell’atto di precetto, una disciplina transitoria adeguata avrebbe dovuto semplicemente prevedere che dal 1° marzo 2023 nessuno si sarebbe più dovuto preoccupare di verificare la presenza della formula esecutiva quando dava impulso all’azione esecutiva o spiegava intervento nell’esecuzione[15].
Ed invece, se ai sensi dell’art. 35, primo comma[16], decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, le disposizioni del medesimo decreto «hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data», a norma dell’ottavo comma della citata disposizione le modifiche di cui all’articolo 3, trentaquattresimo comma, lettere b), c), d) ed e) «si applicano agli atti di precetto notificati successivamente al 28 febbraio 2023».
Sennonché le lettere appena citate intervengono sugli artt. 475, 476, 478 e 479 c.p.c., mentre l’atto di precetto è disciplinato dall’art. 480 c.p.c., rimasto immutato dopo la riforma, sicché viene subito da chiedersi per quale motivo il legislatore abbia ritenuto di chiamare in causa la data di notificazione di un atto soltanto propedeutico, ma comunque precedente rispetto all’esecuzione.
3. Difficoltà interpretative.
Sulla base di tale considerazione vi è chi ha escluso che l’ottavo comma possa avere una reale portata applicativa[17]: d’altra parte l’unico “punto di contatto” tra precetto e formula esecutiva è il disposto del previgente art. 654, secondo comma, c.p.c., che prevedeva la menzione della formula esecutiva nel precetto fondato su decreto ingiuntivo, requisito peraltro ormai abrogato, pertanto una interpretazione puramente letterale della disposizione transitoria eccezionale la priva di una sua effettiva funzione.
Oltretutto sia la regola generale di cui al primo comma dell’art. 35, sia quella speciale dell’ottavo comma, richiamano entrambe la stessa data, cioè il 1° marzo 2023.
Dunque, salvo ammettere che l’ottavo comma sia privo di una qualche portata applicativa – ma mi parrebbe una soluzione non condivisibile – l’interprete è chiamato ad indagare sul possibile scopo a cui potrebbe essere volta la disposizione nel richiamare la data di notificazione dell’atto di precetto, nel tentativo di attribuirle operatività.
In via di interpretazione teleologica della norma – che porta ad escludere che una disposizione apparentemente eccezionale e dedicata ad un aspetto specifico finisca per nulla aggiungere e quindi confermare la disposizione generale – mi parrebbe preferibile ritenere che il legislatore non intendesse riferirsi ai procedimenti esecutivi iniziati a partire dal 1° marzo 2023, bensì a quelli il cui atto di precetto sia stato notificato da tale data.
In sostanza, secondo questa lettura, le esecuzioni fondate su atti di precetto notificati dal 1° marzo 2023 (incluso) in poi, possono avere luogo sulla base di mere copie autentiche, quindi sprovviste di formula esecutiva, sicché nei relativi atti di precetto non sarà più necessario menzionare la data di apposizione della formula esecutiva.
Ciò naturalmente comporta una sostanziale postergazione dell’entrata in vigore della nuova disciplina ed una dilatazione della vecchia, che resterà valida anche per i procedimenti iniziati dopo il 1° marzo 2023, ma preannunciati da un atto di precetto notificato sino al 28 febbraio 2023 incluso.
Se dunque un atto di precetto è stato notificato il 28 febbraio 2023, visto il suo termine di efficacia, l’esecuzione può essere avviata fino al 29 maggio 2023, quindi è ben possibile che procedimenti esecutivi introdotti in tale lasso di tempo vedano ancora l’applicazione delle previgenti disposizioni e quindi debbano essere fondati su un titolo munito di una formula esecutiva; volendo considerare poi le ipotesi di sospensione del termine di efficacia del precetto, ovvero i casi in cui, pendente un’esecuzione, il creditore ne avvii una ulteriore senza notificare un nuovo atto di precetto, come consente la giurisprudenza[18], le precedenti norme potrebbero sopravvivere ben oltre il termine di novanta giorni dal 28 febbraio 2023.
