Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 27506 - pubb. 17/06/2022

Accordo di ristrutturazione trasversale, relative priority rule e Direttiva 2019/1023/UE

Tribunale Trani, 21 Dicembre 2021. Pres. Rana. Est. Infantini.


Accordi di ristrutturazione dei debiti - Cram down - Ristrutturazione trasversale dei debiti - Direttiva CEE 20 giugno 2019, n. 2019/1023/UE - Relative priority rule



Nella ‘ristrutturazione trasversale dei debiti’ (ossia una ristrutturazione attuata malgrado il dissenso espresso da una classe dissenziente e che, ciò nondimeno, sia per questa vincolante, il piano può essere omologato e può diventare vincolante per le classi di voto dissenzienti solo se soddisfa, tra l’altro, la condizione per cui assicura che dette classi dissenzienti ricevano un trattamento almeno tanto favorevole quanto quello delle altre classi dello stesso rango e più favorevole di quello delle classi inferiori.

[Nel caso di specie, sostiene il Tribunale, il credito privilegiato del creditore dissenziente (l’amministrazione finanziaria) avrebbe ricevuto un trattamento inferiore, in termini sia di percentuale che di tempi di pagamento, rispetto al credito di rango inferiore di creditori chirografari estranei all’accordo, che sarebbero stati invece pagati integralmente con la sola moratoria legale di centoventi giorni, senza peraltro che risulti che il loro pagamento avvenga con finanza esterna;  ciò, evidentemente, in contrasto con quanto previsto dalla Direttiva CEE 20 giugno 2019, n. 2019/1023/UE. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


Massimario Ragionato



 


