Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 14/01/2008 Scarica PDF
Offerte a distanza e fuori sede tra testo unico della finanza, nuovo regolamento intermediari e codice del consumo
Paolo Fiorio, Avvocato in TorinoSOMMARIO: 1. Premesse - 2. Offerta fuori sede e contratti a distanza negli art. 30-32 t.u.f. -3. L'offerta fuori sede di prodotti finanziari assicurativi - 4. Una valutazione dell'istituto - 5. La commercializzazione a distanza dei servizi finanziari tra Codice del Consumo e nuovo Regolamento Intermediari - 5.1 L'ambito soggettivo di applicazione - 5.2 L'ambito oggettivo di applicazione 5.3 I doveri di informazione - 5.4 Modalità e strumenti informativi - 5.5 Il dritto di recesso - 6. La forma dei contratti di investimento a distanza - 7. Il regime sanzionatorio: nuove fattispecie di nullità del contratto
1. Premesse
La disciplina delle offerte fuori sede e a distanza contenuta agli artt. 30-32
t.u.f è stata oggetto di recenti interventi legislativi che, in particolar modo
per le offerte a distanza, hanno ridisegnato il complessivo quadro normativo.
La c.d. legge sul risparmio (l. 29 dicembre 2005, n. 262, art. 11) e
successivamente il d.lgs. n. 303 del 29.12.2006, art. 3, co. 5 hanno sostituito
l'ultimo co. dell'art. 30, estendendo la disciplina dell'offerta fuori sede
anche ai prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari e dai prodotti
finanziari emessi dalle banche e dalle imprese di assicurazione. Il d.lgs 19
agosto 2005, n. 190 ha recepito la direttiva 2002/65/CE relativa alla
commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori,
modificando radicalmente la disciplina precedente risultante dagli artt. 30 e
32 t.u.f.. Il d.lgs 221/2007 ha abrogato il d.lgs 190/2005 ed ha trasposto la
relativa disciplina agli artt. 67bis e ss del Codice del Consumo. Il d.lgs, 17
settembre 2007, n. 164, con il quale è stata recepita la Direttiva Mifid
2004/39/CE ed il Regolamento attuativo della Consob[1] hanno apportato
significative modifiche alle regole generali di condotta degli intermediari,
intervenendo sulla materia in oggetto per eliminare alcune incongruenze
conseguenti al mancato coordinamento tra gli artt. 30-32 t.u.f. ed il d.lgs
190/2005.
In generale, con riferimento ai rapporti contrattuali tra professionisti e
consumatori, le offerte fuori dai locali commerciali[2] ed i contratti a
distanza[3], sono da tempo oggetto di specifica regolamentazione nazionale e
comunitaria, inapplicabile tuttavia ai servizi finanziari. Mentre la disciplina
della commercializzazione a distanza di servizi finanziari è oggi regolata
specificamente a livello comunitario dalla direttiva 2002/65/CE, le offerte
fuori restano soggette alle sole norme nazionali[4].
Prima dell'entrata in vigore del d.lgs 190/2005 le offerte fuori sede e a
distanza sono state soggette a una disciplina per molti aspetti comune in
ragione del fatto che entrambe potevano essere ricondotte nell'alveo della
contrattazione sorprendente relativamente alla quale il cliente può essere
esposto al rischio di decisioni contrattuali poco meditate perché assunte in
assenza di una sua iniziativa o con ridotte possibilità di interloquire con
l'intermediario sulle caratteristiche e sugli effetti dell'operazione[5].
Tuttavia la diffusione del trading on-line ha determinato sostanziali novità
nelle modalità di negoziazione dei prodotti finanziari e ha fatto emergere
nuove e diverse esigenze di protezione dell'investitore che hanno portato ad
uno scostamento della disciplina delle offerte fuori sede ed a distanza.
Per ricostruire l'attuale quadro normativo della commercializzazione a distanza
dei servizi di investimento è tuttavia necessario partire da un'analisi della
disciplina delle offerte fuori sede ed a distanza originariamente contenuta nel
t.u.f. che comunque continua ad applicarsi alle operazioni precedenti
all'entrata in vigore del d.lgs 190/2005 e che presenta quindi ancora un
indubbio interesse per la decisione del contenzioso relativo alla negoziazione
di strumenti e prodotti finanziari emessi e distribuiti da soggetti coinvolti
nei noti scandali succedutisi a partire dal 2001.
2. Offerta fuori sede e contratti a distanza negli art. 30-32 t.u.f.
La disciplina dell'offerta fuori sede oggi in vigore e quella delle offerte a
distanza applicabile precedentemente all'entrata in vigore del d.lgs 190/2005
si fonda su due pilastri[6]: (i) l'obbligo per gli intermediari di avvalersi
dei promotori finanziari[7], ovvero di soggetti che devono presentare specifici
requisiti di onorabilità e professionalità e che, in quanto iscritti in un
apposito albo, sono soggetti alla vigilanza della CONSOB; (ii) il
riconoscimento a favore dell'investitore di un diritto di ripensamento,
esercitatile entro sette giorni dalla sottoscrizione del contratto o della
proposta contrattuale.
L'ambito di applicazione dell'obbligo di avvalersi dei promotori finanziari e
del diritto di recesso non coincide in quanto il secondo non è previsto per
tutte le fattispecie ricompresse nella nozione di offerta fuori sede. Mentre
infatti nella fattispecie "offerta fuori"[8] sede rientrano tanto le
attività di promozione e di collocamento[9] di strumenti finanziari e di
servizi (e oggi attività)[10] di investimento, il diritto di recesso[11] è
circoscritto ai "contratti di collocamento" ed ai soli servizi di
gestione di portafogli di investimento, risultando pertanto esclusi sia la
promozione fuori sede di prodotti finanziari qualora il contratto venga
concluso presso la sede dell'intermediario sia la promozione o il collocamento
di contratti aventi ad oggetto altri servizi di investimento[12].
In presenza di contratti, o di proposte contrattuali di gestione di portafogli
di investimento o di collocamento di strumenti finanziari a distanza o fuori
sede l'intermediario è sottoposto a quattro regole: (i) l'efficacia del
contratto (o della proposta) è sospesa per sette giorni dalla sottoscrizione
dell'investitore[13]; (ii) entro tale termine questi può recedere senza costi e
senza corrispettivi per l'intermediario e per il promotore; (iii) nei moduli o
formulari utilizzati per la conclusione del contratto deve essere indicata la
facoltà di recedere; (iv) in caso di mancata menzione del diritto di recesso il
contratto è nullo e la nullità può essere rilevata solo dall'investitore (art.
30, 7° co.).
La formulazione della norma ha tuttavia posto diversi problemi interpretativi,
riguardanti in particolare l'interpretazione dell'espressione "contratti
di collocamento", richiamata tanto per le offerte fuori sede, quanto per
quelle a distanza che nell'impianto originario del t.u.f. si differenziavano
solo per le tecniche di contatto con la clientela. Mentre infatti le offerte
fuori sede richiedono la compresenza fisica del promotore e del cliente in
luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze dell'emittente,
dell'offerente o dell'incaricato della promozione o del collocamento, quelle a
distanza, ai sensi dell'art. 32 t.u.f., non comportano la compresenza fisica
del cliente, dell'offerente o di un suo incaricato[14].
Occorre quindi verificare se per contratti di collocamento di strumenti
finanziari debba farsi riferimento al servizio di collocamento previsto
all'art. 1, quinto comma t.u.f., o se invece tale espressione sia stata
utilizzata in maniera atecnica ed impropria, per comprendere tutte le attività
di distribuzione di strumenti finanziari presso il pubblico realizzabili
mediante la prestazione di differenti servizi o attività di investimento, e
quindi anche attraverso il servizio di negoziazione, ricezione o trasmissione
ordini.
Sebbene il legislatore abbia in più occasioni fatto riferimento al
"collocamento"[15], né la disciplina primaria, né quella secondaria
contengono una precisa definizione di tale servizio per la quale occorre
rifarsi alla realtà economica sottostante[16]. Dall'insieme delle norme in cui
il t.u.f. fa riferimento al "collocamento" si può evincere come tale
servizio sia l'attività posta in essere da uno o più intermediari nella fase di
iniziale distribuzione degli strumenti finanziari presso il pubblico che si può
realizzare tanto con un offerta diretta al pubblico quanto riservata ai soli
investitori istituzionali.
Dal servizio di collocamento pare tuttavia opportuno distinguere i contratti di
collocamento, espressione utilizzata solo all'art. 30 t.u.f. La Consob ha
definito il servizio di collocamento come "l'accordo tra l'emittente (o
l'offerente) e l'intermediario collocatore, finalizzato all'offerta al pubblico
da parte di quest'ultimo degli strumenti finanziari emessi a condizioni di
prezzo (e frequentemente) di tempo predeterminate"[17], specificando in
una successiva comunicazione che nell'ambito del servizio di collocamento
rientrano anche le fattispecie in cui l'impegno alla promozione degli strumenti
finanziari sia assunto nei confronti di un altro collocatore[18]. In
considerazione dell'interpretazione fornita dalla Consob, pare quindi doversi
escludere che l'art. 30, 6° co. t.u.f. si riferisca ai contratti di
collocamento che un determinato intermediario può stipulare con l'emittente,
l'offerente o altro intermediario[19]. Tali accordi non possono quindi essere i
"contratti di collocamento" a cui fa riferimento l'art. 30 6° co.
t.u.f. in quanto si limitano a disciplinare rapporti giuridici tra investitori
professionali ai quali non si applica il diritto di recesso per espressa
previsione dell'art. 30, 2° t.u.f. L'investitore finale non è quindi mai parte
di un contratto di collocamento, potendo tutt'al più sottoscrivere o acquistare
strumenti finanziari in fase di collocamento. In tali situazioni il limite tra
negoziazione e collocamento è sottile[20] in quanto il servizio di collocamento
pare attività prodromica e strumentale alla conclusione di singole operazioni
di investimento per le quali è sempre necessario un ordine del cliente che può
rientrare nei servizi di negoziazione o di trasmissione e ricezione di
ordini[21].
Parte della giurisprudenza, partendo dal dato letterale della norma, ha
distinto le operazioni di collocamento da quelle di negoziazione, affermando
che il diritto di recesso trova applicazione solo nelle ipotesi in cui
l'intermediario operi su incarico e per conto dell'emittente e non invece
qualora venga prestato il servizio di negoziazione, ovvero quando
l'intermediario operi per conto del singolo investitore[22].
Tale interpretazione, che limita sostanzialmente l'operatività delle offerte
fuori sede alle sole ipotesi di sollecitazione all'investimento effettuate in
luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze dell'emittente o
dell'offerente, desta alcune perplessità proprio in considerazione della
nozione stessa di "contratti di collocamento". Parte della
dottrina[23] ha infatti precisato che il "collocamento degli strumenti
finanziari è "da intendersi in senso lato quale attività diretta alla (e
comprendente la) stipulazione dei contratti, (di vendita, di sottoscrizione...)
alla quale si indirizza l'attività di offerta". Nello stesso senso si è
espresso l'orientamento giurisprudenziale prevalente che ha osservato che
l'espressione "contratti di collocamento" deve essere interpretata in
senso ampio, come ogni forma di vendita e di allocazione di strumenti
finanziari[24].
Un'interpretazione atecnica dell'espressione "contratti di
collocamento" pare preferibile per una pluralità di ragioni. Innanzitutto
occorre osservare che le finalità sottese al diritto di recesso, individuate
nella protezione dell'investitore colto di sorpresa o che comunque si trova ad
effettuare scelte di investimento secondo modalità che, per ragioni di luogo e
di tempo, possono pregiudicare scelte consapevoli, sussistono indipendentemente
dal fatto che l'operazione avvenga nell'ambito di un'attività di collocamento
posta in essere dall'intermediario, e quindi con un suo ruolo promozionale, o
in un contesto in cui l'intermediario agisca formalmente in maniera neutrale,
attraverso i servizi di negoziazione, ricezione e trasmissione ordini[25].
Proprio l'obbligo di avvalersi dei promotori finanziari sottintende già di per
sé un ruolo attivo e propositivo dell'offerente che, anche in assenza di una
vera e propria offerta al pubblico, integra gli estremi della contrattazione
sorprendente che giustifica il riconoscimento del diritto di recesso. Limitare
l'operatività dell'art. 30, 6° co., t.u.f. alla sola sollecitazione
dell'investimento sembra inoltre non tenere in considerazione il fatto che
mentre questa è diretta in primo luogo a tutelare la correttezza e la
trasparenza nei confronti del pubblico e quindi del mercato generalmente
inteso, gli strumenti di tutela previsti per le offerte fuori sede (e in
passato anche per quelle a distanza) sono diretti a proteggere il singolo
investitore da decisioni affrettate e poco consapevoli[26].
Tale lettura non è del resto incompatibile con la formulazione della norma. Le
differenze tra il primo e il sesto comma dell'art. 30 t.u.f. non paiono infatti
presupporre una limitazione del diritto di recesso alle sole ipotesi di
sollecitazione dell'investimento. In particolare il primo comma della norma,
ove si prevede che si realizza un'offerta fuori sede in caso di (promozione e)
collocamento di servizi finanziari, utilizza anch'esso la nozione di
collocamento in maniera impropria in quanto oggetto di collocamento possono
essere solo gli strumenti ed i prodotti finanziari, e non invece i servizi di
investimento[27]. La differente formulazione del primo comma (ove sono
contemplati la promozione e il collocamento di strumenti finanziari e di
servizi di investimento) e del sesto comma (ove invece si fa riferimento ai
contratti di collocamento e di gestione di portafogli di investimento), può
pertanto essere letta nel senso che il diritto di recesso non è contemplato
esclusivamente nell'ipotesi in cui vengano conclusi fuori sede i contratti di
investimento diversi dalla gestione di portafogli di investimento[28], ovvero i
contratti normativi o contratti quadro che ai sensi dell'art. 23 t.u.f devono
essere redatti per iscritto. Lo ius poenitendi è invece riconosciuto per il
solo contratto di gestione e per i contratti che hanno ad oggetto l'allocazione
di strumenti finanziari in quanto solo in tale ipotesi, e non invece per la
conclusione dei contratti quadro o normativi, l'investitore può essere
economicamente danneggiato dalle decisioni di investimento assunte, in quanto
la sottoscrizione del contratto quadro non comporta conseguenze patrimoniali
per l'investitore.
3. L'offerta fuori sede di prodotti finanziari assicurativi
L'originario nono comma dell'art. 30 t.u.f. estendeva l'applicazione
dell'intero articolo ai prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari
e da quelli contemplati all'art. 100, lett. f) t.u.f., ovvero quelli emessi
dalle banche, diversi dalle azioni o dagli strumenti finanziari che permettono
di acquistare o sottoscrivere azioni, ovvero dai prodotti assicurativi emessi
da imprese di assicurazione[29]. L'esclusione dall'obbligo di prospetto e
dall'applicazione della disciplina dettata in materia di offerta fuori sede per
i prodotti bancari ed assicurativi è stata oggetto di un'ampia rivisitazione da
parte del legislatore prima con la l. 262 del 2005, successivamente con il
d.lgs n. 303 del 2006[30]. Con il primo intervento il legislatore, coerentemente
con l'abrogazione dell'art. 100, 1° co., lett. f) t.u.f., e con l'estensione
alla sottoscrizione e al collocamento di prodotti finanziari emessi da banche
ed imprese di assicurazione degli artt. 21 e 23 che disciplinano i doveri di
condotta degli intermediari nella prestazione dei servizi di investimento, ha
allargato l'ambito di applicazione dell'art. 30 t.u.f. anche ««ai prodotti
finanziari diversi dagli strumenti finanziari e dai prodotti finanziari emessi
dalle imprese di assicurazione, fermo restando l'obbligo di consegna del
prospetto informativo»»[31]. Il d.lgs 303/2006 ha ulteriormente rivisto la
disciplina in oggetto che ora si applica anche ai prodotti finanziari emessi da
imprese di assicurazione, "limitatamente ai soggetti abilitati".