Tale soluzione ermeneutica porta con sé anche la risposta ad uno dei primi quesiti che erano stati sollevati a prima lettura dinnanzi alla disciplina transitoria nella sua formulazione originaria, cioè prima che fosse riscritta dalla legge 29 dicembre 2022, n. 197: quando la norma si riferisce ai «procedimenti instaurati successivamente a tale data» (inizialmente indicata al 30 giugno 2023), per quanto riguarda la nuova previsione in forza della quale non è necessario che il titolo esecutivo sia munito di formula esecutiva, il riferimento è ai procedimenti nei quali il titolo si è formato, oppure a quelli in cui lo stesso viene azionato?
La tesi qui sostenuta supera il problema, ricollegando chiaramente l’entrata in vigore della nuova disciplina ai procedimenti esecutivi in cui il titolo viene azionato.
Ciò appare corretto anche poiché d’altra parte la modifica incide su disposizioni del libro terzo, finalizzate a disciplinare i requisiti del procedimento esecutivo e non tanto a regolare le modalità di estrazione delle copie nel fascicolo in cui i provvedimenti sono stati emessi.
In altre parole – secondo questa soluzione ermeneutica – il legislatore ha operato una scelta netta: ciò che rileva ai fini dell’applicabilità della nuova disciplina è che il procedimento esecutivo nel cui ambito il titolo viene speso (dal procedente, ma anche dall’interveniente, come si vedrà infra[19])sia fondato su un atto di precetto notificato in data successiva al 28 febbraio 2023.
4. Criticità applicative.
Tale impostazione esegetica, se ha il merito di attribuire all’ottavo comma una sua portata applicativa, non evita una serie di criticità applicative, in parte già rilevate dai primi commentatori.
Una prima perplessità riguarda le ipotesi in cui l’avvio dell’esecuzione non è preceduta da un atto di precetto: ciò può avvenire – com’è stato già osservato – sia per l’eventuale mera “svista” del difensore del creditore procedente[20], peraltro censurabile unicamente con la tempestiva opposizione agli atti esecutivi, sia nella particolare ipotesi dell’attuazione del provvedimento possessorio[21], nel qual caso, sebbene sia il Supremo Collegio a richiedere che il provvedimento «sia notificato in forma esecutiva»[22], non può discutersi di esecuzione in senso stretto, ma piuttosto di fase di attuazione[23].
Nella prima delle ipotesi appena prospettate – peraltro piuttosto remota – la carenza dell’atto di precetto costituisce già di per sé una patologia suscettibile di essere denunciata con l’opposizione agli atti esecutivi, sicché delle due l’una: o il debitore, entro venti giorni dal primo atto dell’esecuzione, denuncia l’omessa notificazione dell’atto di precetto con l’opposizione agli atti esecutivi e la decisione sul punto “assorbirà” anche l’eventuale mancanza della formula esecutiva, oppure, spirato inutilmente il termine per il rimedio di cui all’art. 617 c.p.c., entrambi i vizi non saranno più denunciabili e saranno sanati, come meglio si vedrà nel prosieguo[24].
Nella seconda delle ipotesi prospettate, sebbene si potrebbe ritenere che trattandosi di una diversa fase del medesimo procedimento possessorio, peraltro estraneo alle regole del libro terzo, si possa individuare la disciplina da applicare avendo riguardo alla data di introduzione del suddetto procedimento, il problema rimane di non facile soluzione.
La disciplina transitoria, così interpretata, pone poi un ulteriore dubbio: il riferimento alla notificazione dell’atto di precetto va inteso con riguardo al momento in cui la notifica si intende effettuata per il creditore o a quello rilevante per il debitore?
Per intenderci, nel caso ad esempio di notificazione a mezzo posta, occorre considerare la data in cui il notificante affida l’atto all’ufficio postale ovvero quella in cui il destinatario si vedere recapitare l’atto?
Anche tale quesito – che tuttavia non si pone in tutte le fattispecie di notificazione[25] – non è di facile soluzione, sebbene potrebbe ritenersi che, essendo l’apposizione della formula esecutiva un’incombenza a carico del creditore, è il momento in cui la notificazione si perfeziona per quest’ultimo ad essere rilevante ai fini dell’applicazione della nuova disciplina.
