Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 697 - pubb. 01/01/2007

Disturbo post-traumatico da stress e danno biologico iure proprio

Tribunale Mantova, 19 Giugno 2004. Est. Aliprandi.


Danno biologico da morte – Disturbo post-traumatico da stress – Risarcibilità iure proprio – Ammissibilità.



Il danno biologico da morte è indennizzabile iure proprio quando il trauma per la perdita del prossimo congiunto non si sia limitato ad un patema d’animo transeunte ma sia degenerato in una patologia psichica permanente (nel caso di specie disturbo post-traumatico da stress caratterizzato da tono triste dell’umore, tendenza al pianto, stato di tensione associato a momenti di angoscia nell’affrontare i temi legati all’evento luttuoso in presenza di segni critici di patologia depressiva).


 


omissis

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

       Con atto di citazione ritualmente notificato in date 29 e 30 settembre e 2 ottobre 2000, Giorgio Bianchi, Maria Rosa Bonacini e Benedetta Bianchi, nella qualità di eredi di Marco Bianchi, convenivano in giudizio Salvatore Verdi, Giovanni Rossi e la R.A.S. Assicurazioni s.p.a. per sentir accolte le conclusioni sopra riportate.

Esponevano gli attori:

- che, in data 8.10.98 alle ore 20.30, il congiunto Marco Bianchi, alla guida dell’Opel Astra targata TR 306172 di proprietà del padre Giorgio, stava percorrendo la statale 420 allorquando, giunto in località Magnacavallo, con direzione di marcia Sabbioneta - Gazzuolo, nell’affrontare una curva destrorsa entrava in collisione frontale con l’autovettura Renault tg. PR 501526 di proprietà di Salvatore Verdi e condotta da Giovanni Rossi, la quale stava effettuando il sorpasso dell’autotreno DAF tg. PR  condotto da Valerio Carlucci;

- che la collisione si verificava nella corsia di pertinenza della Opel e a seguito dell’urto, Marco Bianchi veniva trasportato in prognosi riservata presso il presidio ospedaliero di ** e poi di Parma, ove decedeva in data 10.10.98 alle ore 13.10;

- che il Rossi aveva patteggiato la pena per omicidio colposo con condanna alla pena di mesi otto di reclusione;

- che la R.A.S., dopo numerosi solleciti, aveva inviato in data 27.12.99 tre assegni circolari dell’importo di £. 230.000.000, trattenuti dai comparenti quale acconto sul maggior danno;

- che a ciascun coerede competeva l’importo di £. 200.000.000 per il danno morale e patrimoniale sofferto, nonché l’ulteriore risarcimento di £. 200.000.000 per il danno patrimoniale in dipendenza della mancata contribuzione alle spese familiari, £. 5.000.000 iure hereditatis, £. 13.600.000 per danno all’autovettura, £. 800.000 per spese di immatricolazione e                £. 4.700.000 per spese funerarie;

- che erano infine dovute le spese sostenute dai deducenti per l’attività professionale svolta dal procuratore prima dell’instaurazione del giudizio e durante il processo penale, quantificate in £. 36.000.000.

       Si costituiva con comparsa la sola R.A.S. Assicurazioni s.p.a., la quale resisteva ed eccepiva:

- che la compagnia deducente non contestava il proprio dovere risarcitorio e per tale ragione aveva già offerto l’importo di £. 230.000.000;

- che tuttavia era contestato il quantum e tutte le voci esposte in citazione, tra cui, in particolare, il lucro cessante, indicato in £. 200.000.000, sul presupposto che la vittima avrebbe contributo alle esigenze familiari per circa otto anni;

- che quanto richiesto per ciascun congiunto da parte attrice non era di gran lunga superiore agli standard di liquidazione in uso presso il Tribunale di Mantova;

- che la richiesta di danno biologico iure proprio era legittima solo in caso di positiva dimostrazione di una patologia insorta a seguito dell’evento luttuoso;

- che, infine, gli attori avrebbero dovuto dimostrare l’effettivo pagamento di      £. 36.000.000 per spese e competenze legali al loro legale e comunque l’attività del procuratore andava valutata in termini più adeguati all’opera effettivamente prestata.

