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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 16/12/2022 Scarica PDF

L'abuso di player trading: il caso delle "plusvalenze fittizie" nelle società di calcio professionistico

Filomeno Rocco Fimmanò, Dottorando di ricerca nell'Università del Salento


Sommario: 1. Il trattamento contabile dei risultati della compravendita di calciatori; - 2. I prestiti con diritto od obbligo di riscatto; - 3.Plusvalenze ed operazioni “a specchio”; - 4. Il maxi-processo federale “plusvalenze”; - 5.I principi delineati dalle sezioni unite della Corte di Appello Federale; - 6. Le soluzioni ipotizzabili per porre argine al fenomeno.

 

1. Il trattamento contabile dei risultati della compravendita di calciatori

Il tema delle “plusvalenze”, oggetto di grande clamore mediatico in virtù delle note vicende, affrontato già alcuni mesi fa dalle sezioni unite della Corte federale d’appello della F.I.G.C[2]., esige alcune considerazioni preliminari sul trattamento del c.d. “player trading” ,di cui si occupano anche le “Raccomandazioni contabili” dettate dalla F.I.G.C.che  hanno lo scopo di interpretare le norme che fissano i principi generali al fine di una applicazione omogenea a tutti i clubs a norma dell’art. 30 dello Statuto della Federcalcio[3]. Si tratta di indicazioni dirette a raccordare la normativa civilistica in materia di bilancio con la prassi contabile data la particolarità di alcune voci che sono tipiche del settore calcistico. Le Raccomandazioni hanno, nella sostanza, il ruolo di regole tecniche necessarie per la contabilizzazione e valutazione delle poste specifiche del settore e il rapporto che si instaura tra le stesse e il “Piano dei conti unificato” (che è l’altro strumento regolatorio federale in materia) [4]  può essere assimilato a quello esistente tra i Principi contabili OIC e le previsioni di bilancio del codice civile, in quanto le dette Raccomandazioni assumono una funzione esplicativa delle poste sinteticamente espresse nel Piano.

Le società di calcio professionistico possono acquisire il diritto alle prestazioni sportive direttamente dal calciatore oppure mediante la cessione di un contratto stipulata con il club (italiano o straniero) titolare del diritto alle sue prestazioni.

La prima situazione si realizza nel caso di un calciatore c.d. “svincolato”, alla scadenza del precedente rapporto con altra società nazionale o straniera[5], oppure nell’ipotesi di un calciatore proveniente da un club dilettantistico nazionale (o estero), in caso di sottoscrizione del primo contratto da professionista.

La “cessione del contratto” si realizza invece mediante l’acquisizione di diritti alle prestazioni sportive di calciatori a seguito del trasferimento a titolo definitivo e con efficacia immediata dei relativi rapporti da parte di altri clubs oppure mediante acquisizione del diritto alle prestazioni sportive per effetto del verificarsi di una condizione sospensiva prevista nel contesto di una cessione temporanea del contratto che determini l’obbligo per la società interessata di trasformare la cessione da temporanea in definitiva nella prima “finestra di calciomercato” successiva[6].

Invece può avere declinazioni diverse quella che gergalmente viene definita “clausola rescissoria” del contratto, che nulla ha a che vedere con la nostrana rescissione per lesione o per stato di pericolo nel nostro ordinamento[7]. La locuzione importata dall’ordinamento spagnolo[8] si riferisce in realtà ad un recesso indennizzato ed alla relativa multa penitenziale [9]. Talvolta tuttavia la penale viene pagata direttamente dalla società acquirente per realizzare la cessione ad un prezzo definito ed in altri casi è il calciatore a liberarsi mediante la provvista della cessionaria che contrattualizza il calciatore come fosse svincolato (rientrando per l’effetto nella prima o nella seconda opzione).

Orbene, la Raccomandazione contabile federale n. 1 prevede che il diritto alle prestazioni di un calciatore professionista «configura, per la società acquirente del diritto, una posta patrimoniale attiva a carattere pluriennale e di natura immateriale poiché il relativo valore corrisponde ad una situazione di vantaggio della società che detiene il diritto, rispetto alle altre società, destinata a durare nel tempo».

La voce non rientra fra quelle espressamente previste nello schema di stato patrimoniale contemplato dall’art. 2424 c.c., ma è stata aggiunta a norma dell’art. 2423 ter, comma 3, c.c. secondo cui, come visto “Se le informazioni richieste da specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti a dare una rappresentazione veritiera e corretta, si devono fornire le informazioni complementari necessarie allo scopo”.

Il costo de quo deve essere iscritto alla voce B.I.8 Diritti pluriennali alle prestazioni sportive dei calciatori e “sistematicamente ammortizzato” in ogni esercizio in relazione alla sua residua possibilità di utilizzazione (art. 2426, n. 2, c.c.) e il criterio di ammortamento raccomandato «è quello della ripartizione del costo del diritto (...) in quote costanti per l’intera durata del contratto che vincola il calciatore alla società cessionaria e comunque per un tempo non superiore a cinque anni», che è la durata massima prevista dall’ordinamento. Strettamente correlata è la raccomandazione contabile n. 10 dettata dalla FIGC in tema di ammortamenti, che in linea col principio contabile n. 24 dell’OIC ripete il criterio per cui è ovvio che non si possa procedere ad ammortizzare per periodi eccedenti la durata mentre è possibile farlo prudenzialmente per periodi inferiori[10]. E’ chiaro che alla scadenza del contratto laddove questo venga rinnovato il relativo costo viene nuovamente ammortizzato.

I contratti conclusi tra società italiane, per i quali è prescritto il deposito presso la Lega competente, diventano vincolanti per i contraenti dopo che la Lega concede il visto di esecutività; mentre, in attesa della concessione del visto, si trovano nella condizione propria dei contratti sospensivamente condizionati [11], quindi sorti ma non ancora efficaci.

Ciò comporta che da un punto di vista contabile la competenza sia dell’esercizio nel quale venga apposto il visto [12] di esecutività in cui vanno rilevate  le eventuali plusvalenze o gli eventuali ricavi generati dalla cessione dei suddetti contratti. Quanto detto non vale, sempre e comunque, per quel che attiene alle eventuali minusvalenze o alle eventuali perdite ritratte dalla cessione dei contratti stessi che possono essere contabilmente rilevate anche in un esercizio anteriore.

 

2. I prestiti con diritto od obbligo di riscatto

Altra fattispecie è quella della “cessione temporanea” cui sono connessi i temi del c.d.  diritto od obbligo di riscatto (o di controriscatto) disciplinati dall’art. 103 delle Noif, non esiste più viceversa il problema delle “comproprietà dei calciatori”, third-party ownership[13], vietata a partire dal 2015 [14].

La raccomandazione contabile federale n. 1 al riguardo prevede con riferimento alle cessioni temporanee con diritto di opzione a favore della società cessionaria, che «nell’ipotesi di rinnovo della cessione temporanea per la stagione successiva, la cedente e la cessionaria dovranno rilevare l’impegno assunto in relazione al sopracitato diritto d’opzione» nella nota integrativa»[15].

La norma federale prevede la possibilità per la società titolare del diritto alle prestazioni sportive di un calciatore di cedere il relativo contratto a titolo temporaneo ad un’altra società. Dal punto di vista contabile, in questa fattispecie il club che cede rimanendo di fatto titolare del diritto, continua ad ammortizzare il costo del giocatore in relazione alla durata del contratto originario ed al tempo stesso deve rilevare il conseguimento del ricavo derivante dalla cessione temporanea rappresentato dal corrispettivo riconosciuto alla società cedente dalla società cessionaria, se non è a titolo gratuito.

La norma sancisce tra l’altro nella versione attuale risultante dall’ultima integrazione, con i conseguenti risvolti contabili, che la cessione temporanea del contratto con il calciatore “professionista” ha una durata minima pari a quella che intercorre tra i due periodi dei trasferimenti ed una durata massima mai eccedente quella del contratto economico e mai superiore a due stagioni sportive.  A favore della società cessionaria è consentito il diritto di opzione per trasformare la cessione temporanea del contratto in cessione definitiva, a condizione: che tale diritto di opzione risulti nell’accordo di cessione temporanea (di cui deve essere indicato il corrispettivo convenuto); che la scadenza del contratto ceduto non sia antecedente al termine della prima stagione successiva a quella in cui può essere esercitato il diritto di opzione; che la società cessionaria con diritto di opzione stipuli con il calciatore/calciatrice un contratto economico la cui scadenza non sia antecedente al termine della prima stagione successiva a quella in cui può essere esercitato il diritto di opzione.

L’inserimento della clausola relativa all’opzione deve essere consentito dal calciatore con espressa dichiarazione di accettazione di ogni conseguenza dell’esercizio o meno dei diritti di opzione da parte della società cessionaria, a pena di nullità. Nello stesso accordo può essere previsto per la società cedente un eventuale diritto di contro-opzione, precisandone il corrispettivo, da esercitarsi in caso di esercizio dell’opzione da parte della cessionaria[16].

Negli accordi di cessione temporanea di contratto si può convenire l’obbligo di trasformare la cessione temporanea in definitiva, al verificarsi di condizioni sportive specificatamente definite e purchè: - l’obbligo di riscatto risulti nell’accordo di cessione temporanea, con l’indicazione del corrispettivo convenuto tra le parti; - il contratto ceduto scada almeno nella stagione successiva a quella in cui va esercitato l’obbligo di riscatto; - la società cessionaria stipuli con il calciatore/calciatrice un contratto che scada almeno nella stagione successiva a quella in cui va esercitato l’obbligo di riscatto.

L’obbligo di riscatto deve comunque essere sottoscritto dal calciatore, a pena di nullità (comma 3 bis).

In caso di acquisizione del diritto pluriennale alle prestazioni sportive di calciatori per effetto dell’avveramento di una condizione sospensiva prevista in una cessione temporanea del contratto (che determini l’obbligo per le società partecipanti all’atto di trasformare la cessione da temporanea a definitiva), il momento rilevante ai fini della rilevazione contabile del diritto pluriennale è quello in cui si avvera la condizione sospensiva prevista nell’accordo di cessione temporanea. Nel caso in cui il verificarsi dell’evento dedotto quale condizione sospensiva che determini il c.d. “obbligo di riscatto” risulti sostanzialmente certo fin dall’origine, la condizione può di fatto considerarsi come non apposta e, pertanto, il diritto pluriennale deve essere iscritto sin dal momento di conclusione dell’accordo di cessione temporanea. Le raccomandazioni contabili della FIGC prescrivono quindi che la cessione temporanea di contratto, con previsione del c.d. “obbligo di riscatto” al ricorrere di una determinata condizione sportiva, debba essere fin da subito rilevata contabilmente come una cessione definitiva di contratto nel caso in cui la realizzabilità della predetta condizione risulti sostanzialmente certa fin dall’origine.