L'attuale art. 30 t.u.f. si applica pertanto a tutti i prodotti finanziari, ivi
compresi quelli emessi dalle banche, come definiti all'art. 1, 1° co., lett. u)
t.u.f., ovvero agli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di
natura finanziaria, ad eccezione dei depositi bancari o postali non
rappresentati da strumenti finanziari, e limitatamente a quelli a emessi da
imprese di assicurazione[32], ai prodotti finanziari di cui all'art. 1, 1° co.
lett. wbis) t.u.f., ovvero "le polizze e le operazioni di cui ai rami vita
III e V di cui all'articolo 2, co. 1, del decreto legislativo 7 settembre 2005,
n. 209, con esclusione delle forme pensionistiche individuali di cui
all'articolo 13, co. 1, lettera b), del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n.
252". Nella nuova definizione di prodotti finanziari assicurativi sono
pertanto ricompresse le assicurazioni sulla vita le cui prestazioni principali
sono direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento
collettivo del risparmio o di fondi interni ovvero a indici o ad altri valori
di riferimento (quali ad esempio le polizze unit o index linked) e le
operazioni di capitalizzazione, relativamente alle quali manca una convenzione
sulla durata della vita umana e quindi la copertura del rischio demografico.
Tuttavia l'art.. 30 t.u.f. si applica ai "prodotti finanziari emessi da
imprese di assicurazione" solo se offerti dai soggetti abilitati (banche
autorizzate alla prestazione dei servizi di investimento, imprese di
investimento, sgr società di gestione armonizzate, sicav ed intermediari
finanziari). Quando invece tali prodotti vengano offerti direttamente dalle
imprese assicurative la disciplina applicabile è solo quella del codice delle
assicurazioni. In tale caso, in particolare, l'impresa assicurativa non è
soggetta all'obbligo di avvalersi dei promotori finanziari nella prestazione
del servizio e la revocabilità della proposta ed il diritto di recesso sono
disciplinati dagli art. 176 e 177 del d.lgs 209/2005, la cui disciplina
presenta alcune rilevanti differenze rispetto al t.u.f[33]. In particolare (i)
il diritto di recesso previsto all'art. 177 può essere esercitato entro 30
giorni dalla conclusione del contratto e non entro sette giorni come previsto
all'art. 30, 6° co. t.u.f.; (ii) è svincolato dalle modalità con le quali
avviene l'offerta ed è pertanto consentito anche qualora il contratto sia
sottoscritto presso la sede dell'impresa assicurativa; (iii) non è prevista la
sanzione della nullità in caso di mancata menzione del diritto di recesso nella
proposta del contratto di assicurazione; (iv) in caso di recesso l'impresa
assicurativa è tenuta a rimborsare il premio, al netto della parte relativa al
periodo per il quale il contratto ha avuto effetto, con un'importante
differenza rispetto all'art. 30 t.u.f che specifica che il recesso avviene
senza spese né corrispettivo per il promotore finanziario o il soggetto
abilitato.
Mentre in caso di distribuzione dei prodotti assicurativi-finanziari da parte
delle imprese di assicurazione saranno applicabili le sole norme previste dal
codice delle assicurazioni, in caso di offerta dei medesimi prodotti da parte
dei soggetti abilitati, pare doversi ritenere che alle norme previste nel
t.u.f. si sovrappongano quelle del d.lgs 209/2005. Quindi in caso di offerta
fuori sede l'investitore potrà recedere entro sette giorni dalla sottoscrizione
senza dover corrispondere spese né corrispettivi all'intermediario o al
promotore, o, alternativamente, entro 30 giorni ai sensi dell'art. 177 d.lgs
209/2005, dietro il rimborso delle spese effettivamente sostenute dall'impresa
assicurativa e previa restituzione del premio versato al netto della parte
relativa al periodo relativamente al quale il contratto ha avuto efficacia. Il
nuovo art. 30, 9° co., presenta quindi una disparità di trattamento tra offerta
fuori sede di prodotti assicurativi- finanziari a seconda del fatto che gli
stessi siano offerti dalle imprese assicurative o da quelle
bancarie-finanziarie abilitate. Se tale disparità può essere giustificata quanto
all'obbligo di prestare il servizio tramite i promotori finanziari che avrebbe
comportato un radicale mutamento della rete distributiva nel settore
assicurativo, pare invece irragionevole con riferimento alla disciplina del
diritto di recesso, che sarebbe stato opportuno estendere anche in caso di
distribuzione fuori sede dei medesimi prodotti da parte delle assicurazioni.
4. Una valutazione dell'istituto
Come osservato da autorevole dottrina[34] "una valutazione dei costi e dei
benefici condanna l'istituto" del diritto di recesso previsto dall'art. 30
t.u.f. Da un lato la sospensione per sette giorni dell'efficacia del contratto
o della proposta può in molti casi essere fonte di danno per l'investitore che
dal ritardo nell'esecuzione dell'operazione può spesso subire un pregiudizio
conseguente ad una flessione del valore dell'investimento[35]. Dall'altro il
diritto di recesso viene esercitato solo in casi marginali dagli investitori
sofisticati[36], in grado di valutare attentamente l'opportunità di recedere
nel termine di sette giorni[37]. L'istituto può presentare un rischio di
speculazione da parte degli investitori più accorti i quali, in considerazione
della sospensione dell'efficacia del contratto o della proposta, possono
riservarsi la facoltà di recedere qualora nell'arco dei sette giorni in cui è
consentito l'esercizio del diritto di ripensamento, gli strumenti o i prodotti
finanziari subiscano una flessione negativa[38]. L'unico residuale ambito di
effettiva tutela per il piccolo risparmiatore rimane quindi la previsione di
nullità del contratto per le ipotesi in cui, come testimonia l'elevato numero
di pronunce giurisprudenziali in materia[39], non venga indicato nei moduli o
nei formulari utilizzati dal cliente la facoltà di ripensamento. E' però
evidente come tale tutela, di natura prettamente riparatoria e di carattere
esclusivamente formale, non risponda alle effettive esigenze di tutela della
parte debole in presenza di un'attività contrattuale sorprendente che non ha
consentito una completa valutazione dei rischi e delle caratteristiche
dell'operazione.
L'inadeguatezza del diritto di recesso previsto all'art. 30 t.u.f. è tuttavia
ancora più evidente se si considera che tale norma, nata in un contesto
normativo ed operativo completamente diverso da quello attuale, non pare
rispondere alle effettive esigenze di celerità e di tutela dell'investitore
nella contrattazione a distanza, diffusasi in maniera considerevole con
l'avvento delle nuove tecnologie e con il trading on-line la cui stessa
funzione risiede nell'opportunità di impartire ordini con efficacia pressoché
immediata. Anche per tali ragioni, con il recepimento della direttiva
2002/65/CE da parte del d.lgs. 190/2005 (oggi trasfuso agli artt. 67bis e ss.
cod. cons), le offerte a distanza sono soggette ad una disciplina speciale che
ha segnato uno scostamento dal modello di tutela previsto per le offerte a
distanza disciplinate dall'art. 30 t.u.f.
5. La commercializzazione a distanza dei servizi finanziari tra Codice del
Consumo e nuovo Regolamento Intermediari
La direttiva 2002/25/CE ha colmato nel panorama comunitario la lacuna
conseguente all'inapplicabilità ai servizi finanziari della direttiva 97/7/CE
in tema di contratti a distanza[40]. La direttiva è stata recepita con qualche
mese di ritardo in Italia dal d.lgs 190/2005[41] che ha riprodotto in maniera
pressoché testuale le disposizioni comunitarie[42], dotate di un particolare
grado di analiticità proprio per offrire una legislazione uniforme degli Stati
membri che consentisse nel contempo di incrementare la fiducia da parte dei
consumatori e di incentivare la commercializzazione dei servizi finanziari
oltre i confini nazionali, nella prospettiva di realizzare un mercato unico
integrato dei servizi finanziari, che per la loro natura immateriale si
prestano alle tecniche di commercializzazione a distanza[43]. Il d.lgs 221/2007
ha abrogato il d.lgs 190/2007, inserendo la relativa disciplina in una nuova
sezione IV bis al capo I, titolo III, parte III del Codice del Consumo, d.lgs 6
settembre 2005, n. 206 . Il regime della commercializzazione dei servizi
finanziari a distanza oggi contenuta nel Codice del Consumo si fonda su due
pilastri: gli obblighi di informazione da fornire al consumatore prima della
conclusione del contratto ed il riconoscimento del diritto di recesso.
Mentre il diritto di recesso è oggi disciplinato in via esclusiva dal Codice
del Consumo, la disciplina dei doveri di informazione imposti agli intermediari
nelle offerte a distanza è contenuta anche nel t.u.f. e nel Regolamento
attuativo della Consob, come recentemente modificati in conseguenza del
recepimento della Direttiva MIFID. In particolare l'art. 32 t.u.f., primo comma
contiene la definizione di tecniche di comunicazione a distanza e al secondo
comma prevede che ««la Consob, sentita la Banca d'Italia, può disciplinare con
regolamento, in conformità dei principi stabiliti nell'art. 30 e nel d.lgs 19
agosto 2005, n. 190, la promozione e il collocamento mediante tecniche di
comunicazione a distanza di servizi e attività di investimento e di prodotti
finanziari»». Il Regolamento attuativo della Consob, approvato con delibera n.
16190 del 29 ottobre 2007 disciplina in via generale la promozione ed il
collocamento a distanza agli artt. 79-81 e, limitatamente alla distribuzione di
prodotti finanziari assicurativi, all'art. 87. Risulta pertanto opportuno
ricostruire il complessivo quadro normativo, individuando l'ambito di
applicazione del Codice del Consumo e del t.u.f. (e dei regolamenti di
attuazione) per affrontare conseguentemente i diversi problemi di coordinamento
posti dalle recenti novità legislative.
5.1 L'ambito soggettivo di applicazione
L'aspetto relativamente al quale si registra una marcata differenziazione tra
il Codice del Consumo e la disciplina contenuta nel t.u.f. e nel Regolamento
intermediari riguarda l'ambito soggettivo di applicazione.
Gli artt. 67bis e ss. del Codice del Consumo si applicano infatti ai contratti
stipulati tra i fornitori ed i consumatori ovvero ««qualunque persona fisica
che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale
eventualmente svolta»». L'intera disciplina dei servizi di investimento
individua invece quale soggetto bisognoso di tutela l'investitore non
qualificato, oggi definito come l'investitore al dettaglio. La definizione di
cliente al dettaglio (come per altro già in precedenza quella di operatore non
qualificato desumibile a contrario dall'art. 31 Reg. Consob 11522/98) e quella
tradizionale di consumatore adottata anche dalla Direttiva 2005/62/CE sono
estremamente diverse e si basano su presupposti in buona parte non coincidenti.
L'art. 79, 6° co. del Reg. Consob 16190/07 prevede che ««non costituiscono
promozione e collocamento mediante tecniche di comunicazione a distanza le attività
svolte nei confronti dei clienti professionali di cui all'art. 26 lett. d)»»,
dovendosi pertanto ritenere che le norme specifiche sulle offerte a distanza
contenute agli art. 79-81 del Regolamento attuativo della Consob, così come i
doveri generali di condotta previsto al libro III del regolamento, richiamati
per le offerte a distanza dall'art. 81, 1° co, trovino applicazione per tutti i
clienti non professionali, ovvero per i clienti al dettaglio.
L'art. 26, 1° co. lett. e) Reg. Consob 16190/907 individua la figura del
cliente al dettaglio in negativo quale persona fisica o giuridica che non sia
controparte qualificata o cliente professionale. La definizione di cliente
professionale per la quale l'art. 26, 1° co. lett. d) del Reg. Consob 16190/07
rinvia all'all. 3 comprende due categorie di soggetti: i clienti professionali
di diritto e quelli a richiesta
Sono considerati come clienti professionali di diritto gli imprenditori
finanziari[44] e le imprese di grandi dimensioni[45]. Gli altri investitori, ed
in particolare le persone fisiche e le imprese non finanziarie di piccole
dimensioni possono essere invece classificati come clienti professionali solo
se l'impresa di investimento, a seguito di una valutazione adeguata della
competenza, dell'esperienza e delle conoscenze del cliente, possa
ragionevolmente ritenere, anche considerando la natura delle operazioni o dei
servizi prestati, che il cliente sia in grado di adottare autonomamente le
proprie decisioni di investimento e di comprenderne i rischi[46].
L'ambito soggettivo di applicazione degli artt. 67bis e ss del Codice del
Consumo e del Reg. Consob 16190/2007 in materia di promozione e collocamento a
distanza dei servizi finanziari si sovrappongono quindi in maniera disarmonica
ed irragionevole. Mentre ad esempio le imprese non sono mai consumatori ma
possono essere classificate come clienti al dettaglio e quindi essere soggette
alla sola disciplina prevista nel Reg. Consob, gli investitori sofisticati sono
allo stesso tempo clienti professionali e consumatori con la conseguenza che
nei loro confronti troverebbero applicazione gli artt. 67bis e ss. del Codice
del Consumo e non invece la disciplina generale che regola i doveri di
informazione degli intermediari anche nei contratti a distanza.
La delimitazione dell'ambito di applicazione degli artt. 67bis e ss ai soli
consumatori, secondo la tradizionale nozione di consumatore avallata dalla
giurisprudenza della Cassazione, della Corte di Giustizia[47] ed infine dalla
Corte Costituzionale[48], pare irragionevole e si presta alle medesime critiche
mosse dalla dottrina che, con riferimento all'art. 1469bis c.c, ha ritenuto
ingiustificata e discriminatoria la definizione di consumatore come la sola
persona fisica che agisce per finalità non professionali[49]. L'oramai
consolidata interpretazione di consumatore comporta infatti un'ingiustificata
disparità di trattamento, che, seguendo i canoni ermeneutici del formalismo,
pare fondarsi sul presupposto per cui l'esame della realtà debba esclusivamente
avvenire in ottemperanza alla visione del mondo idealizzata dal legislatore
(ovvero che solo per i consumatori e non per gli imprenditori sussista uno
squilibrio contrattuale ed un'asimmetria informativa) , anche se del tutto
avulsa dalla realtà fattuale sottostante (che ci dice che lo squilibrio
contrattuale e l'asimmetria informativa sussistono indipendentemente dalle
categorie del legislatore) [50]. Tali rilievi critici paiono ancor più
giustificati per i contratti di investimento, materia in cui la tutela informativa
del cliente è in via generale svincolata dall'esercizio di un'attività
professionale, e quindi dall'appartenenza a categorie sociali protette,
richiedendo invece una concreta analisi della realtà dei rapporti contrattuali
per verificare se il cliente dell'intermediario sia un soggetto dotato di
sufficiente esperienza e di specifiche conoscenze negli investimenti. Non pare
ragionevole che i clienti dell'intermediario che non siano consumatori né
operatori qualificati, siano trattati in maniera eguale ai consumatori quando
il servizio di investimento venga prestato con la contestuale presenza fisica
del consumatore e del fornitore del servizio, e in maniera differenziata quando
il medesimo servizio avvenga a distanza. Proprio tali modalità di promozione e
collocamento degli strumenti finanziari necessitano una tutela rafforzata, come
confermato dal fatto che anche con il Reg. Consob 16190/2007 le norme
specifiche che disciplinano i contratti a distanza continuano a trovare
applicazione nei confronti dei clienti al dettaglio e non dei consumatori.
