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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 02/12/2018 Scarica PDF

Ammissibilità dell'istanza di regolamento preventivo di giurisdizione in caso di convenuto residente o domiciliato in Italia

Luca Mongiello, Avvocato in Bologna


DIFFERENTI ORIENTAMENTI DELLA GIURISPRUDENZA DELLA SUPREMA CORTE E LA SVOLTA DI CASS. CIV. S.U. N. 29879/2018

 

 

La sentenza Cass. Civ. S.U. n. 29879/2018 sancisce l’ammissibilità dell’istanza di regolamento preventivo di giurisdizione promossa dalla parte processuale convenuta residente o domiciliata in Italia, sposando l’orientamento più recente della giurisprudenza della Suprema Corte, superando le altre posizioni che si erano precedentemente formate sul punto in seno alla medesima e facendo finalmente chiarezza su una questione che ha creato non poche difficoltà agli operatori economici, soprattutto internazionali.[1]

Un primo e meno recente orientamento, adottando il criterio di cittadinanza, prevedeva che il regolamento preventivo di giurisdizione fosse ammissibile soltanto nei confronti dello straniero poiché, anche successivamente all’intervenuta abrogazione dell’art. 37 co. 2 c.p.c. ad opera dell’art. 73 della legge 218 del 1995 di riforma del diritto internazionale privato[2], il rinvio contenuto nell’art. 41 co. 1 c.p.c. all’art. 37 c.p.c. aveva lo scopo di inserire nella norma rinviante la norma di rinvio.[3]

Un successivo indirizzo giurisprudenziale, che si discostava parzialmente dal primo, adottava il criterio del luogo di residenza o domicilio del convenuto ritenendo inammissibile l’istanza di regolamento preventivo di giurisdizione in caso di convenuto domiciliato o residente in Italia in quanto riteneva che la residenza o il domicilio del convenuto in Italia fossero criterio generale perché sussistesse la giurisdizione italiana. In questo orientamento la Corte di Cassazione non fondava più le proprie decisioni sul criterio di cittadinanza dal momento che non vi era più alcun riferimento allo straniero una volta intervenuta l’abrogazione dell’art. 4 c.p.c. con l’entrata in vigore dell’art. 73 della legge 218 del 1995.[4]

A questi orientamenti se ne è contrapposto un terzo, il più recente, a partire dalla sentenza Cass. Civ. S.U. n. 22433/2018 nella quale si è ammessa l’istanza di regolamento preventivo di giurisdizione promossa da soggetto avente residenza o domicilio in Italia convenuto davanti al giudice italiano, in caso di sua allegazione e dimostrazione dell’esistenza di uno specifico interesse a esperire tale strumento processuale per escludere la giurisdizione in presenza di un diverso criterio di collegamento che vi comporti deroga.[5] 

