Civile
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 02/09/2022 Scarica PDF
I procedimenti di opposizione avverso le ordinanze-ingiunzioni emesse dagli ispettorati territoriali del lavoro e la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale
Angela Giorgio, Coordinatore responsabile del Processo Legale dell'Ispettorato Territoriale del Lavoro di AostaI procedimenti di opposizione a Ordinanza-ingiunzione irrogativi delle sanzioni amministrative in materia di legislazione sociale e del lavoro hanno ad oggetto un accertamento negativo della pretesa sanzionatoria dell’Ispettorato del Lavoro[2] e sono assoggettati alla normativa speciale prevista dalla Legge 24 novembre 1981, n. 689 (modifiche al sistema penale). L’art. 6 del D. Lgs. n. 150/2011, attuativo della delega contenuta nell’art. 54 della Legge 18 giugno 2009, n. 69, ha novellato la disciplina già regolata dal rito ordinario di cognizione contenuta agli artt. 22 e ss. della citata Legge di depenalizzazione n. 689/1981 e, per l’effetto, i procedimenti in esame sono transitati al rito del lavoro.
Giova precisare come nel previgente rito, ferma restando la natura del giudice civile ordinario competente a decidere le controversie di cui alla Legge n. 689/1981, nell’organizzazione degli uffici giudiziari era prevalente la prassi dei Tribunali di assegnare ai giudici del lavoro le cause aventi ad oggetto l’opposizione alle Ordinanze-ingiunzioni emesse dalle direzioni/ispettorati territoriali del lavoro[3]; la scelta si fonda su ragioni di opportunità e sulla base della distribuzione tabellare per materia delle controversie, che normalmente tiene conto della specializzazione funzionale del magistrato giudicante.
L’individuazione del giudice naturale a cui è demandata la cognizione delle siffatte controversie, che ante riforma era ascritta al giudice civile ordinario, a prescindere dai riflessi sanzionatori incidenti o meno sulla materia lavoristica, è stata messa in dubbio a seguito dell’avvenuto mutamento di rito: il problema che ci si è posto ha riguardato l’incidenza o meno del nuovo rito del lavoro sulla natura stessa della causa e la permanenza o meno della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale ai fini dell’impugnazione giudiziale delle Ordinanze-ingiunzioni emesse dagli Ispettorati Territoriali del Lavoro.
Alcune suggestive pronunce di merito[4]hanno ritenuto, anche con argomentazioni condivisibili, che nel mutato contesto normativo la natura delle controversie inerenti alle sanzioni di cui all’art. 35 comma 7 della Legge n. 689/1981 fosse stata assorbita nell’ambito dell’art. 409 c.p.c. e quindi il mutamento del rito fosse causativo del mutamento della natura della controversia che individuava il Tribunale in funzione del giudice del lavoro, il nuovo giudice naturale a decidere in merito. La tesi si pone in analogia con quanto era già previsto per le sanzioni di cui all’art. 35 commi 2 e 3 della Legge n. 689/1981 di competenza di enti e gestori delle forme di previdenza e assistenza obbligatorie (INPS e INAIL) rientranti nella sfera di competenza del Tribunale in funzione di giudice del lavoro nelle cause di cui agli artt. 442 e ss. c.p.c.
Secondo questa tesi il criterio da utilizzare per la qualificazione delle controversie di lavoro non sarebbe circoscritto alla causa petendi o al petitum, ma si estenderebbe anche ai casi in cui il rapporto di lavoro è presupposto o antecedente necessario della controversia. Si tratta, nello specifico, dei casi di opposizione a sanzione amministrativa di competenza degli Ispettorati Territoriali del Lavoro nell’esercizio della pretesa punitiva dello Stato per le violazioni amministrative concernenti le disposizioni in materia di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro e di previdenza e assistenza obbligatoria non connesse ad omissioni contributive, secondo quanto disposto dall’art. 35 comma 7 della Legge n. 689/1981 (c.d. sanzioni formali). In proposito è bene evidenziare che la questione non si pone per le sanzioni in materia previdenza e assistenza obbligatoria consistenti nella omissione totale o parziale di contributi o da cui deriva un'omissione contributiva, secondo quanto disposto dall’art. 35 commi 2 e 3 della Legge n. 689/1981, poiché trattasi di sanzioni non toccate dalla riforma e che hanno sempre seguito il rito previso all’art. 442 c. p.c., atteso che le relative controversie sono demandate alla competenza propria degli istituti gestori della previdenza e assistenza obbligatorie per la connessione con i recuperi dei contributi e premi (art. 35 comma 4 della Legge n. 689/1981), peraltro direttamente incidenti sulla posizione previdenziale del lavoratore e per questo indubbiamente attratte nella sfera naturale del giudice del lavoro.