In base al contenuto del ricorso e dei documenti allegati, l’accordo di cui la (*) ha chiesto l’omologazione è stato presentato dopo una proposta di transazione fiscale formulata, ai sensi dell’art. 182-ter l.f., dalla detta società il 15.3.2021, alla quale ha fatto seguito il diniego della (*). La detta proposta di transazione fiscale è stata riassunta dalla stessa ricorrente (cfr. pg. 23 e ss. del ricorso) nei seguenti termini: “il pagamento parziale dei tributi erariali in sorte capitale nella misura del 45,52% dell’originario debito, con stralcio completo delle sanzioni e degli interessi, per un totale pari ad Euro 84.314.984,75 secondo le seguenti modalità: - quanto ad Euro 52.200.000,00  in 216 rate mensili (18 anni), comprensive di interessi di dilazione calcolati al tasso legale di interesse vigente di importo massimo pari ad Euro.241.666,66/mese, di cui la prima verrà corrisposta entro 15 giorni dall’omologazione del conseguente art. 182 bis L.F. che sarà presentato successivamente alla risposta o mancata risposta di codesta (*) alla presente Proposta di Transazione Fiscale; - quanto ad Euro 30.093.301,13, corrispondente al plafond Iva, rispetto a ciò che la (*) verserà, tramite rinuncia all’esercizio del diritto alla detrazione di IVA su acquisti - in realtà detraibile per effetto del pagamento monetario del 45,52% del plafond di cui alla complessiva pretesa tributaria pari ad Euro 66.110.064,00 - con corrispondente vantaggio erariale pari allo stesso importo di Euro 30.093.301,13; - versamento della somma pari ad Euro 1.687.132,14  attraverso lo svincolo, non appena verrà concesso dal G.E., delle somme sottoposte a pignoramento presso terzi nei confronti degli istituti di credito (*) e delle (*) previa revoca dei pignoramenti da parte dell’(*) - compensazione dell’importo pari ad Euro 234.970,27 quale rimborso IRES per IRAP deducibile (*) 04, 2005, 2007, 2010 e 2011, previa rinuncia all’atto di pignoramento Equitalia in data 10.10.2016; - compensazione delle somme già trattenute per un importo complessivo pari ad Euro 99.581,21, rinvenienti dai pignoramenti presso terzi già eseguiti in data 25.01.2016 per un importo di Euro 36.586,58, in data 1510.2019 di Euro 4.085,96 presso l’istituto (*), e in data 31.10.2019 presso (*) dell’importo di Euro 27.828,67, oltre alle somme derivanti dai pignoramenti mobiliari eseguiti presso i magazzini della Società in data 04/09/2012, 13-14- 15-16 febbraio 2018, 22-23-27-28 novembre 2018 e 4-5-6- 7-11-20-21 dicembre 2018, aventi ad oggetto denaro contante per un importo complessivo pari ad Euro 31.080,00, fermo restando la liberazione dal vincolo pignoratizio delle merci, attrezzature e dell’autovettura apposto con i predetti atti di pignoramento; - rinuncia a tutti i procedimenti tributari pendenti e revoca di tutti i procedimenti esecutivi pendenti; - obbligo a non distribuire gli utili per tutto il periodo della rateizzazione. Garanzie offerte per il regolare pagamento del debito: - ipoteca volontaria da iscriversi sul fondo di proprietà della (*) libero da iscrizioni, trascrizioni pregiudizievoli, pesi e vincoli di qualsiasi genere, sito in (*) esteso catastalmente in metri quadrati 805, individuato catastalmente nel Catasto Terreni del Comune di (*) al foglio (*), p.lla (*).”. Il piano di ristrutturazione del debito aziendale proposto (al fine della prosecuzione dell’attività aziendale e della salvaguardia del livello occupazionale) può poi essere riassunto nei seguenti termini, secondo quanto dedotto dalla stessa ricorrente (cfr. pag. 27 e s. del ricorso): “In sintesi il Piano contempla, oltre al pagamento del debito con l’(*), i seguenti ulteriori pagamenti: Enti Previdenziali ed Assistenziali (non aderenti all’Accordo) Euro 196.957,63; il piano prevede il pagamento integrale del debito scaduto mediante i piani di dilazione già concessi dall’Ente impostore ed il pagamento dei debiti correnti alle relative scadenze, tutti attualmente in regolare ammortamento; Creditori privilegiati Professionisti e Lavoratori dipendenti (non aderenti all’Accordo) Euro 1.993.468,25; verranno interamente soddisfatti con riferimento al credito dagli stessi vantati secondo quanto previsto dalle convenzioni contrattuali, qualora esistenti, ovvero se scaduti alla data della omologa, secondo quanto previsto dallo stesso art. 182 bis L.F.; Creditori chirografari commerciali e diversi (non