La disciplina relativa alla cessione temporanea di contratto (art. 103 Noif), è stata ulteriormente completata con l’esplicitazione della possibilità di inserimento negli accordi di cessione temporanea di calciatori maggiorenni del diritto di opzione a favore della società cedente di riacquisire a titolo definitivo il diritto alle prestazioni sportive subordinatamente al rispetto di ulteriori condizioni espressamente previste. Gli effetti contabili delle eventuali plusvalenze derivanti da quanto precede decorrono dal momento della rinuncia del diritto di opzione.

L’ultima parte del comma 4 bis chiarisce che il diritto di opzione può essere esercitato o rinunciato solo ed esclusivamente nel primo giorno del periodo di trasferimenti estivo della seconda stagione sportiva successiva a quella in cui è avvenuta la trasformazione della cessione temporanea in definitiva. Gli effetti contabili delle eventuali plusvalenze derivanti da quanto precede decorrono dal momento della rinuncia del diritto di opzione[17].


3. Plusvalenze ed operazioni “a specchio”

Nel caso di cessione del rapporto contrattuale con un calciatore la società di appartenenza di quest’ultimo realizza una plusvalenza laddove l’ammontare che le viene riconosciuto dall’acquirente sia superiore al valore iscritto in bilancio. Più in generale, si genera una plusvalenza quando il prezzo di vendita di un bene è superiore al valore netto contabile, calcolato come differenza tra il costo storico e il fondo di ammortamento del bene alla data del trasferimento. La plusvalenza è, dunque, una componente positiva del reddito[18].

Le plusvalenze derivanti da un maggior valore tra il prezzo di cessione del diritto rispetto al relativo valore netto contabile devono essere iscritte nella voce A5 del Conto Economico, ossia fra gli “Altri ricavi e proventi”, utilizzando la sottovoce specifica “Plusvalenze da cessione diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori”. Viceversa le minusvalenze derivanti da un minor valore tra il prezzo di cessione del diritto rispetto al relativo valore netto contabile devono essere iscritte nella voce B14 del Conto Economico, ossia fra gli “Oneri diversi di gestione”, utilizzando la sottovoce specifica “Minusvalenze da cessione diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori”.

Nel caso che il diritto oggetto di cessione si riferisca ad un calciatore a suo tempo acquisito senza riconoscere alcun corrispettivo ad altra società, ipotesi limitata  ai casi di sottoscrizione diretta del contratto con un calciatore c.d. “svincolato”, e senza imputazione di alcun onere accessorio, oppure con un calciatore proveniente dal proprio vivaio, la società cedente deve rilevare, oltre al credito nei confronti della società cessionaria, anche un provento pari al corrispettivo della cessione. Questo provento costituisce, analogamente alla plusvalenza relativa alla cessione del diritto alle prestazioni dei calciatori iscritto nell’attivo dello Stato Patrimoniale, una componente positiva da iscrivere nella sottovoce specifica “Plusvalenze da cessione diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori” della voce A5 “Altri ricavi e proventi” del Conto Economico.

I vincoli nazionali per l’iscrizione alle competizioni e poi comunitari (con riferimento in particolare al Fair play finanziario) hanno determinato il ricorso alla realizzazione di operazioni incrociate (c.d. a specchio) tra clubs sulla base di intese dirette allo scambio di calciatori (spesso giovani del vivaio) sopravvalutandoli ed in modo da realizzare plusvalenze fittizie senza (o con minimi) movimenti finanziari. Queste operazioni, al di là delle implicazioni disciplinari e fiscali, inquinano il bilancio che dovrebbe offrire una rappresentazione  veritiera della situazione patrimoniale, finanziaria e reddituale, determinando miglioramenti “a breve” della situazione contabile ma comportando poi la necessità di affrontare maggiori oneri successivamente, in termini di ammortamento.

Orbene, l’abuso del c.d. player trading finalizzato a generare plusvalenze o minusvalenze contabili (non sempre reali) è cominciato oltre vent’anni fa[19], ma ha registrato una netta impennata in Italia a partire dalla stagione 2017-2018 con un raddoppio dei  numeri rispetto all’annualità precedente.

Nel 2006 vennero deferite con l’accusa di aver abusato di plusvalenze fittizie FC Internazionale ed AC Milan, ma  il procedimento si chiuse in sede di Commissione disciplinare nazionale con un  patteggiamento ai sensi di quanto previsto dall’art. 23 CGS accettato dalla procura federale con l’irrogazione di una sanzione pecuniaria[20]. La vicenda ebbe uno strascico penale ove furono tutti assolti perché non fu dimostrato che le valutazioni fossero gonfiate [21].

Stessa sorte ebbero i coevi casi di U.C. Sampdoria, Udinese Calcio, Reggina 1914 e Genoa C.F.C.

Mentre, sempre in passato, l’unico caso accertato e punito di plusvalenze fittizie ha riguardato A.S. Chievo Verona e A.S. Cesena, condannate sul piano disciplinare nel 2018 [22], poi escluse dalle competizioni ed infine fallite[23] con una serie di ulteriori conseguenze sul piano del diritto comune. I giudici sportivi evidenziavano che “alla luce degli atti, infatti, appare evidente che le operazioni di scambio di calciatori indicate nel deferimento, unitamente agli altri elementi di fatto compiutamente ivi descritte, evidenziano che i vertici delle due Società hanno posto in essere una sistematica operazione di mercato, non già un’episodica operazione, legata al valore attribuito intuitu personae al particolare ipotetico talento riscontrabile in uno o più giocatori, volta inevitabilmente ad sopravvalutare i dati di bilancio mediante, appunto, il sistema delle ccdd. “plusvalenze”. Se, da un lato puó essere vero che la circostanza che tali operazioni, inserendosi in una contrattazione di libero mercato, non sono ancorate a fattori valutativi normativamente predeterminati, appare altrettanto evidente che, poiché idonei ad influire positivamente su dati di bilancio che, ai sensi di legge, devono essere basati su criteri di veridicità, correttezza e prudenza, l’evidente sopravvalutazione dei calciatori, unitamente alle concrete modalità di utilizzo degli stessi, all’anomalo sostanziale inutilizzo di gran parte degli stessi (che venivano immediatamente trasferiti ad altre Società di serie minore localizzate il più delle volte nell’area geografica coincidente con quella della Società cedente), all’assenza di contratti di natura economica stipulata fra i calciatori e le Società e, soprattutto, l’elevato valore di compravendita, non comportante, tuttavia, alcun esborso economico, ma solo rilevantissimi effetti finanziari soprattutto se rapportato ai prezzi di cessione di altri giocatori professionistici di ben altra indubbia caratura sia dalla parte del Chievo che dalla parte del Cesena conducono a ritenere raggiunta la prova degli illeciti contestati dalla Procura Federale”.

Sul caso ha avuto modo di pronunciarsi anche la Cassazione dopo il giudice sportivo, per le relative implicazioni di carattere penale e fiscale[24], affermando che non è necessario che il fine di evadere le imposte o di consentire a terzi l’evasione sia lo scopo unico o principale del reo, potendo concorrere con altre finalità. I giudici di legittimità hanno statuito che, ai fini della sussistenza dei reati fiscali di dichiarazione fraudolenta (articolo 2 del Dlgs n. 74/2000) e di emissione di fatture per operazioni inesistenti (articolo 8 dello stesso Dlgs), la postulata veridicità di talune delle operazioni non comporta necessariamente che anche le altre presentino la medesima caratteristica: è possibile, quindi, che la frode si innesti in un’altra serie di “affari” intercorsi fra due società aventi il carattere dell’effettività. [25]

 

4. Il maxi-processo federale “plusvalenze”.

Il caso che ha fatto esplodere la problematica in esame è stato il c.d. “maxiprocesso disciplinare plusvalenze” terminato nel 2022 (che ha riguardato ben undici clubs e 61 tra dirigenti e amministratori) cui si riferisce peraltro il provvedimento citato della Corte di Appello Federale, concernente la sanzionabilità del comportamento  alla stregua degli artt. 4 e 31 del Codice di giustizia sportiva, che regolamentano, rispettivamente, i principi di lealtà, correttezza e probità e le violazioni in materia gestionale ed economica [26].

Il problema riguarda in particolare le c.d. operazioni a specchio che divengono ancora più opinabili nel caso delle pluriproprietà di società[27] appartenenti alla stessa federazione ed anche di clubs militanti in Paesi diversi per aggirare le regole del fair play finanziario con vantaggi “anomali” e conseguenze su diversi piani, sportivo, tributario, penale etc. In particolare, al fine di eludere le regole sui contenimenti dei costi, una società trasferisce uno o più giocatori ad altro club del medesimo gruppo, valorizzandoli in bilancio secondo valutazioni convenzionali, non corrispondenti a quelle reali, così da poter configurare plusvalenze e minusvalenze (fittizie)[28] modulate in base alle regole di quel Paese ed alla esigenza della singola società interessata. In questo modo la società madre, qualora si trovasse in uno stato di perdita, o comunque con costi maggiori rispetto ai profitti, potrà comunque ridurre l’eventuale perdita se non, addirittura, risultare in utile, col fine di poter aggirare le sanzioni previste in caso di costi elevati (a fronte di mancati ricavi), e potersi quindi iscrivere al successivo campionato. La casistica è varia ed articolata e spesso contempla persino l’uso di calciatori dal settore giovanile o provenienti da campionati minori in giro per il mondo che vengono valorizzati in modo improprio e talvolta ridati in prestito alle stesse società venditrici. Non a caso nella vicenda della U.S. Salernitana 1919, che è stata iscritta al campionato di serie A, stagione 2021\2022,  mediante l’utilizzo del “blind trust” con lo scopo di separare il soggetto dal proprio patrimonio, sono state vietate le triangolazioni con la Lazio in sede di calciomercato, con il diritto della FIGC di accedere ai flussi informativi della Salernitana sino al 31 dicembre 2021, termine ultimo per la cessione delle quote societarie[29]

Il proscioglimento di tutte le parti coinvolte nel maxiprocesso federale, per l’assenza di criteri predeterminati all’interno dell’ordinamento federale (che impedisce la valutazione di illiceità delle transazioni), non ha certo risolto il macro-problema dell’abuso di player trading, che esige un urgente intervento normativo, tuttavia l’arresto giurisprudenziale in esame ha evidenziato le palesi criticità ed in qualche modo indicato la via.

E’ emerso infatti, in relazione ad un campione di 48 società di calcio che hanno partecipato ai campionati di Serie A e B nelle stagioni 2016/2020, che l’incidenza della voce di bilancio “altre immobilizzazioni immateriali” (voce nella quale sono classificati i diritti) sul totale dell’attivo è passata dal 31 per cento (2016) al 41 per cento (2020), l’incidenza di tali immobilizzazioni sul Patrimonio Netto è passata dal 208 per cento  (2016) al 232 per cento (2020). Sul piano economico l’incidenza dell’ammortamento delle immobilizzazioni immateriali sul valore della produzione è aumentata dal 20 per cento (2016) al 32 per cento (2020). Ciò che desta ulteriore sospetto, dinanzi a valori significativamente superiori rispetto ai dati di Transfertmarkt è la modestissima entità delle svalutazioni (nei quattro anni sempre inferiore al 4 per cento degli ammortamenti delle immobilizzazioni immateriali). In definitiva, l’esame dei bilanci delle società calcistiche, evidenzia che eventuali sopravvalutazioni nell’acquisto dei diritti molto raramente vengono svalutate negli anni successivi[30].