5.2 L'ambito oggettivo di applicazione
L'ambito oggettivo di applicazione degli artt. 67bis e ss del Codice del
Consumo comprende tutti i contratti a distanza che hanno ad oggetto servizi
finanziari, ovvero, come specificato all'art 67ter, 1° co. lett. b) ««qualsiasi
servizio di natura bancaria, creditizia, di pagamento, di investimento, di
assicurazione o di previdenza individuale»».
Ai sensi degli artt. 67ter, 1° co. lett. a) e 50 1° co. lett. a) per "contratto
a distanza" si intende qualunque contratto avente per oggetto servizi
finanziari concluso tra un fornitore e un consumatore nell'ambito di un sistema
di vendita o di prestazione di servizi a distanza organizzato dal fornitore
che, per tale contratto ««impieghi esclusivamente una o più tecniche di
comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la
conclusione del contratto stesso»». Il decreto trova pertanto applicazione solo
qualora siano esclusivamente utilizzate tecniche di comunicazione a distanza
fino alla conclusione del contratto, dovendosi pertanto ritenere che non siano
soggette alle regole di cui agli artt. 67bis e ss. le attività promozionali
quando il contratto sia concluso inter presentes[51].
L'ambito di applicazione del t.u.f. e del Regolamento Intermediari appare
invece più ampio in quanto l'art. 32 demanda alla Consob di disciplinare la
promozione e il collocamento mediante tecniche di comunicazione a distanza di
servizi, attività di investimento e prodotti finanziari. Così come già
osservato in dottrina con riferimento all'art. 30 t.u.f.[52] l'espressione
promozione e collocamento va intesa in senso alternativo, essendo sufficiente
che anche solo l'attività di promozione avvenga con tecniche di comunicazione
distanza.
La definizione di tecniche di comunicazione a distanza non presenta invece
particolari differenze in quanto sia l'art. 67ter, 1° co. lett. e) Codice del
Consumo, sia l'art. 32 t.u.f. ne individuano il tratto distintivo nella mancata
simultanea presenza fisica del fornitore e del consumatore[53]. Tra le tecniche
di comunicazione a distanza rientrano pertanto i colloqui telefonici, lo
scambio di corrispondenza, il fax, l'e-mail e l'utilizzo dei siti internet
point and click[54] quando tali tecniche di comunicazione consentano la
promozione o la conclusione di contratti di investimento e non realizzino una
mera comunicazione pubblicitaria che non comporti un contatto diretto tra
l'intermediario e l'investitore[55].
L'art. 67bis, 2° co. prevede che ««per i contratti riguardanti servizi
finanziari costituiti da un accordo iniziale di servizio seguito da operazioni
successive o da una serie di operazioni distinte della stessa natura
scaglionate nel tempo, le disposizioni del presente decreto si applicano
esclusivamente all'accordo iniziale»». In assenza di un accordo iniziale di
servizio, ma quando tra le stesse parti siano effettuate operazioni successive
della stessa natura, gli obblighi di informazione, si applicano solo alla prima
operazione, ad eccezione del caso in cui quelle successive vengano effettuate a
più di un anno di distanza[56].
Sebbene né la Direttiva, né il Codice del Consumo offrono una definizione di
"accordo iniziale di servizio" e di "operazioni successive della
stessa natura"[57], pare che tra i primi vadano ricompresi sia i contratti
ai quali seguano operazioni di natura esecutiva quali la gestione di
portafogli[58] sia i contratti normativi[59], ovvero gli accordi che, senza
incidere sulla sfera patrimoniale dei contraenti, dettano una regolamentazione
dei successivi rapporti, come ad esempio i contratti di conto corrente
bancario, di deposito e amministrazione titoli ed il contratto di negoziazione
previsto dall'art. 23 t.u.f.
Se non paiono poi sussistere particolari problemi nel riconoscere che l'intero
decreto possa applicarsi ad ogni singola sottoscrizione di polizze assicurative
di natura finanziaria e di piani pensionistici individuali in quanto in tali
ipotesi non è ravvisabile un accordo iniziale di servizio al quale seguano
successive operazioni della medesima natura[60], i problemi maggiori si pongono
con riferimento ai servizi di negoziazione, ricezione e trasmissione ordini,
che ai sensi dell'art. 23 t.u.f. richiedono la sottoscrizione di un contratto
quadro. Se da un lato non può negarsi che anche in tale ipotesi vi sia un
contratto normativo che può valere come accordo iniziale di servizio, occorre
tuttavia sottolineare che l'acquisto di differenti strumenti finanziari non si
allontana di molto dall'investimento in quote di diversi fondi comuni di
investimento, esplicitamente esentati dal 17° considerando della Direttiva[61].
In entrambe le situazioni infatti l'investitore può esporsi a rischi
difficilmente preventivabili a priori al momento della conclusione del contratto
iniziale. Pare in ogni caso che il dato letterale dell'art. 67bis non lasci
spazio per applicare la disciplina della commercializzazione a distanza ad ogni
singolo ordine, sancendo in maniera piuttosto netta che i doveri di
informazione ed il recesso operano solo con riferimento alla conclusione del
contratto quadro[62].
5.3 I doveri di informazione
Il principale problema di coordinamento tra gli artt. 67bis e ss. cod. cons.,
da un lato, il t.u.f. e, soprattutto, la disciplina secondaria di attuazione,
dall'altro, riguarda i doveri di informazione imposti agli intermediari. L'art.
67bis, 3° co. cod. cons. fa salve, ove non espressamente derogate, le
disposizioni in materia bancaria, finanziaria ed assicurativa e le competenze
(anche regolamentari) delle autorità indipendenti di settore. L' art. 67decies
precisa inoltre che in aggiunta alle informazioni contenute agli artt. 3-7 sono
applicabili le disposizioni più rigorose previste dalla normativa di settore
che disciplina l'offerta del prodotto o del servizio.
Il coordinamento tra i diversi segmenti normativi che disciplinano la
commercializzazione a distanza dei servizi di investimento può essere risolto
applicando il t.u.f. e la disciplina di attuazione della Consob per quegli
aspetti non contemplati nel Codice del Consumo o comunque soggetti ad una
disciplina meno rigorosa, ed applicando gli artt. 67bis e ss cod. cons. qualora
la disciplina del t.u.f. e le norme di attuazione contengano lacune o
disposizioni di minor tutela per l'investitore al dettaglio.
L'art. 67quater cod. cons. elenca i doveri di informazione che il fornitore del
servizio deve rispettare prima che il consumatore sia vincolato da un contratto
a distanza o da un'offerta che vengono specificati in maniera dettagliata agli
artt. 67quinquies -67octies. In linea generale l'art. 67quater 2° co.,
specifica che nell'adempimento dei propri doveri informativi il fornitore del
servizio deve operare secondo le clausole generali di correttezza e buona fede,
specificando in maniera inequivocabile il fine commerciale sottostante alla
commercializzazione. Tutte le informazioni devono essere presentate al
consumatore in maniera chiara e comprensibile e con modalità adeguate al mezzo
di comunicazione impiegato. Tali principi devono nello specifico essere
integrati dalle disposizioni previste agli artt. 27 del Reg. Consob 16190/2007
che richiama i principi generali per cui tutte le informazioni, comprese quelle
pubblicitarie e promozionali indirizzate dagli intermediari a clienti o a
potenziali clienti[63], devono essere chiare, corrette e non fuorvianti, e
all'art. 28 che detta precise disposizioni in ordine alle informazioni di
raffronto tra diversi servizi o strumenti finanziari[64], alla possibilità di
indicare i risultati passati di uno strumento finanziario o di un servizio di
investimento[65], sulla possibilità di utilizzare dati storici[66], di
effettuare stime sui risultati futuri[67].
In linea generale i doveri di informazione previsti dal Codice del Consumo
riguardano più specificamente il fornitore del servizio, il servizio
finanziario, il contratto a distanza ed il diritto di ricorrere a procedure
extragiudiziali o l'esistenza di fondi di garanzia.
Gli obblighi di informazione circa caratteristiche ed i rischi degli strumenti
finanziari previsti dall'art. 67sexies cod. cons., anche perché diretti a
disciplinare tutti i possibili servizi finanziari, rappresentano una versione
embrionale dei doveri di condotta degli intermediari imposti dal t.u.f. e dagli
artt. 26-59 del Reg. 16190/2007[68], che, sono integralmente applicabili, in
via generale, anche nella prestazione dei servizi a distanza ai sensi dell'art.
81 del Regolamento, e per i prodotti assicurativi finanziari ai sensi dell'art.
87 1° co[69]. In considerazione di tale precisazione, ed in particolare in
ragione del fatto che l'art. 67undecies cod. cons. prevede che tutte le
informazioni, comprese quelle speciali di settore, debbano essere comunicate al
consumatore su supporto cartaceo o durevole prima della conclusione del contratto,
pare doversi concludere che il problema dell'individuazione del contenuto
preciso degli obblighi informativi possa prescindere dalle disposizioni
contenute nel Codice del Consumo, sostanzialmente assorbite da quelle più
specifiche e dettagliate che disciplinano la prestazione dei servizi di
investimento[70].
Le informazioni relative al fornitore previste all'art. 67quinquies cod. cons.
(relative all'identità del fornitore, del suo rappresentante o di eventuali
professionisti di cui questi si avvalga nella prestazione del servizio) sono
infatti comprese all'art. 29 Reg. 16190/2007 che aggiunge ad esempio alla lett.
i) ««una descrizione, anche in forma sintetica, della politica seguita
dall'intermediario in materia di conflitti di interesse»» che, su richiesta
dell'investitore, può essere integrata da informazioni di maggiore dettaglio.
Le specifiche informazioni che riguardano i costi complessivi del servizio
previste all'art. 67sexies lett. b) e g) cod. cons.[71] coincidono con quelle
previste all'art. 32, 1° co. del Reg. 16190/2007 che, in particolare, impone di
informare l'investitore del ««corrispettivo totale che il cliente deve pagare
in relazione allo strumento finanziario o al servizio di investimento o
accessorio»»[72], nel cui ambito possono essere ricompresi anche i costi
aggiuntivi connessi all'utilizzazione della tecnica di comunicazione a distanza
di cui all'art. 67sexies, lett. g) cod. cons.
Anche per ciò che attiene le caratteristiche ed i rischi connessi al servizio
finanziario l'art. 67sexies lett. a), c) e h) non apporta particolari novità
rispetto ai più precisi obblighi informativi previsti agli artt. 37 e 38 Reg.
Consob che, per tutti i servizi diversi dalla consulenza, impongono la
sottoscrizione del contratto nel quale devono essere dettagliate tutte le
caratteristiche del servizio[73], e all'art. 31, relativo alle informazioni
sugli strumenti finanziari oggetto del servizio prestato[74].
L'unico aspetto sul quale il Codice del Consumo pare contenere obblighi
ulteriori rispetto a quelli previsti dal nuovo Reg. 16190/2007 riguarda il
complesso informativo relativo al diritto di recesso che, come si è detto, oggi
non è più soggetto alla disciplina del t.u.f. L'art. 67septies prevede infatti
l'obbligo di fornire le informazioni che riguardano ««l'esistenza o la mancanza
del diritto di recesso conformemente all'articolo 67-duodecies e, se tale
diritto esiste, la durata e le modalità d'esercizio, comprese le informazioni
relative all'importo che il consumatore può essere tenuto a versare ai sensi
dell'articolo 67-terdecies, co. 1, nonché alle conseguenze derivanti dal
mancato esercizio di detto diritto»» (lett. a); ««le informazioni relative agli
eventuali diritti delle parti, secondo i termini del contratto a distanza, di
mettere fine allo stesso prima della scadenza o unilateralmente, comprese le
penali eventualmente stabilite dal contratto in tali casi»» (lett. c); ««le
istruzioni pratiche per l'esercizio del diritto di recesso, comprendenti tra
l'altro il mezzo, inclusa in ogni caso la lettera raccomandata con avviso di
ricevimento, e l'indirizzo a cui deve essere inviata la comunicazione di
recesso»» (lett. d).
5.4 Modalità e strumenti informativi
Sia l'art. 67decies cod. cons, sia l'art. 36 Reg. 16190/2007 prevedono che le
informazioni debbano essere fornite su supporto cartaceo o duraturo. Tuttavia
mentre ai sensi dell'art. 67decies il consumatore ha la mera facoltà di
richiedere l'utilizzo del supporto cartaceo, l'art. 36, 1° co. lett b) del Reg.
16190/2007 consente l'utilizzo del supporto duraturo non cartaceo alla
condizione che il cliente abbia scelto tale modalità di comunicazione e che la
stesa risulti appropriata per il contesto che caratterizza il rapporto tra
cliente ed intermediario. Appropriatezza che pare generalmente sussistere
qualora il cliente operi abitualmente tramite internet o via e-mail.
Il Reg. 16190/2007 ed il Codice del Consumo definiscono in maniera pressoché
identica il supporto durevole [art. 67ter, lett. f) cod. cons] e quello
duraturo [art. 2 lett. f) Reg. 16190/2007], come qualsiasi strumento che
consenta al cliente di conservare le informazioni a lui personalmente dirette
in modo che le stesse possano essere agevolmente recuperate e riprodotte senza
mutarne il contenuto, ovvero come specificato al 20° considerando della
Direttiva 2002/65/CE, i dischetti informativi, i CD-ROM, i DVD, il disco fisso
del computer.
Tuttavia, mentre l'art. 67undecies cod. cons. prevede che tutte le
informazioni, e anche quelle specifiche relative ai servizi di investimento
debbano essere fornite su supporto cartaceo o duraturo, l'art. 34 co. 3 e co. 5
Reg. 16190/2007 limita tale dovere solo ad alcuni degli obblighi di
informazione imposti agli intermediari[75]. Non è infatti espressamente
previsto che debbano essere fornite su supporto duraturo le informazioni
relative alle caratteristiche del cliente, necessarie per la prestazione dei
servizi di consulenza e di gestione di portafogli di cui all'art. 39,
l'avvertimento di non appropriatezza delle operazioni ex art. 42, 3° co.,
nonché l'informazione, che può essere fornita in formato standardizzato, che in
caso di prestazione del servizio di execution only l'intermediario non è tenuto
a valutare l'appropriatezza delle operazioni di investimento. Nessun
riferimento all'obbligo di utilizzare un supporto duraturo è inoltre presente
all'art. 37 che disciplina il contenuto del contratto quadro per la prestazione
dei servizi di investimento e all'art. 38 relativo al contratto di gestione di
portafogli di investimento.
Occorre però segnalare che l'art. 87, 2° co. Reg. 16190/2007, nel disciplinare
la distribuzione di prodotti finanziari assicurativi mediante tecniche di
comunicazione a distanza, in deroga all'art. 34 co. 3 e co. 5 prevede che
l'adempimento di tutti gli obblighi informativi debba avvenire mediante la
consegna di un supporto cartaceo o di altro supporto duraturo disponibile ed
accessibile per il contraente, precisando tuttavia che tale informazione può
essere anticipata verbalmente ove sia necessaria una copertura immediata del
rischio o qualora lo richieda il contraente e, in tale caso, l'informativa su
supporto cartaceo o su supporto duraturo deve essere fornita entro due giorni
lavorativi dalla conclusione del contratto.
Pur in assenza di una specifica disposizione regolamentare che preveda
l'obbligo di utilizzare un supporto cartaceo o duraturo per tutte le
informazioni imposte nella promozione e nel collocamento a distanza, l'art.