Ciò risponderebbe anche ad esigenze di certezza: se infatti la data in cui il creditore affida il precetto alla notificazione dipende soltanto da una sua decisione, quella di effettivo recapito al debitore è influenzata da variabili non prevedibili, quali i tempi degli addetti postali, la presenza del debitore presso il luogo di consegna, etc…
In definitiva, quindi – anche per aderire ad un approccio prudenziale – il creditore potrebbe dar corso all’esecuzione sulla base di una copia sprovvista di formula esecutiva solo ove la notifica del precetto sia stata avviata a partire dal 1° marzo 2023.
5. Segue. La fattispecie del titolo esecutivo su cui si fonda l’atto di intervento.
Altra fattispecie problematica, anch’essa già correttamente individuata dai primi commentatori[26], è quella dell’intervento nell’esecuzione.
Se è fuori discussione che lo stesso possa essere spiegato senza la necessità di un preventivo atto di precetto[27], non è chiaro se dal 1° marzo 2023 l’interveniente debba allegare al proprio atto un titolo munito, o meno, di formula esecutiva, atteso che l’intervento non seguirà sicuramente un proprio atto di precetto.
Nulla quaestio se egli sia già dotato della copia esecutiva, in quanto – è ben chiarirlo in linea generale – qualsiasi copia munita di formula esecutiva è prima di tutto una copia conforme e quindi è idonea ad assolvere i requisiti sia della pregressa sia della attuale normativa[28], ma ove così non fosse sarà tenuto a procurarsela, considerato che la norma transitoria presuppone la notificazione, dopo il 28 febbraio 2023, di un atto di precetto?
Chi ritenesse di rispondere affermativamente a tale ultimo quesito dovrebbe innanzitutto fare i conti con l’abrogazione dell’art. 23, comma 9 bis, decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, ovverosia la norma che, in periodo emergenziale, ha introdotto l’apposizione della formula esecutiva in forma telematica[29]: secondo i primi commentatori tale possibilità dal 1° marzo 2023 parrebbe essere definitivamente venuta meno[30], salvo ritenere che per i procedimenti pendenti al 28 febbraio 2023 la disposizione sia ancora applicabile, considerato che il già citato art. 35, primo comma, decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, dopo aver stabilito le disposizioni di cui al medesimo testo normativo «hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data», ha previsto al secondo periodo che «Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti».
In ogni caso non va dimenticato che anche gli artt. 475 c.p.c. e 153 disp. att. c.p.c. nella formulazione vigente dal 28 febbraio 2023 per i procedimenti instaurati dal 1° marzo 2023 non prevedono più la possibilità di apposizione della formula esecutiva: ciò significa che se per i procedimenti già pendenti al 28 febbraio 2023 sopravvive la possibilità, ai sensi delle precedenti formulazioni delle norme ora citate, di richiedere l’apposizione della formula esecutiva – in forma “tradizionale” o, se è vera la considerazione di cui sopra, anche telematica – lo stesso non può dirsi senz’altro per i procedimenti instaurati successivamente.
Le difficoltà di calare la disposizione transitoria nella fattispecie in esame hanno indotto addirittura ad ipotizzare la necessità, per l’interveniente, di notificare prima dell’intervento un atto di precetto[31], soluzione che pare francamente eccessiva.
In realtà la lettura della disciplina transitoria sopra proposta supera i dubbi sollevati in tema d’intervento: se l’elemento discretivo è il momento di notificazione dell’atto di precetto sulla cui base è stata introdotto il procedimento esecutivo in cui il titolo viene speso, occorrerà aver riguardo unicamente a tale dato, sicché sarà onere dell’interveniente depositare un’istanza per ottenere la visibilità del fascicolo, verificare la data di notificazione dell’atto di precetto del procedente e stabilire se occorre o meno apporre la formula esecutiva sul proprio titolo.
D’altra parte, quale che sia la soluzione che si vuole adottare, resta il fatto che nessuna acrobazia interpretativa potrà consentire di ritenere plausibile l’estrazione di una copia munita di formula esecutiva di un provvedimento emesso in un procedimento introdotto dal 1° marzo 2023 ed ai fini di spiegare l’intervento in un’esecuzione avviata a partire dalla suddetta data, in quanto le disposizioni che consentono l’estrazione di copie esecutive – a prescindere dalle diverse possibilità di interpretare la disciplina – sono in tale ipotesi comunque non più applicabili.
Ecco che dunque, in tali situazioni, occorrerà necessariamente ammettere che un intervento nell’esecuzione può avvenire sulla base di una mera copia conforme, seppure non vi sia alcun atto di precetto notificato.
