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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 29/09/2025 Scarica PDF
Il trasferimento dell’azienda nella composizione negoziata della crisi alla luce della giurisprudenza [1]
Diego Manente, Avvocato in Venezia, Professore a contratto di Diritto della crisi e dell’insolvenza nel Dipartimento di Management/Venice School of Management dell’Università Cà Foscari VeneziaSOMMARIO: 1. Premessa 2. La fattispecie 3. I presupposti dell’autorizzazione giudiziale 4. Il procedimento e la decisione del tribunale 5. Gli effetti dell’autorizzazione giudiziale
1. Premessa
Scopo del presente contributo è quello di illustrare gli aspetti essenziali dell’intervento giudiziale finalizzato a consentire all’imprenditore in crisi, nell’ambito del percorso tipicamente degiurisdizionalizzato della composizione negoziata[3], il trasferimento dell’azienda (o di suoi rami) senza gli effetti di cui all’art. 2560, comma 2, C.C. (corresponsabilità dell’acquirente per i debiti che risultano dalle scritture contabili obbligatorie).
Si tratta di una (l’ultima) delle quattro ipotesi previste nell’ unico contesto dell’art. 22 CCII[4], per il quale, durante la composizione negoziata, l’imprenditore può rivolgersi all’autorità giudiziaria[5] per ottenere l’autorizzazione, rispettivamente, a contrarre finanziamenti prededucibili ex art. 6 erogati da terzi (comma 1, lett. a), dai soci (lett. b) o da società appartenenti ad un gruppo di imprese di cui all’art. 25 (lett. c) ovvero a dar corso a vicende circolatorie della propria azienda con il beneficio della deroga di cui sopra (lett. d).
Restringendo l’esame cui è dedicato il presente lavoro alla norma contenuta nell’art. 22, comma 1, lett. d, questa, nello specifico, stabilisce che “su richiesta dell’imprenditore il tribunale, verificata la funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori, può […] autorizzare l’imprenditore a trasferire in qualunque forma l’azienda o uno dei suoi rami senza gli effetti di cui all’art. 2560, secondo comma, del codice civile, dettando le misure ritenute opportune, tenuto conto delle istanze delle parti interessate al fine di tutelare gli interessi coinvolti; resta fermo l’articolo 2112 del codice civile. Il tribunale verifica altresì il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente”.
Il dato normativo, elaborato dalla giurisprudenza in uno con gli apporti dottrinali, suggerisce di procedere per punti all’analisi della disciplina recata dalla disposizione anzidetta, illustrando nell’ordine: la fattispecie; i presupposti dell’autorizzazione giudiziale; il procedimento (regolato nel secondo comma) e la decisione del tribunale; gli effetti dell’autorizzazione giudiziale.
2. La fattispecie
Possiamo cominciare con il dire che la fattispecie considerata dalla norma è costituita da due segmenti: la vicenda circolatoria dell’azienda (o di suoi rami) e la deroga all’art. 2560, comma 2, C.C.
A questo proposito occorre subito una messa a punto – pur lapalissiana – per il corretto inquadramento della disposizione.
Il trasferimento a terzi dell’azienda (o di uno o più dei suoi rami) già durante le trattative che si svolgono in sede di composizione negoziata può risultare la soluzione necessaria e indispensabile, o comunque più opportuna e preferibile, della crisi dell’imprenditore (ma, sovente, meglio sarebbe dire della sua insolvenza, considerato che, sulla base dell’esperienza applicativa, è questa la situazione oggettiva che connota gli imprenditori che accedono all’istituto).
Davanti a questa evenienza, attendere la conclusione del percorso compositivo e l’eventuale avvio di uno strumento di regolazione – se non addirittura l’apertura della liquidazione giudiziale - prima di procedere alla cessione potrebbe compromettere la continuità aziendale, disperdendone i valori connessi, comportare la maturazione di ulteriori perdite e, alla fine, risolversi in un pregiudizio non solo per l’imprenditore, ma anche per gli stessi creditori e gli altri stakeholders[6].
L’esigenza anzidetta, del resto, è programmaticamente contemplata dall’art. 12, comma 2, il quale, nel sancire che l’esperto ha il compito di agevolare le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati al fine di individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di cui al comma 1, specifica che ciò può appunto avvenire “anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa” [7].