Le conseguenze di una siffatta interpretazione volta a considerare le sanzioni previste dall’art. 35 comma 7 della Legge n. 689/1981 di competenza dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, come rientranti tra le controversie di cui all’art. 409 cpc, determinano rilevanti effetti ai fini impugnatori: in primo luogo l’inapplicabilità della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale dal 1° al 31 agosto di ciascun anno, come previsto dall’art. 1 della Legge 7 ottobre 1969, n. 742 (modif. dall’art. 16, co.1 del D.L. n. 132/2014 conv. in L. n. 162/2014); la seconda conseguenza incide sulla quantificazione del contributo unificato che per le controversie individuali di lavoro è dimezzato rispetto al regime ordinario (art. 13, comma 3, del D.P.R. 30/5/2002, n. 115), avendo il regime di maggior favore la specifica funzione di agevolare l’accesso del lavoratore, quale soggetto più debole, alla tutela giurisdizionale.
La tesi prospettata dalla Corte d’Appello di Torino è stata, tuttavia, risolta in senso negativo dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con Sentenza n. 2145 del 29 gennaio 2021 che, a conferma del proprio precedente orientamento assunto a Sezioni Unite con Sentenza n. 63 del 30 marzo 2000, ha escluso che i procedimenti di opposizione a sanzione amministrativa di competenza dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro rientrino tra le controversie previste dall’art. 409 e 442 c. p. c. dovendosi fare riferimento al Giudice naturale delle controversie e non a rito applicato.
La sentenza riepiloga il quadro normativo pregresso e quello vigente dopo la riforma e argomenta la propria decisione, evidenziando che la scelta legislativa di allargare il rito del lavoro a cause tra di loro molto eterogenee resta una scelta meramente processuale che non si riverbera sulla natura e sostanza della lite.
A questo proposito la suprema Corte ha precisato quanto segue: “… l'oggetto non muta con riguardo alle opposizioni ad ingiunzioni per il pagamento di sanzioni lavoristiche…. E non si manca di sottolineare, sia in dottrina che in giurisprudenza, che i giudizi di opposizione (contro le sanzioni amministrative costituiscono un corpus omogeneo a sé stante, retto da norme sostanziali e processuali proprie, in ragione della peculiarità dell'oggetto…. La struttura tendenzialmente unitaria del giudizio di opposizione a sanzioni amministrative altro non è che il riflesso dell'autonomia, nel nostro ordinamento, dell'istituto della sanzione amministrativa che, superata la logica che la voleva ricondotta ora alla disciplina dell'illecito penale ora a quella dell'illecito civile, ha trovato nella legge 24 novembre 1981, n. 689 una sua definitiva e organica sistemazione ed una configurazione giuridica sua propria. Non vi è dubbio che la sanzione sia collegata alla violazione di un precetto e che tale precetto si innesti, nella gran parte dei casi, su un rapporto giuridico sottostante che può trarre origine da realtà giuridiche assai diverse: ciò che tuttavia rileva nei giudizi in esame è l'infrazione, laddove la situazione non conforme al diritto cui l'amministrazione è tenuta a porre rimedio costituisce un mero antecedente di fatto. … con specifico riferimento alle opposizioni alle ordinanze-ingiunzioni per sanzioni non afferenti a materia di lavoro, si è affermato che l'esclusione della sospensione feriale dei termini prevista dall'art. 3 della L. n. 742 del 1969 per le controversie di lavoro non dipende dal rito da cui la causa è disciplinata, ma si riferisce alla sua natura e che, pertanto, le controversie in materia di opposizione a ordinanza-ingiunzione emesse in diversa materia, sebbene regolate dal rito del lavoro ex d.lgs. n. 150 del 2011, restano soggette alla sospensione feriale dei termini … La questione posta a queste Sezioni unite deve dunque essere risolta nei seguenti termini: “Nel regime introdotto dall'art. 6 del D. Lgs. n. 150/2011, alle controversie, regolate dal processo del lavoro, di opposizione ad ordinanza-ingiunzione che abbiano oggetto violazioni concernenti le disposizioni in materia di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro e di previdenza e assistenza obbligatoria, diverse da quelle consistenti nella omissione totale o parziale di contributi o da cui deriva un'omissione contributiva, in si applica la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, a norma dell'art. 3 della L. n. 742/1969, trattandosi di controversie che non rientrano tra quelle indicate dagli artt. 409 e 442 cod. proc. civ. Ne consegue che, ai fini della tempestività dell'impugnazione avverso la sentenza resa in tema di opposizione a ordinanza ingiuntiva del pagamento di una sanzione amministrativa per violazioni inerenti al rapporto di lavoro o al rapporto previdenziale, deve tenersi conto della detta sospensione”. (Cass. S.U., Sentenza n. 2145 del 29 gennaio 2021).