 

       Fallito il tentativo di conciliazione, erano assegnati i termini per la precisazione delle domande e per integrazioni istruttorie e la lite era istruita solo con consulenza tecnica affidata al dott. Gilberto Grossi. La causa era quindi spedita a sentenza, sulle conclusioni trascritte in epigrafe, previa assegnazione dei termini per il deposito di comparse conclusionali e lo scambio delle memorie di replica.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda attorea è fondata e va, per quanto di ragione, accolta.

Preliminarmente va dichiarata la contumacia di Salvatore Verdi e di Giovanni Rossi, incombente non espletato nel corso del processo.

       In ordine alla dinamica non vi sono contestazioni. In data 8.10.98, verso le ore 20.30, Marco Bianchi alla guida dell’autovettura Opel Astra tg. TR di proprietà del padre Giorgio, percorreva la statale 420 con direzione Sabbioneta - Gazzuolo, allorquando giunto in località Magnacavallo, nell’affrontare una curva destrorsa entrava in collisione con l’autovettura Renault 25 tg. PR 501526 condotta da Giovani Rossi e di proprietà di Salvatore Verdi, la quale percorreva la stessa strada in direzione di marcia opposta e stava sorpassando l’autotreno DAF 410 tg. PR . Per come si può evincere dal rapporto redatto dai C.C. di Viadana, vi era pioggia e nel punto dell’impatto vi era la linea continua di mezzeria.

La responsabilità di parte convenuta non è oggetto di contestazione e comunque, con specifico riguardo ai soggetti contumaci, è ampiamente suffragata dal rapporto prodotto quale doc. 2 e relativi allegati dagli attori.

A seguito dell’urto frontale, avvenuto sulla corsia di pertinenza della vittima, Marco Bianchi nato a Mantova il g. 8.06.1971 decedeva all’Ospedale di Parma in data 10.10.98 alle ore 13.10.

La Compagnia assicuratrice, sul presupposto della civile del proprio assicurato inoltrava tre assegni circolari agli attori dell’importo complessivo di £. 230.000.000 per il ristoro del danno, trattenuti solo a titolo di acconto (doc. 16) e al Rossi era irrogata la pena patteggiata di mesi otto di reclusione con sentenza 24.03.2000 n. 173/2000 di questo ufficio Giudiziario (doc. 21).

       Passando ora alla quantificazione del danno, va premesso che la Corte di Cassazione, con le note pronunce del 31.05.2003 n. n. 8827 e n. 8828, ha introdotto un sistema bipolare nella tutela risarcitoria della persona, distinguendo l’ambito del danno patrimoniale, soggetto alle ordinarie regole di cui all’art. 2043 c.c., dal danno non patrimoniale disciplinato dall’art. 2059 c.c. nel quale confluiscono il danno biologico in senso stretto, il danno morale tradizionale e tutti quei pregiudizi alla persona di rilevanza costituzionale, non suscettibili di valutazione economica (danno esistenziale).

Più in dettaglio, la lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. va vista non già come occasione di incremento generalizzato delle poste di danno (e mai come strumento di duplicazione di risarcimento degli stessi pregiudizi), ma come mezzo per colmare le lacune nella tutela risarcitoria della persona, la quale che va ricondotta al sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale, quest’ultimo comprensivo del danno biologico in senso stretto (configurabile solo quando vi sia una lesione dell'integrità psico - fisica secondo i canoni fissati dalla scienza medica), del danno morale soggettivo come tradizionalmente inteso (il cui ambito resta esclusivamente quello proprio della mera sofferenza psichica e del patema d’animo) nonché dei pregiudizi, diversi ed ulteriori, purché costituenti conseguenza della lesione di un interesse costituzionalmente protetto. Ne deriva che, nella liquidazione equitativa dei pregiudizi ulteriori, il giudice, in relazione alla menzionata funzione unitaria del risarcimento del danno alla persona, non può non tenere conto di quanto già eventualmente riconosciuto a titolo di danno morale soggettivo.