67undecies cod. cons, da un alto, e l'art. 87, 2° co. del Reg. 16190/2007, dall'altro,
possono far fondatamente ritenere che per tutte le operazioni a distanza tutti
i doveri di informazione debbano essere adempiuti utilizzando un supporto
cartaceo o duraturo. Sarebbe infatti irragionevole ritenere che l'utilizzo di
tale strumento informativo sia obbligatorio solo per la commercializzazione a
distanza di prodotti finanziari assicurativi, e non invece per la prestazione
di servizi di investimento relativi ad altri prodotti o strumenti finanziari.
In entrambe le situazioni sussistono infatti le medesime esigenze di tutela del
cliente il quale deve poter disporre di uno strumento di agevole consultazione
per verificare il contenuto delle clausole contrattuali e le altre informazioni
fornite dall'intermediario.
Mentre il 20° considerando della Direttiva 2002/25/CE esclude espressamente che
l'adempimento dei doveri di informazione possa avvenire utilizzando ««i siti
internet, tranne quelli che soddisfano i criteri di cui alla definizione di
supporto durevole»», l'art. 36 Reg. 16190/2007 prevede che alcune delle
informazioni possano essere fornite tramite un sito internet anche qualora non
indirizzate personalmente al cliente. L'utilizzo del sito per adempiere i
doveri di informazione imposti all'intermediario è tuttavia consentito solo in
alcuni specifici casi ed al ricorrere di specifiche condizioni dirette ad
assicurare l'idoneità di tale mezzo di comunicazione che, rispetto all'invio
del supporto cartaceo o durevole, presuppone un comportamento attivo
dell'investitore il quale deve reperire in maniera autonoma le informazioni.
L'utilizzo del sito internet è consentito per fornire le informazioni di cui
agli artt. 29 (relative all'intermediario ed ai servizi), 30 (concernenti la
salvaguardia degli strumenti finanziari e delle somme della clientela), 31
(sugli strumenti finanziari), 32 (sui costi e gli oneri), 34 (concernenti i
termini del contratto) e 46 (sulla strategia di esecuzione degli ordini). Tale
elenco, seppur particolarmente ampio, pare tassativo, dovendosi pertanto
ritenere vietato l'utilizzo del sito internet per l'adempimento di eventuali
ulteriori doveri informativi previsti nel Regolamento Intermediari.
Affinché le informazioni possano essere fornite tramite il sito internet il
cliente deve espressamente acconsentirvi, deve ricevere elettronicamente
l'indirizzo ed il punto specifico del sito dove siano reperibili le
informazioni che devono essere sempre aggiornate ed accessibili per tutto il
periodo di tempo in cui il cliente può avere la necessità di acquisirle. In
ogni caso l'utilizzo del sito internet è consentito solo qualora appaia
appropriato per il contesto in cui è destinato a svolgersi il rapporto tra
l'intermediario ed il cliente. Tale valutazione deve essere quindi effettuata
dall'intermediario prima dell'inizio del servizio e rappresenta un elemento
ulteriore rispetto al semplice consenso scritto del cliente. Nell'ambito di
tale valutazione l'intermediario dovrà tenere in considerazione le
caratteristiche soggettive del cliente (quali l'età, la capacità di utilizzare
il computer e di accedere alla rete) ed il contesto nel quale viene prestato il
servizio, con la conseguenza che qualora questo si svolga prevalentemente
tramite il trading on-line, deve ritenersi giustificato l'utilizzo del sito
quale veicolo informativo[76].
L'art. 67novies cod. cons. contiene inoltre una disciplina specifica delle
comunicazioni mediante telefonia vocale giustificata in ragione dell'invasività
e persuasività di tale mezzo di comunicazione[77]. Tali disposizioni, non
presenti nel Reg. 16190/2007, integrano quindi la disciplina specifica della
prestazione dei servizi di investimento a distanza nei confronti dei
consumatori. Prima dell'inizio della comunicazione deve essere specificata
l'identità del fornitore del servizio, il fine commerciale della chiamata e
deve necessariamente essere preventivamente acquisito il consenso del
consumatore; una volta acquisito il consenso del consumatore alla continuazione
della conversazione telefonica il fornitore del servizio deve fornire alcune
informazioni sommarie meglio specificate all'art. 67novies 1° co. lett. b), tra
le quali sono da segnalare una descrizione delle principali caratteristiche del
servizio, il prezzo finale a carico del consumatore, l'eventuale esistenza del
diritto di recesso e le sue modalità d'esercizio; prima della sottoscrizione
del contratto deve essere integrata l'informazione sommaria fornita via
telefono e, ai sensi dell'art. 67undecies cod. cons., devono quindi essere
fornite su supporto cartaceo o duraturo le condizioni contrattuali e tutte le
informazioni previste agli artt 67quater - 67octies cod. cons. e agli artt. 26
e ss. del Reg. 16190/2007.
5.5 Il diritto di recesso
Con il d.lgs 164/2007 il legislatore ha eliminato l'estensione dell'art. 30,
sesto comma, ai contratti ed alle proposte a distanza[78]. Tale intervento è
risultato certamente opportuno in quanto la disciplina del t.u.f. e del d.lgs
190/2005 non risultavano adeguatamente coordinate in considerazione del fatto
che l'art. 30, 6° co. poteva continuare a trovare applicazione per gli
operatori non qualificati diversi dai consumatori, determinando così una
scomposizione degli strumenti di tutela degli investitori che appariva
disarmonica ed irrazionale[79].
Oggi pertanto il diritto di recesso per i servizi finanziari a distanza è
disciplinato in via esclusiva dal Codice del Consumo che ha ridisegnato
complessivamente l'istituto accogliendo alcune osservazioni mosse da parte
della dottrina che aveva segnalato che la sospensione dell'efficacia del
contratto poteva, da un lato essere pregiudizievole per l'investitore per il
ritardo nell'esecuzione delle operazioni, e, dall'altro incentivare operazioni
opportunistiche attraverso l'esercizio del diritto di recesso per quelle
operazioni risultate sconvenienti nel periodo di sospensione di efficacia del
contratto.
Proprio per ovviare a tali inconvenienti l'art. 67duodecies, 5° co. cod. cons.,
esclude l'applicabilità del diritto di recesso e conseguentemente della
sospensione dell'efficacia del contratto per i servizi finanziari, diversi
dalla gestione di portafogli di investimento relativamente ai quali siano
effettuati investimenti il cui prezzo dipenda da fluttuazioni del mercato che
il fornitore del servizio non è in grado di controllare. La norma enumera,
anche se a mero titolo esemplificativo, i servizi finanziari riguardanti
operazioni di cambio, strumenti del mercato monetario, valori mobiliari, quote
di OICR, i contratti a termine su tassi di interesse, gli swaps , le opzioni
per acquistare o vendere qualsiasi strumento finanziario. L'ambito di
applicabilità dello ius ponitendi nella prestazione dei servizi di investimento
a distanza risulta pertanto limitato ai soli contratti di gestione di
portafogli di investimento, ai contratti normativi per la prestazione del
servizio relativamente ai quali non siano stati impartiti ordini di
investimento[80], ai piani pensionistici individuali, e, parrebbe, alla
sottoscrizione di prodotti finanziari assicurativi emessi da imprese di
assicurazione, certamente ricompresi tra le ««polizze sulla vita di cui al
d.lgs 7 settembre 2005, n. 209»».
L'art. 67duodecies, 5° co. lett. c) include inoltre tra i contratti ai quali
non si applica il diritto di recesso quelli ««interamente eseguiti da entrambe
le parti su richiesta scritta del consumatore prima che quest'ultimo eserciti
il suo diritto di recesso»». La norma pone il dubbio se in caso di servizi di
investimento a cui si applica il diritto di recesso, ovvero le gestioni
patrimoniali, i contratti normativi, o aventi ad oggetto piani pensionistici
individuali o prodotti finanziari assicurativi, possa essere esclusa la
sospensione di efficacia del contratto ed il diritto di recesso sulla base di
una semplice richiesta del consumatore. Pare corretta una risposta negativa in
considerazione del fatto che tale esenzione è consentita solo per i contratti
integralmente eseguiti da entrambe le parti, situazione questa che mal si
attaglia ai rapporti continuativi, quali il servizio di gestione, i prodotti
finanziari assicurativi ed i piani pensionistici individuali che presuppongono
una continua attività gestoria da parte dell'intermediario.
Il consumatore può recedere dal contratto nel termine di quattordici giorni e,
per le polizze vita ed i piani pensionistici individuali nel termine di trenta
giorni, decorrente in via alternativa dalla conclusione del contratto (e per le
assicurazioni sulla vita dal momento della comunicazione della conclusione del
contratto) o dalla data in cui il consumatore ha ricevuto su supporto cartaceo
o duraturo tutte le informazioni previste all'art. 10, se questa è successiva
alla conclusione del contratto[81]. Durante il termine in cui il consumatore
può recedere l'efficacia dei contratti relativi ai servizi di investimento (e
non invece quelli relativi ad altri servizi finanziari) è sospesa, tranne che,
come previsto all'art. 67terdecies, il consumatore ne richieda l'esecuzione
immediata. Il recesso non deve essere motivato ed è comunicato, prima della
scadenza del termine mediante lettera raccomandata, o con gli altri mezzi
indicati dal fornitore del servizio.
A differenza dell'art. 30 t.u.f. l'art. 67duodecies cod. cons. non prevede che
il diritto di recesso possa essere esercitato in presenza di proposte
contrattuali impartite a distanza. Mentre in caso di offerte fuori sede il
termine per recedere decorre in ogni caso dalla sottoscrizione della proposta,
anche non accettata da parte dell'investitore, configurandosi conseguentemente
come un potere di revoca della proposta[82], quando siano utilizzate tecniche
di comunicazione a distanza lo ius poenitendi opera solo in presenza di
contratti conclusi come si può desumere dall'art. 67duodecies 3° co che fa
decorrere il termine per il recesso e la sospensione dell'efficacia del
contratto dalla data di conclusione del contratto o, se successiva, dalla
comunicazione delle informazioni su supporto duraturo[83].
L'art. 67duodecies, 3° co. lett. a) specifica tuttavia che, per le
assicurazioni sulla vita, il termine per il recesso inizia a decorrere solo dal
momento in cui è stata comunicata al consumatore la conclusione del contratto.
In considerazione del fatto che tale previsione è formulata come eccezione alla
regola generale applicabile a tutti gli altri servizi finanziari per cui il
recesso decorre dalla data di conclusione del contratto, a meno di non voler
ritenere che il legislatore abbia ignorato il principio sancito all'art. 1326
c.c. secondo cui il contratto si perfeziona nel momento in cui il proponente ha
conoscenza dell'accettazione dell'altra parte, pare doversi ritenere che solo
per le polizze vita, ma non per altri prodotti o servizi di investimento, non
possa valere quale momento della conclusione del contratto anche l'inizio
dell'esecuzione ai sensi dell'art. 1327 c.c. Tale conclusione pare del resto
avvalorata dal fatto che, rispetto al passato, la sospensione iniziale del
contratto per il periodo in cui è esercitatile il recesso pare non operare
qualora, come riconosciuto all'art. 67terdecies, il consumatore abbia richiesto
la sua esecuzione immediata.
Per tutti gli altri servizi finanziari diversi dalle polizze vita, in presenza
di una proposta contrattuale sottoscritta dal consumatore e di una sua
richiesta di esecuzione immediata il contratto potrà considerarsi concluso con
l'inizio di esecuzione da parte del fornitore del servizio. Tale regola, che
pare poter operare solo qualora non sia richiesta la forma scritta, come nel
caso dei contratti relativi ai servizi di investimento ex art. 23 t.u.f e delle
gestioni patrimoniali ex art. 24 t.u.f.[84], desta non poche perplessità in
quanto il consumatore può non venire a conoscenza del momento preciso in cui ha
avuto inizio l'esecuzione e quindi del giorno di conclusione del contratto dal
quale decorre il termine per recedere[85]. Per ovviare, anche solo parzialmente
a tale inconveniente, anche in considerazione dei principi generali di
correttezza e buona fede, pare doversi ritenere che il fornitore del servizio
debba comunicare su supporto duraturo l'inizio dell'esecuzione del contratto ex
art. 1237 2° co. c.c. in tempo utile per consentire l'esercizio del diritto di
recesso.
Anche gli effetti del recesso del consumatore di servizi finanziari a distanza
sono disciplinati diversamente rispetto alle offerte fuori sede. Mentre infatti
l'art. 30, 6° co. t.u.f. precisa che il recesso non deve comportare spese o
corrispettivi, gli artt. 67duodecies e 67terdecies prevedono che il consumatore
è esentato dal pagamento di penali, ma non dal versamento del corrispettivo
dovuto per il servizio finanziario effettivamente prestato. La richiesta di un
corrispettivo da parte del fornitore deve essere proporzionale al servizio già
eseguito, non può mai essere di entità tale da rappresentare una penale ed in
ogni caso è consentita solo se il fornitore del servizio ha debitamente
informato il consumatore di tale richiesta e se il contratto è stato eseguito
prima del decorso del termine per l'esercizio del recesso su richiesta
esplicita del consumatore.
6. La forma dei contratti di investimento a distanza
I contratti relativi ai servizi di investimento diversi dalla consulenza devono
necessariamente rivestire la forma scritta che funge principalmente da veicolo
del contenuto contrattuale e risponde alla funzione di assicurare la
trasparenza[86] e la conoscibilità delle pattuizioni contrattuali non
predisposte dal cliente. La forma scritta del contratto di investimento è
infatti richiesta non solo per la manifestazione del consenso delle parti, ma
anche per il contenuto minimo del contratto previsto oggi previsto dall'art. 36
Reg. 16190/2007. Se l'obbligo di forma scritta non presenta particolari
problemi per alcune tecniche di comunicazione a distanza, quali ad esempio lo
scambio di corrispondenza o di fax, in presenza di offerte e contratti
telefonici è sempre necessaria la sottoscrizione di un documento cartaceo,
mentre per i contratti telematici è necessario l'utilizzo della firma digitale,
equiparata alla forma scritta[87].
La forma scritta o l'utilizzo della firma digitale pare tuttavia necessario per
la sola conclusione del contratto di investimento in quanto l'art. 57 prevede
che: ««Gli intermediari registrano su nastro magnetico o su altro supporto
equivalente gli ordini impartiti telefonicamente dai clienti, e mantengono
evidenza degli ordini inoltrati elettronicamente dai clienti»»[88]. La norma
ripropone quanto in passato già previsto dalla Consob per la registrazione
degli ordini telefonici all'art. 60, 2° co. Reg. 11522/98 e rappresenta una
parziale novità per quanto attiene agli ordini elettronici in passato oggetto
di una mera comunicazione dell'autorità di vigilanza[89]. L'obbligo di
registrazione degli ordini telefonici ed il dovere di mantenere evidenza degli
ordini elettronici risponde ad una duplice finalità: da un lato viene
valorizzata l'esigenza di rapidità e di celerità delle operazioni di
investimento che non possono essere ostacolate dal rispetto di criteri formali
rigidi[90], dall'altro tende ad assicurare la massima certezza circa l'operato
degli intermediari e a salvaguardare la trasparenza nei rapporti con gli
investitori.
V'è tuttavia da chiedersi se tali prescrizioni rilevino ai meri fini della
regolarità dell'operato dell'intermediario, e se conseguentemente la loro
violazione comporti solo sanzioni di carattere amministrativo, o se, invece,
abbiano anche rilevanza civilistica, e se quindi la registrazione dell'ordine
telefonico o telematico siano forme alternative a quella scritta che ai sensi
dell'art. 23 t.u.f. possono essere prescritte dalla Cosnob e dalla Banca
d'Italia.