Nello stesso senso si era già pronunciata la Cassazione – Sesta Sezione Civile – Lavoro con Ordinanza n. 8673/18: “Il procedimento di opposizione ad ordinanza-ingiunzione relativa a violazioni attinenti la costituzione e disciplina del rapporto di lavoro, sebbene regolato dal rito del lavoro ex d.lgs. n. 150 del 2011, non rientra tra quelli per i quali l'art. 3 della l. n. 742 del 1969 dispone l'inapplicabilità della sospensione dei termini nel periodo feriale, assumendo rilievo a tali fini non il rito da cui la causa è disciplinata ma la sua natura, costituita, nella specie, in via diretta dall'accertamento dall'esistenza, o meno, dei presupposti per l'esercizio della potestà sanzionatoria.» In particolare la predetta Ordinanza richiama le valutazioni già espresse dalla Cassazione Civile SU n. 63/2000, nella parte in cui si afferma che: “ … l’accertamento negativo della legittimità della pretesa punitiva dell’amministrazione pubblica convenuta, il rilevante presupposto, diretto e necessario, si esaurisce tutto nella titolarità della funzione di vigilanza e di repressione affidata all’amministrazione pubblica, mentre è indifferente il settore dell’ordinamento nei cui confronti il comportamento integrativo della violazione produce il suo vulnus: rileva, cioè, come tratto unificante degli atti di esercizio di siffatta funzione – in qualsiasi settore e, quindi, come elemento di identificazione di una materia autonoma – la reazione all’illecito, che, in quanto tale, si propone con uguale strumentalità al ripristino dell’ordine violato ed alla connessa tutela dell’interesse generale all’effettività della regola dettata dalla norma giuridica della cui osservanza, di volta in volta, si tratta”.
L’orientamento espresso dalla suprema Corte tiene conto della circostanza che la legge di depenalizzazione comprende dal punto di vista sostanziale, violazioni molto dissimili che traggono origine da realtà molto diverse tra loro, accomunate dall’esercizio della potestà sanzionatoria che deve svolgersi secondo regole uniformi. Le sanzioni amministrative “costituiscono un blocco a sé stante, a prescindere dalla vicenda fattuale da cui l’illecito deriva”[5] e la decisione in ordine alla devoluzione alla competenza giurisdizionale resta nella disponibilità discrezionale del legislatore che valuta gli interessi protetti. Non risulta, pertanto, giustificato un differente trattamento delle sanzioni in materia di lavoro rispetto a violazioni amministrative di tipo diverso, in quanto ne conseguirebbe che il trasgressore delle violazioni di competenza dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro nel periodo feriale disporrebbe di un termine inferiore per l’opposizione a sanzione amministrativa o in caso di gravame di una sentenza, rispetto ad altri soggetti parimenti destinatari di sanzioni amministrative. Allo stesso modo appare ingiustificato un regime fiscale di maggior favore: la riduzione del contributo unificato per le spese di giustizia previsto per le controversie individuali di lavoro e nel Pubblico Impiego non è proponibile in una controversia tra il datore di lavoro e dal P.A. non avendo il legislatore disposto in tal senso e considerata l’assenza di “favor prestatoris” in questo tipo di controversie.
