Esecuzione Forzata


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 28847 - pubb. 14/03/2023

I poteri del GE in sede di opposizione all’esecuzione: l’applicazione dei principi espressi dalle storiche pronunce della Corte di Giustizia del 17 maggio 2022

Tribunale Brindisi, 07 Marzo 2023. Est. Natali.


Esecuzione - Opposizione a decreto ingiuntivo definitivo - Storiche pronunce della Corte di Giustizia del 17 maggio 2022 - Giudicato implicito - Superabilità - Configurabilità - Presupposti - Contrasto con nullità consumieristiche


Estensione dei principi delle CGE - Configurabilità - Presupposti - Antinomia di giudicato nazionale implicito con norme comunitarie direttamente applicabili e cogenti


Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, attuativo della direttiva 2000/35/CE, in materia di ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali - Art. 7 - Estensione dei principi delle CGE - Configurabilità - Presupposti


Esecuzione - Opposizione a decreto ingiuntivo definitivo - Vizi di formazione del provvedimento giurisdizionale - Irrilevanza - Eccezione “tradizionale” - Inesistenza giuridica


Esecuzione - Opposizione - Fatti di natura impeditiva, modificativa o estintiva anteriori -  Inopponibilità


Fatti giuridici di natura impeditiva, modificativa o estintiva posteriori - Opponibilità


Esecuzione - Opposizione - Vizi di formazione del provvedimento giurisdizionale - Nuova eccezione introdotta dalla Corte di Giustizia - Norme di ordine pubblico economico comunitario, imperative, non oggetto di delibazione in sede esecutiva - Violazione - Rilevabilità - Ammissibilità - Eccepibilità - Ammissibilità


Esecuzione - Opposizione - Vizi di formazione del provvedimento giurisdizionale - Giudicato sulla validità - Condizioni di opponibilità - Sintetica motivazione - Sufficienza


Esecuzione - Opposizione - Vizi di formazione del provvedimento giurisdizionale - Giudicato sulla validità - Condizioni di opponibilità - Menzione dell’avvertimento, rivolto al consumatore, della definitività dell’accertamento sulla validità del contratto, per l’ipotesi di mancata contestazione


Giudicato - Stabilità e immodificabilità della decisione - Valore primario della civiltà giuridica e principio generale dell’ordinamento comunitario


Giudicato - Portata - Giudicato implicito esteso ai profili motivazionali estranei al dispositivo - Variante “anomala” del giudicato inteso in senso stretto - Ratio


Giudicato - Portata - Giudicato implicito esteso a questioni neanche concretamente dedotte, ma deducibili in sede di giudizio di cognizione - Limiti della costruzione interpretativa


Principi processualcivilistici - Impatto delle pronunce della Cge - Libertà negoziale del consumatore quale strumento di tutela dell’assetto concorrenziale del mercato - Ratio



Le pronunce rese dalla Corte di Giustizia il 17 maggio 2022 – che, come noto, hanno valenza eterointegrativa della disciplina comunitaria oggetto dell’intervento monofilattico, beneficiando delle stesse caratteristiche della diretta applicabilità e della primazia proprio del diritto comunitario - sono destinate a operare in materia consumieristica, ma costituiscono al contempo un modello operativo che il Giudice nazionale e’ chiamato a osservare in tutti gli ambiti di disciplina in cui si assiste alla concorrenza del livello nazionale di tutela (che detta la disciplina di dettaglio o attuativa) e di quello comunitario (che si estrinseca per lo mezzo di direttive generiche o di regolamenti anch’essi dettanti norme puntuali e immediatamente operative).


L’intervento della Corte e’ stato occasionato dalla disciplina in materia di clausole abusive, ma deve ritenersi che la cedevolezza del giudicato, almeno nella forma meno pregnante del c.d. “giudicato implicito” (relativo, cioè, a questioni semplicemente deducibili dalle parti, anche se non dedotte), debba operare ogniqualvolta lo stesso si ponga in contrasto con una norma comunitaria (positiva o scaturente da una pronuncia della CGE), che, per le sue caratteristiche di sufficiente descrizione e precisione del precetto, si ponga in termini di diretta applicabilità, ragione per cui deve ritenersi estendibile alla disciplina in materia di ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali, di cui al Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, attuativo della direttiva 2000/35/CE ed, in particolare, all’art. 7 “Nullita'”; norme che concorrono a delineare lo statuto normativo del c.d. terzo contratto, connotato soggettivamente dal fatto di intercorrere fra imprenditori dotati l’uno di minore forza contrattuale dell’altro, in considerazione dei diversi requisiti dimensionali, delle quote di mercato possedute e di altri fattori idonei a incidere sulla libertà di contrarre e di autodeterminarsi dell’impresa, in posizione recessiva.


Per principio interpretativo consolidato, in sede di opposizione ad una esecuzione, promossa sulla base di un titolo esecutivo di formazione giudiziale, la contestazione del diritto a procedere all’esecuzione forzata può essere fondata su ragioni attinenti ai vizi di formazione del provvedimento fatto valere come titolo esecutivo solo quando questi ne determinino l’eventuale inesistenza giuridica, quale difetto degli estremi minimi per la riconduzione del provvedimento al correlato tipo legale, dovendo gli altri vizi del provvedimento e le eventuali ragioni di ingiustizia della decisione che ne costituiscano il contenuto essere fatte valere in sede di impugnazione del titolo.