L'art. 23 t.u.f. prevedendo l'obbligo della forma scritta per ««i contratti
relativi alla prestazione dei servizi di investimento»», non chiarisce se essa
riguardi solo i contratti quadro o normativi, o anche agli atti esecutivi del
mandato, quali sono i singoli ordini di borsa. In giurisprudenza ed in dottrina
chi ha ritenuto che la forma scritta sia prevista solo per il contratto quadro
ha sottolineato che lo stesso Regolamento Consob prevede che il contratto per
la prestazione dei servizi di investimento debba indicare le modalità con le
quali possono essere impartiti gli ordini[91]. Altra parte della giurisprudenza
e della dottrina[92] hanno invece correttamente sottolineato che l'art. 23
t.u.f. consente solo alla Consob e non invece all'autonomia contrattuale di determinare
forme alternative a quella scritta per i contratti relativi alla prestazione
dei servizi di investimento[93]. Ne conseguirebbe pertanto che nel nostro
sistema non vige un generale principio di libertà di forma degli ordini di
investimento i quali posssono essere impartiti oltre che in forma scritta,
secondo le altre modalità individuate dalla regolamentazione secondaria, ovvero
telefonicamente, previa registrazione del colloquio telefonico, ed
elettronicamente, alla condizione che l'intermediario conservi evidenza delle
istruzioni fornite dal cliente.
Aderendo all'orientamento più rigoroso è tuttavia necessario chiarire se le
formalità per gli ordini telefonici o telematici siano richieste ad substantiam
o, invece, con mere finalità probatorie. Da un lato per la prima soluzione
potrebbe far propendere lo stesso art. 23 t.u.f. che commina la sanzione della
nullità in caso di violazione della forma prescritta, ovvero non solo di quella
scritta, ma anche delle altre individuate dalla regolamentazione secondaria.
Per la seconda opzione si è invece espressa altra parte della
giurisprudenza[94] che ha rilevato come sia la registrazione su nastro
magnetico, sia l'evidenza degli ordini elettronici sono inseriti tra gli
obblighi di attestazione, rendicontazione e registrazione e non attengono
quindi ai requisiti di validità ed efficacia dell'ordine, ma ai doveri
funzionali alla corretta trasmissione dell'ordine, con la conseguenza che tali
formalità possono rilevare per mere finalità probatorie.
7. Il regime sanzionatorio: nuove fattispecie di nullità del contratto
La disciplina sanzionatoria, prevista dal Codice del Consumo per la
commercializzazione a distanza dei servizi finanziari presenta sostanziali
differenze rispetto all'art. 30 t.u.f., e introduce alcune novità per il
complessivo apparato rimediale del nostro ordinamento. Mentre l'unica sanzione
specifica prevista dall'art. 30 t.u.f. è la nullità relativa del contratto
qualora sui moduli o formulari utilizzati non sia indicata la facoltà di recesso,
l'art. 67septiesdecies 4° co. cod. cons. commina la sanzione della nullità,
rilevabile solo dal cliente, in tre distinti casi: (i) qualora il fornitore del
servizio ostacoli il diritto di recesso da parte del contraente (ii) in caso di
mancato rimborso delle somme eventualmente pagate dal consumatore; (iii) in
caso di violazione degli ««obblighi di informativa precontrattuale in modo da
alterare in modo significativo la rappresentazione delle sue caratteristiche»».
La ratio ispiratrice della norma è da individuare certamente nell'intenzione
del legislatore di riequilibrare la situazione di debolezza del consumatore e
l'asimmetria informativa che caratterizza i servizi finanziari, specialmente se
prestati mediante tecniche di comunicazione a distanza. Con la norma in
commento il legislatore italiano, forse anche perché sospinto dal clamore degli
scandali finanziari succedutisi a partire dal 2001, si è infatti certamente
spinto oltre alle previsioni contenute nella Direttiva 2002/65/CE[95] che
all'art. 11 imponeva l'adozione di sanzioni adeguate in caso di mancato
rispetto da parte del fornitore delle disposizioni nazionali adottate in
conformità della direttiva, lasciando in particolare agli Stati Membri la
facoltà di prevedere la risoluzione del contratto senza costi e penali. La
previsione della nullità del contratto assume connotati particolari in quanto
si somma al diritto di recesso ed alla conseguente sospensione della sua
efficacia, arrivando così a coprire quelle situazioni in cui il diritto di recesso
è escluso dall'art. 67duodecies o non è più esercitatile per il decorso del
relativo termine. La non brillante tecnica legislativa utilizzata per la
redazione dell'art. 67septiesdecies 4° co. cod. cons. presenta notevoli
ambiguità e lascia all'interprete il compito di ricostruire in maniera più
precisa le fattispecie in cui il contratto può essere colpito dalla radicale
sanzione della nullità, individuate dal legislatore in maniera ampia se non
eccessivamente generica.
Delle tre ipotesi previste solo la prima si inserisce nel solco già tracciato
dall'art. 30 t.u.f. allargando tuttavia notevolmente l'ambito di applicazione
della sanzione, operante non solo più in caso di mancata indicazione della
facoltà di recedere sui moduli o formulari utilizzati, ma in tutte le
situazioni in cui ««il fornitore ostacola il diritto di recesso»». Pare quindi
che il rimedio demolitorio del contratto sia invocabile qualora il fornitore
ponga in essere comportamenti tali da escludere lo jus poenitendi accordato al
consumatore, sia nella fase precontrattuale [ed in particolare quando non
vengano rispettati gli obblighi informativi circa la possibilità di esercitare
il diritto di recesso di cui all'art. 67septies lett. a) c) e d)], sia in
quella successiva alla conclusione del contratto, o ancora qualora il fornitore
del servizio induca il consumatore in errore, negando la facoltà di recedere.
Il contratto è nullo anche se il fornitore non rimborsa le somme eventualmente
pagate dal consumatore. Secondo i principi generali la fattispecie ricadrebbe
nell'ambito dell'inadempimento alle obbligazioni contrattuali, e non può non
che far sorgere dubbi in ordine alla coerenza sistematica nell'utilizzo delle
categorie giuridiche da parte del legislatore. La nullità in questo caso pare
tuttavia dettata alla finalità di evitare che, in caso di mancata restituzione
di quanto ricevuto da parte del fornitore, il consumatore possa essere tenuto
al pagamento del corrispettivo per il servizio fornito di cui all'art.
67terdecies.
L'ultima ipotesi è tuttavia quella che allo stesso tempo suscita maggiore
interesse e presenta i più delicati dubbi interpretativi con risvolti di
carattere generale sulla complessiva coerenza dell'assetto rimediale in caso di
violazione dei doveri di condotta ed in particolare degli obblighi di
informazione degli intermediari . Il contratto a distanza è infatti nullo in
caso di violazione dei doveri di informazione precontrattuale qualora possa
alterare in modo significativo la rappresentazione delle sue caratteristiche.
Tale previsione pare recepire il controverso orientamento della giurisprudenza
di merito che, proprio in relazione alla prestazione dei servizi di
investimento, ha fatto ampio ricorso alla nullità virtuale del contratto in
caso di violazione dei doveri di informazione imposti agli intermediari[96]. La
sanzione della nullità assume però connotati del tutto peculiari in quanto la
fattispecie alla quale essa è applicabile è ricostruita ricorrendo ad elementi
tradizionalmente propri di altri rimedi sanzionatori. Mentre l'alterazione
della rappresentazione delle caratteristiche del contratto può essere accostata
all'annullamento per errore, la significatività di tale alterazione può
richiamare il requisito dell'importanza dell'inadempimento necessario per la
risoluzione del contratto ex art. 1455 c.c., rappresentando allo stesso tempo
un requisito necessario per l'accertamento del nesso causale.
La formulazione della norma lascia aperti numerosi interrogativi assegnando
all'interprete l'arduo compito di individuare quali violazioni degli obblighi
di informazione precontrattuale possano determinare una significativa
alterazione delle caratteristiche del contratto. Ci si può infatti domandare se
tale alterazione vada ricercata in concreto o se, invece, sia sufficiente una
mera valutazione in astratto[97], se essa consegua alla violazione di qualsiasi
norma imperativa in conformità con l'art. 1418 1° co. c.c., o se invece sia
necessario distinguere tra doveri di informazione che non alterano l'equilibrio
contrattuale e doveri informativi la cui violazione possa fulminare il
contratto con la sanzione della nullità. Non v'è dubbio che sarebbe stata
opportuna una diversa e più attenta formulazione che individuasse a priori gli
obblighi legali delle diverse fattispecie contrattuali capaci di determinare
un'alterazione della rappresentazione delle caratteristiche del contratto
sanzionabili con la nullità.. Non essendo possibile affrontare in questa sede
in maniera completa ed esaustiva l'intero panorama normativo dei servizi
finanziari, con specifico riferimento ai servizi di investimento ci si può
limitare ad affermare che la nullità può essere dichiarata in tutte quelle
situazioni in cui un inadempimento informativo dell'intermediario non consenta
all'investitore di effettuare una scelta consapevole di investimento e di
valutare le caratteristiche del contratto o l'effettivo livello di rischio
delle singole operazioni[98].
Tuttavia, a prescindere dal ristretto ambito di applicabilità dell'art.
67speties decies cod. cons. (ovvero commercializzazione a distanza di servizi
finanziari nei confronti dei soli consumatori), la norma pare poter avere
diverse e più generali ricadute sul piano sistematico. Non può infatti negarsi
che la comminatoria della nullità in caso di violazione di doveri di
informazione contrasti con la tradizionale distinzione tra vizi funzionali che
non influiscono sulla validità del contratto in quanto estranei alla
fattispecie negoziale e vizi genetici che attengano ad elementi intrinseci
della fattispecie negoziale e che, in quanto capaci di incidere sulla struttura
o sul contenuto del contratto, possano determinarne la radicale nullità[99]. La
Cassazione a Sezioni Unite [100], affermando che la violazione dei doveri di
comportamento degli intermediari non può determinare la nullità del contratto,
ha fatto esplicito riferimento alla previsione in oggetto, liquidandola, forse
un po' sbrigativamente, sulla base di due rilievi, ovvero che la stessa è stata
introdotta in epoca di molto successiva ai fatti di causa (regolati dall'oramai
abrogata l. 1/91) e che, presentando evidenti caratteri di specialità,
resterebbe isolata nel nostro ordinamento, non consentendo quindi di fondare su
di essa alcuna affermazione di principio. Se, quanto al primo aspetto, la
questione non viene risolta in via definitiva per quelle fattispecie coeve o
vicine al recepimento della disciplina della commercializzazione a distanza dei
servizi finanziari, con riferimento all'asserita specialità della norma si può
osservare come la stessa, pur trovando applicazione ai soli contratti
commercializzati a distanza, riguarda tutti i servizi finanziari, e con
specifico riferimento ai servizi di investimento, come si è detto, ricomprende
tutti i doveri di comportamento imposti agli intermediari dal t.u.f. e dalla
disciplina secondaria. Resta pertanto il dubbio se nella fattispecie di nullità
prevista all'art. 67speties decies cod. cons. prevalgano gli elementi di
specialità riferiti alle modalità di negoziazione a distanza, e quindi se tale
sanzione sia giustificabile solo in ragione delle caratteristiche delle
operazioni a distanza, o se invece in essa possano intravedersi profili di non
eccezionalità in ragione del fatto che l'ambito di applicazione della norma
abbraccia tutti i servizi finanziari e tutti i doveri di condotta imposti agli
intermediari anche per le operazioni concluse inter presentes.
* Lo scritto riproduce, con alcune modifiche ed aggiornamenti, la Relazione al
Convegno «I contratti di negoziazione di strumenti finanziari», organizzato dal
Consiglio Superiore della magistratura - Formazione Decentrata dei Magistrati
del Distretto di Brescia in collaborazione con l'Ordine degli avvocati di
Mantova, tenutosi in Mantova, 30novembre 2007.
[1] Regolamento Intermediari, adottato con delibera n. 16190 del 29 ottobre
2007.
[2] Cfr. Direttiva 85/577/CEE; artt. 45 e ss. d.lgs 6 settembre, 2005, n. 206.
[3] Cfr. Direttiva 97/7/CE; artt. 50 e ss. d.lgs 6 settembre, 2005, n. 206
[4] L'ottavo considerando della Direttiva 93/22/CEE prevedeva infatti che ««la
vendita a domicilio e le sollecitazioni a domicilio dei valori mobiliari non
devono essere contemplati nella presente direttiva e devono essere disciplinati
dalle disposizioni nazionali»», impostazione confermata anche la Direttiva
2004/39/CE che non disciplina la materia. Con specifico riferimento
all'opportunità di introdurre una disciplina comunitaria delle offerte fuori
sede cfr. COMPORTI, L'offerta fuori sede di strumenti finanziari nel diritto
comunitario: situazione attuale e prospettive di riforma, in Dir. banca e
mercato fin., 2003, I, 52 ss.
[5] Cfr. COMPORTI, op. cit., 59; nello stesso senso v. anche CARBONETTI, Lo jus
poenitendi nell'offerta fuori sede di prodotti finanziari, in Banca Borsa,
2001, I, 770 ss.
[6] Sul punto cfr. CARBONETTI, op. ult. cit., 770 ss; PATRONI GRIFFI, L'offerta
fuori sede, in Intermediari finanziari, mercati e società quotate, a cura di
Patroni Griffi, Sandulli Santoro, Torino, 1999, 233 ss; RABITTI BEDOGNI, Art.
30, in Il testo unico dell'intermediazione finanziaria. Commentario al d.lgs 24
febbraio 1998, n. 58, a cura di Rabitti Bedogni, Milano, 1998, 246 ss;
PARRELLA, L'offerta fuori sede, in Manuale di diritto dei mercati finanziari, a
cura di Amorosino e Rabitti Bedogni, Milano 2004, 134 ss; PAGNONI, Art. 30, in
Commentario al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione
finanziaria, a cura di Alpa e Capriglione, Padova, 1998, 322 ss.
[7] Per quanto attiene alla promozione ed al collocamento dei servizi
finanziari a distanza l'obbligo di avvalersi dei promotori finanziari è stato
previsto in via generale dalla Consob all'art. 76 del Reg. 11522/98 (««Nella
promozione e nel collocamento mediante tecniche di comunicazione a distanza che
consentono una comunicazione individualizzata ed una interazione immediata con
l'investitore i soggetti abilitati devono avvalersi di promotori finanziari»»),
ad eccezione del caso in cui, come specificato al 2° co., le attività di
promozione e collocamento vengano poste in essere ««su iniziativa
dell'investitore, a condizione che tale iniziativa non sia stata sollecitata
con messaggi a lui personalmente indirizzati»».
[8] L'art. 30 t.u.f., 1° co., come modificato dal d.lgs 164/2007, definisce
l'offerta fuori sede come ««la promozione e il collocamento presso il pubblico:
a) di strumenti finanziari in luogo diverso dalla sede legale o dalle
dipendenze dell'emittente, del proponente l'investimento o del soggetto
incaricato della promozione o del collocamento; b) di servizi e attività di
investimento in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze di chi
presta, promuove o colloca il servizio o l'attività»».
[9] Sul punto cfr. CARBONETTI, op. cit., 775 secondo il quale l'espressione va
intesa in senso disgiuntivo (promozione o collocamento) con la conseguenza che
anche la sola attività di promozione integra la fattispecie dell'offerta fuori
sede. Sulla nozione di promozione, da tenere distinta rispetto all'attività di
pubblicità, cfr. RABITTI BEDOGNI, Le offerte fuori sede e a distanza di strumenti
e servizi finanziari dopo il d.lgs 23 luglio 1996, n. 415, Capriglione (a cura
di) La disciplina degli intermediari e dei mercati finanziari, Padova, 1997,
200; SCHIAVELLI, Il contratto di collocamento, in I contratti del mercato
finanziario, a cura di Gabrielli Lener, Torino, 2004, II, 1014.