In conclusione, alla luce di quanto statuito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con Sentenze n. 63 del 30 marzo 2000 e n. 2145 del 29 gennaio 2021, si può pacificamente affermare che il termine di decadenza di 30 giorni[6] previsto ai fini della tempestiva opposizione all’Ordinanza di Ingiunzione emessa dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro a carico del trasgressore e/o dell’obbligato in solido, resta sospeso nel periodo feriale.
[1] Le considerazioni esposte sono frutto esclusivo del pensiero dell’autrice e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’amministrazione pubblica di appartenenza.
Il presente scritto è tratto dalla Tesi Master di II livello in Diritto e Processo del Lavoro e della Previdenza Sociale dal titolo: “L’evoluzione storica dell’Ispettorato del lavoro e la gestione del contenzioso amministrativo e giudiziale” pubblicata sul sito tesionline.it - link: https://www.tesionline.it/tesi/l-evoluzione-storica-dell-ispettorato-del-lavoro-e-la-gestione-del-contenzioso-amministrativo-e-giudiziale/57134
[2] Il Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 149 contenente disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell'attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183, ha dato vita all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, istituzionalizzandolo in forma di agenzia unica per le ispezioni del lavoro a far data dal 1° gennaio 2017.
[3] L’INL attualmente si articola a livello centrale e periferico come segue:
- a) L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) con funzioni organizzative, di programmazione dell’attività di vigilanza e coordinamento giuridico, avente sede centrale in Roma;
- b) quattro sedi interregionali (IIL) con funzioni proprie e di raccordo dei seguenti ambiti regionali:1)L’IIL Milano per gli Ispettorati territoriali di Lombardia, Liguria, Piemonte e Valle d'Aosta; 2) L’IIL Venezia per gli Ispettorati territoriali di Emilia-Romagna Friuli-Venezia Giulia, Marche e Veneto; 3)L’IIL Roma per gli Ispettorati territoriali di Abruzzo, Lazio, Sardegna, Toscana e Umbria; 4)L’IIL Napoli per gli Ispettorati territoriali di Basilicata, Calabria, Campania, Molise e Puglia;
- c) settantaquattro sedi periferiche (ITL) i cui compiti prevalenti concernono l’attività ispettiva di vigilanza diffusa a livello territoriale: Milano-Lodi, Bergamo, Brescia, Como-Lecco, Cremona, Mantova, Pavia, Sondrio, Varese, Genova, Imperia, La Spezia, Savona, Torino, Biella-Vercelli, Asti-Alessandria, Cuneo, Novara-Verbania, Aosta, Bologna, Ferrara-Rovigo, Modena, Parma-Reggio, Piacenza, Ravenna-Forlì-Cesena, Rimini, Trieste-Gorizia, Udine-Pordenone, Ancona, Ascoli Piceno, Macerata, Pesaro-Urbino, Venezia, Belluno, Padova, Treviso, Verona, Vicenza, L'Aquila, Chieti-Pescara, Teramo, Roma, Frosinone, Latina, Viterbo, Cagliari-Oristano, Nuoro, Sassari, Firenze, Livorno-Pisa, Lucca-Massa-Carrara, Siena, Arezzo, Grosseto, Prato-Pistoia, Perugia, Terni-Rieti, Potenza-Matera, Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza, Crotone, Vibo Valentia, Napoli, Avellino, Benevento, Caserta, Salerno, Campobasso-Isernia, Bari, Brindisi, Foggia, Lecce, Taranto.
Non fanno parte dell’INL gli ispettorati del lavoro situati in Sicilia e nelle Province autonome di Trento e Bolzano le cui funzioni, in attuazione delle norme contenute nei rispettivi statuti speciali, erano già transitate dallo Stato alle rispettive amministrazioni regionali e provinciali tra il 1979 e il 1980.
[4] In tal senso si è pronunciata la Corte d’Appello di Torino n. 979/2017 dell’8 gennaio 2018 e n. 275/2016 del 13 giugno 2016.
[5] Cfr. Cass. S.U., Sentenza n. 2145 del 29 gennaio 2021, p. 19.
[6] il termine è elevato a 60 giorni, in caso di residenza/sede legale all’estero del soggetto destinatario dell’Ordinanza-ingiunzione.
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