In particolare le operazioni “a specchio” sono caratterizzate da reciprocità di due o più cessioni tra medesime società, dalla contestualità temporale, effettiva o quantomeno sostanziale, delle cessioni, dalla realizzazione di plusvalenze contabili per entrambe le società e dalla irrilevanza anche parziale delle cessioni dal punto di vista finanziario.

 

5. I principi delineati dalle sezioni unite della Corte di Appello Federale

La Corte Federale d’Appello a Sezioni Unite del 27 maggio 2022, che ha confermato con la sentenza n. 89 la decisione di proscioglimento di prime cure, ha evidenziato la necessità e l’urgenza di un intervento normativo sul tema della valutazione del valore del corrispettivo di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive dei calciatori[31]. Peraltro, come ben noto, è tuttora aperta la questione in sede penale per uno dei club con rilevante eco mediatico[32] dopo gli interventi anche di Consob[33].

La Corte ha infatti ritenuto che alcuni valori di mercato oggetto del procedimento si siano formati in modo totalmente slegato da una regolare transazione di mercato. I giudici hanno ritenuto preliminarmente utile richiamare la distinzione tra “valore” e “prezzo”. In linea generale, i valori sono grandezze stimate, espressione di una proposizione logica che muove da certe premesse e, mediante calcoli appropriati, giunge a determinate conclusioni. Il valore è quindi il risultato di una formulazione in vario grado astratta, e perciò teorica. Il prezzo, invece, rappresenta il corrispettivo di una negoziazione conclusa: esso è pertanto un dato fattuale, risultato dell’incontro della domanda e dell’offerta, ed è conseguentemente legato all’interazione fra le funzioni di utilità dei soggetti economici interessati allo scambio in quello specifico istante. Il valore ed il prezzo possono non coincidere affatto. Ciò in quanto, ad esempio, i prezzi dipendono da elementi e fattori specificamente afferenti ai mercati di riferimento, quali ad esempio la disponibilità o meno dei capitali o le fasi di prevalenza della domanda o dell’offerta; o, ancora, i prezzi sono, per loro natura (si pensi alle imprese quotate), altamente volatili, cioè variano per ragioni in parte irrazionali e comunque non riconducibili all’impresa, mentre i valori variano in modo meno violento e comunque tipicamente in funzione di eventi direttamente o indirettamente afferenti all’oggetto della valutazione; o, infine, i prezzi (a differenza del valore) sono influenzati dall’interesse delle parti alla conclusione della transazione e, soprattutto, dalla loro forza contrattuale[34].

Il passaggio più rilevante della decisione dei giudici d’appello si rinviene nella cd. “erronea statuizione” del Tribunale federale secondo cui “l’inesistenza del metodo di valutazione del valore del corrispettivo di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive di un calciatore possa legittimare l’iscrizione in bilancio di diritti per qualsiasi importo, svincolati da considerazioni inerenti l’utilità futura del diritto nonché elementi di coerenza della transazione.” [35] Ne consegue infatti che ciò renderebbe legittima qualsiasi plusvalenza e introdurrebbe un’anarchia valutativa che nessun sistema – e quindi neanche quello federale – può tollerare. È evidente quindi che, in qualsiasi valutazione, un metodo deve essere sempre utilizzato[36].

Tuttavia, tanto nelle raccomandazioni contabili federali, quanto nei principi OIC, non esiste alcun riferimento o valore convenzionale che possa orientare il processo di accertamento del fair value dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori. E tale mancanza è da ritenersi decisiva ai fini del proscioglimento dei soggetti coinvolti.

Inoltre, sulla base delle argomentazioni difensive, la Procura Federale non ha prodotto alcuna evidenza dimostrativa del fatto che le valutazioni sono state effettuate in maniera ‘”palesemente strumentale” ovvero influenzate da esigenze di bilancio.

La Corte d’appello è stata particolarmente critica tuttavia nei confronti del legislatore italiano nel passaggio secondo cui: “appare infatti singolare che in ambito molto regolamentato, come quello calcistico, sia carente proprio questa disciplina che assume un ruolo di massima criticità nei bilanci. Questa regolamentazione assumerebbe valore anche in fase di controllo dei bilanci, portando a limitare alcune opinion per certi aspetti troppo benevoli”.

Il tema delle valutazioni si riflette sui bilanci di più anni ed è quindi opportuno disporre anche di criteri specifici per sottoporre a verifica il valore nella società cessionaria negli anni successivi alla prima iscrizione: “un calciatore senza prospettiva o con impiego ben al di sotto delle attese dovrebbe infatti essere oggetto di svalutazione.”

I giudici federali di secondo grado hanno così rilevato che sia necessario intervenire in termini regolamentari sulla questione della definizione del valore e del prezzo di scambio, del trattamento delle plusvalenze e della valutazione del costo di acquisto del diritto negli anni successivi a quello di prima contabilizzazione[37]. L’intervento normativo appare tanto più indispensabile se si considera che le operazioni in oggetto – relative alla compravendita dei  diritti alle prestazioni dei calciatori – e i valori a cui vengono effettuate, “influenzano in misura determinante la qualità del bilancio e la sua finalità, cioè la rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale, finanziaria e reddituale di una società sportiva”.

Per i clubs cessionari, come visto, i diritti alle prestazioni dei calciatori rappresentano un’immobilizzazione immateriale, con durata limitata nel tempo, iscritta nell’attivo dello stato patrimoniale al costo di acquisto, sottoposto ad ammortamento lungo la durata del contratto. Nel caso in cui alla fine di ogni periodo di bilancio, il valore recuperabile del diritto fosse durevolmente inferiore al valore netto contabile (valore originario al netto delle quote di ammortamento calcolate fino a quel momento), sarebbe necessario svalutarlo. La quota di ammortamento (certa) e la svalutazione (a fronte di sintomi specifici), rappresentano un costo attribuito a conto economico, con impatto negativo sul reddito (utile e/o perdita) e, quindi, sul patrimonio netto.

Il club che cede il diritto prima della scadenza del contratto (alla scadenza non vi sono effetti), “può rilevare: a) una plusvalenza se il valore di cessione è superiore a quello netto contabile, con impatto positivo sul reddito del periodo (utile o perdita); b) una minusvalenza nel caso contrario, con impatto negativo sul reddito del periodo (utile o perdita); c) nessun effetto se i due valori sono uguali”.

A livello finanziario la singola operazione di compravendita genera un credito e una successiva entrata per il cedente e un debito, con successiva uscita, per il cessionario (nell’ambito della Camera di compensazione). L’effettuazione di un’operazione a valori economicamente non congrui o giustificati comporta la sovrastima  del prezzo dello scambio, con effetti diversi sui due contraenti. In particolare il cedente otterrà una maggiore plusvalenza, in parte o totalmente fittizia, con miglioramento del reddito e del patrimonio netto. Il cessionario dal canto suo iscriverà nell’attivo patrimoniale un valore sovrastimato con maggiori costi nel futuro, cioè un maggiore impatto negativo (minori utili o maggiori perdite) sul periodo di durata del contratto. I maggiori costi “si riferiscono ad ammortamenti più alti e, nel caso esistano i presupposti, alla eventuale successiva svalutazione del diritto. Questo ultimo aspetto è fondamentale perché in bilancio i singoli beni non possono essere iscritti per importi superiori al loro valore economico che si riflette nel valore d’uso o di mercato”.

Quindi, al di là di qualsiasi considerazione sul prezzo, i sintomi che si manifestano nel futuro, ad esempio un calciatore senza prospettiva o con impiego al di sotto delle attese, dovrebbero portare alla svalutazione, per evitare annacquamento del capitale[38].

La società proprietaria del diritto deve valutare la sussistenza di indicatori che portino al minore valore del bene, assai peculiari nell’ambito calcistico o sportivo in generale. La mancata svalutazione, al sussistere dei presupposti, porta a una sopravvalutazione dell’attivo e del patrimonio netto. [39]

Un club generalmente può attuare un’operazione a valori non di mercato se riceve, contestualmente un “beneficio”, che tipicamente si manifesta nelle operazioni incrociate o di segno opposto, dove la medesima società è contemporaneamente cedente e cessionaria, rilevando in modo precipuo la contestualità del momento temporale.

Il fatto che non vi siano state movimentazioni finanziarie, effetto tipico di queste operazioni, cioè delle permute, non implica l’automatica esistenza di sopravvalutazioni indebite che possono anche manifestarsi in altre operazioni, anche se l’assenza di impatto finanziario rende più agevole tale procedere, i cui effetti non sono immediati ma si rifletteranno sui conti economici degli anni successivi.

Le operazioni incrociate divengono rilevanti, quindi, se generano plusvalenze per entrambi i contraenti, più (non solo) che per l’aspetto monetario.

Due società possono avere “interesse” a sopravvalutare i diritti di un calciatore se questo genera un plusvalore che aumenta il reddito del periodo anche se penalizza i successivi con maggiori ammortamenti: nel caso specifico si ha un impatto positivo sul reddito alla data dell’operazione compensato da maggiori costi futuri.  In definitiva la sussistenza del concetto di operazione incrociata presuppone l’interesse convergente, immediato o futuro, dei due contraenti. In termini conclusivi, “una plusvalenza fittizia comporta per il cedente il miglioramento solo contabile dell’utile o della perdita del periodo, pari al valore della plusvalenza, con l’aumento, rispetto all’ipotesi di correttezza economica, del patrimonio netto. La società cessionaria registra un maggiore valore rispetto a quello economico con maggiori costi futuri, che possono trovare compensazione totale o parziale in un’operazione di segno opposto che generi di nuovo una plusvalenza: entrambe le società aumentano l’utile (riducono la perdita) con maggiori costi futuri, con l’effetto di migliorare in modo apparente la situazione attuale a scapito di quelle future”.

 

6. Le soluzioni ipotizzabili per porre argine al fenomeno

Le soluzioni regolamentari per arginare l’abuso di player trading possono essere tante ed alcune suggerite dagli stessi giudici federali, a cominciare dalla sterilizzazione almeno parziale delle “operazioni  a specchio” computando in bilancio solo la componente rispetto alla quale esiste un esborso finanziario nettata dalla compensazione.

Altra strada potrebbe essere quella di conteggiare solo plusvalenze e ritorni dal player trading (prestiti onerosi) che non superino il 25 per cento del fatturato operativo senza calcolare il c.c. calciomercato del club[40].

Sulla scorta dei precedenti giurisprudenziali, inoltre, potrebbero essere introdotti alcuni parametri il cui superamento qualificherebbe l’operazione quale illecita e comunque vietata. Ad esempio un corrispettivo superiore a una definita percentuale della media dei valori desumibili da database certificati, identificati dalle federazioni oppure  multipli tra il valore dei diritti del giocatore e lo stipendio netto (o lordo) del calciatore. [41]

Una ulteriore soluzione potrebbe essere la introduzione di un visto di conformità preventivo, professionale (e delle autorità sportive) di ragionevolezza e congruità sulle “operazioni a specchio” come si è fatto per evitare operazioni fraudolente in campo edilizio[42].