aderenti all’Accordo) Euro 44.318.914,55; verranno interamente soddisfatti con riferimento al credito dagli stessi vantati secondo quanto previsto dalle convenzioni contrattuali, qualora esistenti, ovvero, se scaduti alla data della omologa, secondo quanto previsto dallo stesso art. 182 bis L.F.; trattasi di creditori strettamente funzionali a garantire l’operatività ordinaria aziendale; Creditori Privilegiati Banche (non aderenti all’Accordo): Euro 0 Creditori Privilegiati per tributi, imposte e tasse non suscettibili di transazione fiscale (non aderenti all’Accordo) Euro 963.712,03; il piano prevede il pagamento del debito alle relative scadenze ovvero mediante il ricorso ai piani di dilazione previsti dalla legge.”. “In sintesi la proposta di soddisfacimento del debito erariale prevede il pagamento parziale dei tributi in sorte capitale con un esborso monetario pari al 43,68% dell’originario debito, con stralcio completo delle sanzioni e degli interessi, a cui si aggiungono le somme derivanti dalla espressa rinuncia della Società all’esercizio del diritto alla (*) si verserà a titolo di plafond, così portando la suddetta percentuale di soddisfacimento al 66,95% per un totale complessivo di Euro 83.098.559,57 secondo le seguenti modalità: - quanto ad Euro 52.200.000,00 in 216 rate mensili (18 anni), comprensive di interessi di dilazione calcolati al tasso legale di interesse vigente di importo massimo pari ad Euro 241.666,66/mese. In un ulteriore contesto di trasparenza, ed a dimostrazione della reale volontà transattiva di questa Società, ha proposto di far decorrere la rateizzazione richiesta sin dal 2021, con ciò ponendo a disposizione, all’omologa del 182 bis L.F., contenente il 182 ter L.F., anche gli importi maturati mese per mese da gennaio 2021, alla data di omologa (Euro 241.666,66/ mese) e, quindi, versati successivamente alla stessa (*) Gli importi così maturati saranno versati entro 30 giorni dall’omologazione del presente ricorso ex art. 182 bis L.F.; - quanto ad Euro 28.876.875,95 tramite rinuncia all’esercizio del diritto alla detrazione di IVA su acquisti - in realtà detraibile per effetto del pagamento monetario del 43,68 % del plafond di cui alla complessiva pretesa tributaria pari ad Euro 66.110.064,00 - corrispondente al plafond Iva con il conseguente vantaggio erariale stimato in Euro 28.876.875,95, così come sopra riportato; - versamento della somma pari ad Euro 1.687.132,14 attraverso lo svincolo, non appena verrà concesso dal G.E., delle somme sottoposte a pignoramento presso terzi nei confronti degli istituti di credito (*) e delle società (*) previa revoca dei pignoramenti da parte dell’(*) - compensazione dell’importo pari ad Euro 234.970,27 quale rimborso IRES per IRAP deducibile relativa agli anni di imposta 2004, 2005, 2007, 2010 e 2011, previa rinuncia all’atto di pignoramento presso sé stessi eseguito da Equitalia in data 10.10.2016; - compensazione delle somme già trattenute per un importo complessivo pari ad Euro 99.581,21, rinvenienti dai pignoramenti presso terzi già eseguiti in data 25.01.2016 per un importo di Euro 36.586,58, in data 1510.2019 di Euro 4.085,96 presso l’istituto (*), e data 31.10.2019 presso (*) dell’importo di Euro 27.828,67, oltre alle somme derivanti dai pignoramenti mobiliari eseguiti presso i magazzini della Società in data 04/09/ 2012, 13-14-15-16 febbraio 2018, 22-23-27-28 novembre 2018 e 4-5-6-7-11-20-21 dicembre 2018, aventi ad oggetto denaro contante per un importo complessivo pari ad Euro 31.080,00, fermo restando la liberazione dal vincolo pignoratizio delle merci, attrezzature e dell’autovettura apposto con i predetti atti di pignoramento; - rinuncia a tutti i procedimenti tributari pendenti e revoca di tutti i procedimenti esecutivi pendenti; - obbligo a non distribuire gli utili per tutto il periodo della rateizzazione. Garanzie offerte per il regolare pagamento del debito: Ipoteca volontaria da iscriversi sul fondo di proprietà della (*), libero da iscrizioni, trascrizioni pregiudizievoli, pesi e vincoli di qualsiasi genere, sito in(*) esteso catastalmente in metri quadrati 805, individuato catastalmente nel Catasto Terreni del Comune di cui al foglio (*), p.lla (*).” “quanto già ‘offerto’ all’(*) e cioè che non solo i 18 anni decorreranno, (*) rappresenteranno il limite temporale massimo di rimborso in quanto la Società si impegna, a partite dal