Tale inevitabile soluzione è compatibile con l’ottavo comma della disposizione transitoria soltanto ove questo venga inteso come volto a delimitare l’applicazione delle nuove norme agli atti di intervento spiegati in procedimenti esecutivi fondati su atti di precetto notificati dopo il 28 febbraio 2023.
In altre parole: a nulla rileva la data di introduzione del procedimento in cui il titolo su cui viene fondato l’intervento si è formato, o la data di emissione del provvedimento stesso, o ancora il momento in cui viene depositato l’intervento, bensì occorre prendere come riferimento la data di notificazione dell’atto di precetto del creditore procedente dell’esecuzione in cui si vuole spiegare intervento:
- ove questa sia anteriore al 1° marzo 2023, l’interveniente dovrà premunirsi di formula esecutiva, sebbene il titolo sulla cui base è fondato l’intervento si sia formato in un procedimento introdotto successivamente, sicché nel momento in cui rivolge la richiesta di estrazione della copia sarà suo onere dedurre (e, se del caso, documentare) l’esigenza di ottenere una copia munita di formula esecutiva, derivante dalla necessità di spiegare intervento in un procedimento per cui è ancora necessaria la formula esecutiva;
- negli altri casi potrà procedere con semplice copia autentica, anche ove il titolo si sia formato prima del 1° marzo 2023.
La compatibilità della lettura sopra proposta con il caso degli atti di intervento nell’esecuzione costituisce di fatto un elemento che milita a favore della sua correttezza.
6. Le conseguenze dell’omessa apposizione della formula esecutiva.
Pur condividendo l’auspicio di un intervento normativo chiarificatore[32], che sarebbe quantomai opportuno, mi pare che le conseguenze delle criticità finora evidenziate possano essere in un certo senso ridimensionate se si volge lo sguardo alla sanzione processuale che ha sinora subito il procedimento esecutivo fondato su un titolo sprovvisto di formula esecutiva.
Secondo la giurisprudenza, infatti, la carenza della formula esecutiva non può innanzitutto essere rilevata d’ufficio dal giudice dell’esecuzione, ma soltanto su istanza di parte, per il tramite di una tempestiva opposizione agli atti esecutivi e quindi nel termine di venti giorni dalla notificazione del titolo[33], secondo una tesi altresì accolta in dottrina[34].
Non solo: secondo un orientamento del Supremo Collegio[35], invero non univoco[36], l’opponente non potrebbe «limitarsi, a pena di inammissibilità dell’opposizione, a dedurre l’irregolarità formale in sé considerata, senza indicare quale concreto pregiudizio ai diritti tutelati dal regolare svolgimento del processo esecutivo essa abbia cagionato», sicché «la mancata spedizione del titolo in forma esecutiva resta sanata, ex art. 156 c.p.c., dall’opposizione di merito proposta dal debitore congiuntamente a quella di rito (volta a contestare la mancanza di tale formula), poiché la contestazione dell’esistenza del diritto di agire esecutivamente rivela che il debitore ha ben individuato il soggetto creditore e per quale debito si procede in executivis e, pertanto, la notifica del precetto ha raggiunto il suo scopo»[37].
Non dissimilmente la giurisprudenza ha risolto casi in cui veniva denunciata la carenza della formula esecutiva sull’esemplare notificato al debitore in vista dell’esecuzione: anche in tali ipotesi il vizio doveva essere denunciato nei tempi e nelle forme dell’art. 617 c.p.c.[38].
Da ultimo va segnalato che anche all’omesso deposito di copia esecutiva del titolo su cui si fonda l’intervento si può rimediare nel successivo termine stabilito dal giudice dell’esecuzione[39].
7. (Ipotesi di) un breve vademecum.
Il ginepraio di ipotesi verificabili[40] e di soluzioni prospettabili non consente di “tirare le fila” del discorso, come invece sarebbe bene fare al termine di ogni studio.