La sentenza Cass. Civ. S.U. n. 29879/2018 non solo s’inserisce nell’onda di Cass. Civ. S.U. n. 22433/2018, ma le motivazioni fanno anche ragionevolmente ritenere che la Suprema Corte abbia voluto segnare una svolta e superare  definitivamente gli altri indirizzi giurisprudenziali sulla base di ragioni di ordine interpretativo e sistematico. In primo luogo si legge che prima della riforma del 1995 il termine “straniero” di cui all’art. 37 era stato interpretato dalla giurisprudenza di legittimità come espressione per designare chiunque fosse sottratto alla giurisdizione del giudice italiano per la natura della causa e che le Sezioni Unite avevano ammesso il regolamento preventivo di giurisdizione sollevato da convenuto cittadino italiano perché la nazionalità straniera della parte convenuta è indice di estraneità del giudice italiano alla causa.[6] In secondo luogo la legge 218 del 1995 di riforma del diritto internazionale privato aveva stabilito la rilevanza della residenza o domicilio in Italia del convenuto perché si abbia il radicamento  della giurisdizione italiana e permesso che le parti possano escluderla accordandosi in tal senso. Infine i giudici offrono, per la prima volta, un’espressa e completa interpretazione costituzionalmente orientata affermando che è compatibilmente dubbia  rispetto agli artt. 3, 24 e 111 Cost. l’inammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione richiesto dal convenuto che ha domicilio o residenza in Italia in quanto situazioni analoghe, in cui non sussiste l’appartenenza nazionale della causa, avrebbero un trattamento differente e si costringerebbe il convenuto, che eccepisce il difetto di giurisdizione in ragione di accordo derogatorio concluso dalle parti, a dover percorrere entrambi i gradi del giudizio di merito e aspettare le relative tempistiche processuali per avere una pronuncia delle Sezioni Unite sulla giurisdizione.[7] Le Sezioni Unite terminano le proprie motivazioni con la statuizione del seguente principio di diritto: “Il regolamento preventivo di giurisdizione può essere proposto per sollevare una questione concernente il difetto di giurisdizione del giudice italiano non solo allorché convenuto nella causa di merito sia un soggetto domiciliato o residente all’estero, ma anche quando il convenuto domiciliato e residente in Italia, abbia contestato la giurisdizione italiana in forza della deroga convenzionale a favore di un giudice straniero o di un arbitrato estero”, che, visto il suo fondamento costituzionale, segna un punto fermo sull’ammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione e pone chiarezza per gli operatori economici componendo un decennale contrasto giurisprudenziale.



[1] Nei contratti in cui sono parti operatori economici internazionali frequentemente vengono sottoscritte clausole in cui le parti decidono di escludere la giurisdizione del giudice italiano in favore di un giudice straniero o di devolvere le controversie che possono sorgere tra le parti nell’esecuzione del contratto ad un arbitrato estero. La presenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti comporta la conseguenza per cui gli operatori economici non sanno come comportarsi.

[2] La disciplina in materia di giurisdizione è piuttosto complessa. Per quello che qui interessa l’art. 37 co. 2 c.p.c. prevedeva nella versione originaria che il difetto di giurisdizione del giudice italiano nei confronti dello straniero potesse essere rilevato esclusivamente dal convenuto costituito che non avesse accettato espressamente o tacitamente la giurisdizione italiana, adottando la norma il criterio di cittadinanza. Successivamente all’entrata in vigore della legge n. 218 del 1995 di riforma del diritto internazionale privato tale disposizione è stata abrogata sebbene sia stata riproposta all’art. 11 da leggersi con il combinato disposto degli artt. 3 co. 1 e 4 co. 1 e 2 della medesima legge da cui si evince che il difetto di giurisdizione può essere rilevato, in qualunque stato e grado del processo soltanto dal convenuto costituito che non abbia espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione italiana ovvero compaia nel processo senza eccepire il difetto di giurisdizione nel primo atto difensivo, che la giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia oppure nei casi in cui le parti l’abbiano convenzionalmente accettata e tale accettazione sia provata per iscritto e che le parti possono derogarvi a favore di un giudice straniero o di un arbitrato estero se la deroga è provata per iscritto e la causa verte su diritti disponibili. Per uno studio sul punto Cfr. C. CONSOLO, “Litispendenza” comunitaria, Convenzione “parallela” di Lugano, interventi di terzi e sindacabilità in sede di regolamento di giurisdizione in Corr. Giur. 1998, 1994.

[3] Vd. ex multis Cass. Civ. S.U. n. 9802/2004: “Con l’art. 73 della legge n. 218 del 1995 il secondo comma dell’art. 37 c.p.c. è stato abrogato. Tuttavia, come questa Corte ha più volte affermato, il regolamento preventivo di giurisdizione deve ritenersi ammissibile relativamente alle questioni sulla sussistenza o meno della giurisdizione italiana nei confronti dello straniero, pur dopo l’abrogazione del citato art. 37, secondo comma, c.p.c., perché il rinvio dell’art. 41 all’art. 37 del detto codice (al fine di determinare l’ambito applicativo del regolamento di giurisdizione) costituisce un rinvio recettizio, cioè un tipo di rinvio avente lo scopo d’inserire nella norma rinviante le disposizioni contenute nella norma di rinvio”. Conf. Cass. Civ. S.U. nn. 4807/2005, 6585/2006 e 4461/09. Cfr. sul punto G.GIOA, la decisione sulla questione di giurisdizione, p. 115, nt. 201, Giappichelli, Torino, 2009.