Questa prospettiva deve coordinarsi con il fatto che, all’interno del “luogo giuridico”[8] della composizione negoziata, l’imprenditore non subisce alcuna forma di spossessamento – nemmeno attenuato – e mantiene la piena amministrazione dei suoi beni (cfr. art. 21, comma 1) [9], salvi gli obblighi informativi nei confronti dell’esperto relativamente al compimento di atti di straordinaria amministrazione e l’esecuzione di pagamenti incoerenti rispetto alle trattative (comma 2), i quali, nel caso di dissenso dello stesso esperto, innescano l’apparato di cautele previsto nei commi successivi [10].
Rientrando il trasferimento dell’azienda tra gli atti di straordinaria amministrazione, soggetto dunque al regime di cui all’art. 21, comma 2, in linea astratta l’imprenditore, sotto la propria responsabilità, potrebbe procedere alla cessione anche autonomamente, senza richiedere l’autorizzazione del tribunale, ma solo informando in via preventiva l’esperto con tutto quanto ne consegue[11].
Questa ipotesi, tuttavia, assume carattere poco più che teorico[12].
A tacer d’altro, infatti, l’acquirente in tal caso risponderebbe solidalmente, ai sensi dell’art. 2560, comma 2, C.C., dei debiti anteriori risultanti dai libri contabili obbligatori e l’atto non godrebbe del particolare regime di stabilità previsto dall’art. 24, comma 1, nel caso di eventuale successiva apertura della liquidazione giudiziale[13].
La norma in esame ha la finalità di consentire la rimozione di questi fattori che, all’evidenza, disincentiverebbero l’interesse di terzi per un immediato acquisto dell’azienda in sede di composizione negoziata[14].
Solo l’autorizzazione del tribunale consente infatti l’operare della deroga all’art. 2560, comma 2, C.C., con la relativa purgazione rispetto all’acquirente dei debiti anteriori, ed assicura lo speciale consolidamento degli effetti dell’atto di straordinaria amministrazione del trasferimento d’azienda (oltre ad escludere il rischio di conseguenze di natura penale in tema di bancarotta)[15].
Nella pratica operativa la strada della richiesta di autorizzazione al tribunale sarà pertanto l’unica ad essere concretamente percorsa quando l’imprenditore intenda procedere al trasferimento dell’azienda o di suoi rami durante la composizione[16].
Chiarita in questi termini la portata della disposizione[17], possiamo adesso procedere a meglio definire il suo perimetro applicativo.
La locuzione utilizzata dal legislatore riferisce l’autorizzazione giudiziale in deroga al trasferimento dell’azienda o uno o più suoi rami “in qualunque forma”.
Rientrano nell’ampia formulazione della norma non solo la vendita, ma anche il conferimento dell’azienda in un’altra società[18], anche neocostituita (newco)[19], o qualunque altra forma di traslazione della proprietà del complesso aziendale[20].
Risulta invece escluso dall’ambito applicativo della disposizione[21] il trasferimento attuato mediante operazioni societarie c.d. riorganizzative, quali la fusione o la scissione, non essendo prevista la possibilità di derogare anche agli artt. 2504 bis e 2506 quater, comma 3, C.C.
Parlando la norma in termini generici di trasferimento e non specificamente di “trasferimento di proprietà”, sul piano letterale l’espressione utilizzata nel comma 4 potrebbe far pensare, di primo acchito, che la disposizione sia estensibile anche all’ipotesi del “trasferimento del godimento” mediante l’affitto dell’azienda[22].
La generale opinione[23] respinge tuttavia questa lettura della disposizione, la quale, “per quanto da intendere in senso lato (“in qualunque forma”), pare riferibile al solo effetto traslativo tipico dei contratti a effetti reali (sia pur realizzabili mediante forme diverse dalla vendita dell’azienda), tra i quali certamente non rientra l’affitto d’azienda”[24]; conclusione a cui, del resto, si perviene sulla base del complesso sistematico della disciplina di diritto comune dell’affitto d’azienda, per la semplice ragione rappresentata dall’effetto fondamentale dell’autorizzazione del tribunale, costituito dalla deroga all’art. 2560, comma 2, c.c., la quale viene a perdere di significato in relazione all’affitto, istituto dove la norma non trova applicazione ( v. art. 2562 C.C.)[25].
