CrisiImpresa
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 26/03/2024 Scarica PDF
Cosa resta del pagamento parziale dei creditori quale presupposto dell’esdebitazione nei fallimenti pendenti all’entrata in vigore del CCII
Michela Mancini, Avvocato in PistoiaSommario: 1. Il presupposto oggettivo per l’esdebitazione nel fallimento. - 2. La valutazione del requisito oggettivo da parte della giurisprudenza di legittimità. - 3. La valutazione del requisito oggettivo da parte della recente giurisprudenza di merito. - 4. Segue. La rilevanza della disciplina transitoria del CCII. - 5. Un ulteriore argomento di valutazione di origine comunitaria. - 6. In conclusione.
1. Il presupposto oggettivo per l’esdebitazione nel fallimento
In termini generali l’esdebitazione consiste nella liberazione del debitore fallito dai debiti rimasti non pagati al termine della procedura di fallimento, oggi liquidazione giudiziale[1]. La cancellazione dei debiti pregressi costituisce la premessa di fatto che consente al debitore di riprendere la propria vita senza subire limitazioni alle proprie iniziative per effetto dei debiti precedenti. Per poterne beneficiare occorre che sussistano una serie di presupposti, previsti dalla normativa di riferimento, di tipo soggettivo ed oggettivo.
La materia è stata oggetto di una importante riforma con il D.Lgs. n. 14/2019 entrato in vigore a partire dal 15.07.2022 (c.d. Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, in breve CCII). La disciplina precedente è contenuta nella Legge Fallimentare di cui al R.D. n. 267/1942.
Con riguardo ai requisiti soggettivi, consistenti, sostanzialmente, nell’aver tenuto una condotta corretta e collaborativa prima e durante la procedura fallimentare, possiamo dire che la nuova normativa ricalca quanto già precedentemente previsto nella Legge Fallimentare e pertanto non vi sono particolari novità da segnalare. Si tratta, in sostanza, della valutazione della “meritevolezza” del debitore, requisito che nelle procedure fallimentari sostituisce il presupposto del consenso dei creditori presente nelle procedure concordatarie.
Ciò che invece rileva è la novità introdotta dal CCII in tema di requisito oggettivo, in quanto la normativa non richiede più, quale condizione di accesso alla esdebitazione, il soddisfacimento, anche solo parziale, dei creditori concorsuali, soddisfacimento previsto invece dall’art. 142, comma II, Legge Fallimentare ove si afferma che “l'esdebitazione non può essere concessa qualora non siano stati soddisfatti neppure in parte i creditori concorsuali”.
In questa situazione occorre interrogarsi sulla sopravvivenza o meno di tale requisito con riguardo a procedure fallimentari pendenti alla data di entrata in vigore del CCII o a procedure chiuse prima di tale data, e ciò anche al fine di fornire alcuni spunti ai legali che siano chiamati ad assistere un debitore fallito in relazione a tali ipotesi.
2. La valutazione del requisito oggettivo da parte della giurisprudenza di legittimità
La modifica operata dal Legislatore consistente nell’eliminazione del requisito oggettivo ha sostanzialmente recepito o, meglio, ha portato alle massime conseguenze, la giurisprudenza antecedente alla riforma che tendeva a concedere il beneficio dell'esdebitazione anche in presenza di pagamenti di crediti percentualmente molto bassi (Cass. 20.04.2017, n. 9917, Cass. 27.03.2018, n. 7550 e Cass. 30.07.2020, n. 16263). Già con sentenza 18.11.2011, n. 24214 le Sezioni Unite della Cassazione avevano affermato che il principale elemento al quale riferirsi per la concessione o meno dell’esdebitazione consiste nella valutazione, da parte del giudice di merito, del comportamento del soggetto fallito in quanto “la nota di discrimine fra imprenditori falliti, ai fini del conseguimento del beneficio dell'esdebitazione, non andrebbe individuata sulla base di un dato legato a contingenze casuali e non riconducibili all'operato dell'imprenditore, quale il numero dei creditori privilegiati e la consistenza dei loro crediti, ma potrebbe essere piuttosto ricercata nella valorizzazione del dato comportamentale del debitore”. Data tale premessa, secondo la Suprema Corte, per ritenere integrato tale requisito “è sufficiente che almeno parte dei creditori sia stata soddisfatta, essendo invero rimesso al prudente apprezzamento del giudice accertare quando la consistenza dei riparti realizzati consenta di affermare che l’entità dei versamenti effettuati, valutati comparativamente rispetto a quanto complessivamente dovuto, costituisca quella parzialità dei pagamenti richiesta per il riconoscimento del beneficio” (Cass. sez. un. 8.11.2011, n. 24214, cit.).