Precisato, quindi, l’ambito del danno non patrimoniale, con riguardo alla liquidazione, si deve tener conto delle effettive sofferenze patite dall’offeso, della gravità dell’illecito e di tutti gli elementi della fattispecie concreta, tra i quali assume rilevanza primaria il patema d’animo, ovvero l’entità oggettiva della sofferenza morale e si deve rispettare l’esigenza di una razionale correlazione tra l’entità oggettiva della sofferenza e l’equivalente pecuniario di esso in modo da rendere adeguato il risarcimento al caso concreto (cfr. Cass. 14.07.2003 n. 11007).

Da ultimo va rammentato, è ormai consolidato l’orientamento secondo cui per liquidare il danno biologico patito dalla vittima nell’apprezzabile lasso di tempo tra l’altrui fatto illecito e l’evento morte, il giudice deve tener conto dell’incidenza della durata effettiva della vita del danneggiato e si trasmette agli eredi il solo risarcimento del danno biologico da invalidità permanente, pur tenendo conto del fatto che alle lesioni è seguita la morte (cfr. Cass. 14.07.2003 n. 11003).

       Fatte tali premesse di ordine metodologico, conviene partire dalle voci di danno patrimoniale non provate e quindi non riconosciute, tra cui in primis il danno lamentato dai genitori per la mancata contribuzione alle esigenze familiari, il danno lamentato dalla sorella per il ritardo nel conseguimento della laurea, il danno lamentato dal padre per la contrazione di reddito negli anni successivi alla morte del figlio, l’importo di £. 5.000.000 chiesto iure hereditatis in citazione e gli esborsi per l’attività professionale del legale nella fase anteriore al giudizio e per l’assistenza nel processo penale contro il conducente della Renault.

Con riguardo alla prima voce di danno, emerge dagli atti che Marco Bianchi, deceduto all’età di 27 anni, fosse iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Parma (doc. 24 e 25 di parte attrice), al quarto anno fuori corso, e dalla ricevuta di pagamento delle tasse non risulta che fosse uno studente lavoratore. Non consta pertanto che il giovane contribuisse alle esigenze familiari, né dal libretto universitario è possibile evincere che lo stesso fosse prossimo alla laurea, motivo per cui i conteggi operati dal procuratore di parte attrice nell’atto introduttivo sono mere ipotesi disgiunte da qualsiasi riscontro fattuale.

Inoltre, ai sensi dell’art. 2697 c.c. il genitore che chieda il risarcimento del danno patrimoniale per la morte del figlio, assumendo che, se questi fosse rimasto in vita, avrebbe contribuito in futuro al sostentamento della famiglia, deve dar la prova, almeno presuntiva, di non poter disporre di un reddito adeguato per il proprio mantenimento futuro. Nella fattispecie, va di converso osservato che la vittima aveva già compiuto 27 anni, senza aver terminato il corso di studi, e che il capo famiglia svolgeva la professione di veterinario alle dipendenze dell’A.S.L., attività adeguatamente remunerata e tale da consentire la frequentazione dell’Università ai due figli.

Del pari infondata è la richiesta di Giorgio Bianchi di risarcimento per la successiva interruzione della propria attività lavorativa non avendo dimostrato l’interessato il nesso eziologico tra il grave evento luttuoso e la cessazione dell’attività professionale, tanto più che l’attore non ha allegato, a differenza della moglie, l’insorgenza di una patologia propria tale da compromettere la possibilità di lavoro. Analogamente priva di qualsiasi dimostrazione è l’asserito ritardo di Benedetta Bianchi per il completamento del ciclo di studi.

Quanto al danno iure hereditatis, l’evento morte è avvenuto dopo un giorno dall’incidente, motivo per cui la vittima non aveva maturato alcun diritto al risarcimento del proprio danno biologico e il danno da invalidità temporanea conseguito è assolutamente trascurabile in relazione al brevissimo tempo trascorso tra l’illecito e il decesso.

