Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 758 - pubb. 01/01/2007

Gara d'appalto irregolare: danno e perdita di change

Tribunale Mantova, 15 Ottobre 2002. Est. Bernardi.


Appalto - Irregolarità nella gestione della gara - Condotta penalmente rilevante - Patteggiamento - Giudizio civile di risarcimento del danno - Perdita di chance - Responsabilità della società per il fatto dei dipendenti - Danno non patrimoniale - Onere della prova.



 


 


omissis

 Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato in data 23-24/1/1998 la società attrice affermava che, nel gennaio 1992, aveva partecipato alla gara d’appalto indetta dal Consorzio Delta per il trasporto dei sovvalli dall’impianto di C. alle discariche di M. e P. e che, successivamente alla chiusura della gara, in cui la Alfa era risultata seconda rispetto alla vincitrice Beta s.r.l., erano state accertate gravi irregolarità nella gestione della gara tanto che era stata avviata indagine da parte della locale Procura della Repubblica. L’istante sosteneva che il procedimento penale aperto nei confronti di Rossi A. (amministratore della Beta), Bianchi B. (vice presidente del Consorzio Delta) e Verdi C. (direttore commerciale della Beta), imputati di avere - in concorso tra loro - ritirato dalla sede del Consorzio le buste chiuse contenenti le offerte presentate dalla Beta sostituendole con altre buste contenenti una nuova offerta avente una percentuale di ribasso superiore a quella delle altre ditte concorrenti, si era concluso con il patteggiamento e si era così reso necessario promuovere il giudizio civile onde ottenere il ristoro dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in conseguenza dell’illecito comportamento dei soggetti sopra indicati che aveva impedito ad essa istante di aggiudicarsi la gara.

Tutti i convenuti (ivi compresa la Beta) si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto della domanda sostenendo che la pretesa era del tutto sfornita di prova, che l’operata quantificazione del danno patrimoniale appariva arbitraria e che comunque non poteva esser riconosciuto il danno non patrimoniale essendo l’attrice una persona giuridica. La difesa della Beta rilevava inoltre che il preteso illecito, integrando un’ipotesi di reato, esorbitava dalle mansioni conferite dalla società al Rossi ed al Verdi e che, pertanto, l’eventuale responsabilità avrebbe dovuto gravare esclusivamente in capo agli stessi. Va poi rilevato che il Verdi chiedeva, in via subordinata, l’accertamento delle personali responsabilità dei soggetti coinvolti proponendo nei loro confronti azione di manleva.

Effettuate copiose produzioni documentali, assunta la prova orale e disposta c.t.u., la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti in epigrafe riportate.

Motivi

Premesso che le produzioni documentali di parte attrice sono avvenute ritualmente e che il ritardo nel deposito non è dipeso da inerzia della difesa ma da obiettive difficoltà di reperimento, occorre dire che la ricostruzione della vicenda contenuta in citazione trova conforto negli atti dimessi.

Al riguardo va infatti evidenziato che le dichiarazioni rese dai convenuti  al P.M. ed al G.I.P., mai revocate e sostanzialmente coincidenti per la parte di interesse nel presente giudizio, costituiscono adeguata prova dell’illecito commesso dal Rossi, dal Bianchi e dal Verdi che, in esecuzione di un piano fra loro concordato, sostituirono, dopo la loro presentazione e dopo essere venuti a conoscenza che a quelle condizioni la Beta non si sarebbe aggiudicata l’appalto, le offerte originariamente presentate dall’a.t.i. costituita fra la Beta s.r.l e Gamma  s.p.a. (vedasi pag. 2-3-4 della c.t.u.). A ciò deve aggiungersi che il procedimento penale nei confronti di tali soggetti si è concluso con sentenza di patteggiamento ex art. 444 c.p.p. che costituisce ulteriore elemento positivamente valutabile ai fini del giudizio di responsabilità. Dalla circostanza che l’a.t.i. costituita dalla Beta risultò vincitrice della gara con un’offerta ai limiti dell’antieconomicità (vedasi dichiarazioni del Verdi, confortata dall’entità dell’utile derivante dall’affare come accertato dal c.t.u.)  e che il Rossi ed il Bianchi hanno dichiarato che il Verdi era venuto a sapere che le prime offerte “non andavano bene” (nel senso che non avrebbero consentito l’aggiudicazione) può adeguatamente desumersi che, solo per effetto dell’illecito commesso, la predetta a.t.i. riuscì ad aggiudicarsi l’appalto.

La domanda risulta quindi fondata dovendosi osservare che costituisce danno risarcibile quello consistente nella perdita di chance e cioè di una possibilità o di una opportunità di conseguire un risultato favorevole, perdita che ragionevolmente l’istante ha subito ove si consideri che le possibili aggiudicatarie dell’appalto erano solo le due associazioni temporanee di impresa che comprendevano le società parti del presente giudizio e che la P.A. non ha annullato la gara (cfr. Consiglio di Stato 18-12-2001 n. 6281; Trib. Torino 16-2-1998 in Giur. It., 2000, 320). Va poi precisato che tutti i convenuti vanno ritenuti responsabili in solido dell’illecito commesso compresa la società Beta atteso che la società risponde delle conseguenze giuridiche, compreso il risarcimento del danno non patrimoniale, della condotta (commissiva od omissiva) dei propri dipendenti che configuri un reato e sia stato commesso nell’esercizio delle incombenze cui essi sono adibiti (cfr. artt. 185 c.p., 2049 e 2059 c.c.; in tal senso vedasi Cass. 15-11-1996 n. 10015; Cass. 21-11-1995 n. 12023): nel caso di specie l’illecita condotta è stata posta in essere dall’amministratore unico della Beta e dal suo direttore commerciale. Infine e per concludere sul punto va detto che, dagli atti istruttori, non emergono elementi tali da far superare la presunzione di pari responsabilità a carico degli autori dell’illecito posta dall’art. 2055 c.c. non essendo distinguibili ruoli secondari nella commissione del fatto (tutte le persone fisiche convenute hanno partecipato alla fase ideativa del reato, materialmente commesso alla loro presenza) sicché, ferma la condanna in solido di tutti i convenuti nei confronti della società istante, non vi è spazio per una graduazione delle responsabilità nei rapporti interni fra i coobbligati.  

