Diritto Bancario e Finanziario
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 31116 - pubb. 26/04/2024
Tribunale di Brindisi – Cessioni in blocco e iscrizione all’albo ex art. 106 TUB: rinvio pregiudiziale alla Suprema Corte ex art. 363 bis c.p.c.
Tribunale Brindisi, 16 Aprile 2024. Est. Natali.
Cessioni in blocco - Normativa antiriclaggio di fonte unionale - Disciplina interna - Possibile contrasto
Cessioni in blocco - Normativa antiriclaggio di fonte unionale - Violazione o elusione - Contratto anticomunitario - Soluzione preferibile
Cessioni in blocco - Normativa antiriclaggio di fonte unionale - Contratto anticomunitario - Condizioni e limiti
Cessioni in blocco - Normativa antiriclaggio di fonte unionale - Tutela meramente amministrativa - Soluzione non “efficiente”
Cessioni in blocco - Normativa antiriclaggio di fonte unionale - Violazione o elusione - Assenza di ripercussioni sul vincolo negoziale - Irragionevolezza
Cessioni in blocco - Normativa antiriclaggio di fonte unionale - Ratio ispirativa
Sintesi della questione e quesiti posti al vaglio della Suprema Corte
Il quadro regolatorio antiriclaggio, anche unionale, è fitto e si va arricchendo di regole sempre più rigide che cercano di assecondare il passo di un’incessante evoluzione delle forme giuridiche e delle tecniche elaborate per eludere la normativa in riferimento; ragione per cui la normativa italiana sarebbe disapplicabile se interpretata in senso anticomunitario e, quindi, inidonea ad assicurare un effettivo contrasto del fenomeno del riciclaggio; in particolare, se fosse intesa come non applicabile ogni qualvolta esista un apprezzabile flusso di denaro di provenienza non accertabile perché interessante soggetti societari non iscritti.
Spostandosi sul piano negoziale, è possibile invocare la c.d. anticomunitarietà del contratto di cessione che intervenga, violando (o meglio, eludendo) le regole comunitarie e ciò in quanto, nella logica del sistema di tutela delle posizioni di rilevanza comunitaria, acquista valenza primaria la tutela in forma specifica, ovvero idonea ad assicurare il conseguimento del bene della vita agognato o di un’utilità, succedanea (quale è quella assicurata dalla radicale invalidità del vincolo o dalla sua disapplicazione); soluzione che diviene non solo possibile ma doverosa nell’ipotesi, qual è quella di specie, in cui il bene della vita, sub specie della piena attuazione degli obblighi comunitari, sia, conseguibile, mediante la neutralizzazione degli effetti della cessione; dovendosi propendere per il rimedio maggiormente idoneo (oppure idoneo in via esclusiva) a massimizzare il risultato in termini di effettività della tutela.
La possibilità di configurare la c.d. anticomunitarietà del contratto di cessione presuppone che alla norma comunitaria si attribuisca efficacia diretta di tipo orizzontale e, in effetti, in materia di antiriciclaggio, esiste un fitto reticolo di regole comunitarie - soprattutto, inserite in regolamenti o nei trattati -, idonee a porsi quale parametro di legittimità non solo degli atti delle autorità degli stati membri, ma anche delle regole negoziali.
È evidente come l’interpretazione volta ad assicurare all’obbligo di iscrizione e ai connessi controlli una valenza meramente amministrativa, ovvero limitata ai rapporti fra operatore economico e pubblica amministrazione competente, sia inidonea ad assicurare l’effettività della tutela in una materia, peraltro, non solo di sicuro interesse transfontaliero (per l’attitudine delle cessioni in blocco a investire qualunque ragione di credito), ma anche presidiata dalla sanzione penale.
Ritenere che un così articolato apparato normativo, fondato su una pluralità di livelli di intervento, in costante evoluzione, possa essere aggirato da una mera operazione economica volta alla traslazione dei crediti deteriorati fra soggetti non qualificati e non vigilati, rappresenterebbe una evidente e macroscopica contraddizione in termini, per cui deve ritenersi che i superiori obblighi comunitari possano essere soddisfatti solo dalla neutralizzazione degli effetti delle transazioni economiche cui sia sotteso il rischio di riciclaggio; rischio che può essere oggettivamente contenuto solo se si riserva la negoziazione in blocco dei crediti ai soggetti iscritti e presidiando con la sanzione della nullità gli atti in contrasto con i predetti obblighi.
