Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 7445 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 30 Settembre 2005, n. 19198. Est. Ragonesi.


Competenza civile - Regolamento di competenza - Conflitto (regolamento d'ufficio) - Dichiarazione dello stato di insolvenza di società in vista dell'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria - Successiva istanza di fallimento proposta davanti a diverso tribunale - Conflitto positivo di competenza - Ammissibilità - Fondamento.



È ammissibile il regolamento di ufficio di competenza richiesto dal tribunale investito di istanza di fallimento nei confronti di società già dichiarata insolvente - in vista dell'eventuale ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria - con sentenza di altro tribunale, atteso che, per un verso, il conflitto positivo di competenza può essere denunciato anche qualora pendano, davanti a giudici diversi, procedure concorsuali di diverso tipo (stante l'interesse dei creditori alla concentrazione delle procedure ed alla luce dei peculiari principi ispiratori della normativa fallimentare, in particolare del fondamentale principio della unitarietà della procedura concorsuale), e che, per altro verso, il conflitto positivo può rivestire carattere non solo reale ma anche virtuale, mentre non è di ostacolo alla proponibilità del regolamento la circostanza che sia già stata pronunciata sentenza dichiarativa del fallimento - ovvero sentenza di carattere corrispondente, nell'ambito dei diversi tipi di procedure concorsuali, come quella dichiarativa dello stato di insolvenza - passata in giudicato, la quale è destinata ad essere cassata senza rinvio ove la S.C. accerti, in sede di regolamento, che è stata emessa da giudice incompetente. (massima ufficiale)



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAGGIO Antonio - Presidente -
Dott. ADAMO Mario - Consigliere -
Dott. FELICETTI Francesco - Consigliere -
Dott. MACIOCE Luigi - Consigliere -
Dott. RAGONESI Vittorio - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:


ORDINANZA
sul REGOLAMENTO DI COMPETENZA richiesto d'ufficio da:
Tribunale di TRANI, con ordinanza del 04/06/04, nella causa iscritta la n. (dato mancante) vertente tra:
CURATELA FALLIMENTO GENESI S.P.A.;
e
FERRI S.R.L., in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA PORTA PINCIANA, presso l'avvocato SANTARONI MARIO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati DARIO DI GRAVIO, FRANCESCO PAOLO SISTO, giusta delega in calce;
- resistente -
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio il 03/05/2005 dal Consigliere Dott. Vittorio RAGONESI;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Dott. CENICCOLA, con le quali si chiede che la Cotte di Cassazione, in Camera di consiglio, dichiari la competenza del Tribunale di Trani, con le statuizioni di legge.
IN FATTO ED IN DIRITTO
Il Tribunale di Trani. in ordine al ricorso per la dichiarazione di fallimento della Ferri s.r.l. presentato dalla curatela fallimentare della GE.NE.SI. s.p.a., con ordinanza in data 1-4/6/2004, ha richiesto d'ufficio regolamento di competenza, denunciando il conflitto positivo insorto a seguito della sentenza del 29-10-2003, con la quale il Tribunale di Milano ha dichiarato lo stato di insolvenza, ai sensi del d.lgs. il 270 del 1999, della suddetta società.
Il P.G ha espresso parere favorevole alla dichiarazione della competenza del tribunale di Trani.
La Ferri srl in liquidazione ha depositato memoria con cui insta per la dichiarazione di inammissibilità del regolamento e successiva memoria illustrativa.
La prima questione che si pone è se debba ritenersi legittimamente configurabile il conflitto positivo di competenza qualora pendano, dinanzi a due Tribunali, procedure concorsuali di tipo diverso. Nel caso di specie l'una è costituita dalla richiesta di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, nel corso della quale è già intervenuta dichiarazione dello stato d'insolvenza, e l'altra è la procedura di dichiarazione di fallimento instaurata a seguito della proposizione dell'apposita istanza da parte di un creditore.