[4] Sul punto Cass. Civ. S.U. n. 13569/2016 ha affermato che “l’abrogazione dell’art. 4 c.p.c. ad opera dell’art. 73 cit., ha fatto venir meno ogni riferimento allo “straniero”, con la conseguenza che ai fini della determinazione dell’ambito della giurisdizione del giudice italiano, nel vigente sistema italiano del diritto internazionale privato assume rilevanza, quale criterio generale di radicamento della competenza giurisdizionale del giudice italiano, solo il dato obbiettivo del domicilio o della residenza del convenuto in Italia, senza che possa più farsi distinzione tra convenuto italiano o straniero, come stabilito dall’art. 3 co. 1 , della legge n. 218 del 1995”. Conf. Cass. Civ. S.U. nn. 2736/2017, 26646/2016, 2060/2003.

[5] Più specificamente Cass. Civ S.U. n. 22433/2018 afferma che: “Si può concordare con la dottrina più recente la quale ritiene ben ammissibile il regolamento preventivo da parte del convenuto, cittadino o straniero residente che sia in Italia, qualora questi alleghi e dimostri uno specifico interesse ad agire con il regolamento, chiedendo di escludere la giurisdizione nazionale davanti alla quale sia stato convenuto (sulla base dei generali criteri previsti dall’art. 3 della legge n. 218 del 1995) in ragione di un diverso criterio di collegamento esclusivo, quale ad esempio è un accordo per arbitrato estero. Si deve perciò concludere, questa sintetica puntualizzazione, dichiarando ammissibile e fondato il presente regolamento in quanto, la società opponente avente sede in Italia ha allegato e dimostrato il suo preciso interesse a far decidere della controversia nelle forme dell’arbitrato estero, sulla base di una convenzione di arbitrato, risultando certa ed incontestata dalla parte attrice l’esistenza dell’accordo derogatorio della giurisdizione nazionale ad opera delle richiamate clausole contenute del contratto inter partes”.Nella medesima sentenza viene esplicitato che sarebbe penalizzante e antieconomico costringere le parti ad affrontare due gradi di giudizio di merito prima di vedere il pronunciamento di una sentenza della Suprema Corte ai fini della risoluzione della questione di giurisdizione quando la legge stessa autorizza le parti a concludere accordi di deroga alla giurisdizione statuale.

[6] Cfr. Cass. Civ. n. 1824/1993.

[7] È utile riportare integralmente questa parte della sentenza poiché è in tale passaggio che si prospetta il superamento la Suprema Corte la quale pone fondamento costituzionale all’ammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione anche in presenza di parte convenuta residente o domiciliata in Italia: “Ritenere che il regolamento preventivo sia rimedio a disposizione dei soli convenuti con domicilio o residenza all’estero e invece precluso a chi, avendo il domicilio o la residenza in Italia, intenda avvalersi degli effetti  privativi della giurisdizione italiana derivanti da una clausola di proroga della giurisdizione a favore di un giudice straniero o da un accordo per arbitrato estero, porrebbe dubbi di compatibilità costituzionale con gli artt. 3,24 e 111 Cost.: con l’art. 3 Cost., per irragionevole disparità di trattamento di situazioni analoghe, tutte contrassegnate dalla non appartenenza nazionale della lite; con gli artt. 24 e 111 Cost., perché si negherebbe al convenuto che eccepisca il difetto di giurisdizione italiana in ragione dell’avvenuta stipulazione di una convenzione per arbitrato estero o di una clausola di proroga della giurisdizione a favore del giudice straniero la possibilità di ottenere, ricorrendo allo strumento del regolamento preventivo, la definizione immediata della quaestio iurisdictionis, costringendolo a percorrere due gradi di giurisdizione di merito prima di giungere, magari a distanza di anni, ad una pronuncia delle Sezioni Unite”.


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