La Suprema Corte ha poi successivamente ulteriormente chiarito che la condizione prevista dall’art. 142, comma II, Legge Fallimentare si intende realizzata, in un’interpretazione costituzionalmente orientata e coerente con il favor per l'istituto, anche quando taluni creditori non siano stati pagati affatto e che “ove ricorrano i presupposti di cui dell'art. 142, comma 1, il beneficio dell'esdebitazione deve essere concesso a meno che i creditori siano rimasti totalmente insoddisfatti o siano stati soddisfatti in percentuale ‘affatto irrisoria’ (cfr. già Cass. n. 7550-18)” (Cass. 12.05.2022, n. 15246).
In base a tali pronunce, dunque, perché la procedura possa consentire l’ottenimento del beneficio dell’esdebitazione, il requisito oggettivo del pagamento parziale dei creditori deve sussistere. Tuttavia, la giurisprudenza ha precisato che tale requisito può dirsi soddisfatto se il pagamento non risulti irrisorio. La valutazione della irrisorietà del pagamento deve essere parametrata a percentuali talmente minime da considerarsi irrilevanti e tali che, tenuto conto di tutte le risultanze della procedura, non siano in grado di rappresentare in concreto, neppure parzialmente, il concetto di “soddisfacimento”.
Recentemente la Suprema Corte, con la sentenza 5.06.2023, n. 15603, ha chiarito che la valutazione di cui sopra non consiste semplicemente nel raffronto tra l’attivo distribuito ed il passivo fallimentare, ma che occorre tenere conto delle risorse in concreto messe a disposizione del fallito, anche se poi le stesse non risultino effettivamente distribuite ai creditori[2].
3. La valutazione del requisito oggettivo da parte della recente giurisprudenza di merito
L’applicazione dell’istituto è stata recentemente oggetto di una ulteriore evoluzione in senso favorevole al debitore anche in relazione alle “vecchie” procedure fallimentari, ad opera della giurisprudenza di merito. Facendo leva proprio sull’abrogazione del requisito oggettivo operata dal Legislatore col CCII, alcuni giudici di merito ne hanno infatti ulteriormente ridimensionato la portata, se non addirittura escluso l’applicabilità. Ad esempio, in questo senso si segnala il decreto 18.02.2022 della Corte di Appello di Bologna la quale ha rilevato che “il requisito oggettivo per l’esdebitazione deve considerarsi tacitamente abrogato a meno di voler dar adito a ingiustificate disparità di trattamento tra vecchi falliti e nuovi soggetti sottoposti alla liquidazione giudiziale o sovraindebitati, legittimati questi ultimi a chiedere la liberazione dei debiti pregressi in presenza dei soli requisiti soggettivi”. Secondo la Corte di Appello, pertanto, “se anche dovesse essere ammessa la permanenza nell’ordinamento attuale del parametro oggettivo esso dovrebbe essere svalutato ed interpretato nel senso assolutamente favorevole al debitore”[3].
4. Segue. La rilevanza della disciplina transitoria del CCII
Alcuni giudici di merito chiamati a pronunciarsi sul tema dell’esdebitazione successivamente all’entrata in vigore del CCII, ma con riguardo a procedure fallimentari aperte in pendenza della Legge Fallimentare, hanno escluso l’applicazione del requisito oggettivo ritenendo che la disciplina applicabile a tali fattispecie si rinvenga ugualmente nel CCII.
Parte della giurisprudenza ha infatti ritenuto che, per l’esdebitazione richiesta dopo il 15.07.2022 con riguardo a procedure fallimentari pendenti a tale data o a procedure chiuse prima di tale data, la normativa della Legge Fallimentare riguardi soltanto le norme processuali e non anche i presupposti di diritto sostanziale necessari per poter beneficiare dell’esdebitazione, i quali devono essere accertati sulla base della legge vigente al momento della pronuncia del giudice e che dunque sono regolati dal Codice della Crisi dell’Impresa e dell’Insolvenza (Trib. Verona 2.12.2022; Trib. Torino 9.03.2023; Trib. Ferrara 20.02.2024, n. 795)[4].
In particolare, è stato osservato che l’art. 390 CCII rubricato “disciplina transitoria” non contiene uno specifico riferimento all'esdebitazione, la quale, pur essendo necessariamente successiva alla procedura fallimentare, costituisce un autonomo istituto, con la conseguenza che essa trova la sua disciplina nella legge vigente al momento del deposito dell'istanza di esdebitazione[5].
