Diritto Societario e Registro Imprese
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6312 - pubb. 01/08/2010
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Cassazione civile, sez. V, tributaria, 30 Ottobre 2006, n. 23359. Est. Magno.
Tributi erariali diretti - Imposta sul reddito delle persone fisiche (I.R.P.E.F.) (tributi posteriori alla riforma del 1972) - Base imponibile - Redditi prodotti in forma associata - Società di persone - Accertamento di utili non iscritti in bilancio - Imputazione "pro quota" dei redditi a ciascun socio - Ammissibilità - Fondamento - Responsabilità per sanzioni - Esclusione - Condizioni.
In tema di IRPEF, la presunzione legale posta dall'art. 5 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 (ora art. 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), in virtù della quale i redditi delle società di persone sono imputati "pro quota" a ciascun socio (anche accomandante) indipendentemente dall'effettiva percezione, opera anche in caso di accertamento a carico della società di utili non iscritti in bilancio: non solo, infatti, il socio è in grado di conoscere i rilievi e gli accertamenti fiscali condotti nei confronti della società, avendo diritto alla comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite ed alla consultazione dei libri e degli altri documenti della società, ma il reddito di partecipazione costituisce un suo reddito personale, indipendentemente dalla mancata contabilizzazione dei ricavi e dai metodi adoperati dalla società per realizzarli, e fermo restando il diritto di agire nei confronti della società, in sede civile ordinaria, per recuperare la quota di utili a lui spettante, nonché l'esclusione della sua responsabilità per sanzioni, qualora sia dimostrata la sua buona fede. (massima ufficiale)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FAVARA Ugo - Presidente -
Dott. ALTIERI Enrico - Consigliere -
Dott. D'ALONZO Michele - Consigliere -
Dott. MAGNO Giuseppe V.A. - rel. Consigliere -
Dott. RUGGIERO Francesco - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n. 13456/01 R.G., proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro p.t.;
e
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e difende per legge;
- ricorrenti -
contro
Simone Maria, Speroni Simonetta, Speroni Stefania, Speroni Carlo, eredi di Speroni Giancarlo, elettivamente domiciliati in Roma, via R. Venuti, n. 42, presso l'Avvocato Cauti Antonio, che li rappresenta e difende con l'Avvocato Laterza Giuseppe per procura speciale in calce al controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrenti -
e sul ricorso incidentale n. 15163/01 R.G., proposto da:
Simone Maria, Speroni Simonetta, Speroni Stefania, Speroni Carlo, eredi di Speroni Giancarlo, domiciliati, rappresentati e difesi come sopra;
- ricorrenti incidentali -
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro p.t.;
e
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., domiciliati, rappresentati e difesi come sopra;
- intimati -
avverso la sentenza n. 27/17/00 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, depositata il 28.3. 2000;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28.6.2006 dal relatore Cons. Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio;
udito, per i ricorrenti, l'Avvocato dello Stato De Stefano Alessandro e, per i controricorrenti e ricorrenti incidentali, l'Avvocato Laterza Giuseppe;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAFIERO Dario, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso principale ed il rigetto del primo motivo del ricorso incidentale, con assorbimento del secondo.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- A seguito di accertamento condotto nei confronti della ditta Busto Petroli S.A.S., della quale il signor Giancarlo Speroni era socio accomandante al 33,3 per cento, l'Ufficio notificò a quest'ultimo, in data 2.10.1980 un avviso di accertamento, rettificando il reddito ai fini dell'I.R.P.E.F. per il 1974 da lire 362.500 dichiarate a lire 3.167.029.500. Altro avviso, concernente la stessa annualità del tributo, fu notificato alla moglie, signora Maria Simone, che aveva presentato dichiarazione congiunta dei redditi.
1.1.- Lo stesso contribuente ricevette notifica di altro avviso, di lire 6.823.000, relativo ad I.R.P.E.F. 1978, perché l'Ufficio, in sede di correzione di errori materiali ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, articolo 36 bis, non aveva riconosciuto una ritenuta portata in detrazione, senza idonea documentazione, dall'imposta dovuta.