Alla luce delle considerazioni svolte si può soltanto tentare di passare in rassegna le diverse situazioni dinnanzi a cui ci si può trovare nei primi mesi dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina, provando altresì ad ipotizzare possibili soluzioni:
I. in caso di procedimento esecutivo già pendente al 28 febbraio 2023 il titolo esecutivo su cui si fonda l’esecuzione deve essere munito di formula esecutiva;
II. nell’ipotesi di procedimento esecutivo iniziato dopo il 28 febbraio 2023, ma sulla base di un atto di precetto notificato fino al 28 febbraio 2023 (incluso): il titolo esecutivo su cui si fonda l’esecuzione deve ancora essere munito di formula esecutiva e ciò anche nel caso in cui il procedimento esecutivo è stato introdotto ben oltre il 1° marzo 2023; tale conclusione vale anche ove l’atto di precetto sia stato recapitato al debitore il 1° marzo 2023 o in una data successiva, ma l’iter notificatorio sia iniziato in un momento precedente;
III. nell’eventualità di procedimento esecutivo iniziato sulla base di un atto di precetto notificato a partire dal 1° marzo 2023 (o meglio: il cui iter notificatorio ha avuto inizio dal 1° marzo 2023) il titolo esecutivo su cui si fonda l’esecuzione non deve più essere munito di formula esecutiva ed ove si tratti di un decreto ingiuntivo non sarà necessario menzionare la data di apposizione della formula esecutiva nell’atto di precetto (ma soltanto la data di concessione del provvedimento di esecutorietà); tale conclusione, a mio avviso, vale anche per i titoli esecutivi formatisi in procedimenti introdotti prima del 1° marzo 2023, tuttavia ove possibile, volendo seguire un approccio prudenziale, nulla osta in tali casi a fondare l’esecuzione su un titolo provvisto di formula esecutiva;
IV. in caso di intervento nell’esecuzione già pendente al 28 febbraio 2023 o comunque avviata sulla base di un atto con precetto notificato il 28 febbraio 2023 o in una data precedente: l’interveniente deve munirsi di una copia del titolo munita di formula esecutiva, anche qualora il procedimento nel cui ambito il titolo esecutivo ha visto la luce fosse iniziato in un momento successivo alla data suddetta;
V. nell’ipotesi di intervento nell’esecuzione avviata sulla base di un atto di precetto notificato a partire dal 1° marzo 2023 (o meglio: il cui iter notificatorio ha avuto inizio dal 1° marzo 2023): l’interveniente può spiegare intervento anche sulla base di una mera copia conforme del titolo; per ragioni prudenziali, di nuovo, potrebbe tuttavia essere opportuno munirsi comunque di una copia dotata di formula esecutiva quantomeno nelle ipotesi in cui il procedimento nel cui ambito il titolo esecutivo si è formato era pendente al 28 febbraio 2023.
Posto che le disposizioni in commento non valgono unicamente per l’espropriazione forzata, le medesime conclusioni a cui si è giunti – se tali si possono definire – si intendono estese anche alle altre forme di esecuzione forzata, dove peraltro non si pongono le complicazioni legate all’atto di intervento.
[1] Sull’importante novità, tra i primi contributi al momento disponibili, si segnalano: De Propris, Processo Esecutivo, in Tiscini (a cura di), La riforma Cartabia del processo civile - Commento al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, Pisa, 2023, pp. 623 ss.; Barale, L’esecuzione forzata, in Dalmotto (a cura di), Lezioni sul nuovo processo civile, Bologna, 2023, in corso di pubblicazione;Tedoldi, La riforma dell’esecuzione forzata: le novità del D. Lgs n. 149/2022, in GiustiziaInsieme.it, 2023, § 4; D’Alonzo, Riforma dell’esecuzione forzata: novità per i creditori, debitori e mercato, in InExecutivis, 2022, § 2;
[2] Arieta-De Santis, L’esecuzione forzata, in Trattato di diritto processuale civile, Montesano-Arieta (a cura di), Padova, 2007, pp. 146 s.; Punzi, Il processo civile. Sistema e problematiche, IV, Torino, 2008, p. 27.
[3] Corsaro, Le esecuzioni forzate nel Codice di procedura civile, Milano, 2006, p. 30.
[4] V. Barale, Il processo esecutivo telematico, in Riv. trim. dir. proc. civ., 966.