[10] La lett. b) dell'art. 30 t.u.f. è stata modificata dal d.lgs, 17 settembre
2007, n. 164, che accanto ai servizi ha aggiunto le "attività" di
investimento, adeguando così tale disposizione al nuovo art. 1, co. 5 che
fornisce una definizione di servizi ed attività di investimento.
[11] Il sesto comma prevedeva invece che ««l'efficacia dei contratti di
collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali
conclusi fuori sede ovvero collocati a distanza è sospesa per la durata di
sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione da parte dell'investitore.
Entro detto termine l'investitore può comunicare il proprio recesso senza spese
né corrispettivo al promotore finanziario o al soggetto abilitato; tale facoltà
è indicata nei moduli o formulari consegnati all'investitore. La medesima
disciplina si applica alle proposte contrattuali effettuate fuori sede ovvero a
distanza ai sensi dell'art. 32»». La norma è stata oggetto di una recente
modifica ad opera del d.lgs 164/2007 che, per coordinare il t.u.f. ed il d.lgs
190/2005, ha espunto dal'art. 30 ogni riferimento alle offerte a distanza.
[12] In tal senso cfr. CARBONETTI, op. cit., 779.
[13] In dottrina si è discusso circa la portata del diritto di ripensamento con
riguardo alle proposte contrattuali sottoscritte dall'investitore e non
accettate dall'intermediario relativamente alle quali, mancando la conclusione
del contratto, sarebbe difficile riconoscere il diritto di recesso che presuppone
la presenza di un negozio efficace. Sul punto cfr. CARBONETTI, op. cit., 780 s.
secondo il quale le proposte contrattuali resterebbero inefficaci per sette
giorni dalla loro sottoscrizione e fino a tale momento sarebbero revocabili da
parte dell'investitore, dovendosi pertanto ritenere incompatibili con tale
previsione le clausole dirette a rendere irrevocabili le proposte.
[14] Un più precisa definizione di "tecniche di comunicazione a
distanza" era contenuta all'art. 72 Reg. 11522/98 ove si specificava che
tali attività devono comportare ««un contatto con i singoli investitori: a) con
possibilità di dialogo o altre forme di interazione rapida; b) anche senza
possibilità di interazione rapida, qualora i documenti o i messaggi inviati
presentino contenuto negoziale»»
[15] L'art. 1, quinto comma t.u.f., nell'elencare i servizi (oggi anche
attività) di investimento tra essi include anche ««c) sottoscrizione e/o
collocamento con assunzione a fermo ovvero con assunzione di garanzia nei
confronti dell'emittente; c-bis) collocamento senza assunzione a fermo né
assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente»». L'art. 1 1° co, lett. t)
specifica inoltre che il collocamento rientra tra le attività attraverso le
quali può realizzarsi un'offerta al pubblico di strumenti finanziari. L'art.
25bis estende l'applicazione degli artt. 21 e 23 t.u.f. "alla
sottoscrizione e al collocamento di prodotti finanziari emessi da banche e da
imprese di assicurazione". L'art. 93bis, primo comma lett. e) fornisce la
definizione di responsabile del collocamento quale " il soggetto che
organizza e costituisce il consorzio di collocamento, il coordinatore del
collocamento o il collocatore unico". L'art. 100bis, secondo comma,
prevede che "Si realizza una offerta al pubblico anche qualora i prodotti
finanziari che abbiano costituito oggetto in Italia o all'estero di un
collocamento riservato a investitori qualificati siano, nei dodici mesi
successivi, sistematicamente rivenduti a soggetti diversi da investitori
qualificati e tale rivendita non ricada in alcuno dei casi di inapplicabilità
previsti dall'articolo 100".
[16] Cfr. SCHIAVELLI, op. cit., 1001.
[17] Cfr. Comunicazione Consob n. DAL/97006042 del 9.7.1997.
[18] Cfr. Comunicazione Consob n. DIN/1079230 del 19.10.2001. . In dottrina,
per una dettagliata descrizione delle prassi di collocamento cfr. PISANI
MASSAMORMILE, Emissioni obbligazionarie e responsabilità degli intermediari, in
Banca Borsa, I, 2005, 760 ss.
[19] Così SPALLANZANI, Il collocamento tra il pubblico di prodotti del
risparmio gestito, in Nuova giur. civ. comm., 2002, II, 509 s
[20] In argomento cfr. Comunicazione Consob n. DI/98094245 del 10-12-1998.
Secondo la Commissione la situazione è diversa a seconda del fatto che
l'intermediario sia l'emittente dei titoli da collocare ovvero operi in qualità
di collocatore di titoli emessi da terzi. Mentre nel primo caso verrebbe
prestato il servizio di collocamento di cui all'art. 1, comma 5, lettera c)
t.u.f., nel secondo, invece, l'operatività dell'intermediario rientrerebbe
nella prestazione del servizio di ricezione e trasmissione di ordini .
[21] Sul rapporto tra servizi di negoziazione e di collocamento cfr. LOBUONO,
La responsabilità degli intermediari finanziari. Profili di tutela civile nei
servizi di investimento, Napoli, 1999, 86 ss il quale distingue due diversi
tipi di rapporto: quello tra investitori e offerenti, che si fonda sul
contratto di collocamento, e quello tra investitore e intermediario il cui
fondamento andrebbe ricercato in una fattispecie contrattuale priva di forma
scritta la cui struttura dovrebbe essere ricostruita sulla base della
disciplina dell'attività di investimento. A ben vedere, tuttavia, la
configurabilità di un autonoma fattispecie di contratto di collocamento,
quantomeno fino al recepimento della Direttiva Mifid, pareva discutibile in
considerazione di due dati normativi contrastanti. Da un lato l'art. 30, 3°
co., Reg. Consob 11522/98 escludeva dall'obbligo di stipulare in forma scritta
il contratto quadro per la prestazione dei servizi di collocamento, ivi
compresi quelli di offerta fuori sede e di promozione e collocamento a
distanza. Dall'altro l'art. 30 t.u.f., prevede che il diritto di recesso debba
essere esercitato entro sette giorni dalla sottoscrizione dell'investitore, specificando
che i moduli o i formulari utilizzati dall'intermediario devono indicare tale
facoltà, presupponendo quindi l'obbligo di forma scritta.
[22] Così App. Brescia, 24 settembre 2007, in www.ilcaso.it che ha
affermato che per collocamento di strumenti finanziari fuori sede deve
intendersi ««l'attività svolta, a mezzo di promotori finanziari (...) dal
soggetto incaricato dall'emittente al fine di offrire al pubblico e di
collocare le proprie azioni o obbligazioni, qualora questa attività sia svolta
al di fuori della sede del collocatore»». Nello stesso senso cfr. Trib. Parma,
14 maggio 2007, in www.ilcaso.it. Secondo il Tribunale "se
effettivamente l'espressione collocamento avesse dovuto comprendere qualsiasi
tipo di investimento (come nel caso del comma 1) non sarebbe comprensibile la
scelta di aggiungere al "collocamento di strumenti finanziari" il
solo ulteriore servizio costituito dalla "gestione di portafogli
individuali". Tale osservazione pare tuttavia criticabile in quanto la
conclusione di un contratto di gestione di portafogli di investimento non può
essere considerata come un'operazione avente ad oggetto specifici strumenti
finanziari, essendo invece un autonomo e differente servizio di investimento.
[23] Cfr. ENRIQUES, Servizi di investimento, offerta a distanza e appello al
pubblico risparmio mediante Internet, in Dir. banca e mercati fin., 2003, I, 34
s.; nello stesso senso v. COSTIENRIQUES, Il mercato mobiliare, in Trattato di
diritto commerciale, diretto da Cottino, Padova, 2004, 184.
[24] In tal senso cfr. Trib. Mantova, 10 dicembre 2004, in www.ilcaso.it;
Trib. Rimini, 28 aprile 2007, in www.ilcaso.it; Trib. Bologna 17 aprile 2007, in www.ilcaso.it;
Trib. Pescara 9 maggio 2006, in www.ilcaso.it; Trib. Milano, 4 aprile 2007, in www.ilcaso.it;
Trib. Parma, 17 gennaio 2006, in www.ilcaso.it; ; Trib. Mantova 17 ottobre 2006,
in www.ilcaso.it;
Trib. Roma 20 luglio 2006, in ww.ilcaso.it; Trib. Roma, 4 settembre 2006, in www.ilcaso.it.
[25] In tal senso cfr. Trib. Bologna, 17 aprile 2007, cit ove si osserva che
««la norma si inserisce senza dubbio nella corrente di tutela degli individui
che più o meno esperti del settore, vengono avvicinati al di fuori dei luoghi
deputati ordinariamente per quel tipo di transazioni commerciali inaugurata,
nell'ordinamento nazionale, dal noto d.lgs 1992/50; esigenza di tutela che non
è ovviamente propria di una collettività indefinita»».
[26] In tal senso cfr. Trib. Bologna, 17 aprile 2007, cit.: ««Se, infatti, il
collocamento di cui all'art. 30 t.u.f. deve intendersi come offerta a un
destinatario collettivo più o meno ampio (il pubblico o talune categorie di
investitori)- mentre il contratto specifico d'acquisto sarebbe la negoziazione-
non si vede a che servirebbe lo jus poenitendi, perché non sarebbe contratto,
ma appunto, prodromo del contratto che si realizzerebbe poi nella cosiddetta
negoziazione. Ma l'art. 30 si riferisce chiaramente a "contratti di
collocamento" (cfr. comma 6 e comma 7) quindi a compravendite di strumenti
finanziari effettuate da specifici individui»».
[27] Cfr. SCHIAVELLI, op. cit., 1025
[28] Cfr. SCHIAVELLI, op. cit., 1031 secondo il quale l'ambito di applicazione
del diritto al ripensamento sarebbe più limitato rispetto a quello delle
offerte fuori sede sotto due profili: ovvero il collocamento di servizi
finanziari diversi dal contratto di gestione e i contratti promossi fuori sede
ma conclusi presso la sede o le dipendenze dell'offerente o dell'emittente.
[29] In argomento cfr. SALANITRO, L'offerta fuori sede dei prodotti finanziari
bancari ed assicurativi, in Banca Borsa, 1999, I, 397; NEGRO, L'offerta fuori
sede di prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari e dai servizi di
investimenti, in Banca Borsa., 2001, I, 633. Circa i diversi problemi
interpretativi sollevati dalla norma cfr. PATRONI GRIFFI, L'offerta fuori sede,
in Intermediari finanziari mercati e società quotate, a cura di Patroni Griffi,
Sandulli, Santoro, Torino, 1999, 239 ss.
[30] In argomento cfr. GRECO, Art. 11, in La tutela del risparmio, a cura di
Nigro e Santoro, Torino, 2007, 138 ss.
[31] V. ROMAGNOLI, Controllo e regole di collocamento dei prodotti assicurativi
a carattere finanziario, in Nuova Giur. civ. comm., 2007, 90 ss.
[32] Circa i problemi interpretativi connessi all'individuazione della
fattispecie di prodotto assicurativo finanziario, prima del d.lgs 303/2006 cfr.
ROMAGNOLI, op. cit., 91 ss.
[33] In argomento v. FERRANTE, Art. 176-178, in Commentario al codice delle
assicurazioni, a cura di Bin, Padova, 2006, 552 ss.
[34] Cfr. CARBONETTI, op. cit., 785 il quale rileva come ««lo jus poenitendi
risulta appartenere, per tornare alla classificazione ascarelliana, al novero
degli istituti regressivi»».
[35] Cfr. PARRELLA, op. cit., 148
[36] Così CARBONETTI, op. cit, 785.
[37] Cfr. PARRELLA, op. cit., 148.
[38] Cfr. PATRONI GRIFFI, op. cit., 252, il quale rileva che l'esenzione delle
offerte pubbliche di vendita e sottoscrizione delle azioni con diritto di voto
di cui all'ottavo comma sia proprio giustificata dall'esigenza di tutelare il
corretto funzionamento delle operazioni di collocamento anche in relazione alla
necessità di un conseguente ed immediato riparto; nello stesso senso cfr.
SPALLANZANI, op. cit., 516; RABITTI BEDOGNI, Art. 30, cit.,258; PARRELLA, op.
cit., 149 il quale rileva come i tempi ristretti di svolgimento delle procedure
di offerta pubblica di vendita o di sottoscrizione non siano compatibili con il
termine di sospensione dell'efficacia del contratto per sette giorni.
[39] Cfr. supra § 2.
[40] Sulla direttiva 2002/65/CE cfr. ZENO ZENCOVICH, La direttiva sui servizi
finanziari a distanza resi dal risparmiatore, in Nuova giur. civ. comm., II,
517; BRAVO, Commercializzazione a distanza di servizi finanziaria ai
consumatori, Milano, 2002, ID., La "Posizione comune" del Consiglio
dell'UE per l'adozione della direttiva comunitaria concernente la
"Commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori, in
Ec. E dir. terz., 2002, 53 ss; RONCARATI, La direttiva 2002/65/CE concernente
la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori, in
Banca impr. soc. 2004, 81; SALERNO, Offerta a distanza di prodotti finanziari,
in Giur. it., 2003, I, 1733; ATELLI, Commercializzazione a distanza di servizi
finanziari: l'epilogo di una lunga attesa, in Società, 2003, 103; PARACAMPO, La
direttiva 2002/65/CE sulla commercializzazione a distanza di servizi finanziari
e la tutela del consumatore, in Nuova giur. civ. comm., 2003, II, 382.
[41] In argomento cfr. ANNUNZIATA GUFFANTI, Il recesso nei contratti finanziari
a distanza, in Corr. Giur., 2006, 5 ss; TORELLI, Contratti a distanza e tutela
del consumatore. La nuova disciplina nella commercializzazione dei servizi
finanziari, in Le nuove leggi civili commentate, n. 3, 2006, 621 ss; DRAETTA,
La protezione dei consumatori e i servizi finanziari forniti a distanza: la
legge italiana di attuazione della direttiva comunitaria, in Dir. comm. int.,
2005, 465 ss; CUFFARO, Dopo il codice del consumo: la disciplina della
commercializzazione a distanza di servizi finanziari, in Contratto e impresa,
2007, 264 ss; DE CRISTOFARO, Contratti aventi ad oggetto "servizi
finanziari" stipulati a distanza e tutela dei consumatori: il d.lgs 19
agosto 2005, n. 190, di recepimento della direttiva 2002/65/CE, in Studium
iuris, 2006, 265.
[42] Cfr. DRAETTA, op. cit., 465.
[43] Cfr. TORELLO, op. cit., 622
[44] Per imprenditori finanziari ai sensi dell'all. 3 al Regolamento si
intendono:««(1) i soggetti che sono tenuti ad essere autorizzati o
regolamentati per operare nei mercati finanziari, siano essi italiani o esteri
quali: a) banche; b) imprese di investimento; c) altri istituti finanziari
autorizzati o regolamentati; d) imprese di assicurazione; e) organismi di
investimento collettivo e società di gestione di tali organismi; f) fondi
pensione e società di gestione di tali fondi; g) i negoziatori per conto
proprio di merci e strumenti derivati su merci; h) soggetti che svolgono
esclusivamente la negoziazione per conto proprio su mercati di strumenti
finanziari e che aderiscono indirettamente al servizio di liquidazione, nonché
al sistema di compensazione e garanzia (locals); i) altri investitori
istituzionali; l) agenti di cambio»».
[45] Sono considerate di grandi dimensioni le imprese che presentino almeno due
criteri dimensionali quali il totale di bilancio superiore a 20 milioni di
euro, il fatturato netto superiore a 40 milioni di euro; l'esistenza di fondi
propri per almeno 2 milioni di euro.