quarto anno, a mettere a disposizione dell’(*) il 50% dell’eventuale incremento delle disponibilità liquide, risultante da rendiconto finanziario allegato al bilancio di esercizio, entro 30 giorni dall’approvazione di quest’ultimo. Tali somme verranno pagate ed imputate a deconto delle ultime rate, al fine di anticipare il termine massimo della transazione proposta.” (cfr. pag. 71 e ss. del ricorso). Dunque, premesso che, ai sensi dell’art. 182-bis, co. 1, l.f., “L’imprenditore in stato di crisi può domandare, depositando la documentazione di cui all’articolo 161, l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista, designato dal debitore, in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d) sulla veridicità dei dati aziendali e sull’attuabilità dell’accordo stesso con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei nel rispetto dei seguenti termini: a) entro centoventi giorni dall’omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data; b) entro centoventi giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell’omologazione.”, la ricorrente ha proposto, in sostanza, un pagamento parziale del debito nei confronti dell’(*) (e il pagamento integrale degli altri creditori non aderenti all’accordo, anche di quelli chirografari) e, tenuto conto che il debito nei confronti dell’(*) delle Entrate rappresenta, secondo la prospettazione fornita in ricorso, una percentuale pari all’87,78% della debitoria complessiva - quindi una percentuale superiore al 60% - ha invocato quanto disposto dal quarto comma del detto art. 182-bisl.f. come modificato dall’art. 3, comma 1-bis, lett. b), D.L. 7 ottobre 2020, n. 125, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 novembre 2020, n. 159, secondo cui: “Entro trenta giorni dalla pubblicazione i creditori e ogni altro interessato possono proporre opposizione. Il tribunale, decise le opposizioni, procede all’omologazione in camera di consiglio con decreto motivato. Il tribunale omologa l’accordo anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l’adesione è decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale di cui al primo comma e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui al medesimo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.” (comma poi ulteriormente modificato, dopo l’introduzione del presente procedimento, dall’art. 20, comma 1, lett. b), D.L. 24 agosto 2021, n. 118, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 ottobre 2021, n. 147). Ciò posto il Tribunale - chiamato non soltanto alla verifica della regolarità formale degli adempimenti previsti dalla legge ma anche all’esame di tutti gli aspetti di legalità sostanziale, partecipando gli accordi di ristrutturazione dei debiti della comune natura di procedura concorsuale propria del concordato preventivo (cfr. Cass. civ. Sez. I, 08/ 05/2019, n. 12064) - ritiene, innanzitutto, astrattamente applicabile, al caso di specie, il quarto comma del (*) ricorrente, posto che, come rilevato in dottrina (non citabile per il divieto di cui all’art. 118 disp. att. c.p.c.), la locuzione “mancata adesione” è più ampia di quella di “mancanza di voto”, il che comporta la sussistenza il potere del tribunale di esercitare il cram down fiscale e contributivo, negli accordi di ristrutturazione, anche in caso di diniego espresso (e non solo in caso di inerzia) della proposta di transazione manifestato attraverso il voto contrario dei creditori pubblici. Ciò trova conferma nel fatto che il legislatore, con l’art. 20, comma 1, D.L. 24 agosto 2021, n. 118, ha sostituito, quanto al concordato preventivo, nell’ultimo periodo del quarto comma dell’art. 180 l.fall., le parole “Il tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di voto” con le seguenti: “Il tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di adesione” (dunque utilizzando la formula più ampia già prevista per gli accordi di ristrutturazione), così ponendo evidentemente fine al dibattito, sorto in dottrina e in giurisprudenza, circa l’ambito del potere sostitutivo del tribunale, ossia se potesse essere esercitato soltanto in assenza di una formale manifestazione di volontà da parte dei creditori tributari e previdenziali o anche nell’ipotesi in cui i creditori pubblici avessero espressamente dichiarato, come nel caso di specie (per ciò che concerne l’(*)), il loro dissenso alla proposta di concordato o all’accordo.