1.2.- Contro tali avvisi i coniugi Speroni e Simone presentarono tre distinti ricorsi, poi riuniti dalla Commissione Tributaria di primo grado di Busto Arsizio che, con sentenza n. 1050 del 1985, accolse "il ricorso", facendo esclusivo riferimento, nella motivazione e nel dispositivo, a quello presentato da Speroni contro l'avviso di accertamento relativo ad I.R.P.E.F. 1974. 2.- Detta sentenza fu impugnata, in principalità, dall'Ufficio e, in via incidentale, dalle altre parti, che lamentavano omessa pronunzia in ordine agli altri due ricorsi da loro proposti, riuniti al primo.
2.1.- Nelle more del giudizio d'appello decedette Speroni Giancarlo e gli succedettero la moglie ed i tre figli, odierni ricorrenti.
2.2.- Quindi la Commissione Tributaria Regionale di Milano, con la sentenza citata in epigrafe, confermò la decisione di primo grado.
3.- Per la cassazione di tale sentenza ricorre l'Amministrazione Finanziaria dello Stato, con un solo motivo, cui resistono gli intimati eredi di Speroni Giancarlo, che propongono altresì ricorso incidentale, con tre motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4.- I due ricorsi, principale ed incidentale, debbono essere riuniti ai sensi dell'articolo 335 c.p.c., essendo proposti contro la stessa sentenza.
5.- Occorre innanzitutto esaminare, per il suo carattere pregiudiziale ed assorbente, l'eccezione di estinzione del processo - costituente il primo motivo del ricorso incidentale, con cui si lamenta omessa motivazione della sentenza impugnata riguardo a tale eccezione, sollevata dagli eredi Speroni in relazione agli articoli 300, 338 c.p.c., ed al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 43 e 45) -, conseguente all'asserita mancata riassunzione del giudizio nel termine perentorio di sei mesi. 5.1.- L'eccezione è infondata, ed il corrispondente motivo del ricorso incidentale deve essere rigettato.
5.2.- I contribuenti espongono, nella parte narrativa del controricorso e ricorso incidentale (pag. 3), che "all'udienza di discussione del 6/10/87 veniva dichiarata l'interruzione del processo per morte della parte costituita... Alla successiva udienza di discussione del 12/2/90 si chiedeva invece termine per munirsi di delega, onde rappresentare gli eredi nel procedimento di appello... Per l'udienza di trattazione del 20/1/2000 avanti la Commissione Tributaria Regionale di Milano, veniva depositata in data 27/12/99... memoria nell'interesse degli eredi di Speroni Giancarlo, con la quale tra l'altro si chiedeva che in via principale fosse dichiarata l'estinzione del processo di appello". 5.3.- La denunziata mancanza di motivazione su tale eccezione è infondata, giacché la Commissione Tributaria Regionale espone che la richiesta di rigetto dell'appello dell'Ufficio sia idonea a "superarla".
5.4.- Nel merito, con riguardo alla lamentata violazione di legge, la censura è infondata.
5.4.1.- Devesi infatti ritenere che, nel regime di contenzioso tributario regolato dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, vigente all'epoca in cui si verificò e fu dichiarata la suddetta causa d'interruzione del processo, allora pendente davanti alla Commissione Tributaria di secondo grado di Varese, il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, articolo 39, facendo richiamo soltanto al primo libro del c.p.c., escludeva l'applicabilità a tale contenzioso delle norme di rito civile (articoli 299 e ss. c.p.c.) dettate in materia d'interruzione del processo.