De iure condendo, si potrebbe infine pensare alla fissazione di criteri valutativi che individuino un “range” di valore, all’interno del quale vada fissato il corrispettivo della cessione/acquisizione. A ciò tuttavia dovrebbe provvedere la FIFA, trattandosi di disciplina sovranazionale, che infatti sta già lavorando ad un algoritmoper stabilire il valore economico quanto più oggettivo di un calciatore. Peraltro esiste una ampia quantità di dati consolidati nel sistema calcio che potrebbe essere comparata con quella che si è formata in altri contesti ancora più collaudati in materia, come quelli delle americane Nfl (National Football League) e Nba (National Basketball Association).

La federazione internazionale ha anche immaginato in alternativa la possibilità di istituire una camera di compensazione attraverso cui far passare tutti i pagamenti, in modo da garantire effettivi passaggi di denaro.

In ogni caso il regolatore, nella formulazione delle norme, non deve sottovalutare la circostanza che il Fair play finanziario ha indirettamente prodotto una parte sostanziosa della pratica abusiva per le squadre partecipanti alle coppe europee  [43] e quindi la futuribile disciplina deve tenerne conto[44].



[1] Dottorando di ricerca nell’Università del Salento. Lo scritto è stato già pubblicato in forma di nota a sentenza sulla Rivista della Corte dei conti n. 5 del 2022.

[2] Corte federale d’appello, sezioni unite, F.I.G.C. Torsello presidente, Teodori relatore - decisione/0089/cfa-2021-2022 -  27 maggio 2022 in https://www.figc.it/media/166881/sez-unite-decisione-n-0089-cfa-del-27-maggio-2022.pdf

[3] Secondo cui «i tesserati, le società affiliate e tutti i soggetti, organismi e loro componenti, che svolgono attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevanti per l’ordinamento federale, hanno l’obbligo di osservare il presente Statuto e ogni altra norma federale e degli organismi internazionali a cui la FIGC è affiliata. I soggetti di cui al comma precedente, in ragione della loro appartenenza all’ordinamento settoriale sportivo o dei vincoli assunti con la costituzione del rapporto associativo, accettano la piena e definitiva efficacia di qualsiasi provvedimento adottato dalla FIGC, dalla FIFA, dalla UEFA, dai suoi organi o soggetti delegati, nelle materie comunque riconducibili allo svolgimento dell’attività federale nonché nelle relative vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico».

[4] La FIGC emana due importanti documenti dal punto di vista contabile, che aggiorna nel tempo, cui le società devono far riferimento: il “Piano dei conti unificato” e le “Raccomandazioni contabili”, che hanno valore regolatorio interno e rientrano nell’ambito del potere federale di disporre attività tese alla verifica della situazione economico-finanziaria di gestione delle società. Il piano dei conti unificato, introdotto per la prima volta nel 1987 e successivamente modificato, ha l’obiettivo di rendere più facilmente comparabili e omogenee le strutture dei conti delle diverse società al fine di facilitarne il controllo e la valutazione da parte degli organi preposti (a cominciare dalla Covisoc) ed elenca tutte le voci generiche già previste dal codice civile e quelle più specifiche del settore quali i diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori, il fondo indennità fine carriera calciatori e allenatori, la capitalizzazione dei costi di vivaio, etc.

[5] Operazione divenuta possibile in seguito all’abolizione del vincolo sportivo con la legge n. 91/1981 e gli effetti della nota sentenza Bosman (Corte giust. CE 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Jean-Marc Bosman). Il vincolo era considerato un impegno pattizio tra giocatore e club che si esplicava in un obbligo di non fare: il calciatore si impegnava a non svolgere attività sportiva a favore di altra società affiliata alla Federazione. Ciò comportava che, anche al termine di efficacia del contratto di lavoro, l’atleta fosse inibito dal giocare per una diversa squadra salvo la rinuncia della società originaria al vincolo. L’art. 16, comma 1, legge n. 91/1981 dispose l’eliminazione graduale delle limitazioni alla libertà contrattuale dell’atleta professionista, individuate appunto come «vincolo sportivo», introducendo l’indennità di preparazione e promozione da versare al club precedente, poi eliminata dalla detta sentenza nell’ambito della circolazione comunitaria. Al riguardo cfr. M. Maggiolino, Calcio e trasferimenti: un’analisi economica, Relazione al convegno “Sport e mercato. La sentenza Bosman vent’anni dopo”, Roma, 11 maggio 2016, in Riv.dir.sport., 2016, 103 s.

[6] Sul piano giuridico, nel senso della qualificazione dell’operazione come “cessione del contratto” ex artt. 1406-1410 c.c. vanno sia l’art. 5 legge n. 81/1991 rubricato appunto «Cessione del contratto», sia gli artt. 95 e 102 Noif  che richiamano l’istituto civilistico. Si tratta di un accordo necessariamente trilaterale e le invalidità che colpiscono una singola partecipazione coinvolgono necessariamente l’intero contratto. Il fatto che le prestazioni del giocatore nei confronti della società cedente siano già state parzialmente eseguite rende comunque possibile la cessione del contratto sino al momento in cui lo stesso non abbia esaurito i suoi effetti. Tuttavia l’effetto del contratto di cessione si individua nel trasferimento della complessiva posizione che un soggetto ha assunto in un rapporto nascente da contratto e non vi può essere una mera sostituzione soggettiva, ma deve sussistere l’ulteriore requisito rappresentato dall’assoluta ed oggettiva integrità del rapporto fondamentale, il quale non deve subire modifiche o variazioni di alcuna sorta. Nella fattispecie le parti invece modificano spesso la durata del contratto, la retribuzione e la distribuzione dei diritti d’immagine, con rilevanti mutamenti del rapporto originario. Per cui è forse preferibile ritenere che il corrispettivo configuri un compenso od un ristoro per l’anticipata cessazione del rapporto precedente in una logica di collegamento negoziale.

[7] La clausola di recesso altro non è che una clausola inserita nel contratto tra giocatore e società sportiva, che consente al tesserato di sciogliersi anticipatamente dal contratto stesso, previo pagamento di una somma di denaro prefissata. La clausola viene determinata con l’obiettivo di rendere oneroso lo scioglimento anticipato del contratto (e quindi di dissuadere altre società dall'acquistare il giocatore) e allo stesso tempo di generare guadagni per la società in caso di vendita del giocatore stesso, recuperando quindi la perdita anticipata delle prestazioni rispetto al termine contrattuale. L’utilizzo della denominazione rescissione è impropria, poiché tale clausola non ha nulla che fare con l’istituto giuridico della rescissione che riguarda la situazione di lesione ultra dimidium per contratto concluso in stato di pericolo od in stato di bisogno, ma riguarda piuttosto il recesso da un contratto. Dal punto di vista giuridico, si tratta pertanto di una multa penitenziale, ovvero la prestazione di un corrispettivo pattuito per il recesso dal rapporto (art. 1373, comma 3 del Codice civile).  Nel Regolamento sullo status e sui trasferimenti dei calciatori della FIFA è contemplato espressamente, all’articolo 17, comma 2, che un contratto tra un calciatore e una società può prevedere l’ammontare dell'indennizzo necessario per la risoluzione del contratto senza giusta causa. Nella prassi, di frequente, il prezzo del recesso viene versato non dal tesserato, ma direttamente dalla nuova società che intende ingaggiare l’atleta, senza che questa pratica incida però né sull’essenza né sulla struttura del patto.  La clausola recessoria trova origine nell’ordinamento spagnolo e più precisamente all’articolo 16 del Real Decreto n. 1006 del 26 giugno 1985, ove si avvertì la necessità di armonizzare le esigenze di libertà contrattuale dell'atleta professionista con l’interesse della società, indennizzata per il pregiudizio economico provocato dalla risoluzione anticipata del contratto (in tema M. Di FrancescoIl recesso ante tempus dal contratto di lavoro sportivo nel settore del calcio professionistico, in Riv. dir.econ. sport, III, fasc. 3, Edus Law International, 2007). La finalità originaria della norma fu “distorta” già pochi anni dopo (si pensi al passaggio del calciatore Ronaldo dal Barcellona all’Inter). All’epoca la FIFA non ammetteva trasferimenti decisi unilateralmente da giocatori ancora in pendenza di contratto e inoltre considerava la clausola di rescissione valida esclusivamente nell'ordinamento spagnolo e quindi per i soli trasferimenti tra squadre iberiche. Pertanto, la Federazione tentò di bloccare il trasferimento, salvo consentirne poi il 22 luglio 1997, in virtù di sentenza, il tesseramento con un transfer provvisorio, aggiungendo successivamente, il 9 settembre 1997, un ulteriore indennizzo a favore del Barcellona pari a circa 3 miliardi di lire per la formazione e la promozione del giocatore.  Successivamente, nel 1998 la Commissione europea avviò un’indagine sulle norme FIFA riguardanti i trasferimenti internazionali dei calciatori, a seguito della quale la FIFA, il 5 luglio 2001, adottò un nuovo regolamento, con l'accordo del sindacato dei calciatori FIFPro, che, tra l’altro, prevede la possibilità di risoluzione unilaterale del contratto da parte di un giocatore solo al termine di una stagione e previo versamento di un indennizzo finanziario in caso di risoluzione unilaterale (cfr. La Commissione chiude le indagini relative al regolamento FIFA sui trasferimenti internazionali dei calciatori, su europa.euUnione europea, 5 giugno 2002).

[8] L’origine normativa della clausola di rescissione si rinviene nel primo comma dell'articolo 16 del Real Decreto spagnolo, n. 1006 del 26 giugno 1985, che dispone: «la extinción del contrato por voluntad del deportista profesional, sin causa imputable al club, dará a éste derecho, en su caso, a una indemnización que en ausencia de pacto al respecto fijará la Jurisdicción Laboral en función de las circunstancias de orden deportivo, perjuicio que se haya causado a la entidad, motivos de ruptura y demás elementos que el juzgado considere estimable. En el supuesto de que el deportista en el plazo de un año desde la fecha de extinción, contratase sus servicios con otro club o entidad deportiva, éstos serán responsables subsidiarios del pago de las obligaciones pecuniarias señaladas».

[9]Al riguardo cf. A. Lepore, Brevi riflessioni sulle clausole dei contratti dei calciatori professionisti. Contenuto, forma, deposito e c.d. clausola rescissoria, inRass. dir. ec. sport, 2020, 297; J.H. Martínez, Cláusulas de rescisión: el caso de Ricky Rubio, jugador del DKV Juventud de Badalona, Recopilación Iusport, 2007.