 

Fatta questa premessa, il Tribunale ritiene che l’accordo proposto (nei detti termini) dalla (*) non sia omologabile per la ragione assorbente, rispetto ad ogni altra considerazione (dunque anche in virtù del principio della c.d. ragione più liquida, desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost.; cfr. Cass. Civ. Sez. V, 09/01/2019, n. 363; Sez. V, 08/06/ 2018, n. 15008; Sez. V, 11/05/2018, n. 11458), della sua incompatibilità con la normativa comunitaria e, in particolare, con le regole previste dalla Dir. UE 1023/2019 concernenti i limiti per l’omologa dei piani di ristrutturazione che contemplino una “ristrutturazione trasversale”, ossia una ristrutturazione attuata (come nel caso della proposta in questione, in virtù dell’art. 182-bis, comma quarto, più volte richiamato) malgrado il dissenso espresso da una classe dissenziente e che, ciò nondimeno, sia per questa vincolante. Ed infatti, in base alla proposta di accordo in questione - comportante necessariamente, si ribadisce ancora una volta (all’esito del diniego di adesione da parte di (*), nei confronti della quale, si ribadisce, la ricorrente ha prospettato una debitoria pari all’87,78% di quella complessiva), l’applicazione del quarto comma dell’art. 182-bis l.f. (come modificato dall’art. 3, comma 1-bis, lett. b), D.L. 7 ottobre 2020, n. 125, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 novembre 2020, n. 159) - a fronte del pagamento parziale, peraltro in 18 anni, del rilevante debito (di natura privilegiata) nei confronti dell’(*), gli altri creditori estranei all’accordo e, in particolare, i “Creditori chirografari commerciali e diversi” (per Euro 44.318.914,55), dovrebbero essere integralmente soddisfatti con riferimento al credito dagli stessi vantati “secondo quanto previsto dalle convenzioni contrattuali, qualora esistenti, ovvero, se scaduti alla data della omologa secondo quanto previsto dallo stesso art. 182 bis L.F.”.