[46] Per evitare incertezze interpretative l'allegato 3 del Regolamento Consob
prevede che l'intermediario debba verificare la presenza di almeno due dei tre
seguenti criteri: (i) il cliente deve aver effettuato operazioni di dimensioni
significative sul mercato in questione con una frequenza media di 10 operazioni
al trimestre nei quattro trimestri precedenti; (ii) il valore del portafoglio
di strumenti finanziari del cliente, inclusi i depositi in contante e gli
strumenti finanziari, deve superare 500.000 EUR; (iii) il cliente deve lavorare
o aver lavorato nel settore finanziario per almeno un anno in una posizione
professionale che presupponga la conoscenza delle operazioni o dei servizi.
[47] Cass., 25 luglio 2001, n. 10127. in Giur. it., 2002, 543 con nota di
FIORIO, Professionista e consumatore un discriminane formalista?; Corte
Giustizia CE, 22 novembre 2001, cause C541/99 e 542/99, ibidem.
[48] Corte Cost., 22 novembre 2002, , n. 469, in Foro it., con note di
PALMIERI, Consumatori, clausole abusive e imperativo di razionalità della
legge: il diritto privato europeo conquista la Corte Costituzionale, ivi, 337 e
di PLAIA, Nozione di consumatore, dinamismo concorrenziale e integrazione
comunitaria del parametro di costituzionalità, ivi, 340. La Corte ha respinto
la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1469bis, comma 2 c.c.
nella parte in cui esclude(va) dalla nozione di consumatore i professionisti ed
i piccoli imprenditori, rilevando che la preferenza nell'accordare una
particolare protezione a coloro che agiscono in modo occasionale, saltuario e
non professionale si dimostra ragionevole in quanto la finalità dell'art. 1469
bis comma 2 c.c., sarebbe quella di tutelare i soggetti che, secondo l'"id
quod plerumque accidit", sono presumibilmente privi della necessaria
competenza a negoziare; situazione non ravvisabile per quelle categorie di
soggetti -professionisti, piccoli imprenditori, artigiani - che, proprio per
l'attività abitualmente svolta, hanno cognizioni idonee per contrattare su di
un piano di parità.
In senso contrario si è invece espressa la prevalente dottrina che ha
denunciato il sospetto di illegittimità costituzionale conseguente alla
discriminazione tra consumatori ed imprenditori contraenti deboli, cfr. ex
multis BIN, Clausole vessatorie, una svolta storica (ma si attuano così le
direttive comunitarie?), in Contratto e impresa. Europa, 1996, 437; BIGLIAZZI
GERI, Art. 1469bis, in Commentario al capo XIVbis del codice civile: dei
contratti del consumatore, a cura di Bianca e Busnelli, Padova, 1999, 85; BUONOCORE,
Contratti del consumatore e contratti d' impresa, in Riv. Dir civ., 1995, 1 ss.
Sul punto v. diffusamente CALVO, I contratti del consumatore, in Tratt. dir.
comm, a cura di F. Galgano, Padova, 2005, 76 ss (ma già prima dello stesso
Autore., Il concetto di consumatore, l'argomento naturalistico ed il sonno
della ragione, in Contratto e impresa. Europa, 2003 715 ss e La tutela del
consumatore alla luce del principio di uguaglianza sostanziale, in Riv. trim
dir. proc civ., 2004, 869) ove ampi riferimenti dottrinali.
[49] Così CALVO, La tutela del consumatore, cit.,, 869, ora con alcuni
adattamenti ed integrazioni in CALVO, I contratti del consumatore, cit.
l'Autore, con riferimento alla sentenza della Corte Cost. 22 novembre 2002, in
Foro it., 2003, I, 332 che ha respinto la questione di illegittimità
costituzionale della definizione di consumatore di cui all'art. 1469bis c.c.,
rileva l'irrazionalità ««di ogni tentativo volto a giustificare la disparità di
trattamento fra contraenti uniti da una simile posizione di debolezza (o
faiblesse économique) in ragione delle loro diverse condizioni giuridiche o
intellettuali. A ben riflettere, il pericolo di abuso della libertà
contrattuale non dipende -come ormai noto- dall'evenienza che l'aderente agisca
in qualità di imprenditore o di consumatore finale, essendo viceversa legato al
presupposto che la controparte, la quale si avvalga del potere di determinare
unilateralmente il contenuto del regolamento negoziale, disconosca qualsiasi
margine di trattativa individuale»».
[50] Proprio una corretta decifrazione della realtà fattuale costituisce
infatti il presupposto necessario per valutare il rispetto del principio di
uguaglianza sostanziale ai sensi dell'art. 3 Cost. Sul punto cfr. GLIOZZI,
Postmodernismo giuridico e giuspositivismo, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2003,
801 ss. il quale osserva che ««il metodo formalista rende infatti impossibile
giudicare se una legge ordinaria rispetti i princìpi costituzionali di
giustizia sostanziale. Consideriamo ad esempio il principio di eguaglianza, che
impone al legislatore di trattare situazioni di fatto eguali in maniera eguale.
Se affidiamo alla sovranità del legislatore la decisione su quali situazioni
siano eguali tra loro, ovviamente svuotiamo il principio di ogni contenuto. Ma
precisamente questo svuotamento viene operato dal canone ermeneutico formalista
che vieta all'interprete di indagare se la concezione della realtà che ha
ispirato una legge si configuri come un travisamento dei fatti: è evidente che
proprio questa è la prima indagine da svolgere quando si deve giudicare se un
legislatore abbia violato il principio di eguaglianza»».
[51] Cfr. TORELLI, op. cit., 621
[52] Cfr. CARBONETTI, op. cit., 775; SCHIAVELLI, op. cit., 1014.
[53] L'unico tratto distintivo rispetto all'art. 32 t.u.f. riguarda la mancata
espressa esclusione della pubblicità che tuttavia pare irrilevante in
considerazione del fatto che la mera attività pubblicitaria non può comportare
la conclusione di un contratto, requisito necessario per l'applicazione degli
artt. 67bis e ss del Codice del Consumo.
[54] Circa la distinzione tra contratti telematici conclusi mediante lo scambio
di posta elettronica e contratti conclusi mediante accesso diretto al sito sul
quale può essere impartito l'ordine d'acquisto (c.d. point and click), cfr.
TORINO, Contratti finanziari conclusi tramite internet, in I contratti del
mercato finanziario, a cura di Gabrielli Lener, Torino, 2004, I, 479 ss.
[55] Sul punto cfr. LUCARINI ORTOLANI, L'internet nell'intermediazione finanziaria,
in Dir. informazione informatica, 2003, 25; sulle differenti modalità di
conclusione dei contratti telematici, cfr. TORINO, op. cit., 463.
[56] Sulla ratio di tale previsione cfr. CUFFARO, op. cit., 268 il quale
osserva che la norma intende tutelare il consumatore rispetto a vicende nelle
quali il trascorrere del tempo impone una rinnovazione degli obblighi di
informazione.
[57] In tal senso cfr. BRAVO, La posizione comune, cit., 61. L'unico
riferimento normativo all'accordo iniziale di servizio è rintracciabile al 17°
considerando della Direttiva con il quale il legislatore comunitario ha fornito
una casistica esemplificativa e non esaustiva dalla quale l'interprete può
ricostruire la definizione generale ed astratta. Viene infatti precisato che
««per accordo iniziale di servizio si può intendere ad esempio l'apertura di un
conto bancario, l'acquisizione di una carta di credito, la conclusione di un
contratto di gestione di portafogli, e per "operazioni successive",
l'alimentazione di un conto bancario o il prelievo dallo stesso, i pagamenti
con carta di credito, le transazione dell'ambito di un contratto di gestione
del portafoglio (...). La sottoscrizione di nuove quote dello stesso fondo di
investimento collettivo viene considerata una delle operazioni successive della
stessa natura»». Il 17° considerando, proprio con riguardo ai servizi di
investimento, fa quindi riferimento solo a due fattispecie contrattuali: il
contratto di gestione di portafogli di investimento, inquadrato nei contratti iniziali
di servizio, e la sottoscrizione di quote dello stesso fondo di investimento
che viene considerata come un'operazione successiva della stessa natura
[58] Cfr. TORELLI, op. cit., 632. Con specifico riferimento alla gestione di
portafogli di investimento pare tuttavia necessario osservare come, ad
eccezione dei casi di gestione con preventivo assenso, dopo la conclusione del
contratto l'investitore non deve più impartire ordini o istruzioni in quanto
l'attività gestoria è effettuata in maniera autonoma e discrezionale
dall'intermediario.
[59] Cfr. BRAVO, La posizione comune, cit., 62; TORELLI, op. cit., 632.
[60] L'applicabilità degli artt. 67bis e ss. ai prodotti assicurativi
finanziari ed ai piani pensionistici individuali trova conferma all'art.
67duodecies, 2° co. che, per l'esercizio del diritto di recesso, prevede un
termine di 30 giorni in luogo di quello di 14 giorni previsto per tutti gli
altri servizi finanziari.
[61] La ratio sottostante all'espressa menzione del contratto di gestione e della
sottoscrizione di quote dello stesso fondo comune di investimento pare
risiedere nel fatto che in entrambe le situazioni il consumatore al momento
dell'instaurazione del rapporto riceve il contratto scritto ed il prospetto
informativo nei quali sono contenute le informazioni necessarie e sufficienti
per l'esecuzione del contratto o per la sottoscrizione di ulteriori quote del
fondo inizialmente sottoscritto. Ragioni che il legislatore (comunitario e
nazionale) ha ritenuto sufficienti per esonerare l'intermediario da ulteriori
obblighi informativi.
[62] Il riferimento alla sottoscrizione delle quote del medesimo fondo di
investimento parrebbe risolvere in maniera diversa rispetto al passato lo
switch tra fondi comuni o comparti di SICAV oggetto di un'offerta globale
contrassegnata dalla presenza di un unico prospetto informativo. Proprio con
riguardo a tali fattispecie in passato la Consob (Comunicazione Consob n.
97001614 del 20 febbraio 1997, in dottrina sul punto v. CARBONETTI, op. cit.,
786) aveva escluso la sospensione dell'efficacia del contratto. Dal 17°
considerando della Direttiva pare invece doversi desumere che operazioni della
stessa natura siano solo quelle con le quali si realizzi un incremento delle
quote dello stesso fondo acquistato in precedenza, e non invece le operazioni
di switch.
[63] In particolare bisogna osservare che gli art 67bis e ss. cod. cons. non
sono applicabili alle comunicazioni promozionali in quanto è in ogni caso
richiesta la conclusione del contratto mediante tecniche di comunicazione a
distanza.
[64] Cfr. art. 28, co. 3: ««Quando le informazioni raffrontano servizi di
investimento o accessori, strumenti finanziari o soggetti che prestano servizi
di investimento o accessori, esse soddisfano le seguenti condizioni: a) il
raffronto è presentato in modo corretto ed equilibrato; b) le fonti di
informazione utilizzate per il raffronto sono specificate; c) i fatti e le
ipotesi principali utilizzati per il raffronto vengono indicati»».
[65] Cfr. Art. 28, co. 4.
[66] Cfr. art. 28, co. 5: ««Quando le informazioni includono o fanno
riferimento a elaborazioni basate su dati storici, esse devono riguardare uno
strumento finanziario o un indice finanziario e soddisfano le condizioni
seguenti: a) le elaborazioni basate su dati storici sono basate su dati reali
di uno o più strumenti finanziari o indici finanziari che siano identici o
soggiacenti allo strumento finanziario in questione; b) per quanto riguarda i
dati storici reali di cui alla lettera a), sono soddisfatte le condizioni di
cui al comma 4, lettere a), b), c), e) e f); c) le informazioni contengono
l'avviso in forma evidente che i dati si riferiscono a elaborazioni basate su
dati storici e che i risultati passati non sono indicativi di quelli futuri»».
[67] Cfr. art. 28, co. 6: «« Quando le informazioni contengono stime sui
risultati futuri, esse soddisfano le condizioni seguenti: a) non si basano né
contengono riferimenti a proiezioni di risultati passati; b) si basano su
ipotesi ragionevoli supportate da dati obiettivi; c) quando l'informazione è
basata sui risultati lordi, viene comunicato l'importo delle commissioni, delle
competenze o degli altri oneri; d) evidenziano che tali previsioni non
costituiscono un indicatore affidabile dei risultati futuri.
[68] Sui doveri di informazione previsti nella direttiva Mifid e nella
disciplina interna di attuazione cfr. GRECO, La regola dell'informazione nel
nuovo regolamento Consob, in www.ilcaso.it; FIORIO, L'adeguatezza delle
operazioni di investimento, in www.ilcaso.it; SANGIOVANNI, Gli obblighi
informativi delle imprese di investimento nella più recente normativa
comunitaria, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 2007,
363-378; FRUMENTO, Le informazioni da fornire ai clienti, in Mifid. La nuova
disciplina dei mercati, servizi e strumenti finanziari, a cura di Zitiello,
Torino, 175 ss.
[69] Cfr. Art. 87, 1° co. Reg. Consob 16190/2007: ««Alla distribuzione di
prodotti finanziari assicurativi, anche mediante tecniche di comunicazione a
distanza, effettuata dalle imprese di assicurazione si applicano le
disposizioni di cui agli articoli 27, 28, 29, comma 1, ad eccezione della
lettera g), 31, 32, 33, 34, 35, 36, 39, 40, 41, 42, 49, comma 1, 50, 51, 52,
53, 57, 80 e 113, commi 2, 3 e 4 del presente regolamento nonché di cui al
regolamento congiunto Consob-Banca d'Italia nelle materie sub lettere d), e),
i), j), l), m) e n) dell'articolo 6, comma 2-bis, del Testo Unico»».
[70] Ne deriva pertanto che anche il problema a cui si è accennato in
precedenza, ovvero l'applicabilità del decreto al solo accordo iniziale di
servizio o alle operazioni successive, risulta, almeno per quanto attiene ai
doveri informativi, di fatto superato in quanto i doveri di condotta imposti
agli intermediari dagli artt. 26 e ss. Reg. Consob sono applicabili anche alle
singole operazioni di investimento
[71] Cfr. art. 67sexies cod. cons: ««Le informazioni relative al servizio
finanziario riguardano (...) b) il prezzo totale che il consumatore dovrà
corrispondere al fornitore per il servizio finanziario, compresi tutti i
relativi oneri, commissioni e spese e tutte le imposte versate tramite il
fornitore o, se non è possibile indicare il prezzo esatto, la base di calcolo
del prezzo, che consenta al consumatore di verificare quest'ultimo (...); d)
(««l'indicazione dell'eventuale esistenza di altre imposte e costi non versati
tramite il fornitore o non fatturati da quest'ultimo»».
[72] Cfr. art. 32 Reg. 16190: ««Gli intermediari forniscono ai clienti al
dettaglio e potenziali clienti al dettaglio informazioni sui costi e sugli
oneri connessi alla prestazione dei servizi, comprendenti, ove pertinenti, i
seguenti elementi: a) il corrispettivo totale che il cliente deve pagare in
relazione allo strumento finanziario o al servizio di investimento o
accessorio, comprese tutte le competenze, le commissioni, gli oneri e le spese
connesse, e tutte le imposte che verranno pagate tramite l'intermediario o, se
non può essere indicato un corrispettivo esatto, la base per il calcolo dello
stesso cosicché il cliente possa verificarlo; b) quando una parte qualsiasi del
corrispettivo totale di cui alla lettera a) deve essere pagata o è espressa in
valuta estera, l'indicazione di tale valuta, nonché dei tassi e delle spese di
cambio applicabili; c) l'indicazione della possibilità che emergano altri costi
per il cliente, comprese eventuali imposte, in relazione alle operazioni
connesse allo strumento finanziario o al servizio di investimento, che non sono
pagati tramite l'intermediario o imposti da esso; d) le modalità per il
pagamento»».