Sul punto è costante l'orientamento di questa Corte che ha in ripetute occasioni affermato che deve ritenersi legittimamente configurabile una ipotesi di conflitto positivo di competenza qualora pendano, dinanzi a due diversi tribunali, procedure concorsuali di tipo diverso (gli arresti si riferiscono in particolare alla procedura fallimentare e a quella di ammissione al concordato preventivo), stante l'interesse dei creditori alla concentrazione delle procedure ed alla luce dei peculiari principi ispiratori della normativa fallimentare e, in particolare, di quello, fondamentale, della unitarietà della procedura concorsuale, con la conseguenza che è ammissibile la proposizione di istanza di regolamento di competenza, ovvero la richiesta di ufficio del medesimo, innanzi alla Suprema Corte, per la risoluzione del conflitto.(Cass 8413/00;Cass 8152/97; Cass. 3269/96).
È stata altresì riconosciuta da questa Corte la possibilità che il conflitto positivo rivesta non solo carattere reale ma anche virtuale (Cass 5527/91) nel caso in cui, come quello di specie ,una sentenza di fallimento (ovvero di carattere corrispondente nell'ambito dei diversi tipi di procedure fellimentari) sia già stata pronunziata da un tribunale e presso un diverso tribunale penda istanza per la dichiarazione del fallimento (o quant'altro) del medesimo imprenditore.
Nè osta alla proponibilità del regolamento di competenza nel caso di conflitto positivo di competenza tra due tribunali il fatto che uno di questi abbia pronunciato sentenza di fallimento già passata in giudicato, poiché anche in tal caso il conflitto è denunciabile in ogni tempo ed anche d'ufficio in applicazione analogica dell'art. 45 cod. proc. civ., con la conseguenza che dal regolamento di siffatto conflitto discende la cassazione senza rinvio della sentenza resa dal giudice incompetente (Cass. 3461/02, Cass. 9810/99; Cass. 576/99).
I principi tutti dianzi indicati trovano necessaria applicazione anche nel caso di specie in cui, come si è rilevato, il conflitto positivo virtuale verte tra due tribunali, uno dei quali (Milano) ha già emesso sentenza dichiarativa dello stato d'insolvenza ai fini dell'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria mentre innanzi al secondo (Trani) pende istanza per la dichiarazione di fallimento.
A tale proposito va premesso che non risulta in alcun modo dagli atti nè è stato dedotto dalla società Ferri che quest'ultima o altra società facente parte del gruppo sia stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria.
La fase in cui si trova il processo è dunque quella in cui è soltanto intervenuta sentenza dichiarativa dello stato d'insolvenza senza che alcun provvedimento amministrativo di ammissione alla procedura sia stato adottato.
Allo stato quindi non sussiste alcun problema di interferenza di provvedimenti giurisdizionali con provvedimenti amministrativi. Ciò posto, va osservato che tanto la dichiarazione di fallimento che la sentenza dichiarativa dello stato d'insolvenza presuppongono il medesimo accertamento oggettivo, e cioè, la sussistenza dello stato d'insolvenza.
L'opzione tra una procedura e l'altra è quindi determinata sulla base di alcuni presupposti ulteriori di carattere soggettivo richiesti all'imprenditore per l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria.
Tutto ciò comporta, analogamente a quanto avviene nelle interrelazioni tra il fallimento e le altre procedura concorsuali basate in parte su diversi presupposti, che non sussiste una netta separazione tra una procedura e l'altra, nel senso che, in presenza di certe condizioni, una procedura può convertirsi o sfociare in un'altra, come, ad esempio, nel caso del concordato preventivo che sfoci in una dichiarazione di fallimento.