[5] Anche a seguito dell’entrata in vigore dell’obbligo di deposito telematico di copie conformi di titolo, precetto e atto o verbale di pignoramento, si riteneva «ragionevole ipotizzare che il giudice [dovesse] richiedere il deposito di detti originali quando [era] in procinto di disporre la vendita o di procedere alla distribuzione del ricavato ovvero all’assegnazione del credito ex art. 543 c.p.c. e [potesse] poi disporne la restituzione solo nei casi in cui la pretesa del creditore pignorante [fosse] restata in tutto o in parte insoddisfatta» (così Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata, Milano, 2019, p. 311, (non a caso) coerentemente con la prassi seguita dal Tribunale di Roma).
Ad avviso di chi scrive tale prassi – che discende dal risalente uso secondo cui all’esito del pagamento il creditore debba consegnare la copia esecutiva al debitore (Chiovenda, Istituzioni di diritto processuale civile, Napoli, 1960, I, p. 269) – era del tutto sfornita da un supporto normativo, in quanto nessuna norma vietava (e vieta) l’avvio di più espropriazioni forzate, mentre sono altri gli strumenti che il legislatore ha predisposto all’uopo, come ad esempio quello di cui all’art. 483 c.p.c. (sul tema cfr. Barale, La diffusa prassi contra legem del deposito, a cura dell’ufficiale giudiziario, del titolo esecutivo e dell’atto di precetto unitamente all’atto di pignoramento presso terzi, in Riv. es. forz., 2014, p. 528).
[6] Mandrioli, Corso di diritto processuale civile, Torino, 2007, III, p. 35.
[7] Redenti-Vellani, Diritto processuale civile, Milano, 2011, p. 664; Massari, voce «Titolo esecutivo», in Novissimo Dig., Torino, 1973, p. 387.
[8] Vaccarella, Titolo esecutivo, precetto, opposizioni, Torino, 1993, p. 33.
[9] Punzi, op. cit., p. 27.
[10] Si v. fra tutti Chiovenda, op. cit., p. 284.
[11] La dottrina e la giurisprudenza prevalente ritenevano comunque trattarsi del semplice accertamento della riconducibilità dell’atto al catalogo dell’art. 474 c.p.c. (v. ad esempio Andrioli, Commento al codice di procedura civile, Napoli, 1957, III, p. 13; Soldi, op. cit., p. 209; Cass., 5 luglio 1994, n. 7074), anche perché un accertamento del contenuto del titolo avrebbe determinato importanti difficoltà (Castoro, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano, 2010, p. 43) evidentemente non compatibili con i caratteri dell’attività, affidata al cancelliere o al notaio.
[12] Facoltà introdotta dall’art. 16 bis, comma 9 bis, decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge 17 dicembre 2012, n. 221, previsione oggi contenuta nell’art. 196 octies disp. att. c.p.c.
[13] Ci si riferisce all’art. 23, comma 9 bis, d.l. 28 ottobre 2020, conv. in legge 18 dicembre 2020, n. 176, oggi abrogato dall’art. 26, comma 4, decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149.
[14] D’altronde è la stessa legge 26 novembre 2021, n. 206 che reca «Delega al Governo per l’efficienza del processo civile».
[15] Per una diversa soluzione de iure condendo cfr. Gualtieri, La disciplina transitoria tra l’abrogazione della formula esecutiva e la proroga del suo rilascio telematico. Artt. 474, 475, 476, 478 e 479 c.p.c. e 27, comma 9-bis, d.l. 20 ottobre 2020, n. 137, in IlCaso.it, 5 gennaio 2023, pp. 4 s.
[16] Come sostituito dall’art. 1, trecentoottantesimo comma, lettera a), legge 29 dicembre 2022, n. 197, che ha anticipato l’entrata in vigore della nuova disciplina.
[17] Capponi, Un dubbio sul regime transitorio della riforma degli artt. 475, 476, 478 e 479 c.p.c., in Judicium, 2023, 1, secondo cui «la previsione particolare del comma 8 dello stesso art. 35 non aggiunge nulla né deroga alla regola generale».
[18] V. Cass., 28 aprile 2006, n. 9966 e Cass., 31 maggio 2005, n. 11578.
[19] Cfr. il § 5.
[20] Gualtieri, op. cit., p. 2 s.
[21] Arcella, Titoli esecutivi: la disciplina transitoria ex d.lgs. 149/2022 e problemi applicativi, in DPCIeC, 2023, 1, p. 315.