Da ultimo, nelle voci di danno esposte vanno escluse le competenze maturate dall’avv. Negrini per l’attività professionale stragiudiziale e per l’assistenza prestata agli attori per la costituzione di parte civile nel processo penale a carico del Rossi. Con riferimento all’attività stragiudiziale, va infatti rilevato che dal fascicolo di causa emergono solo le consuete lettere spedite alla compagnia assicuratrice, poi sfociate nell’erogazione dell’acconto, e tale prestazioni, preparatorie al giudizio, trovano già adeguata remunerazione nella tariffa prevista per le prestazioni giudiziali ex art. 2 T.P. Quanto poi alla costituzione di parte civile e all’assistenza nel processo penale, terminato con la sentenza di patteggiamento, l’art. 444 secondo comma c.p.p. dispone: “Se vi è stata costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla relativa domanda; l’imputato è tuttavia condannato al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile, salvo che ricorrano giusti motivi per la compensazione totale o parziale …”. Era quindi onere del procuratore insistere per la liquidazione delle spese in quella sede e, se del caso, richiedere al giudice penale l’integrazione della sentenza di patteggiamento.

       Passando ora alla quantificazione dei danni subiti dagli attori, iure proprio, ciascuno dei familiari prossimi congiunti può far valere per il risarcimento un autonomo diritto, sicché il danno non patrimoniale deve essere liquidato in rapporto al pregiudizio da ciascuno di essi patito per effetto dell’evento lesivo e, pertanto, il giudice non potrà limitarsi ad una liquidazione complessiva ed unitaria, ma deve provvedere alla ripartizione per l’intero in modo proporzionale tra tutti gli aventi diritto (cfr. Cass. 8.01.2001 n. 116).

I prossimi congiunti possono dedurre un loro danno biologico proprio, allorquando l’evento delittuoso abbia scatenato una malattia nel soggetto richiedente (si pensi alla complessa problematica delle malattie di matrice psichica, nevrosi, depressioni ecc.) capace di arrecare menomazione all’integrità psicofisica del soggetto, posto che nella nozione di danno biologico rientrano tutte le figure di danno non reddituale. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 372/94, ha affermato, in linea di principio, che il danno biologico da morte non sia un danno evento, ma solo danno conseguenza, sicché il medesimo non è indennizzabile iure hereditario, pur affermando che il risarcimento per diritto proprio è ammissibile quando il trauma per la perdita del prossimo congiunto non si sia limitato ad un “patema d’animo transeunte” ma sia degenerato in una patologia psichica permanente.

In definitiva ai tre attori va riconosciuto il danno non patrimoniale, comprensivo del danno morale in senso stretto, il quale viene liquidato in conformità alle tabelle milanesi in uso presso questo ufficio giudiziario in relazione al grado di parentela o al rapporto di coniugio, mediante una frazione del danno morale che sarebbe spettato al deceduto qualora fosse sopravvissuto con una invalidità pari al 100% (la legittimità di una valutazione del danno morale quale frazione variabile dell’importo riconosciuto per il danno biologico è già stata più volte riconosciuta dalla Suprema Corte, poiché siffatto criterio consente di evitare liquidazioni troppo diverse ed arbitrarie e permette di graduare il danno morale al caso concreto e al grado vicinanza del richiedente con il soggetto deceduto); alla sola Bonacini va riconosciuto altresì il danno biologico iure proprio come accertato dal consulente dott. Gilberto Grossi.

Ai genitori della vittima vanno altresì riconosciuti, a titolo di danno patrimoniale, gli esborsi per le spese funeratizie, non contestate dalla compagnia assicuratrice, e a Giorgio Bianchi il valore del veicolo incidentato in conformità al valore espresso in citazione e non contestato.

Quantificando in concreto il danno, si osserva che a Giorgio Bianchi nato il g. 8.06.1971 e deceduto il 10.10.98 sarebbe spettato un danno morale di € 289.467 (pari alla metà del biologico riportato in caso di sopravvivenza con invalidità al 100% di € 578.935 - soggetto di anni 27, valore punto € 6.654,43 per coefficiente di demoltiplicazione pari a 0,870 in ragione dell’età). A ciascuno dei due genitori, in ragione dell’età della vittima e della convivenza, si stima equo attribuire un importo pari ad un terzo del danno morale di spettanza del de cuius, ovvero € 96.489, da incrementare da interessi e rivalutazione monetaria secondo il dettato impartito dalle sezioni unite della Suprema Corte con la nota pronuncia 17.02.1995 n. 1712, la quale ha confermato la legittimità del cumulo, nei debiti di valore, tra rivalutazione della somma e gli interessi, pur precisando che gli interessi non vanno calcolati sulla somma già rivalutata o liquidata in moneta attuale, ma sul valore iniziale dovuto al momento del verificarsi dell’illecito e sui progressivi adeguamenti di valore stesso, corrispondenti alla sopravvenuta inflazione.