In sostanza, in questo modo il credito privilegiato del creditore dissenziente (l’amministrazione finanziaria) riceverebbe un trattamento inferiore, in termini sia di percentuale che di tempi di pagamento, rispetto al credito di rango inferiore dei detti creditori chirografari estranei all’accordo, che dovrebbero invece essere pagati integralmente e con la sola moratoria legale di centoventi giorni, senza peraltro che risulti che il pagamento di questi ultimi avvenga con finanza esterna.

Ciò, evidentemente, in contrasto con quanto previsto dalla sopra richiamata Direttiva CEE 20 giugno 2019, n. 2019/1023/UE (pubblicata nella G.U.U.E. 26 giugno 2019, n. L 172).

Come, invero, osservato in dottrina (non citabile, si ribadisce, per il divieto di cui all’art. 118 - disp. att. c.p.c.) - in modo assolutamente condivisibile - con riferimento al sistema delineato dalla detta direttiva: “Nella ‘ristrutturazione trasversale dei debiti’, il piano può essere omologato e può diventare vincolante per le classi di voto dissenzienti solo se soddisfa, tra l’altro, la condizione per cui assicura che le classi di voto dissenzienti di creditori interessati ricevano un trattamento almeno tanto favorevole quanto quello delle altre classi dello stesso rango e più favorevole di quello delle classi inferiori’ (art. 11, 1, lett. c, Dir. 1023/2019); è questa la regola della c.d. ‘relative priority rule’ (‘RPR’), secondo la quale è possibile il pagamento di creditori di rango inferiore anche in assenza di pagamento integrale dei creditori di rango superiore, a condizione che il primo sia di misura inferiore. Gli Stati membri possono, tuttavia, ‘prevedere che i diritti dei creditori interessati di una classe di voto dissenziente siano pienamente soddisfatti con mezzi uguali o equivalenti se è previsto che una classe inferiore riceva pagamenti o mantenga interessi in base al piano di ristrutturazione’ (art. 11, 2, Dir. 1023/2019); in tal caso, trova applicazione la più rigida regola della ‘absolute priority rule’ (‘APR’), secondo la quale, se non vi è il consenso di tutte le classi, la distribuzione del patrimonio del debitore deve avvenire secondo un criterio di priorità assoluta in forza del quale, in caso di soddisfacimento non integrale dei crediti di una classe di rango superiore, nulla può essere distribuito ai crediti di rango inferiore. La qualificazione dell’accordo di ristrutturazione imposto all’amministrazione in termini di “ristrutturazione trasversale” e la conseguente applicazione delle regole imperative di distribuzione del patrimonio limitano in modo significativo la libertà del debitore di determinare il contenuto del trattamento offerto all’amministrazione. Nel caso, che solitamente ricorre, in cui uno dei creditori estranei sia titolare di crediti chirografari, la proposta non può prevedere alcuno stralcio o dilazione del credito tributario o contributivo assistito da privilegio, perché in tale ipotesi il credito privilegiato del creditore dissenziente (l’amministrazione) riceverebbe un trattamento inferiore, in termini di percentuale o tempi di pagamento, rispetto al credito di rango inferiore del creditore estraneo, che viene pagato integralmente e con la sola moratoria legale di centoventi giorni. L’unico modo per allargare le maglie del trattamento e consentire un trattamento con stralcio anche della porzione di credito privilegiato dell’amministrazione sarebbe quello di dimostrare che il trattamento dei creditori estranei chirografari avviene con finanza esterna, come tale liberamente distribuibile.”. E questa impostazione è stata recepita anche da una parte della giurisprudenza di merito, che ha precisato come dette condizioni debbano essere verificate in concreto (cfr. Tribunale Pescara, Sez. fall., Decr., 27/05/2021; cfr. anche Trib. Teramo, 19/4/2021 secondo cui: “In questa prospettiva, l’attribuzione al tribunale del potere, a determinate condizioni, di omologare gli accordi di ristrutturazione dei debiti o il concordato preventivo anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione, ma previa verifica della convenienza della proposta per la stessa, sembra realizzare un ragionevole equilibrio tra le esigenze di tutela dell’amministrazione e le esigenze di tutela degli altro interessi rilevanti. Non pare neppure che l’interpretazione estensiva prescelta determini un contrasto con la direttiva Insolvency 1023/2019 sulle ristrutturazioni trasversali, non contrastando in astratto né con quanto previsto all’art. 10 3 né con quanto sancito all’art. 11 1 lett. a) e men che mai con il considerando 55 della direttiva medesima: deve escludersi in particolare che detta interpretazione arrechi un pregiudizio ingiusto a carico dell’Erario ovvero che faccia difetto una tutela sufficiente per il Fisco, risultando rispettato il disposto degli artt. 2740 e 2741 c.c. Invero, nella ‘ristrutturazione trasversale dei debiti’, il piano può essere omologato e può diventare vincolante per le classi di voto dissenzienti se soddisfa, tra l’altro, la condizione per cui ‘assicura che le classi di voto dissenzienti di creditori interessati ricevano un trattamento almeno tanto favorevole quanto quello delle altre classi dello stesso rango e più favorevole di quello delle classi inferiori’ (art. 11, 1, lett. c, Dir. 1023/2019); è questa la regola della c.d. ‘relative priority rule’ (‘RPR’), secondo la quale è possibile il pagamento di creditori di rango inferiore anche in assenza di pagamento integrale dei creditori di rango superiore, a condizione che il primo sia di misura inferiore”). E non è superfluo precisare chela mancata scadenza, anche al momento della presente decisione, del termine per il recepimento, da parte dello Stato Italiano, della direttiva “Insolvency” 1023/2019 (avendo lo Stato Italiano chiesto la proroga di un anno, ai sensi del secondo comma dell’art. 34 delle stessa direttiva, del termine del 17.7.2021 fissato originariamente dal primo comma del medesimo articolo), non esclude la necessità - ad avviso del Tribunale- di interpretare la normativa nazionale (il detto art. 182-bis, comma quarto, l.f.) alla luce delle regole comunitarie e, in particolare dell’art. 11 di tale direttiva, in modo da evitare che venga compromessa la realizzazione dei risultati dalla stessa perseguiti in relazione, per l’appunto, alla regolamentazione della c.d. ristrutturazione trasversale dei debiti. Ciò in virtù del principio di preminenza dell’Unione e, dunque, dell’obbligo (più volte affermato dalla Corte di Giustizia) del giudice nazionale di interpretazione della disciplina interna in modo conforme a quella comunitaria (cfr., tra le tante, Corte giustizia Unione Europea Sez. Il, 19-03-2020, n. 103/18; Sez. I, 17-10-2018, n. 167/17; Corte di giustizia Comunità Europee Sez. V, 16-12- 1993, n. 334/92). Se è vero, infatti, da un lato, che l’obbligo generale che incombe sui giudici nazionali di interpretare il diritto interno in modo conforme alla direttiva esiste a partire dalla scadenza del termine di attuazione di quest’ultima (cfr. Corte di giustizia Comunità Europee Grande Sez., 04- 07-2006, n. 212/04), tuttavia dalla data in cui la direttiva è entrata in vigore, (come nel caso di specie, essendo la direttiva “Insolvency” 1023/2019 entrata in vigore, giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, avvenuta il 26 giugno 2019) i giudici degli Stati membri devono astenersi per quanto possibile dall’interpretare il diritto interno in un modo che rischierebbe di compromettere gravemente, dopo la scadenza del termine di attuazione, la realizzazione del risultato perseguito dalla stessa direttiva (cfr. Corte di giustizia Comunità Europee Grande Sez., 04-07-2006, n. 212/04 cit.).  

 

P.Q.M.

Rigetta il ricorso proposto dalla (*) il 28.7.2021, volto ad ottenere l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione proposto.