L’interesse tutelato deve, invece, individuarsi, nell’arco della plurioggettività della fattispecie, proprio nell’esigenza, di indubbio rilievo comunitario, di contrastare il riciclaggio del denaro di provenienza illecita, oltre che nella garanzia della stabilità dei mercati finanziari: gli intermediari, iscritti nell’albo ex art. 106 Tub, sono soggetti alla predisposizione di una serie di misure, tra cui l’adozione di sistemi di vigilanza interna, preordinate a impedire che le attività, da essi poste in essere, possano essere piegate a fini di riciclaggio.
In sintesi, l’articolato e crescente apparato rimediale in materia di contrasto del riciclaggio, specie di provenienza sovranazionale, pone il problema della sorte del contratto di cessione di grandi quantità di crediti a fronte di corrispettivi di particolare entità, specie, quando intervenga fra due soggetti entrambi non iscritti nell’albo ex art. 106 tub e, dunque, non qualificati, né vigilati, né conformati nel proprio assetto organizzativo.
Peraltro, la prospettiva di una violazione (rectius di una elusione) della disciplina unionale appare aggravato dall’assenza, in materia di cessioni in blocco, della previsione di un obbligo di forma scritta, anche solo ad probationem, né tanto meno del ricorso al rogito notarile, presidiato dalle garanzie che contornano l’atto pubblico, in particolare, sotto il profilo dei controlli antiriclaggio.
Questione tal ultima non incisa dalla già ritenuta piena validità del contratto con cui un terzo soggetto, quale adiectus solutioni causa o, meglio, quale procuratore all’incasso, sia incaricato della materiale riscossione dei crediti stessi.
Il principio di effettività del diritto comunitario dovrebbe imporre la più radicale delle sanzioni, ovvero la nullità o. comunque, la neutralizzazione degli effetti del contratto, mediante l’istituto della disapplicazione degli effetti prodotti dallo stesso.
Diversamente, l’effetto utile del diritto unionale, che si estrinseca in materia anche tramite regolamenti e principi generali (come quello di trasparenza), sarebbe totalmente frustrato.
Ritiene, sommessamente, questo Giudice remittente che la normativa interna e unionale sia fin troppo cristallina, anche per la sua capillarità e non abbisogni un preventivo intervento chiarificatore della Cge.
Nel caso di specie, si tratta, invece, di chiarire quali conseguenze giuridiche discendano sulle cessioni in blocco dal predetto quadro regolatorio, ogniqualvolta lo stesso, per effetto, delle modalità soggettive dei negozi traslativi, violino o, meglio, eludino le predette norme.
Dunque, i quesiti che si vorrebbe sottoporre alla Suprema Corte sono i seguenti:
“Voglia il Supremo Consesso:
1. Pronunciarsi sulla validità o meno del contratto di cessione, stipulato con soggetto non iscritto al registro ex art. 106 tub alla luce della normativa antiriclaggio di fonte interna e comunitaria, così come del generale principio di trasparenza (che è ipotesi diversa da quella già affrontata dalla Corte, per quanto in un mero obiter dictum, della sorte giuridica del mandato o della procura conferite per l’incasso dei correlati crediti).
In particolare, in quanto afferente al caso di specie, si chiede la pronuncia dell’Autorevole consesso in relazione all’ipotesi in cui la cessione intervenga fra due soggetti entrambi non iscritti e non qualificati, dunque né vigilati, né conformati nel proprio assetto organizzativo;
2. Qualora lo ritenga opportuno, chiarire quali rimedi l’ordinamento appresti a fronte dell’eventuale invalidità (nullità o inefficacia o rilievo solo amministrativo della violazione) del predetto negozio;
3. Premessa la vigenza del livello comunitario della disciplina antiriclaggio e la sua univocità, nell’ipotesi di ritenuto contrasto con la stessa, chiarire se il contratto di cessione possa ritenersi invalido e, nell’ipotesi affermativa, se lo stesso sia da ritenersi nullo o inefficace o disapplicabile, nei suoi effetti, come concluso dalla univoca giurisprudenza di legittimità con riguardo alla norma interna anticomunitaria;
4. In subordine, ove il Supremo Collegio ritenga che la normativa comunitaria in materia di riciclaggio non sia univoca, anche alla luce della giurisprudenza della Cge, valutare la possibilità di un rinvio pregiudiziale all’organo della giurisdizione comunitaria, per una compiuta interpretazione della normativa sovranazionale”. (Antonio Ivan Natali) (riproduzione riservata)
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