In questa situazione, dunque, in presenza dei requisiti soggettivi, l’esdebitazione può essere concessa anche in assenza di pagamento dei creditori, al pari di quanto avviene per le procedure di liquidazione giudiziale.
5. Un ulteriore argomento di valutazione di origine comunitaria
Nell’ambito della suddetta panoramica giurisprudenziale si colloca il recentissimo provvedimento del Tribunale di Firenze 24.01.2024, il quale, in relazione ad un “vecchio” fallimento in cui la percentuale pagata ai creditori è stata pari soltanto all’1,45%, affronta la sopravvivenza e la portata del requisito oggettivo. La motivazione offerta dal Tribunale di Firenze valorizza un ulteriore argomento di valutazione di fonte comunitaria: “Ritenuto, quanto al requisito oggettivo di cui al comma 2, costituito dal soddisfacimento parziale dei crediti concorsuali, che, per quanto nella fattispecie i creditori siano stati soddisfatti soltanto nella misura dell’1,45 %, debba considerarsi come lo stesso non sia più previsto nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza emanato in coerenza alla direttiva UE 2019/1023; che nonostante il codice della crisi non si applichi alle procedure, come quella in oggetto, pendenti alla data di entrata in vigore dello stesso, la predetta direttiva imponga una interpretazione del diritto interno, anche preesistente alla stessa, conforme al diritto europeo laddove all’art. 20, par. 2, prevede: ‘Gli Stati membri in cui l'esdebitazione integrale è subordinata al rimborso parziale del debito da parte dell'imprenditore provvedono affinché l'obbligo di rimborso si basi sulla situazione individuale dell'imprenditore e, in particolare, sia proporzionato al reddito e agli attivi sequestrabili o disponibili dell'imprenditore durante i termini per l'esdebitazione e tenga conto dell'equo interesse dei creditori’; che pertanto nell’interpretare il requisito oggettivo previsto dall’art. 142, c. 2, l.f., non possa prescindersi dall’esame della situazione individuale dell’imprenditore e debba aversi riguardo non a percentuali di soddisfacimento astratte ma all’attivo in concreto disponibile, attivo che nella presente procedura fallimentare è stato messo integralmente a disposizione dei creditori, garantendo loro la massima soddisfazione possibile”.
Si evidenzia che l’art. 20 della Direttiva UE 2019/1023 non esclude l’elemento oggettivo del pagamento dei creditori quale requisito per l’accesso al beneficio dell’esdebitazione, ma si limita a prevedere un criterio di proporzionalità e di equo contemperamento con l’interesse dei creditori[6].
Sebbene dunque il Tribunale di Firenze abbia ritenuto che il CCII non si applichi alle procedure pendenti alla data di entrata in vigore dello stesso, il giudice ha ugualmente concesso l’esdebitazione, anche in presenza di una percentuale di pagamento dei creditori bassissima, avvalendosi di principi mutuati dal diritto comunitario e valorizzando in quest’ottica il fatto che nella procedura è stata assicurata la massima soddisfazione possibile in quanto il patrimonio attivo è stato messo interamente a disposizione dei creditori.
6. In conclusione
La rapida carrellata di pronunce giurisprudenziali effettuata nei paragrafi precedenti consente dunque di giungere ad interpretare il requisito oggettivo del pagamento parziale dei creditori previsto all’art. 142 Legge Fallimentare in modo assai favorevole al debitore, o addirittura a ritenere tale requisito abrogato o comunque inapplicabile anche ai “vecchi” fallimenti.
In tale ambito, il legale che si trovi ad assistere un debitore fallito ha dunque la possibilità di attingere a numerosi principi ed argomentazioni che, singolarmente o congiuntamente tra loro, ampliano le possibilità esdebitatorie del fallito, consentendo la liberazione dai debiti pregressi a favore dei soggetti il cui comportamento appare meritevole per effetto della sussistenza dei soli requisiti soggettivi previsti dalla normativa, senza ulteriori presupposti.
[1] In termini più precisi l’esdebitazione comporta l’inesigibilità dei crediti rimasti insoddisfatti a seguito di procedure concorsuali (cfr. art. 278 CCII).
[2] Si legge infatti in tale sentenza: “nel caso in esame, la corte territoriale ha compiuto la valutazione di irrisorietà della percentuale di soddisfazione dei creditori ponendo a raffronto solo l'attivo distribuito e il passivo totale dei fallimenti (della società e dei tre soci), senza distinguere fra passività societarie e passività dei singoli soci (quello del ricorrente pari a 400.607,98 Euro), senza tener conto del valore dell'attivo fallimentare acquisito (413.380,29 Euro, di cui 290.000 per un immobile e 106.100,70 per mobili), ben superiore rispetto a quello poi realizzato (143.252,07 Euro, anche a seguito delle innumerevoli aste andate deserte) ed ancor più a quello residuato per il pagamento dei creditori privilegiati (24.125,00 Euro), essendo stati ‘consumati’ in prededuzione ben 119.127,07 Euro, in una procedura protrattasi per 13 anni”.