In ordine alla quantificazione del danno va osservato che il c.t.u., a seguito di una analisi complessa che ha tenuto conto del prezzo offerto dalla Alfa, dei risultati di bilancio della stessa e delle modalità di esecuzione del contratto, ha calcolato che il guadagno netto stimato che l’attrice avrebbe ottenuto in caso di aggiudicazione dell’appalto sarebbe stato pari a £ 22.058.328 su cui non avrebbe inciso alcun prelievo fiscale. Al riguardo va osservato che le conclusioni raggiunte dal consulente, per l’accuratezza dei criteri adottati, meritano piena condivisione e possono essere assunte a base della decisione, rilevandosi quanto alla determinazione del costo del personale, che la scelta di procedere alla attribuzione analitica del costo degli autisti in relazione al tempo complessivamente impiegato per l’effettuazione del servizio anziché di tenere conto dell’incidenza media di tale voce desumibile dal bilancio della Alfa, trova sicuro fondamento nella osservazione secondo cui i tempi di effettuazione delle operazioni di trasporto oggetto del contratto sono sostanzialmente diversi da quelli propri del trasporto di linea e pertanto appare congruo il calcolo seguito dal c.t.u. in quanto riferito alle specifiche ed effettive modalità di esecuzione del servizio.

Anche l’ulteriore rilievo sollevato dalla difesa attorea in ordine alla mancata utilizzazione del proprio prospetto di calcolo fondato sul costo chilometrico statistico non può trovare accoglimento sia perché riferito ad un criterio astratto che non riflette né le specifiche modalità di effettuazione dei trasporti in questione né la specifica realtà strutturale della società attrice sia perché il divisore utilizzato per l’operazione proposta costituisce un dato non obiettivamente riscontrato.

Peraltro posto che la Alfa partecipò alla gara in raggruppamento temporaneo con altre due imprese e che la stessa ha agito in proprio e non anche quale mandataria delle medesime, non essendo stati forniti neppure al c.t.u. dati in base ai quali desumere il criterio di ripartizione degli utili fra le medesime, l’importo sopra determinato va riconosciuto all’attrice nella misura di un terzo pari ad euro 3.797,39 che va rivalutato, trattandosi di debito di valore, ed in valori attuali corrisponde ad € 5.102,63: a tale importo vanno aggiunti gli interessi legali sulla somma rivalutata anno per anno secondo gli indici Istat ex art. 429 c.p.c. dal 15-9-1992 (data intermedia in cui avrebbe percepito il corrispettivo tenuto anche conto dei termini contrattuali di pagamento) sino alla data della presente sentenza e, al totale così determinato, vanno aggiunti gli ulteriori interessi legali dalla data della sentenza sino al saldo definitivo.

Quanto al danno non patrimoniale preteso dall’attrice va precisato che lo stesso consiste in qualsiasi conseguenza pregiudizievole che, non prestandosi ad una valutazione monetaria basata su criteri di mercato, non può essere oggetto di risarcimento bensì di riparazione e comprende anche gli effetti lesivi che prescindono dalla personalità psicologica del danneggiato sicché è riferibile anche ad entità giuridiche prive di fisicità (in tal senso vedasi Cass. 3-3-2000 n. 2367; Cass. 5-12-1992 n. 12951; Cass. 10-7-1991 n. 7642): nel caso di specie peraltro tale danno non appare sussistere posto che il fatto (sia pure avente natura di illecito penale) non risulta avere inciso sull’andamento degli affari o comunque avere prodotto effetti pregiudizievoli ulteriori rispetto a quelli derivanti dalla perdita di chance, voce questa però già autonomamente risarcita. Il richiamo fatto dall’attrice al criterio di cui all’art. 1226 c.c. non la esonerava dall’onere (non assolto) di provare il tipo di danno non patrimoniale subito.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza e vanno ridotte in relazione agli importi effettivamente riconosciuti.

P.Q.M.

il Tribunale di Mantova, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione reietta, così provvede:

condanna i convenuti, in solido fra loro, a pagare alla società Alfa s.p.a. l’importo di euro 5.102,63 oltre agli interessi legali sulla somma di euro 3.797,39 rivalutata anno per anno secondo gli indici Istat dal 15-9-1992 alla data della presente sentenza ed al totale così ottenuto vanno aggiunti gli interessi legali dalla data della sentenza sino al saldo definitivo;

dichiara che tutti i convenuti hanno concorso in pari misura nella causazione dell’illecito;

condanna i convenuti in solido fra loro a rifondere alla società attrice le spese di lite liquidandole in complessivi euro 5.502,85  di cui € 1.002,85 per spese, € 2.000,00 per diritti ed € 2.500,00  per onorari, oltre al rimborso forfetario delle spese ex art. 15 T.P., ed oltre ad I.V.A. e C.P.A. come per legge.