Alla sorella convivente Benedetta Bianchi, tenuto conto dell’unico fratello e della giovane età, si stima equo assegnare un importo pari ad un nono del danno morale spettante alla vittima, ovvero € 32.163.

Ne consegue che ai tre attori spettano complessivamente € 225.141 in moneta attuale (secondo un rapporto proporzionale di 3,3,1), devalutati all’epoca del sinistro divengono € 197.204; su detto nuovo ammontare devono essere calcolati gli interessi e la rivalutazione maturati sino alla corresponsione dell’acconto di £. 230.000.000, id est € 118.875,09 risalente al 22.12.99.

Gli acconti o la provvisionale erogati in favore del danneggiato non sono imputabili agli interessi, non essendo applicabile il criterio previsto dall’art. 1194 c.c. che presuppone l’esistenza di un debito pecuniario, inesistente sino al momento della liquidazione del danno; i versamenti in acconto devono imputarsi al capitale e riducendo l’ammontare del danno vanno parallelamente rivalutati perché elidono il fenomeno della svalutazione rispetto ad una parte del danno medesimo, mentre gli interessi devono essere calcolati sull’importo liquidato con decorrenza dalla data dell’evento dannoso sino alla corresponsione dei singoli acconti (cfr. Cass. 14.03.1996 n. 2115, Cass. 10.03.1990 n. 1982).

In applicazione dei predetti criteri, al 22.12.99 erano maturati sul capitale di € 197.204, € 4.382 per rivalutazione ed € 7.082 per interessi legali; alla data dell’acconto, l’originario capitale era pertanto asceso ad € 201.586 (197.204 + 4.382) e decurtato dell’anticipo di  € 118.785,09 discende a € 82.800,91.

Su questo capitale residuo, dalla data dell’acconto ad oggi, sono maturati € 9.675,09 per rivalutazione monetaria ed € 11.708 per interessi legali, da incrementare con gli interessi legali maturati prima della dazione dell’acconto stesso.

Il danno complessivo non patrimoniale da risarcire ulteriormente ai tre attori, al netto dell’acconto, assomma quindi ad € 111.266 (82.800,91 + 9.675.09 + 11.708 + 7.082), oltre interessi legali dal 20.06.2004 al saldo. Tale importo, tenuto conto della proporzione sopra specificata, va così ripartito: € 47.682 a ciascuno dei genitori ed € 15.894 alla sorella.

       Ai genitori competono altresì le spese funeratizie, pari a complessivi € 2.861,17 da incrementare di € 405 per rivalutazione monetaria ed € 515,83 per interessi legali per complessivi € 3.782 da dividere in due quote uguali di € 1.891.

       A Giorgio Bianchi va risarcito il valore del veicolo e spese di immatricolazione per complessive £. 14.400.000, ora € 7.436,98, da incrementare dal dì dell’illecito ad oggi di rivalutazione monetaria per € 1.053,02 e di interessi legali per € 1.342 per totali € 9.832.

       Infine, con riguardo alla posizione di Maria Rosa Bonacini, il dott. G.G. accertava che la periziata non aveva elaborato il lutto per la prematura scomparsa del figlio, di talché erano rimasti disturbi di natura psichica consistiti nel tono triste dell’umore, nella tendenza al pianto, in uno stato di tensione associato a momenti di angoscia nell’affrontare i temi legati all’evento luttuoso; il consulente aggiungeva che il processo di reazione al lutto era fallito e quindi era insorta una patologia inquadrabile quale “disturbo post traumatico da stress” associato a segni clinici di patologia depressiva. Quantificava nella misura del 15% il danno biologico con incidenza in pari grado sulla capacità lavorativa specifica.