[10]Ai sensi dell’art. 2426, c. 1, n. 2, il costo delle immobilizzazioni immateriali, la cui “utilizzazione è limitata nel tempo” (impostazione che il Principio contabile OIC 24 pone in equivalenza con la nozione di “vita utile” dei beni), deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione alla loro residua possibilità di utilizzazione. Tale sistematicità evita che gli ammortamenti vengano accelerati o rallentati nei vari esercizi a seconda della convenienza, anziché essere effettuati in conformità di piani. L’ammortamento decorre dal momento in cui l’immobilizzazione è disponibile e pronta per l’uso. Il processo sistematico di ammortamento è definito dal Piano di Ammortamento, che è funzionale alla correlazione dei benefici attesi. Il Principio contabile OIC 24 non prevede inderogabilmente l’utilizzo di piani ad aliquota costante, fondato sull’ipotesi che l’utilità dell’immobilizzazione immateriale si ripartisca nella stessa misura per ogni anno di vita utile, bensì consente a che il processo sistematico sia parametrato ad altre variabili, essendo in talune circostanze più coerente con il principio della prudenza l’utilizzo di piani di ammortamento a quote decrescenti, ovvero l’ammortizzazione secondo il metodo per unità di prodotto, quando questo sia in grado di fornire una migliore rappresentazione della ripartizione dell’utilità ritraibile dal bene lungo la sua vita utile. Le modifiche dei criteri di ammortamento e dei coefficienti applicati devono essere motivate nella nota integrativa. Non sono invece ammessi metodi di ammortamento a quote crescenti o dove le quote sono commisurate ai ricavi o ai risultati di esercizio della società. Gli ammortamenti, come pure eventuali svalutazioni delle immobilizzazioni, devono essere portati in deduzione direttamente dai valori originari delle immobilizzazioni immateriali a cui si riferiscono, ed esplicitati nella nota integrativa.

[11] In tal senso Cass., 12 ottobre 1999, n. 11462, in Riv. dir. sport., 1999, 530 s., con nota critica di G. Vidiri, Forma del contratto di lavoro fra società ed atleti professionisti e controllo della federazione sportiva nazionale. In senso divergente dalla qualificazione di avveramento di condizione sospensiva del visto di conformità della Lega, quanto meno inter partes, cfr. però Trib. Napoli, decr. 10 giugno 1994, in Riv. dir. sport., 1994, 690 ss., con nota adesiva di G. Chinè, Società sportive, denuncia di gravi irregolarita` ed erronea valutazione in bilancio dei diritti alle prestazioni degli atleti professionisti, in Riv. dir. sport, 1994, 704 s.

[12]In ottemperanza alla disposizione dell’art. 2426, n. 3, c.c. se un’immobilizzazione, alla data di chiusura di un determinato esercizio, venga stimata di valore durevolmente inferiore al suo costo d’acquisto deve essere iscritta in bilancio a tale minor valore (si pensi, per esempio, all’ipotesi di un calciatore che abbia subìto un incidente grave che ne comprometta il rendimento atletico, o sia stato sanzionato severamente sul piano disciplinare con inibizione per un tempo significativo dall’attività agonistica); ovvero qualora una società abbia stipulato, in un determinato esercizio, un accordo di cessione del contratto avente ad oggetto le prestazioni sportive di un calciatore professionista, con efficacia differita ad un esercizio successivo ai sensi dell’art. 105 N.O.I.F., per un corrispettivo che – tenuto conto degli eventuali ammortamenti già eseguiti e di quelli ancora da eseguire fino al momento del perfezionamento dell’accordo definitivo – generi con certezza una perdita rispetto al valore al quale il diritto alla prestazione sportiva del calciatore il cui contratto si sia obbligato a cedere sia stato allibrato (ipotesi, questa, che può rappresentare essa stessa un’estrinsecazione del criterio valutativo sancito dall’art. 2426, n. 3, c.c. appena menzionato). Per converso, quanto ai diritti che dovessero essere allocati nell’attivo circolante, la loro valorizzazione deve avvenire indefettibilmente nel rispetto della norma dell’art. 2426, n. 9, c.c. che ne impone l’iscrizione al minor valore fra il costo d’acquisto e il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato.

[13] Per TPO (Third-Party Ownership) si intende non solo la situazione che si verificava quando due clubs avevano in comproprietà i diritti alle prestazioni sportive di un calciatore, ma più in generale un accordo in cui un soggetto terzo, non facente parte del sistema sportivo, quindi ad esempio un fondo di investimento o un soggetto privato, acquista i diritti economici di un calciatore professionista, teoricamente al fine di generare un profitto derivante dal valore di un suo eventuale trasferimento futuro. In altre parole, si tratta sostanzialmente di un investimento effettuato da una “Terza parte” (diversa dalla società proprietaria del cartellino del giocatore) sul valore di un futuro trasferimento del calciatore stesso, che verrà monetizzato al momento della sua cessione in un altro club. L’art 18-ter del Regolamento FIFA vieta ora qualsiasi tipologia di proprietà di terzi sul cartellino del giocatore, ma a partire da Giugno 2019, il comitato disciplinare della FIFA ha spiegato, che i giocatori interessati non devono essere considerati come un “soggetto terzo”; chiarendo la prima interpretazione letterale della norma nella sua precedente versione, che comprendeva nella definizione di “Terze Parti” i calciatori stessi, i quali dunque venivano compresi nel divieto.

[14] L’esecutivo della Fifa annunciò nel 2014 che la “third-party ownership” sarebbe stata vietata a partire dal 1° maggio 2015. I contratti esistenti sono rimasti validi fino alla scadenza naturale. Gli accordi stipulati tra il 1° gennaio e il 30 aprile 2014 sarebbero stati validi al massimo per un anno. Una disposizione criptica era quella che riguardava la compartecipazione agli effetti derivanti dalla suddivisione delle utilità conseguenti alla successiva risoluzione, entro il termine massimo di due anni, dei contratti aventi ad oggetto i diritti alle prestazioni sportive dei calciatori professionisti. La questione è come visto ormai superata. L’abrogazione ha reso decisamente più difficile l’accesso delle società a capitali di rischio di altri soggetti finalizzati all’acquisto dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori professionisti, ma non l’ha impedito del tutto, potendosi stipulare contratti di cointeressenza o di associazione in partecipazione. La parte della raccomandazione contabile n. 3, vigente all’epoca per le comproprietà recitava: «Per la società cessionaria del diritto di partecipazione (cedente del diritto alle prestazioni sportive), il diritto si configura come un’attività finanziaria ed è pertanto iscritta tra le immobilizzazioni finanziarie con la denominazione B.III.1.c. Partecipazioni ex art. 102 bis N.O.I.F»; mentre: «Per la cedente il diritto di partecipazione (cessionaria del diritto alle prestazioni sportive), il perfezionamento dell’accordo comporta il sorgere di una passività finanziaria». In realtà per «partecipazioni» il codice civile intende sempre le partecipazioni in altre imprese. Diritti di partecipazione in altre imprese, dunque, e non diritti di partecipazione alle prestazioni sportive dei calciatori. I diritti in parola avrebbero potuto essere iscritti tra i crediti o meglio ancora tra  le comproprietà, o proprietà parziali di diritti alle prestazioni sportive di calciatori.

[15] Analogo discorso va fatto per la rilevazione del valore dei contratti di cessione dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori professionisti sottoscritti ma non ancora depositati presso la Lega e per le altre appostazioni  quali rischi ed oneri considerati non probabili, garanzie reali e personali di cui all’art. 2424, ult. cpv., c.c., etc. in virtù del d.lgs. n. 139 del 2015, art. 6, comma 4, lett. n), che contiene la disposizione dell’abrogazione dell’art. 2424, comma 3, c.c.

[16] L’art. 103 Noif (commi 1 e 2) nell’ultima modifica dell’otto luglio 2022 (comunicato ufficiale n. 8/a) che ha abrogato il comma 2 bis, al comma  3, sancisce che  Negli accordi di cessione temporanea possono essere inserite clausole che prevedano premi e/o indennizzi per le società contraenti, determinati con criteri analiticamente definiti da erogarsi, salve diverse disposizioni annualmente emanate dal Consiglio federale, attraverso la Lega competente o, nell’ambito delle operazioni di calcio femminile, attraverso la FIGC, nella stagione successiva a quella in cui si verificano le condizioni previste. E’ altresì consentito pattuire, negli accordi di cessione temporanea, il pagamento di un premio in favore della società cessionaria da effettuarsi, indipendentemente dall’individuazione di specifici criteri, attraverso la Lega competente, o, nell’ambito delle operazioni di calcio femminile, attraverso la FIGC, secondo le modalità e le scadenze previste per le liquidazioni dei rapporti intervenuti nel secondo periodo di campagna trasferimenti in ambito professionistico”.

[17] L’art. 103 sancisce che: “4.I termini e le modalità per l’esercizio dei diritti di cui ai precedenti comma sono stabiliti, per ogni stagione sportiva, dal Consiglio Federale. 4. bis. Negli accordi di cessione temporanea di calciatori/calciatrici maggiorenni in cui è previsto un diritto d’opzione oppure un obbligo di trasformazione della cessione da temporanea in definitiva, la società cedente che trasferisce il diritto alle prestazioni sportive del calciatore/calciatrice e la società cessionaria che acquisisce detto diritto possono contestualmente prevedere il diritto di opzione a favore della società cedente al fine di attribuire a quest’ultima la facoltà di riacquisire a titolo definitivo il diritto alle prestazioni sportive del calciatore/calciatrice trasferito/a a condizione che: a) nell’accordo sia indicato il corrispettivo convenuto per la concessione del diritto di opzione nonché il corrispettivo, anche legato al verificarsi di particolari condizioni, convenuto per l’eventuale riacquisizione del diritto alla prestazione sportiva del calciatore/calciatrice; b) la clausola relativa al diritto di opzione sia, a pena di nullità, sottoscritta dal calciatore/calciatrice con espressa dichiarazione di accettazione di ogni conseguenza dell’esercizio o meno del diritto di opzione; c) la società cedente stipuli con il calciatore/calciatrice un contratto economico decorrente dalla seconda stagione sportiva successiva a quella in cui è avvenuta la trasformazione della cessione temporanea in definitiva; d) la società cessionaria stipuli con il calciatore/calciatrice un contratto economico della durata minima di tre stagioni sportive oltre quelle di durata della cessione temporanea. Il diritto di opzione può essere esercitato o rinunciato solo ed esclusivamente nel primo giorno del periodo di trasferimenti estivo della seconda stagione sportiva successiva a quella in cui è avvenuta la trasformazione della cessione temporanea in definitiva. Gli effetti contabili delle eventuali plusvalenze derivanti da quanto precede decorrono dal momento della rinuncia del diritto di opzione. 5. Le Leghe e la FIGC - Divisione Calcio Femminile per la sola serie A femminile possono limitare il numero dei calciatori che ogni società può tesserare per cessione temporanea di contratto e ne possono disciplinare modalità d’impiego e limiti di età. 6. Fermo il rispetto di quanto previsto dall’art. 95 comma 2, è consentita la cessione temporanea del contratto con il calciatore/calciatrice “professionista”, già oggetto di altra cessione temporanea anche nello stesso periodo della campagna trasferimenti, con l’espresso consenso della originaria società. In tal caso: a) le clausole relative ad obbligo di riscatto, con condizione non ancora verificatasi, opzione e contro-opzione eventualmente inserite nell’originaria cessione di contratto temporanea sono risolte di diritto, né possono essere inserite di nuove nella seconda cessione temporanea; b) sono dovuti i premi e/o gli indennizzi previsti nell’originaria cessione temporanea, che sono nel frattempo maturati. 7. Ferma la durata minima e massima previste nel comma 1, la Società cessionaria può unilateralmente prolungare la durata della cessione temporanea per un’ulteriore stagione sportiva, a condizione che al momento della stipula dell’originaria cessione temporanea tale facoltà, da esercitarsi nei periodi annualmente stabiliti dal Consiglio Federale, sia stata espressamente prevista, con dichiarazione di accettazione da parte del calciatore/calciatrice di ogni conseguenza derivante dall’esercizio o meno della stessa facoltà. 8. In costanza di cessione temporanea, e comunque nel rispetto della regolamentazione sui trasferimenti, la società cedente e quella cessionaria possono, d’accordo tra loro e con il consenso del calciatore/calciatrice, convertire la cessione temporanea in definitiva nei periodi annualmente fissati dal Consiglio Federale. In tal caso: a) la clausola relativa ad obbligo di riscatto è risolta di diritto; b) sono dovuti i premi e/o gli indennizzi previsti nell’originaria cessione temporanea, che sono nel frattempo maturati. 9. E’ consentito il trasferimento, a titolo temporaneo, di una calciatrice professionista a una società partecipante a competizioni non professionistiche. Il trasferimento temporaneo non comporta la cessione del contratto alla società cessionaria. La calciatrice potrà stipulare con la cessionaria, ove partecipante al Campionato Nazionale di Serie B, l’accordo economico secondo quanto disposto dall’art. 94 quinquies, per la sola durata del trasferimento temporaneo. Ai suddetti trasferimenti temporanei si applicano i precedenti commi 1, 3 e 7. Restano ferme le ulteriori disposizioni in materia di norme generali sui trasferimenti e cessioni di contratto. Durante il tesseramento temporaneo non è consentito alla calciatrice trasferirsi e/o tesserarsi presso altra società, fatta salva la risoluzione anticipata del prestito e la conseguente reintegra con la società cedente. Al termine del tesseramento temporaneo riacquista efficacia, per la durata residua, il contratto con la società concedente il prestito”.