[73] Mentre l'art. 5, lett. a) d.lgs 190/2005 impone di fornire al consumatore
««una descrizione delle principali caratteristiche del servizio finanziario»,
gli art. 37 e 39 prevedono che il contratto da redigere per iscritto specifichi
non solo le caratteristiche principali ma tutte le caratteristiche del servizio
««indicando il contenuto delle prestazioni dovute e delle tipologie di
strumenti finanziari e di operazioni interessate»».
[74] Anche in questo caso mentre all'art. 5, lett. c) d.lgs l'obbligo di
informazione è limitato ad ««un avviso indicante che il servizio il servizio
finanziario è in rapporto con strumenti che implicano particolari rischi dovuti
a loro specifiche caratteristiche o alle operazioni da effettuare, o il cui
prezzo dipenda dalle fluttuazioni dei mercati finanziari su cui il fornitore
non esercita alcuna influenza, e che i risultati ottenuti in passato non
costituiscono elementi indicativi riguardo ai risultati futuri»», l'art. 31 del
Reg. Int. prevede che gli intermediari forniscano una descrizione generale sui
rischi degli strumenti finanziari trattati, contenente l'illustrazione delle
caratteristiche e dei rischi propri del tipo specifico di strumento
interessato.
[75] Tra le principali disposizioni occorre richiamare l'art. 34 co. 3 e co. 5
che prevede l'obbligo di fornire su supporto duraturo tutte le informazioni
previste agli art. 29-32 del Regolamento, ovvero quelle relative
all'intermediario ed ai servizi prestati (art. 29), quelle concernenti la salvaguardia
degli strumenti finanziari e delle somme di denaro della clientela (art. 30),
agli strumenti finanziari (art. 31), ai costi ed agli oneri; l'art. 35 relativo
alla classificazione dei clienti come clienti al dettaglio, professionali o
controparti qualificati; l'art. 46 relativo alla strategia di esecuzione degli
ordini.
[76] L'ultimo comma dell'art. 36 del Reg. 16190/2007 prevede inoltre che,
l'utilizzo delle comunicazioni elettroniche (e quindi sia l'e-mail, sia
internet) quale veicolo informativo, può considerarsi appropriato se il cliente
può avere accesso regolare ad internet, con la specificazione che l'indicazione
di un indirizzo e-mail può essere un indice di appropriatezza che tuttavia,
pare dover essere confermato da altri ulteriori elementi.
[77] Cfr. TORELLI, op. cit., 636.
[78] Cfr. art. 6, 4° co. lett. f) d.lgs 164/07: ««al comma 6, le parole:
«ovvero collocati a distanza ai sensi dell'articolo 32» sono soppresse»» e g):
«« al comma 6, le parole: «ovvero a distanza ai sensi dell'articolo 32» sono
soppresse»».
[79] Così ANNUNZIATA GUFFANTI, op. cit., 7. Il d.lgs 190/2005 non era infatti
intervenuto sugli artt. 30 e 32 t.u.f., prevedendo all'art. 1 3° co. che ««sono
fatte salve, ove non espressamente derogate, le disposizioni in materia
bancaria, finanziaria, assicurativa e dei sistemi di pagamento e le competenze
delle autorità indipendenti di settore»». Quindi mentre il diritto di recesso
previsto dal d.lgs 190/2005 era applicabile solo nei confronti dei consumatori,
gli artt 30 e 32 t.u.f. continuavano a disciplinare la promozione ed il
collocamento a distanza dei servizi di investimento per tutti gli altri
investitori non qualificati, e quindi ad esempio per le persone giuridiche
escluse dalla definizione di consumatore.
[80] Cfr. art. 67duodecies, 5° co, lett. a) : che esclude il diritto di recesso
«« ai servizi finanziari, diversi dal servizio di gestione su base individuale
di portafogli di investimento se gli investimenti non sono stati già avviati
»».
[81] Circa il momento dal quale inizia a decorrere il termine per l'esercizio
di recesso cfr. DE CRISTOFARO, op. cit., 273 il quale rileva che la disciplina
dei contratti finanziari a distanza si differenzia da quella generale inserita
nel Codice del consumo relativamente alla quale, decorso di 90 giorni dalla
conclusione del contratto, è prevista la decadenza dal diritto di recesso,
anche qualora non siano fornite al consumatore le condizioni contrattuali su
supporto duraturo.
[82] Sul punto cfr. CARBONETTI, op. cit., 780 ss, secondo il quale in presenza
di mere proposte contrattuali l'art. 30 t.u.f. riconosce all'investitore il
diritto di revocare la proposta per tutto il periodo in cui l'efficacia del
contratto è sospesa.
[83] A medesime conclusioni si può del resto giungere in considerazione
dell'art. 67duodecies 1 e 2° ° co. che prevede il termine per recedere dal
contratto.
[84] L'obbligo di redigere il contratto in forma scritta presuppone infatti che
il documento contrattuale sia sottoscritto da entrambe le parti; non pare pertanto
possibile conciliare il rispetto delle formalità con la conclusione del
contratto ex art. 1327 c.c. In argomento v. Trib. Mantova, 22 marzo 2007, in www.ilcaso.it
che ha affermato la nullità ,per violazione del requisito della forma scritta
prescritta ad substantiam dall'art. 23 d. lgs. n. 58/98, del contratto quadro
per la negoziazione di strumenti finanziari che sia stato sottoscritto dalla
sola parte che producendolo in giudizio ne abbia eccepito l'invalidità.
[85] L'art. 30 t.u.f., come invece osservato correttamente da CARBONETTI, op.
cit., 782 ha l'effetto pratico di attribuire all'investitore la certezza circa
il momento a partire dal quale può liberarsi dall'impegno già assunto o in
corso di formazione, in quanto in ogni caso il termine di sette giorni per il
recesso decorre dal momento della sottoscrizione del contratto o della
proposta.
[86] Sul punto cfr. DI MAJO, La correttezza nell'attività di intermediazione
mobiliare, in Banca Borsa, 1993, I, 296; MAZZAMUTO, Il problema della forma nei
contratti di intermediazione mobiliare, in Contr. Impr., 1994, 45; DE NOVA,
Informazione e contratto: il regolamento contrattuale, in Riv. trim. dir proc.
civ., 1993, 710.
[87] Cfr. art. 20, 2° co. d.lgs 7 marzo 2005, n. 82: ««Il documento informatico
sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale, formato
nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell' articolo 71 , che
garantiscano l'identificabilità dell'autore, l'integrità e l'immodificabilità
del documento, si presume riconducibile al titolare del dispositivo di firma ai
sensi dell' articolo 21 , comma 2, e soddisfa comunque il requisito della forma
scritta, anche nei casi previsti, sotto pena di nullità, dall' articolo 1350,
primo comma, numeri da 1 a 12 del codice civile»». La firma digitale è definita
all'art. 1, 1° co, lett. s) come ««un particolare tipo di firma elettronica
qualificata basata su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una
privata, correlate tra loro, che consente al titolare tramite la chiave privata
e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere
manifesta e di verificare la provenienza e l'integrità di un documento informatico
o di un insieme di documenti informatici»». In argomento cfr. TORINO, op. cit.,
488; LUCARINI ORTOLANI, op. cit.,. 39 ss).
[88] Nello stesso senso cfr. art. 76 Reg. 16190/2007: «« Le società di gestione
del risparmio e le SICAV registrano su nastro magnetico o su altro supporto
equivalente gli ordini impartiti telefonicamente dagli investitori e mantengono
evidenza degli ordini inoltrati elettronicamente dagli investitori»».
[89] Cfr. Comunicazione Consob n. DI/30396 del 21-4-2000 con la quale l'autorità
di vigilanza ha precisato che la conclusione del contratto e qualunque
dichiarazione negoziale che richieda la forma scritta debba avvenire attraverso
la firma digitale, specificando che la segnalazione di non adeguatezza
dell'operazione o dell'esistenza di un interesse in conflitto
dell'intermediario devono seguire procedure tecnico-operative idonee alla
manifestazione di consenso effettiva e consapevole; in questi casi
l'assolvimento degli obblighi informativi dell'intermediario ed il rilascio
della relativa autorizzazione da parte del cliente ««devono risultare da
apposite evidenze interne di cui deve essere garantita l'immodificabilità e la
conservazione»».
[90] Così ROVITO, Commento sub. art. 23, in Testo Unico della
finanza,Commentario diretto da Campobasso, Torino, 2001, 199 ss; sul punto cfr.
anche ENRIQUES, Lo svolgimento di attività di intermediazione da parte delle
banche, aspetti della disciplina privatistica, in Banca Borsa, 1996, 646,
secondo il quale la norma in questione avrebbe la finalità di consentire un
ordinato svolgimento dei servizi di investimento e di permettere il controllo
interno ad opera delle apposite strutture.
[91] In tal senso cfr. Trib. Venezia, 22 novembre 2004, in Giur. It., 2005,
754; Trib. Genova, 2 agosto 2005, in Giur. it. 2006, 2 308; Trib., Milano 25
luglio 2005, ibidem; Trib. Venezia 8 giugno 2005, ibidem; Trib. Venezia, 11
luglio 2005, ibidem; in dottrina cfr. GALGANO, I contratti di investimento e
gli ordini dell'investitore all'intermediario, in Contratto e impresa, 2005,
894 ; ROPPO, La tutela del risparmiatore fra nullità, risoluzione e
risarcimento (ovvero l'ambaradan dei rimedi contrattuali), in Contratto e
impresa., 2005, 898.
[92] In tal senso, seppure solo a livello di obietr dictum, si è espressa la
Cassazione, in considerazione dell'evoluzione normativa (Cass 18 marzo 2003, n.
3956. in Rep. Foro it., 2003, ««Intermediazione finanziaria»», n. 85: ««
L'obbligo di utilizzare i fissati bollati, infatti, era prescritto dalla legge
solo a fini fiscali (la disposizione alla quale la corte d'appello fa
riferimento, per individuare la norma introduttiva dell'obbligo della forma
scritta è l'art. 6, lett. c. della l. 2 gennaio 1991 n. 1, che riguarda
peraltro i contratti quadro stipulati tra il cliente e la SIM; la forma scritta
è stata poi prevista anche per le singole operazioni dall'art. 18 del D. Lgs.
23 luglio 1996, n. 415, oggi sostituito dall'art. 23 del D. Lgs. 24 febbraio
1998, n. 58).»»; Cass., 29 settembre 2005, n. 19024, in Foro it., 2006, I,
1105), altra parte della giurisprudenza di merito (Trib. Milano 7 ottobre 2004,
in Giur. It., 2005, 754; Trib. Torino, 25 maggio 2005, in Giur. It., 2005,
1857; Trib. Bari 27 marzo 2006, in Corriere del Merito, 2006, 1000; Trib.
Genova, 26. giugno 06, in www.ilcaso.it) e parte della dottrina (MORELATO,
Nuovi requisiti di forma nel contratto. Trasparenza contrattuale e
neoformalismo, Padova, 2006., 56; FIORIO, Gli obblighi di comportamento degli
intermediari, cit., 765; SANZO, Evoluzione normativa in materia di forma degli
ordini di borsa: le diverse fasi di un progressivo rigore a tutela dei
««consumatori»» e della trasparenza del mercato mobiliare, in Giur. it., 1998,
302 e ss.).
[93] Cfr. in particolare Trib. Bari 27 marzo 2006, cit: ««Ci si potrebbe
chiedere, di conseguenza, quale significato debba allora attribuirsi
all'espressione di cui all'art.30 lett. c) della Delibera 11522/98 laddove è
prescritto che le parti devono indicare le modalità attraverso cui
l'investitore può impartire ordini ed istruzioni. Essa non vale affatto a
legittimare la forma orale, come pretende l'opponente, limitandosi invece a
prescrivere forme equivalenti a quella prescritta al precipuo scopo di
realizzare attraverso la forma precostituita forme reciproche di garanzia. Fra
tali modalità rientra oltre a quella dell'ordine telefonico registrato su
nastro magnetico anche quella dell'ordine inoltrato per via telematica che non
implica affatto un principio di libertà delle forme come suggerisce
l'opponente. (...). Ne consegue che le modalità attraverso le quali
l'investitore può impartire all'intermediario ordini ed istruzioni di cui alla
lett. c) dell'art. 30 Delibera Consob 11522/98 si traducono nella richiesta
scritta, e sottoscritta, nella richiesta telefonica registrata dall'intermediario
su supporto magnetico , nella richiesta inoltrata con strumenti telematici alla
quale sia apposta o associata la firma digitale (...) Del resto sarebbe del
tutto paradossale, a fronte di pressanti obblighi di informazione e
documentazione posti a carico degli intermediari nella contrattazione
preliminare (...) la mancata imposizione di un obbligo volto a garantire quel
minimo di garanzia ritraibile dalla forma scritta del contratto di
negoziazione»».
[94] Cfr. Trib. Milano, 15 marzo 2006, in www.ilcaso.it.
[95] Cfr. DE CRISTOFARO, op. cit., 274 il quale dubita che la sanzione della
nullità rispetti il parametro della proporzionalità esplicitamente imposto dal
terzo comma dell'art. 11 della Direttiva.
[96] Cfr. Trib. Mantova 18 marzo 2004, in Giur. it., 2004, 2125, con nota di
FIORIO, Doveri di comportamento degli intermediari finanziari, suitability
rule, conflitto di interessi e nullità virtuale dei contratti di investimento
dei bond argentini, e in Banca Borsa,2004, II, 440 con nota di MAFFEIS,
Conflitto di interessi nella prestazione dei servizi di investimento: la prima
sentenza sulla vendita ai risparmiatori di obbligazioni argentine; tale
orientamento ha poi avuto ampio seguito nella giurisprudenza di merito, cfr. ex
multis Trib. Venezia, 11 luglio 2005, in Danno e resp., 2005, 1231; Trib.
Avezzano, 23 giugno 2005, in Giur. Merito, 2005, 2051; Trib. Firenze, 19 aprile
2005, in I Contratti., 2005, 1010; Trib. Firenze, 24 marzo 2005, in Corriere
del Mer., 2005, p. 877; Trib. Palermo, 17 gennaio 2005, in Giur. It. 2005,
2096; Trib. Venezia, 22 novembre 2004, in Giur. It., 2005,. 754; Trib. Mantova,
12 novembre 2004, in Giur. It., 2005, 754.
[97] Cfr. DE CRISTOFARO, op. cit., 273.
[98] In argomento cfr. DE CRISOTFARO, ult. Op. loc. cit. secondo il quale la
nullità opererebbe solo in presenza di un'alterazione delle caratteristiche del
servizio finanziario e non del contratto concluso a distanza.
[99] In tal senso si è espressa Cass., 29 settembre 2005, in Danno e resp.,
2006, 25 con nota di ROPPO e AFFERNI, Dai contratti finanziari al contratto in
genere: punti fermi della Cassazione su nullità virtuale e responsabilità
precontrattuale, che ha escluso la nullità del contratto in caso di
comportamenti contrari a norme imperative tenuti dalle parti nel corso delle
trattative o durante l'esecuzione del contratto. In tal senso in dottrina v.
anche, COTTINO, Una giurisprudenza in bilico: i casi Cirio Parmalat, bonds
argentini, in Giur. it., 2006, 521. Per una critica all'impostazione seguita
dalla Cassazione nella decisione sopra citata v. MAFFEIS, Contro
l'interpretazione abrogante della disciplina preventiva del conflitto di
interessi (e di altri pericoli) nella prestazione dei servizi di investimento,
in www.ilcaso.it.
[100] Cfr. Cass. S.U. 19 dicembre 2007, n. 6725, per ora in www.ilcaso.it.
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