Applicando il criterio del punto flessibile indicato dalle tabelle milanesi 2004, in luogo del vetusto e superato sistema del triplo della pensione sociale, il danno biologico da invalidità permanente, accertato nella misura del 15%, va liquidato in € 24.262 (valore punto € 2.231,05 per percentuale di invalidità, coefficiente di demoltiplicazione 0,725 in relazione all’età di anni 56 della madre al momento della morte del figlio); il danno morale viene equitativamente determinato, tenuto conto dell’entità delle lesioni, nella misura di 1/3, ovvero in  € 8.087.

Il danno complessivo di € 32.349, liquidato in moneta attuale, ha prodotto interessi legali in ossequio ai principi sopra esposti interessi legali pari € 5.114 per un debito complessivo di € 37.463.

Con riguardo alla problematica dell’invalidità specifica, non viene riconosciuto alcun risarcimento in difetto di prova. La riduzione della capacità lavorativa generica, quale potenziale attitudine all’attività lavorativa da parte di un soggetto che non svolga attività produttive di reddito, né è in procinto di svolgerla, è risarcibile quale danno biologico, il cui ambito comprende tutti gli effetti negativi del fatto lesivo che incidono sul bene salute in sé considerato;  qualora, invece a detta riduzione si associ una limitazione della capacità lavorativa specifica che, a sua volta, dia luogo ad una riduzione della capacità di guadagno, detta diminuzione integra un danno patrimoniale che va accertato nel caso concreto e la cui prova incombe sul danneggiato (cfr. ex multis Cass. 18.04.2003 n. 6291).

In tale prospettiva, la casalinga, pur non percependo un reddito monetizzato, svolge comunque un’attività suscettibile di valutazione economica, sicché la presenza di una riduzione della capacità lavorativa specifica - come accertata dal consulente - integra un danno patrimoniale da liquidare in via autonoma (cfr. Cass. 11.12.2000 n. 15580) allorquando sia data dimostrazione che la danneggiata era componente di un nucleo familiare stabile e l’evento abbia determinato una privazione di tale ausilio o comunque un qualche pregiudizio economico.

Nella fattispecie, tuttavia, l’interessata non ha allegato, e a fortiori dimostrato, l’incapacità di attendere alle ordinarie mansioni domestiche o la necessità di avvalersi della collaborazione di terze persone, sicché non consegue alcun risarcimento alla pur riconosciuta invalidità specifica.

       Conclusivamente competono:

- a Giorgio Bianchi € 59.405, pari alla somma di € 47.682 per danno non patrimoniale, € 1.891 per spese funeratizie ed € 9.832 per il veicolo;

- a Maria Rosa Bonacini competono € 87.036, pari alla somma alla somma di € 47.682 per danno non patrimoniale, € 1.891 per spese funeratizie ed € 37.463 per danno biologico proprio;

- a Benedetta Bianchi competono € 15.894 per danno non patrimoniale.

       Le spese di consulenza, liquidate con decreto 10.09.2003 ed anticipate dall’attrice Bonacini, vengono definitivamente poste a carico dei convenuti in solido; le spese di lite, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.  Q.  M.

       Il Tribunale di Mantova, seconda sezione civile, definitivamente decidendo sulla domanda risarcitoria proposta da Giorgio Bianchi, Bonacini Maria Rosa e Benedetta Bianchi, con atto di citazione ritualmente notificato, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede:

1) accertata l’esclusiva responsabilità civile di Salvatore Verdi, di Giovanni Rossi e di R.A.S. Assicurazioni s.p.a., e tenuto conto dell’anticipo già corrisposto, condanna i convenuti in solido a versare:

a) a Giorgio Bianchi l’importo di € 59.405, oltre interessi legali dal 20.06.2004 al saldo;

b) a Maria Rosa Bonacini l’importo di € 87.036, oltre interessi legali dal 20.06.2004 al saldo;

c) a Benedetta Bianchi l’importo di € 15.894, oltre interessi legali dal 20.06.2004 al saldo;

2) rigetta ogni altra richiesta;

3 pone le spese di consulenza definitivamente a carico di parte convenuta:

4) condanna i convenuti in solido alla rifusione delle spese di lite in favore di parte attrice, liquidate in liquidate in complessivi € 10.513, di cui € 513 per spese ed anticipazioni, € 2.400 per diritti di procuratore, € 7.600 per onorari di avvocato, oltre per rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A.

       Così deciso in Mantova, lì 19.06.2004