Muovendo da questa prospettiva, in linea di principio, la disciplina di riferimento per eventualmente procedere all’affitto durante la composizione negoziata dovrebbe pertanto essere, quella, diversa, sugli atti di straordinaria amministrazione ex art. 21 [26].
Ciò che, tuttavia, non rende eversiva del sistema l’opinione di chi ritiene che, quando, nel caso concreto, l’affitto è propedeutico alla cessione d’azienda[27] ”vista dal piano come naturale esito della ristrutturazione in una sorta di continuità indiretta (…) l’operazione nel suo complesso e in particolare la vendita dovrebbe essere autorizzata ex art. 22, comma 2, lett. d)”[28]. Aderendo a questa impostazione, conseguentemente, anche l’autorizzazione giudiziale dell’affitto, in uno con il trasferimento dell’azienda, dovrà soddisfare i presupposti di cui subito si dirà.
3. I presupposti dell’autorizzazione giudiziale
I presupposti a cui la disposizione in esame subordina l’autorizzazione giudiziale – comuni anche alle altre ipotesi di cui alle lett. a), b) e c), ma ovviamente da modulare in ragione dello specifico oggetto di questa – sono costituiti, innanzi tutto, dalla “funzionalità degli atti””rispetto alla continuità aziendale” e “alla migliore soddisfazione dei creditori”.
Questi elementi devono operare congiuntamente e - come reso palese dalla formulazione normativa, dove è utilizzata la congiunzione “e”- si pongono, nella valutazione che deve essere eseguita dal tribunale, sullo stesso piano[29], in un rapporto paritetico e di interconnessione.[30]
Procediamo ad analizzare nello specifico il primo dei due requisiti, costituito dalla “funzionalità dell’atto rispetto alla continuità aziendale”.
Nell’elaborazione giurisprudenziale questo presupposto è comunemente ritenuta sussistente, pur con differenti sfumature da caso a caso, quando la cessione dell’azienda consenta di evitare la disgregazione dei valori aziendali[31] e la maturazione di ulteriori perdite[32], con attenzione anche al mantenimento dei livelli occupazionali [33].
È stato affermato che la funzionalità della cessione d’azienda o del ramo d’azienda rispetto alla continuità aziendale risponde alla finalità della stessa composizione negoziata, costituita dal perseguimento del risanamento da ricercarsi mediante le trattative con i creditori[34] (incidentalmente occorre tuttavia notare in proposito che, nella formulazione dell’art. 22, il trasferimento dell’azienda sembra assumere una tonalità non del tutto coincidente con l’enunciato dell’art. 12, comma 2, di cui si è detto nel paragrafo che precede, ponendo la norma in esame l’accento non tanto sul risanamento dell’impresa, quanto piuttosto sulla salvaguardia della continuità aziendale[35]).
Muovendo da questa prospettiva la giurisprudenza ha tratto la la conseguenza per la quale l’atto deve iscriversi in un contesto di coerenza rispetto al piano prospettato dall’imprenditore e con le soluzioni di cui questi intenda avvalersi all’esito delle trattative suddette[36] In tal senso, anzi, taluni tribunali, interpretando in modo assai rigoroso l’inciso normativo che impone al giudice di accertare (“verificata”) la funzionalità dell’atto rispetto alla continuità aziendale, “quasi che la cessione dell’azienda possa atteggiarsi come uno degli atti o negozi conclusivi del risanamento”, hanno ritenuto che tendenzialmente l’autorizzazione al trasferimento dell’azienda potrebbe intervenire solo al termine del percorso negoziato “quando la soluzione della crisi appare trovata e quando gli accordi con i creditori sono stati raggiunti o sono prossimi”[37].
L’altro parametro funzionale - richiesto dalla norma in esame a salvaguardia degli interessi dei creditori - consiste nella loro “migliore soddisfazione” possibile.
Il riferimento alla “migliore” soddisfazione dei creditori sta a significare che questa deve essere intesa in senso qualitativo e non quantitativo, quindi non necessariamente massima[38].,
La relativa valutazione del tribunale[39] si traduce nella verifica che i creditori non risultino pregiudicati dalla vendita dell’azienda nell’ambito della composizione negoziata, esaminando comparativamente la posizione del ceto creditorio nelle alternative concretamente praticabili[40].