Nel processo esecutivo è, in generale, preclusa l’eccezione fondata su fatti di natura impeditiva, modificativa o estintiva anteriori cronologicamente, quanto alla loro venuta ad esistenza, alla definitività del decreto, potendo per contro essere dedotti nuovi fatti giuridici, non esistenti prima dello scadenza del termine per la proposizione dell’opposizione e in grado di estinguere o modificare il rapporto in parola.


Secondo l’intervento della Corte di Giustizia del 17 maggio 2022, il Giudice nazionale ha il precipuo dovere - e non anche la mera facoltà secondo il modello di cui all’art. 1421 c.c.- di esaminare d’ufficio il regolamento contrattuale, da cui germina il credito azionato in via monitoria, al fine di verificare se lo stesso ricomprenda clausole abusive, la cui nullità è in grado di incidere sull’an o sul quantum della posta creditoria azionata, nonostante che essa sia oggetto del provvedimento monitorio avente ormai natura di cosa giudicata e essendo la doverosita’ del rilievo giudiziale preordinata a consentire l’emersione della regola comunitaria sovraordinata e a consentirne l’applicazione in spregio di quella nazionale; ciò anche al fine di assicurare l’effetto utile del diritto comunitario.



Sotto il profilo dei rapporti fra ordinamento interno e comunitario, ancora ricostruiti in termini di separazione e di contestuale coordinamento, se da un lato, il diritto dell’Unione non armonizza le procedure applicabili all’esame giudiziale del carattere, asseritamente, abusivo di una clausola contrattuale, rimettendone la conformazione della struttura all’ordinamento giuridico interno degli Stati membri, in forza del principio dell’autonomia processuale di questi ultimi; dall’altro, le scelte processuali nazionali soggiacciono al duplice limite dell’osservanza del principio di non discriminazione e di effettività della tutela.


Perché il giudicato sulla validità possa essere opposto da parte creditrice e’ necessario che le questioni consumeristiche siano state espressamente affrontate, semmai perfino con rilievo di ufficio da parte del Giudice e, dunque, purchè della loro disamina si abbia contezza nel contesto dell’apparato motivazionale, a tal riguardo, essendo sufficiente una sintetica motivazione, “graduazione” dell’obbligo, logicamente, coerente con la natura sommaria del provvedimento.


In alternativa, ad una motivazione cosi’ “conformata”, si richiede la menzione dell’avvertimento, rivolto al consumatore, della definitività dell’accertamento sulla validità del contratto, per l’ipotesi di mancata contestazione.


Come riconosciuto dalla pronuncia stessa della Cge, la stabilità e immodificabilità del giudicato rappresenta un valore primario della civiltà giuridica e anch’esso un principio generale dell’ordinamento comunitario, perchè volto a presidiare la certezza dei rapporti giuridici, cosi come l’affidamento riposto dai consociato nel fatto che la regola, contenuta in una sentenza non più impugnabile, costituisca la regola definitiva di una determinata fattispecie concreta.


E’ indubbio che il giudicato implicito sia di per sé una variante “anomala” del giudicato inteso in senso stretto, perché teso a ricomprendere nell’operato di questo istituto processuale, anche profili motivazionali estranei al dispositivo, rispondente a meritevoli esigenze di economia processuale, dotate di rilievo costituzionale e sovranazionale.


Il giudicato implicito, inteso come esteso a questioni neanche concretamente dedotte, ma deducibili in sede di giudizio di cognizione, costituisce una creatura giurisprudenziale del tutto avulsa dallo schema tradizionale del giudicato, rispondente a esigenze di economia processuale, dotate di rilievo costituzionale e sovranazionale, ma destinata a essere accantonata ogniqualvolta, a seguito di un giudizio di bilanciamento dei valori in gioco, la stessa sia idonea a pregiudicare la disamina giudiziale di un questione la cui regolamentazione sia posta da una norma comunitaria imperativa, appartenente all’ordine pubblico economico comunitario, con conseguente compressione sproporzionata del principio di effettività della tutela giurisdizionale.


Si impone una rimodulazione dei principi processualcivilistici in omaggio a quella tutela della libertà negoziale del consumatore che, nella logica dell’ordinamento comunitario, si pone quale strumento di tutela dell’assetto concorrenziale del mercato, quale unico modello idoneo ad assicurarne la competività e l’efficienza, senza che possono costituire profili idonei a confutare la tenuta delle pronunce della Cge:
1) la degradazione del decreto ingiuntivo, in materia consumeristica, da provvedimento assistito dalle qualità di giudicato formale e sostanziale, a semplice titolo stragiudiziale, suscettibile di essere posto in discussione in relazione ad ogni profilo non oggetto di espressa trattazione;
2) l’appesantimento degli oneri di istruzione sommaria del Giudice del monitorio, tenuto a verificare d’ufficio la esistenza di clausole vessatorie per evitare l’eventuale successivo travolgimento del provvedimento assunto;
3) la maggiore gravosità degli oneri allegatori di parte creditrice, anche solo in termini negativi, che dovrebbe evidenziare l’inesistenza di clausole vessatorie. (Antonio Ivan Natali) (riproduzione riservata)




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