[3] Cfr. in questo senso anche Trib. Modena 7.12.2022, il quale ha rilevato anche che “il Tribunale debba compiere una valutazione complessiva dell’insolvenza dell’imprenditore anche con riguardo ai comportamenti tenuti dallo stesso prima della dichiarazione di fallimento, perché è innegabile che la ratio della norma in commento è di riconoscere il beneficio a chi abbia salvato dalla crisi una parte del patrimonio da destinare alla soddisfazione dei creditori”.
[4] In senso contrario si veda invece Trib. Rimini 30.03.2023; Trib. Catania 2.03.2023; Corte di Appello Bologna 27.01.2023.
[5] Riporto la motivazione fornita dal Tribunale di Torino con la pronuncia 9.03.2023: “L'art. 390 CCII, rubricato ‘disciplina transitoria’, stabilisce l'ultrattività della Legge Fallimentare e della L. n. 3/2012(i) per i ricorsi, le proposte e le domande depositati prima del 15 luglio 2022 – data di entrata in vigore del CCII– (ii) per le procedure concorsuali pendenti a tale data, e (iii) per le procedure concorsuali aperte a seguito della definizione dei ricorsi e delle domande depositati anteriormente a tale data. La norma in esame non contiene alcun riferimento espresso all'istituto dell'esdebitazione, né pare fare riferimento implicito a tale istituto, a meno che non si intenda qualificare l'esdebitazione come naturale propaggine di una procedura fallimentare chiusa antecedentemente alla data di entrata in vigore del CCIIo pendente a tale data. Un'operazione ermeneutica di questo tipo non appare tuttavia corretta, considerato che l'istituto dell'esdebitazione risulta dotato di una propria autonomia rispetto alla procedura concorsuale a cui accede: sul piano procedimentale, il deposito di un ricorso per l'esdebitazione ha una sua autonomia che la rende qualificabile come istituto a sé stante rispetto alla procedura concorsuale in senso stretto, regolando ciò che sopravvive ad essa. Tale autonomia è ancora più evidente nella disciplina prevista dagli att. 142 ss. l. fall. e 14-terdecies l. n. 3/2012, ove si prevedeva che l'effetto tipico dell'esdebitazione conseguente al fallimento o alla liquidazione giudiziale – e cioè il beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali – conseguisse ad una pronuncia del giudice che poteva intervenire, su istanza di parte, non solo con il decreto di chiusura – e dunque con un atto tipico della procedura concorsuale – ma anche esaurita la procedura stessa, nell'ipotesi in cui il ricorso fosse presentato entro un anno dalla chiusura. D'altra parte, tanto nella vecchia disciplina che in quella attuale, non pare dubitabile che l'effetto tipico dell'esdebitazione, e cioè l'inesigibilità dal debitore dei crediti rimasti insoddisfatti nell'ambito di una procedura di liquidazione giudiziale o di liquidazione controllata (art. 278 CCII), consegua ad una pronuncia costitutiva del Tribunale, avente efficacia ex nunc. A queste premesse consegue che l'ultrattività prevista dall'art. 390, comma 2, CCIIpuò essere riferita solo all'aspetto procedimentale dell'esdebitazione, ma non anche alla disciplina concernente i suoi presupposti di diritto sostanziale, i quali devono essere accertati sulla base della legge vigente al momento della pronuncia costitutiva del giudice, in forma dell'art. 11 preleggi c.c., e ciò anche nell'ipotesi in cui riguardi procedure chiuse prima dell'entrata in vigore della nuova normativa (per le quali il rapporto giuridico concernente l'esdebitazione non sia ancora esaurito per decorso del termine annuale previsto dall'art. 143 L.F.”.
[6] Si riporta il testo dell’art. 20, comma II, della citata Direttiva UE 2019/1023: “Gli Stati membri in cui l'esdebitazione integrale è subordinata al rimborso parziale del debito da parte dell'imprenditore provvedono affinché l'obbligo di rimborso si basi sulla situazione individuale dell'imprenditore e, in particolare, sia proporzionato al reddito e agli attivi sequestrabili o disponibili dell'imprenditore durante i termini per l'esdebitazione e tenga conto dell'equo interesse dei creditori”.
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