Il vaglio dei due parametri della funzionalità della cessione rispetto alla continuità aziendale e alla miglior soddisfazione dei creditori non esaurisce, tuttavia, lo spettro dei controlli che il tribunale è chiamato ad effettuare nella specifica ipotesi dell’autorizzazione al trasferimento aziendale in deroga, poiché la disposizione dell’ ultimo periodo della lett. d) prevede che, in tal caso, il giudice deve altresì “verificare il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente”[41]. assicurando così la cessione del complesso aziendale ad un prezzo congruo[42], presupposto che, considerato sotto questo angolo di visuale, finisce per avere come finalità ultima la tutela del diritto dei creditori alla “migliore soddisfazione” possibile[43], di cui si è detto poc’anzi.
A questo riguardo la disposizione, opportunamente, non prescrive forme rigide e regole astratte - da applicare cioè asetticamente - attraverso le quali sondare il mercato[44], ma consente, mediante la deformalizzazione della competitività nella scelta dell’acquirente, di parametrare l’applicazione del principio alle esigenze e alle specificità del caso concreto[45], tenendo conto, secondo un criterio di proporzionalità, delle caratteristiche del business e delle sue dimensioni, del settore di riferimento cui inerisce il compendio aziendale[46] e della varietà degli interessi coinvolti.
Seguendo questi criteri, la pratica operativa dei tribunali, in presenza di un’offerta da parte di un soggetto già individuato o comunque di manifestazioni di interesse, ha sviluppato vari sistemi valutativi di raffronto con il mercato[47], diversamente articolati secondo i casi, quali, ad esempio[48], la pubblicità mirata sulla stampa o su portali specializzati[49]; le selezioni operate da soggetti professionalmente qualificati[50] oppure direttamente dall’esperto[51]; il ricorso, sotto la supervisione dell’esperto[52], ad appositi strumenti previsti dalla piattaforma telematica (es. data room virtuale e raccolta delle offerte) [53]; l’approntamento di procedure competitive più o meno “procedimentalizzate” [54], ecc.
Talvolta regole e prescrizioni specifiche per la ricerca dell’acquirente e l’espletamento del procedimento competitivo sono state stabilite direttamente dal giudice (sovente con provvedimenti prodromici e interlocutori)[55], avvalendosi della clausola della norma per la quale il tribunale può dettare “le misure ritenute opportune (…) al fine di tutelare gli interessi coinvolti” (v. infra, § 4)[56]. Con il che sembra non trovare seguito la rigidissima opinione di segno contrario – la quale pure è stata espressa in giurisprudenza[57] – secondo cui invece il tribunale non avrebbe “un potere conformativo o di imposizione della gara o di forme anche minime di competizione, laddove [l’imprenditore] e l’esperto non abbiano ritenuto a monte di applicare l’elementare principio di competitività nella selezione dell’acquirente prima di depositare l’istanza”, come sarebbe “testimoniato dalla lettera della norma ex art. 22 lettera d): ‘il tribunale verifica altresì il rispetto del principio…’ ”.
Sul piano statistico occorre comunque registrare che, al di là del programma astratto traducibile nella sequenza procedure di pubblicità - raccolta di manifestazioni di interesse - in caso positivo, espletamento variamente modulato di gare nell’ambito della composizione negoziata, in genere, nei casi esaminati, alla sollecitazione del mercato non ha fatto poi seguito alcuna gara, non essendosi palesati interessi alternativi a quello manifestato con l’offerta formulata[58].
4. Il procedimento e la decisione del tribunale
Il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione è disciplinato dal capoverso dell’art. 22 in modo unitario per tutte le ipotesi previste dal comma 1, ma presenta alcune particolarità che riguardano specificamente la fattispecie oggetto del nostro esame.
Concentreremo la nostra attenzione su questi aspetti peculiari, limitandoci per il resto a ricordare che: il procedimento (al quale si applicano, in quanto compatibili, gli artt. 737ss. C.P.C. sui procedimenti in camera di consiglio) si svolge davanti al tribunale competente ai sensi dell’art. 27; quest’ultimo decide in composizione monocratica e può disporre, ove occorre, la nomina di un ausiliario ex art. 68 C.P.C.[59]; il provvedimento reso in ordine all’autorizzazione è impugnabile con reclamo al tribunale, del cui collegio non può far parte il giudice che l’ha pronunciato.