[19] Già alla fine degli anni ‘90 le società ricorrevano alla prassi delle plusvalenze fittizie, tanto da rendere necessario l’intervento del legislatore che dispose aiuti contabili e fiscali nei confronti dei clubs (Decreto legge 24 dicembre 2002 convertito con legge 21 febbraio 2003, n. 27, sul quale cfr. M.A. Galeotti Flori, La “crisi” del calcio e gli “aiuti” contabili e fiscali, in Fisco, 2003, 1278 s.).

[20] La Commissione disciplinare nazionale, riunita il giorno 12 giugno 2008 sancì che: “ritenuto che all’inizio del dibattimento i deferiti Galliani, Ghelfi, Gambaro, Oriali, Moretti, FC Internazionale SpA, AC Milan SpA, tramite i propri difensori, hanno proposto istanza di applicazione di sanzione ai sensi di quanto previsto dall’art. 23 CGS. Considerato che su tali istanze ha espresso il proprio consenso il rappresentante della Procura Federale; Visto l’art. 23, comma 1, CGS, secondo il quale i soggetti di cui all’art. 1, comma 1, possono accordarsi con la Procura Federale prima che termini la fase dibattimentale di primo grado, per chiedere all’organo giudicante l’applicazione di una sanzione ridotta, indicandone la specie e la misura; Visto l’art. 23, comma 2, CGS secondo il quale l’organo giudicante, se ritiene corretta la qualificazione dei fatti come formulata dalle parti e congrua la sanzione indicata, ne dispone l’applicazione con ordinanza non impugnabile, che chiude il procedimento nei confronti del richiedente; rilevato che nel, caso di specie, la quantificazione dei fatti come formulata dalle parti risulta corretta e le sanzioni indicate risultano congrue”.

[21] Secondo la procura della Repubblica di Milano all’epoca sarebbero stati «aggiustati» attraverso lo scambio di giocatori semisconosciuti a prezzi gonfiati. Il Gip di Milano il 31 gennaio 2008 prosciolse tuttavia dall’accusa di falso in bilancio i dirigenti ed i clubs che erano stati indagati ai sensi della legge 231 sulla responsabilità amministrativa delle società.  «In relazione alle imputazioni concernenti il bilancio al 30/6/2003» - scrisse  il giudice - è stato dichiarato il non luogo a procedere perché l’azione penale non poteva essere esercitata per essere il reato prescritto», mentre riguardo ai bilanci chiusi il 31/12/2003 e il 31/12/2004 (e approvato il 28 aprile 2005), perché «il fatto non costituisce reato». Secondo il Gip i bilanci erano veritieri anche perché gli aumenti di capitale non avevano reso necessario modificarli per nascondere passività inesistenti. L’indagine era nata in seguito a un esposto presentato nel 2004 dall’allora presidente del Bologna F.C. 1909.

[22] Nel giugno 2018 la Procura Federale deferiva al Tribunale Federale Nazionale, Sezione Disciplinare, l’Associazione Calcio Chievo Verona S.r.l. e l’Associazione Calcio Cesena S.p.A. ed i loro dirigenti. Il deferimento era determinato dagli accertamenti operati dall’Organo inquirente relativamente alla realizzazione, da parte delle società inquisite, di plusvalenze fittizie ed immobilizzazioni immateriali di valore superiore al massimo consentito dalla vigente normativa. Il Tribunale dichiarava l’improcedibilità, per un vizio formale, del deferimento emesso nei confronti del Chievo Verona e condannava il Cesena invece a 15 punti di penalizzazione.  A seguito di reclamo la Corte Federale d’Appello rilevato che il giudizio integrasse un’ipotesi di litisconsorzio necessario, in accoglimento del motivo di appello formulato dal Cesena, rimise gli atti al Tribunale Federale Nazionale per la trattazione della  controversia a quella concernente gli altri soggetti. Il Tribunale il 17 settembre 2018 infliggeva al Chievo tre punti di penalizzazione, un’ammenda di duecentomila euro e tre mesi di squalifica per il presidente della società. Viceversa i giudici dichiaravano di non doversi procedere nei confronti del Cesena per intervenuta revoca dell’affiliazione.

[23] Nei quattro anni precedenti il Chievo aveva avuto costi per 244 milioni di euro a fronte di entrate ordinarie (diritti tv, contributi della Lega, botteghino e area commerciale) per poco più di 180 milioni. Un gap di circa 60 milioni compensate dalle plusvalenze da calciomercato per 60 milioni: 7,6 milioni nel 2014; 12,8 milioni nel 2015; 18,8 milioni nel 2016 e 21,5 milioni nel 2017. Più di un terzo di queste plusvalenze, quasi 24 milioni, erano state realizzate cedendo giocatori al Cesena in operazioni giudicate anomale, Alla fine di quella stagione, i veronesi retrocedettero in Serie B causa l’ultimo posto in classifica. Successivamente il 26 luglio del 2021 il collegio di garanzia del Coni rigettò il ricorso del club decretandone la sua estromissione dal calcio per debiti tributari pari a circa 20 milioni di euro. Lo stesso «affaire»-plusvalenze si era già tradotto nel crac dell’Ac Cesena, fallita nell’agosto 2018 e aveva prodotto un procedimento per bancarotta visto che secondo gli inquirenti, i due clubs avrebbero effettuato delle reciproche compravendite di calciatori minorenni che, in realtà, si verificavano solo cartolarmente a valori del tutto sproporzionati.

[24] Sulle implicazioni penalistiche più in generale: M. Miglia, C. Ferriani, J. Fosson, Lo scandalo “plusvalenze fittizie” nel mondo del calcio. La cassazione fa il punto, nota a Cass. pen., Sez. I, 29 ottobre 2015, n. 43689, in Riv. pen., 2016, 1016 s.

[25] La Corte di Cassazione confermò nella fattispecie la misura cautelare interdittiva a carico del presidente del Chievo (divieto temporaneo di esercitare imprese e assumere cariche direttive in persone giuridiche e in imprese per otto mesi). Secondo i giudici la misura era fondata anche se l’evasione fiscale non fosse stato l’unico né il principale fine della dichiarazione fraudolenta e dell’emissione di fatture false.  Infatti, nel caso di specie, la finalità principale perseguita dalle parti era, con tutta verosimiglianza, quella di compiere un'operazione di maquillage contabile, onde far risultare delle apparenti plusvalenze, legate alla valorizzazione di giovani calciatori, da sottoporre alla Covisoc, per altro verso, proprio la reciprocità del meccanismo delle fittizie cessioni consentiva ai soggetti che se ne giovavano di realizzare le plusvalenze, le quali diversamente sarebbero state foriere di imposizione tributaria, neutralizzandole sul medesimo piano fiscale con i costi connessi alle avvenute acquisizioni del diritto alle prestazioni sportive di altri calciatori. In questo modo, concludeva la Corte, si determinava una voluta ipotesi di evasione fiscale atta ad integrare, anche sotto il profilo soggettivo, gli estremi dei gravi indizi di colpevolezza riguardanti i reati tributari contestati (Cass. pen, n. 32734, del 25 novembre 2020 in https://www.giurisprudenzapenale.com/wp-content/uploads/2021/01/Cass-32734-20.pdf).

[26] Sul provvedimento cfr. anche F. Ioannoni Fiore,  Le plusvalenze incrociate tra “giusto prezzo” ed esigenze di certezza delle transazioni, (nota a Corte Federale d’Appello FIGC, Sez. Un., decisione 27 maggio 2022)in Riv. dir. sport., 2022, 240.

[27] Mi permetto di rinviare al riguardo a: F.R. Fimmanò, Il fenomeno delle “multi-club ownerships” (MCO). Le pluriproprietà delle società di calcio, in Riv. dir. sport., 2022, 121 s. Peraltro, la fattispecie finisce col coinvolgere la disciplina dei gruppi e le regole di bilancio che risentono di mancati adeguamenti. Si è correttamente evidenziato che sarebbe necessario, anche ai nostri fini, un completo restatement delle raccomandazioni contabili della F.I.G.C., ormai inesorabilmente datate e che mostrano i segni del tempo, in primo luogo per adeguarle alla nuova disciplina sui bilanci, semmai creando  due distinti set di raccomandazioni contabili al fine di applicarle distintamente alle società calcistiche tenute a redigere i loro bilanci nel rispetto dei principi contabili nazionali e a quelle tenute invece a redigerli nel rispetto degli IAS/IFRS.

[28] La Corte di Cassazione, sez. trib., 9 gennaio 2019, n. 345, con nota di R. Rossi, Le minusvalenze da trasferimento di calciatori in assenza di corrispettivo sono indeducibili, in Rass. dir. ec. Sport, 2019, 130 s., ha di fatto accertato seppure in sede tributaria la natura fittizia di molte operazioni.