[22] Cass., 12 gennaio 2006, n. 407; Cass., 12 marzo 2008, n. 6621.
[23] E’ infatti sempre la Suprema Corte a precisare che «la forzosa realizzazione del comando contenuto nel provvedimento d’urgenza in materia possessoria dà, così, luogo ad una ulteriore fase del procedimento possessorio, necessariamente devoluta, per imprescindibili esigenze di concentrazione ed effettività della peculiare tutela cautelare del caso e quindi in base ad inderogabile principio di ordine pubblico processuale, alla competenza dello stesso giudice che ha emesso il provvedimento e non già alla serie procedimentale della esecuzione forzata» (Cass., 19 settembre 2022, n. 27392).
[24] Cfr., infra, al § 6.
[25] Ad esempio in caso di notificazione a mezzo di posta elettronica certificata i due momenti sono perlopiù coincidenti.
[26] Arcella, op. cit., p. 315.
[27] Cass., 8 febbraio 2018, n. 3021, richiamata da Arcella, op. cit., p. 315.
[28] Come osservato da Gualtieri, op. cit., p. 3, la copia esecutiva è infatti un quid pluris rispetto al requisito dell’art. 474 c.p.c. nella sua nuova formulazione.
[29] L’art. 23, comma 9 bis, decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito in legge 18 dicembre 2020, n. 176 è infatti oggi abrogato dall’art. 26, comma 4, decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149.
[30] Arcella, op. cit., p. 316.
[31] Arcella, op. cit., p. 317.
[32] Arcella, op. cit., p. 317.
[33] Cass., 12 febbraio 2019, n. 3967, con nota di Capponi, Principi di diritto pronunciati d’ufficio su spedizione in forma esecutiva e interesse all’opposizione, in Judicium, 29 maggio 1999, nonché di Auletta, Sulla dubbia «opportun[ità]» e i limiti certi della pronuncia d’ufficio ai sensi dell’art. 363, 3° comma, c.p.c. («ovvero quali siano le conseguenze della mancata apposizione della formula esecutiva sul titolo notificato al debitore»), in Judicium, 8 luglio 1999; Cass., 22 giugno 2001, n. 8597; Cass., 8 marzo 2001, n. 3400; Cass., 3 giugno 1993, n. 6221; Trib. Milano, 20 maggio 2021 in Dejure.it.
La stessa conclusione circa il rimedio da esperire vale peraltro anche nel caso in cui l’errore nel rilascio della formula esecutiva sia caduto sul soggetto a cui favore la copia è stata rilasciata, come chiarisce Cass., 3 settembre 1999, n. 9297.
[34] Cfr. Punzi, op. cit., p. 27; Soldi, op. cit., p. 209. Ad avviso di Castoro, op. cit., p. 45, occorre distinguere dalle ipotesi qui in discussione il caso in cui «la spedizione è fatta senza che il titolo abbia efficacia esecutiva», ove sarebbe contemplabile anche l’opposizione all’esecuzione, sennonché in tali ipotesi il vizio non involge la formula esecutiva, bensì l’inidoneità del documento a fungere da titolo esecutivo (cfr. al riguardo Cass., 14 novembre 2013, n. 25638; Cass., 5 giugno 2007, n. 13069, in Riv. dir. proc., 2008, p. 1116, con nota di G. Finocchiaro, Note minime in tema di litisconsorzio (necessario) del terzo debitore nel giudizio di opposizione all’esecuzione).
[35] Così la già citata Cass., 12 febbraio 2019, n. 3967.
[36] Cass., 9 novembre 2021, n. 32838, secondo cui invece «l’omessa notifica del titolo in forma esecutiva determina una irregolarità formale, da denunciare nelle forme e nei termini dell’art. 617, comma 1, c.p.c., senza che sia necessario allegare e dimostrare la sussistenza di alcun diverso ed ulteriore specifico pregiudizio oltre a quello insito nel mancato rispetto delle predette formalità».
[37] Cass., 5 maggio 2022, n. 14275; cfr. altresì Cass., 22 gennaio 1999, n. 586 e Cass., 24 novembre 2005, n. 24812.
[38] Cass., 7 luglio 1999, n. 7026.
[39] Cass., 25 maggio 2017, n. 13163.
[40] Arcella, op. cit., p. 316.
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