5.4.2.- In ogni caso, se tali norme possano intendersi implicitamente richiamate anche nel precedente contenzioso tributario, siccome ascrivibili al novero dei principi e degli istituti generali del processo (Cass. nn. 2407/1982, 3898/1980), si deve comunque osservare che, dichiarata l'interruzione per morte del ricorrente all'udienza del 6.10.1987, l'estinzione per inattività delle parti entro il termine perentorio di sei mesi, previsto dall'articolo 305 c.p.c. (ipotesi oggi contemplata nel giudizio tributario dal combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, articolo 40, articolo 43, comma 2, ed articolo 45), non si era comunque verificata perché l'estinzione, pur operando di diritto, doveva essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra difesa (articolo 307 c.p.c., ultimo comma). Si apprende invece dal controricorso che il difensore, nella successiva udienza del 12.2.1990, chiese termine per munirsi di delega da parte degli eredi; in data 14.7.1993 questi depositarono istanza di trattazione e, solo in data 27.12.1999, allorché depositarono memoria per l'udienza di trattazione nuovamente fissata al 20.1.2000, chiesero che fosse dichiarata l'estinzione del processo d'appello.
5.4.3.- Giustamente, pertanto, la sentenza impugnata respinge l'eccezione di estinzione del processo d'appello, anche se la motivazione deve essere corretta, nei sensi espressi ai par. 5.4.1 e 5.4.2.
6.- Con l'unico motivo del ricorso principale, l'Amministrazione delle Finanze censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, articolo 5;
dell'art. 2247 c.c.; e, con riferimento al solo ricorso relativo all'anno d'imposta 1978, per violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, articolo 36 bis.
6.1.- Sostiene
6.1.1.- che, pur godendo il socio accomandante di una presunzione legittima di non ingerenza nella gestione ed amministrazione attiva della società, sulle quali peraltro egli conserva un certo potere di vigilanza, ai sensi dell'articolo 2320 c.c. (norma da ritenersi qui citata correttamente, in luogo di quella - art. 2247 c.c. - figurante nell'epigrafe del motivo), nondimeno egli avrebbe il diritto di partecipare agli utili della gestione, sia pur condotta in modo illecito, in ragione della sua quota ed in conformità alla presunzione stabilita, in materia fiscale, dal D.P.R. n. 917 del 1986, articolo 5;
6.1.2.- che la moglie, avendo dichiarato i redditi congiuntamente al coniuge, sarebbe responsabile in solido con lui per il pagamento dell'imposta, sanzioni ed interessi iscritti a nome del marito;
6.1.3.- che, infine, sarebbe conforme a legge il mancato riconoscimento - in sede di controllo della dichiarazione ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, articolo 36 bis - delle ritenute, siccome non documentate mediante allegazione dei certificati rilasciati dal sostituto d'imposta.
6.2.- La censura è fondata, nei limiti di ragione di seguito esposti.
6.2.1.- Il problema da risolvere, con riferimento al primo profilo (par. 6.1.1), riguarda l'interpretazione del D.P.R. n. 597 del 1973, articolo 5 (oggi D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (T.U.I.R.), articolo 5), per cui i redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione e proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili.
Se, cioè, all'accomandante possa applicarsi in ogni caso la presunzione di effettiva percezione, anche di redditi extra- bilancio e non contabilizzati, essendo irrilevanti le sue proteste di estraneità all'amministrazione sociale, desunta dalla norma dell'articolo 2320 c.c., anche in considerazione del fatto che ciò non gli impedisce del tutto di verificare l'effettivo ammontare degli utili conseguiti (norma cit., comma 2 e 3; S.U. n. 125/1993; Cass. nn. 9461/2002; 2899/2002; 2699/2002; 2554/1997;
2514/1992);
ovvero se si debba ritenere, nel caso di utili realizzati dagli amministratori in modo illecito e non contabilizzati, che egli, avvalendosi della tutela giurisdizionale garantita dall'articolo 24 Cost. quale "diritto inviolabile", abbia la possibilità di contestare anche nel merito l'accertamento del suo reddito di partecipazione, nonostante l'intervenuta definitività dell'accertamento del reddito societario ai fini dell'I.L.O.R. (Cass. nn. 4271/2003; 12376/2002; 7425/2001).
In quest'ultimo senso insistono i controricorrenti e ricorrenti incidentali, deducendo altresì che, a loro giudizio, la presunzione di avvenuta percezione degli utili ex articolo 5 cit. riguarda soltanto quelli contabilizzati ed, eventualmente, non distribuiti; non invece gli utili occultati, in ipotesi, anche allo stesso accomandante.