Il verificarsi di ipotesi di tal fetta è particolarmente possibile in ragione delle interconnessioni esistenti tra l'amministrazione straordinaria ed il fallimento. La prima infatti può convertirsi nel secondo in diverse ipotesi previste dagli articoli 11, 30, 69 e 70 del decreto legislativo 270/99 (accoglimento dell'opposizione alla dichiarazione dello stato d'insolvenza per mancanza dei requisiti soggettivi; accertamento della insussistenza di questi ultimi a seguito della relazione del commissario giudiziale predisposta, dopo la dichiarazione dello stato d'insolvenza, per vagliare la possibilità di ammissione all'amministrazione straordinaria;
accertamento della inutilità della prosecuzione della procedura;
mancata realizzazione al termine della procedura delle cessioni di beni programmate ovvero permanenza della situazione d'insolvenza). Analogamente, il fallimento può essere convertito nella procedura di amministrazione straordinaria nelle ipotesi previste dagli articoli 35 e 84 del citato, decreto legislativo (accoglimento dell'opposizione alla sentenza di fallimento in virtù dell'accertamento della sussistenza dei requisiti per l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria; conversione in amministrazione straordinaria di una sentenza di fallimento di una società facente parte di un gruppo di società la cui società madre sia già stata ammessa alla procedura in questione).
Le osservazioni fin qui svolte confermano, se ancora ce ne fosse bisogno, il carattere unitario della procedura concorsuale che può svolgersi secondo procedure tra loro diverse in ragione dei diversi presupposti che le regolano ma che tendono tuttavia al medesimo fine liquidatorio dell'impresa ovvero di ricostituzione della sua solvibilità.
In tal senso quindi deve ritenersi che, essendo necessariamente una sola autorità giudiziaria territorialmente competente a dovere decidere in ordine alla procedura concorsuale, la questione della competenza si pone come del tutto preliminare a prescindere dal tipo di procedura che sia stata instaurata (v. Cass 8152/97 Cass 8413/00). È appena il caso di rimarcare a tale proposito che il criterio volto ad individuare il giudice competente sia per la dichiarazione di fallimento che per la dichiarazione d'insolvenza ai sensi del d.Lvo 270/99 è, come è noto, il medesimo e, cioè, il giudice del luogo ove si trova la sede principale dell'impresa. Da ciò consegue che non può comunque restare irrisolta la questione di competenza nel caso in cui un giudice sia stato adito per ottenere una pronuncia di dichiarazione d'insolvenza ed altro, territorialmente diverso, sia stato adito per la dichiarazione di fallimento.
Va a tale proposito osservato che nella fase preliminare di accertamento della sussistenza dello stato d'insolvenza, sia ai fini del fallimento che dell'amministrazione straordinaria, la procedura concorsuale non appare rigorosamente differenziata, nel senso che, anche se siano state presentate istanze di fallimento, è sempre possibile presentare, nel rispetto delle forme stabilite, istanze di ammissione all'amministrazione straordinaria con la conseguenza che il giudice non potrà non valutare contestualmente se accogliere le une o le altre; senza dire che, in presenza dei requisiti per l'ammissione alla procedura di cui al d.l.vo 270/99 che risultino in atti, il giudice "anche in presenza di istanze di fallimento, potrebbe d'ufficio e previ i necessari adempimenti procedurali, pronunciare lo stato d'insolvenza ai fini dell'ammissione all'amministrazione straordinaria.
A ciò deve aggiungersi che la necessaria coincidenza sotto il profilo della competenza territoriale tra il giudice che dichiara lo stato d'insolvenza e quello che potrebbe dichiarare il fallimento o viceversa emerge con tutta evidenza da quanto in precedenza detto è, cioè, dalla possibilità che sia la dichiarazione d'insolvenza che la successiva eventuale procedura di amministrazione straordinaria vengano convertite in fallimento e viceversa.
Tale eventualità comporta che le pronunce in questione vengano emanate dal medesimo giudice competente per territorio. Accertato quanto sopra, e premesso che la sentenza del tribunale di Milano dichiarativa dello stato d'insolvenza non contiene alcuna motivazione circa l'effettività della sede della Ferri srl in Milano, gli elementi acquisiti nel fascicolo fallimentare presso il Tribunale di Trani inducono a ritenere che la sede effettiva della società si trovasse in Cortato.