[29] In modo da evitare il conflitto di interessi, con la specifica che in caso di mancata cessione nei sei mesi, la società avrebbe perso l’affiliazione ed esclusa dal campionato di Serie A (cfr al riguardo F.R. Fimmanò, Il fenomeno delle “multi-club ownerships” (MCO), cit., 132 s.).

[30] Secondo la Covisoc sono stati 62 i trasferimenti sospetti.

[31] Decisione/0089/CFA-2021-2022 (Registro procedimenti n. 0107/CFA/2021-2022 Registro procedimenti n. 0109/CFA/2021-2022 Registro procedimenti n. 0110/CFA/2021-2022 Registro procedimenti n. 0111/CFA/2021-2022 - sul reclamo n. 0107/CFA/2021-2022 proposto dalla Procura federale) in https://www.figc.it/media/166881/sez-unite-decisione-n-0089-cfa-del-27-maggio-2022.pdf

[32] Viceversa il 24 ottobre 2022 la Procura di Torino nel chiudere le indagini sulle fattispecie riguardanti la Juventus ha emanato un comunicato stampa dove ha affermato che i reati per i quali procede sono, principalmente, il falso nelle comunicazioni sociali e le false comunicazioni rivolte al mercato, trattandosi di società quotata. Le annualità prese in considerazione dall’istruttoria sono tre: il 2018 (bilancio approvato il 24 ottobre 2019); il 2019 (bilancio approvato 15 ottobre 2020) ed il 2020 (bilancio approvato il 29 ottobre 2021). Il quadro probatorio acquisito consente di delineare, ad avviso dell’Ufficio di Procura, una attività di alterazione delle poste di bilancio (e quindi dei risultati di esercizio) quale conseguenza, in primo luogo, di un anomalo ricorso ad operazioni di scambio dei diritti alle prestazioni sportive di un elevato numero di atleti, operazioni, per altro, nel complesso distoniche nel panorama nazionale. Operazioni di scambio che, non generando flussi finanziari di sorta, risultano, sempre secondo l’impostazione dell’accusa, concluse a valori stabiliti dalle parti in modo arbitrario e con lo scopo di far fronte alle necessità di bilancio del momento: tali operazioni sono state ritenute fittizie, anche alla luce del contenuto di conversazioni registrate nel corso delle indagini. La consulenza tecnica contabile ha consentito di valutare, alla stregua delle indagini svolte, quale sia stato l'impatto sui bilanci approvati da Juventus FC delle appostazioni che si è ritenuto (secondo le valutazioni fatte sulle prove raccolte) integrasse ipotesi di reato:  quanto all'esercizio 2018 (bilancio approvato il 24 ottobre 2019), risulta essere stata indicata una minor perdita di esercizio, pari ad € 39.896.000 anziché pari a € 84.506.000; un patrimonio netto positivo, pari a € 31.243.000, anziché negativo, pari ad € 13.367.000; - quanto all'esercizio 2019 (bilancio approvato il 15 ottobre 2020), risulta, sempre secondo le conclusioni del consulente, essere stata indicata una minor perdita, pari a € 89.682.000 anziché pari a € 236.732.000; un patrimonio netto positivo pari a € 239.204.000 anziché pari a € 47.543.000;  quanto all'esercizio 2020 (bilancio approvato il 29 ottobre 2021) risulta essere stata indicata una minor perdita di esercizio, pari ad € 209.514.000 anziché pari ad € 222.477.000; un patrimonio netto positivo, pari ad € 28.827.000, anziché negativo, pari ad € 175.791.000. È dato osservare come vi siano importanti differenze tra i risultati di bilancio cosi come approvati e quelli che, nella ricostruzione effettuata da questo Ufficio, avrebbero dovuto essere oggetto di approvazione: da ciò è conseguita l'ulteriore contestazione del delitto di aggiotaggio informativo, essendo Juventus FC società quotata. L’avviso di conclusione indagini è stato altresì notificato a JUVENTUS FC Spa secondo le disposizioni di cui al D.to L.vo n. 231 del 2001 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche), quale ente ritenuto responsabile per gli illeciti amministrativi dipendenti dai reati ravvisati e di cui si è detto in precedenza.

[33] Invero tutto ha avuto inizio in seguito alla pubblicazione della relazione di bilancio 2020/21 da parte della Juventus, per il quale la Consob avviò una verifica ispettiva. Nello specifico, l'autorità di borsa ha chiesto al club quotato documenti relativi alla natura, al trattamento contabile di contratti di cessione e di acquisto di diritti alle prestazioni sportive di calciatori. Due mesi dopo, oggetto di accertamento della Consob è diventata la voce “Proventi da gestione diritti calciatori” scritta nei bilanci della società del 30 giugno 2020 e 30 giugno 2021, che vede un totale di 215 milioni di euro (172 nel 2020, 43,2 nel 2021), ricavati da plusvalenze.  Nel marzo 2022, la Guarda di Finanza ha effettuato delle perquisizioni in diversi studi legali, acquisendo ulteriore documentazione. Al centro dell'indagine, questa volta,  la manovra stipendi, secondo la quale i giocatori della Juventus, nel corso del biennio pandemico, avrebbero rinunciato al pagamento di alcune mensilità, concordando con la società il recupero nel caso del raggiungimento di determinati obiettivi. A ottobre, la Consob ha bocciato il trattamento a bilancio della detta manovra. Secondo l’autorità, infatti, questa non trattava la rinuncia di alcune mensilità, bensì le dilazioni del pagamento degli stipendi.

[34] Il riferimento al prezzo ai fini della determinazione del valore dei diritti, può tuttavia non essere corretto e condurre a risultati fuorvianti, in quanto il mercato di tali diritti si presenta imperfetto, essendo caratterizzato da: a) scarsa fungibilità, presentando ogni calciatore caratteristiche proprie tali da renderlo distinto e diverso da altri; b) occasionalità delle negoziazioni e limitata validità temporale dei prezzi; c) limitata trasparenza delle negoziazioni; d) forte dipendenza e influenza di fenomeni esterni nonché di fattori soggettivi direttamente connessi alle caratteristiche (interesse alla negoziazione e forza contrattuale) delle parti coinvolte nella transazione. Le transazioni di capitali di impresa (o di specifici beni) mostrano, inoltre, con sempre maggiore frequenza, operazioni di compravendita concluse sulla base di valori che si discostano dal valore economico «generale» determinato con modalità di stima teoriche. Le ragioni di tale differenza sono riconducibili, oltre alle ragioni prima evidenziate, anche alla c.d. «appetibilità strategica» dell’oggetto della trattativa, termine con il quale si fa sovente riferimento a processi d’acquisto nei quali ciò che motiva l'acquirente non è la considerazione della capacità di un calciatore in sé considerata, quanto le opzioni strategiche che con l'acquisizione si dischiudono. Il valore di tale appetibilità è, ad evidenza, una variabile di tipo «soggettivo» e di non facile determinazione nella pratica – almeno dal punto di vista quantitativo. A livello concettuale esso è invece di facile individuazione, ed è costituito dal valore attuale dei benefici addizionali netti conseguibili dall’operatore a seguito della compravendita.

[35] Il Tribunale federale di prime cure ha ritenuto che non esista o sia concretamente irrealizzabile “il metodo” di valutazione del valore del corrispettivo di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive di un calciatore. Tale valore è dato e nasce in un libero mercato, peraltro caratterizzato dalla necessità della contemporanea concorde volontà delle due società e del calciatore interessato. E non è un caso che nella stessa Relazione dell’attività inquirente si faccia riferimento alla difficoltà di individuazione del fair value perché non assistito da un adeguato livello di elaborazione scientifica, tanto che nell’individuare o, meglio, nell’indicare il valore del diritto sul mercato di riferimento, la Procura Federale non può esimersi dal riconoscere di essersi rifatta ai parametri individuati da “Dottrina e prassi”, ma a parametri che, per quanto definiti oggettivi, non tengono conto (perché è sostanzialmente impossibile individuarle) della soggettività delle situazioni delle società cedenti e cessionarie, nonché della valutazione prospettica della seconda rispetto all’acquisto. Il valore di mercato di un diritto alle prestazioni di un calciatore rappresenta il valore pagato dalla società acquirente al termine di una contrattazione libera, reale ed effettiva di quel diritto sul mercato di riferimento; e il libero mercato non può essere guidato da un metodo valutativo (quale che esso sia) che individui e determini il giusto valore di ogni singola cessione. Non foss’altro perché, in tal caso, il libero mercato non esisterebbe più per la fissazione di corrispettivi di cessione sostanzialmente predeterminati da quel metodo di valutazione;

[36] La decisione del Tribunale federale muove dalla premessa secondo cui “il metodo di valutazione adottato dalla Procura Federale può essere ritenuto “un” metodo di valutazione, ma non “il” metodo di valutazione”. A tale affermazione segue la considerazione secondo cui “non esistono o sono concretamente irrealizzabili “il” metodo di valutazione del valore del corrispettivo di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive di un calciatore”. Al riguardo, in primo luogo, occorre rilevare che le due asserzioni appaiono intrinsecamente contradditorie là dove, da un lato, si afferma espressamente l’esistenza di una pluralità di metodi di valutazione - all’interno dei quali quello adottato dalla Procura federale sarebbe uno dei tanti ipotizzabili - e, dall’altro, l’inesistenza o l’irrealizzabilità di un metodo di valutazione. In effetti, dalla premessa dell’esistenza di una pluralità di metodi valutativi – sotto un profilo logico oltre che scientifico - non può che conseguire che tale valutazione è concretamente realizzabile, a condizione, ovviamente, che siano predeterminati i criteri stessi. In effetti nelle valutazioni – in qualsivoglia valutazione – non esiste il metodo ottimale ma più metodi, tra i quali si identifica quello di riferimento e quello (eventualmente) di controllo.

Ed è certamente possibile utilizzare anche criteri valutativi alternativi, come in qualsiasi altra operazione aziendale, anche fondati su altri parametri o variabili. Pertanto è erronea la statuizione del Tribunale federale secondo cui l’inesistenza de “il” metodo di valutazione del valore del corrispettivo di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive di un calciatore possa legittimare l’iscrizione in bilancio di diritti per qualsiasi importo, svincolati da considerazioni inerenti l’utilità futura del diritto nonché elementi di coerenza della transazione. Ciò, difatti, renderebbe legittima qualsiasi plusvalenza e introdurrebbe un’anarchia valutativa che nessun sistema – e quindi neanche quello federale - può tollerare. E’ evidente che, in qualsiasi valutazione, un metodo deve essere sempre utilizzato. Ma non si può contestare il modo di procedere perché è solo uno dei metodi ammissibili; lo si può contestare, eventualmente, solo perché quel metodo manca di determinati fondamenti. In merito a Transfermarkt, da annoverare tra i metodi di controllo, esso viene utilizzato in talune perizie o richiamato in alcuni contratti per volontà convenzionale delle parti contraenti, a testimoniare una sua qualche rilevanza e riconoscibilità esterna. Come per i capitali d’impresa, anche per i diritti al fine della determinazione del valore possono essere utilizzati una o più metodiche di valutazione, le quali possono condurre a stime diverse ed oggetto di necessaria sintesi. In questa prospettiva, le valutazioni effettuate dalla Procura (che individua il valore “massimo” dei diritti, ancorché non espliciti i “pesi” attribuiti ai singoli parametri) nonché i valori di Transfertmarkt (ancorché originate da opinioni di soggetti non professionali, che non considerano alcuni fattori che possono incidere sul prezzo di compravendita di un giocatore, la modesta significativa per i calciatori giovani ad alto potenziale), possono costituire un necessario punto di riferimento al fine della valutazione della congruità di un’operazione. Parimenti la disponibilità di altri database (CIES, KPMG) nonché operazioni comparabili (autenticamente) appaiono utili informazioni allo scopo. E ciò, naturalmente, a condizione che le valutazioni composte siano ispirate ad una razionalità economica che offra garanzia di correttezza ed equità.