6.2.2.- Ritiene in proposito il collegio che la praesumptio juris portata dall'articolo 5 cit., per cui al socio (anche accomandante) sono "imputati" pro quota, indipendentemente dalla percezione effettiva, i redditi sociali, sia valida anche nel caso di utili non iscritti in bilancio, accertati a carico della società.
Invero, oltre al fatto che l'accomandante ha diritto "in ogni caso" (ossia, anche qualora l'atto costitutivo non gli consente poteri autorizzativi, consultivi o ispettivi) di avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite e di consultare i libri e gli altri documenti della società (articolo 2320 c.c., comma 3) - e quindi di conoscere, in sostanza, i rilievi e gli accertamenti fiscali condotti nei confronti di questa, specie quando siano, come nel caso, di entità molto rilevante -, si deve considerare che, in virtù della presunzione suddetta, il reddito di partecipazione costituisce, ai fini dell'I.R.P.E.F., reddito proprio del contribuente (a lui "imputato"), a prescindere dalla mancata contabilizzazione dei ricavi e dai metodi usati dalla società per realizzarli: salve le azioni da lui eventualmente esperibili contro la società, in sede civile ordinaria, per recuperare la sua quota di utile se dovuta, e salva l'eventuale
irresponsabilità per sanzioni, nei confronti del fisco, quando sia dimostrata la sua buona fede (Cass. n. 3539/2002; contra, Cass. n. 17492/2002).
6.2.3.- Il primo profilo della censura in esame è dunque fondato. 6.2.4.- L'esame del secondo (par. 6.1.2) e del terzo profilo (par. 6.1.3), concernenti rispettivamente la corresponsabilità solidale della moglie, per effetto della dichiarazione congiunta, ed il mancato riconoscimento di ritenute esposte dal contribuente Speroni nella dichiarazione dei redditi del 1978, presuppongono l'esame preliminare del terzo e del secondo motivo del ricorso incidentale che, riferendosi agli stessi argomenti, censurano la medesima sentenza per non avere affatto pronunciato su tali questioni, dedotte con separati appelli incidentali contro la sentenza di primo grado, che similmente le aveva preferite. 6.2.5.- In merito, la sentenza della Commissione Tributaria Regionale annota laconicamente che il fatto di avere il giudicante di primo grado omesso di menzionare partitamente i tre ricorsi (e di deciderne due) "è conseguenza della unitarietà di trattazione di tutti i gravami in quanto riuniti per connessione (nn. 13382, 15809, 15944) in un unico e perciò, atta ad incidere per gli effetti conseguenziali, su ciascuno di essi, a ragione della pronuncia in quanto motivata di ragione".
6.2.6.- La non perspicua motivazione, con riferimento alla sussistenza o insussistenza di responsabilità solidale da parte di Simone Maria per il debito I.R.P.E.F. concernente i redditi dell'anno 1974, e l'erroneità di essa in relazione al ricorso, del tutto autonomo, relativo al mancato riconoscimento di ritenute afferenti i redditi del 1973 (questione risolvibile mediante un'indagine di mero fatto sull'esistenza o inesistenza di documentazione idonea, allegata alla corrispondente dichiarazione dei redditi), impongono di accogliere il secondo e terzo motivo del ricorso incidentale.
7.- Per tutte le ragioni esposte, il ricorso principale deve essere accolto per quanto di ragione; il primo motivo del ricorso incidentale deve essere rigettato; il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale debbono essere accolti; e, per l'effetto, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione, con rinvio ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che si uniformerà a quanto suespresso (par. 6.2.2 e 6.2.6) e provvederà anche in merito alle spese di questo giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione riunisce i ricorsi; accoglie per quanto di ragione il ricorso principale; accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale; rigetta il primo motivo del ricorso incidentale; cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione Civile-Tributaria, il 28 giugno 2006.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2006