A fronte, infatti, delle formali iscrizioni della sede legale in Milano e del successivo trasferimento in data 30-4-2003 (v. certificato Camera commercio di Bari) a Bitonto presso uno studio professionale (con sedi secondarie a Corata e Casamassima), vi sono alcuni elementi che inducono ad attribuire carattere fittizio alle indicazioni della certificazione camerale e a far ritenere che, all'epoca della prima sentenza di declaratoria dello stato di insolvenza (23-10-2003), il centro direttivo e amministrativo degli affari dell'impresa e, comunque, l'effettivo e preponderante centro d'interessi della società era sito presso la sede secondaria di Corato come è dato desumere dalle risultanze acquisite nell'istruttoria fallimentare e analiticamente indicate nell'ordinanza del Tribunale di Trani.
Tra essi si evidenziano: le investigazioni compiute dalla G.d.F. della Lombardia, che hanno consentito di accertare che la società fin dall'inizio del 2003 aveva abbandonato gli uffici del capoluogo lombardo (v. rapporto del 28.5.04); i ripetuti accertamenti eseguiti dalla G.d.F. che hanno consentito di acquisire elementi di effettiva operatività della sede in Corate (presenza in data 10.12.03 e 9.3.04 delle dipendenti Carabba e Claver), che, peraltro, trovano indiretto riscontro nelle dichiarazioni rese dal Dr. Mario Carbone, titolare dello studio in Bitonto presso cui fittiziamente era stata trasferita la sede legale, che ha dichiarato che il proprio studio era un mero recapito per la posta) nonché nelle dichiarazioni di Marra Lorenzo, addetto alla vigilanza, che ha confermato che i dipendenti della Ferri operavano in Corate; infine, l'indicazione della sede sociale, nella modulistica della corrispondenza della Ferri s.r.l. alla contrada Vicinale Forchetto, circostanza avvalorata dalla residenza del legale rappresentante della società in Corato e documentata dal creditore istante con l'indicazione di una serie di comunicazioni, relative ai contratti stipulati con soggetti affiliati, spedite dalla predetta città. Deve pertanto concludersi che, al momento dell'instaurarsi su istanza del debitore della procedura concorsuale in Milano, la sede effettiva della società fosse in realtà in Corato con la conseguenza che va dichiarata la competenza del tribunale di Trani a giudicare in ordine alle istanze di fallimento e va al contempo cassata la sentenza del tribunale di Milano del 21.10.03.
È appena il caso di soggiungere che deve dichiararsi manifestamente infondata l'eccezione di nullità del provvedimento del tribunale di Trani per omessa convocazione dei commissari nominati dal tribunale di Milano poiché l'obbligo di sentire il debitore è previsto dall'art. 15 l.f. solo ai fini della dichiarazione di fallimento e tale obbligo non trova nessuna logica giustificazione per essere esteso ai fini della convocazione da parte di un tribunale che intende sollevare conflitto di competenza del curatore del fallimento già dichiarato, potendo quest'ultimo fare eventualmente valere le proprie ragioni nel procedimento innanzi a questa Corte. Inammissibile infine è la questione di legittimità costituzionale sollevata nella memoria conclusiva dalla Ferri srl, non essendo state indicate le norme costituzionali che si assumono violate, senza dire che la stessa sarebbe comunque priva di rilevanza nel presente giudizio poiché la dichiarazione d'insolvenza non comporta di per sè la cessazione dell'impresa onde l'articolo 10 della legge fallimentare non appare comunque utilmente invocarle. P.Q.M.
Dichiara la sentenza del tribunale di Trani, cassa la sentenza del tribunale di Milano del 21.10.03.
Così deciso in Roma, il 3 maggio 2005.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2005