Non si condivide pertanto la posizione del giudice di prime cure secondo la quale non esistendo o essendo irrealizzabile “il” metodo di valutazione del valore del corrispettivo di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive di un calciatore, tale valore sarebbe dato dal libero mercato. L’individuazione di un valore non limita, difatti, la libertà nello scambio ma semplicemente determina alcune informazioni a supporto della negoziazione. D’altro canto non si condivide neanche l’affermazione del Tribunale secondo cui la Procura federale “non ha ritenuto di dover attribuire a ogni singolo fattore, dianzi individuato, una valenza specifica in termini percentuali in modo tale da poter uniformare la propria valutazione, peraltro effettuata in via retrospettica e senza indicazione, per ogni singolo criterio, del valore o peso ad esso attribuito”. La mancanza del peso o del valore associato a ciascun criterio appare una considerazione debole e non sufficiente: infatti, ciò che rileva è come si giunge a valorizzare ciascun criterio, cioè l’algoritmo che trasforma le singole informazioni in valore e non il peso assegnato.

[37] Inoltre per i giudici è anche auspicabile individuare dei criteri attraverso i quali esaminare le modalità di formazione delle plusvalenze e il concreto impiego nei parametri federali – anche al fine di scoraggiarne l’artificiosa determinazione – per comprenderne la reale natura economica e l’adeguatezza delle operazioni sottostanti, ad esempio: l’emergere di plusvalori a fronte di una singola operazione o a seguito di reciprocità di più cessioni tra medesime società; i momenti di formazione; la realizzazione di plusvalenze per entrambe le società; l’impatto finanziario e monetario di due o più cessioni contestuali o ravvicinate.

[38] A questo proposito viene a supporto l’OIC n. 9 che fornisce alcune definizioni a cui si rinvia.

[39] In altri termini, sopravvalutare il valore di un’attività comporta una capitalizzazione di perdite.

[40] Nel solo 2019 la Juventus ha generato 154 milioni di plusvalenza, la Roma 132, il Napoli 83, il Genoa 79 e la Sampdoria 53 milioni. Nei casi sopra elencati, le plusvalenze rappresentano dal 25 per cento al 55 per cento dei ricavi dei clubs. Questo significa che molte società, senza questo sistema fraudolento, sarebbero implose o quantomeno ridimensionate. Il Genoa, ad esempio, nel 2019 ha fatturato 50 milioni di euro dai diritti televisivi, biglietti e sponsorizzazioni, ma ben 70 dalle plusvalenze.

[41] Quanto al primo parametro  una tolleranza di una percentuale x (comunque molto ampia) può essere giudicata compatibile con la libertà di scelta da parte delle società di calcio. Detta percentuale potrebbe anche essere diversificata per scaglioni di valore dei diritti (ad esempio sino a 5 milioni, sino a 30 milioni e oltre). Il superamento di questa soglia non qualificherebbe, di per sé, l’operazione come illecita, necessitando – a tal fine – anche il mancato rispetto del parametro sub lett. b). Quanto al secondo parametro è ragionevole ritenere che l’acquisto di un diritto pluriennale sulle prestazioni di un calciatore dovrebbe riverberarsi sul suo stipendio (netto o lordo) o, al contrario, è irragionevole che un calciatore possa avere una retribuzione annuale pari a qualche punto percentuale del valore dei suoi diritti. Pertanto, anche ipotizzando il superamento del primo parametro, l’operazione non sarebbe sospetta se accompagnata da un multiplo (rapporto tra valore del diritto e retribuzione annua) entro un “ragionevole” limite massino. Detto multiplo dovrebbe essere declinato diversamente in funzione delle classi di età del calciatore.

[42] A. Zappi, Anche per le plusvalenze “a specchio” del calcio servirebbe un visto, https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2021/12/10/plusvalenze-a-specchio-calcio-servirebbe-visto.

[43] Sono stati analizzati 815 bilanci e 4.626 operazioni di cessione di calciatori di società partecipanti a campionati di massima serie delle cinque principali leghe europee (Inghilterra, Spagna, Germania, Italia e Francia) nel periodo dal 2008 al 2018 e l’analisi ha fatto emergere alcuni effetti indesiderati dell’introduzione del financial fair play (Ffp) da parte della Uefa varato nel 2010 modificata nel 2022 (M. Bonacchi F. Ciaponi – A. Marra, Calcio e plusvalenze: l’autogol della uefa, in lavoce.info, 17.1.22, https://www.lavoce.info/archives/92585/calcio-e-plusvalenze-l-autogol-della-uefa/#:~:text=si% 20tratta%20di%20quelle%20operazioni,avvenga%20alcun%20flusso%20reale%20di). In particolare, i dati mostrano come, dopo l’entrata in vigore del Ffp per i soli clubs che partecipano alle competizioni Uefa, sono:  mutate strutturalmente le campagne trasferimenti: ricavi da trasferimenti, selezione dei giocatori da vendere, valore delle plusvalenze, divergenza fra il prezzo e il valore del giocatore; sono aumentati i clubs che generano plusvalenze opportunistiche al fine di ottemperare al vincolo di pareggio di bilancio imposto dalla norma. I ricavi medi da trasferimento giocatori per squadra sono cresciuti di 4,66 milioni per i clubs Uefa rispetto a 0,55 milioni per quelli nazionali; i ricavi medi da trasferimenti di giocatori del vivaio (che massimizzano le plusvalenze in quando il costo a bilancio è pari a zero) sono raddoppiati per i clubs Uefa e aumentati di poco meno di un quarto per i clubs nazionali; il profitto medio da trasferimento (la plusvalenza registrata), partendo da valori simili prima dell’introduzione della norma (2,68 contro 2,55 milioni) è cresciuto, per i soli clubs Uefa, di 2,7 volte (da 2,68 a 7,26 milioni), con un picco di più di 4 volte (da 2,12 a 9,2 milioni), nel caso di “operazioni a specchio”. Infine, per queste ultime il divario tra prezzo di cessione e potenziale “valore di mercato” dei giocatori è aumentato di quasi il 20 per cento post norma e, nuovamente, solo per i clubs soggetti alle regole Uefa. L’analisi dimostra che, mentre prima dell’introduzione del Ffp la percentuale di imprese sospette era simile per le squadre Uefa e non-Uefa, rispettivamente del 29 e 26 per cento, dopo l’introduzione del Ffp, le squadre Uefa hanno fatto maggiore ricorso alle plusvalenze. Così, a raggiungere il break-even sono più della metà (52 per cento), rispetto alle squadre non-Uefa che restano sotto il 30 per cento.

[44] A partire dal 2005 è stato prima introdotto, per le società di calcio della massima serie che partecipano alle competizioni europee, un sistema di regole per ottenere le c.d. licenze UEFA (al riguardo ampiamente: M. Nicoliello, Il monitoraggio di figc e uefa sulle società di calcio italiane: scenario attuale e possibili evoluzioni, in Riv. Dott. Comm., 2014, 35 s.). A tal fine è stato ideato un modello basato su due principi: il break-even requirement (il conseguimento del pareggio tra ricavi e costi) e il no overdue payables (la verifica tempestiva della regolarità dei pagamenti, una sorta di sistema “ad hoc” di allerta e prevenzione). Con l’entrata in vigore del fair play finanziario, quindi, da un lato i clubs hanno dovuto rivedere le proprie linee guida gestionali, dall’altro le federazioni nazionali e quella europea hanno dovuto dedicare maggiori attenzioni al processo di monitoraggio che eseguono sui clubs, nella logica e con il rigore che guida tutti gli altri comparti economici a tutela del mercato, della concorrenza e degli stakeholders (creditori in testa). Cfr. in tema F.Di Girolamo, Il “fair play” finanziario nella giurisprudenza della Corte Arbitrale dello Sport, Riv.dir sport., 2019, 405 s. Il 3 aprile del 2022 il Comitato Esecutivo UEFA a Nyon ha approvato le nuove regole di Sostenibilità Finanziaria, che sostituiranno il vecchio Fair Play Finanziario e che hanno come obiettivo la solvibilità, la stabilità e terranno sotto maggiore controllo i costi e le spese dei clubs: “per quanto riguarda la solvibilità, la nuova regola sull'assenza di debiti scaduti (verso squadre di calcio, dipendenti, autorità sociali/fiscali e UEFA) garantirà una migliore tutela dei creditori. I controlli saranno effettuati ogni trimestre e ci sarà una minore tolleranza verso i ritardatari. I nuovi requisiti di guadagno calcistico sono un’evoluzione dei requisiti di pareggio esistenti e porteranno maggiore stabilità alle finanze del clubPer facilitare l'implementazione per i clubs, il calcolo dei guadagni del calcio è simile al calcolo del risultato di pareggio. Sebbene la deviazione accettabile sia aumentata da 30 milioni di euro in tre anni a 60 milioni di euro in tre anni, i requisiti per garantire il valore equo delle transazioni, migliorare il bilancio dei clubs e ridurre i debiti sono stati notevolmente rafforzati”, si legge sul sito ufficiale dell'UEFA. Questa invece la parte relativa al tetto massimo consentito per le spese di ogni club: “La più grande innovazione nei nuovi regolamenti sarà l'introduzione di una regola sui costi di squadra, al fine di ottenere un migliore controllo in relazione agli stipendi dei giocatori e ai costi di trasferimento. Il regolamento limita la spesa per stipendi, trasferimenti e commissioni degli agenti al 70 per cento delle entrate del club. Le valutazioni saranno eseguite in modo tempestivo e le violazioni comporteranno sanzioni pecuniarie e misure sportive predefiniteLe nuove regole sono entrate in vigore nel 2022, ma i cambiamenti verranno attuati in maniera graduale e nell'arco di tre anni, in modo tale da permettere a tutti i clubs di potervisi adeguare. Ad esempio: l'attuazione graduale della limitazione delle spese per club vedrà la percentuale al 90 per cento nel 2023/2024, all’80 per cento nel 2024/2025 fino ad assestarsi al 70 per cento nel 2025/2026, come richiesto dal nuovo regolamento.


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