Posto che nella composizione negoziata manca lo spossessamento, pieno o attenuato, del debitore, il primo tratto procedimentale che viene in rilevo riguarda il fatto che è l’imprenditore, la cui “legittimazione non è surrogabile” [60], a “decidere autonomamente se e quando presentare richiesta di autorizzazione” [61].
Questo profilo, avuto riguardo all’oggetto dell’istanza autorizzativa in esame (il trasferimento dell’azienda o di un suo ramo, accompagnato dall’esenzione degli effetti di cui all’art. 2560, comma 2, C.C.), assume una particolare connotazione nel caso in cui parte istante sia una società, collegandosi il tema della circolazione dell’azienda a quello delle decisioni e dei poteri gestori degli amministratori con i relativi limiti [62].
A tale proposito, ricordato la composizione negoziata non è uno strumento di regolazione della crisi e o dell’insolvenza, ma un semplice “percorso” di negoziazione [63], troveranno pertanto applicazione le regole generali del diritto societario comune[64], non potendo venire in gioco l’art. 120-bis CCII, che ha invece il suo fulcro nella decisione degli amministratori di accedere ad uno degli strumenti anzidetti [65]. In questo quadro, anche ai fini del procedimento autorizzativo in discorso occorrerà allora tener conto della configurazione delle vicende circolatorie dell’azienda, nel caso in cui si tratti dell’unica azienda in cui si concentra la sola attività dell’impresa sociale o della parte sostanziale di essa, in termini di operazioni che determinano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale, con le conseguenti ricadute che questo può comportare sui poteri di gestione degli amministratori nei diversi modelli di organizzazione societaria dell’attività di impresa[66].
Un secondo aspetto che nella vicenda traslativa in esame assume una curvatura particolare riguarda la previsione di cui al comma 2 dell’art. 22, dove è stabilito che il tribunale, oltre ad assumere le informazioni necessarie[67], deve sentire[68] “le parti interessate”.
L’individuazione delle parti interessate dalla richiesta di autorizzazione alla cessione dell’azienda in deroga spetta al tribunale, in relazione alle circostanze del caso concreto. A titolo esemplificativo [69]: i creditori con cui l’impresa sta trattando nella composizione negoziata sulla ricerca dell’accordo con i quali è fondato il piano di risanamento; le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative[70] [71]; le parti potenzialmente pregiudicate dalla vendita dell’azienda, quali coloro che, attraverso la stessa, perderebbero la garanzia generica ex art. 2740 C.C.[72]; i contraenti abituali dell’impresa[73], ecc.
Guardando infine alla conclusione del procedimento, e in particolare ai contenuti del provvedimento autorizzatorio del tribunale, abbiamo più volte in precedenza sottolineato che il nucleo essenziale dell’autorizzazione non riguarda soltanto il compimento dell’atto di straordinaria amministrazione costituito dal trasferimento dell’azienda o di un suo ramo, ma anche la deroga all’art. 2560, comma 2, C.C.[74]
Nella prassi giurisprudenziale, peraltro, il provvedimento giudiziale non si ferma alla pura e semplice decisione di accoglimento dell’istanza, ma viene riempito, secondo i casi, da ulteriori e variegate prescrizioni e cautele[75], compendiate dalla norma di cui alla lett. d) nel richiamo alle “misure ritenute opportune” che il giudice può dettare “tenuto conto delle istanze delle parti interessate al fine di tutelare gli interessi coinvolti”[76].
La formulazione in termini così ampi e generali della disposizione è tale da consentire al tribunale di declinare ad ampio spettro le misure appena evocate.
Nell’ambito di questo novero abbiamo già fatto menzione (v. supra, §3) di una prima, ampia gamma di prescrizioni volte a consentire la più obiettiva scelta dell’acquirente, in un ventaglio che va dalle generiche indicazioni alle disposizioni circa particolari modalità di attivazione della competitività (es. in tema di pubblicità e di informazioni da rendere ai potenziali interessati), fino all’imposizione di veri e propri sub-procedimenti di vendita competitiva dell’azienda variamente regolati.
Sovente le misure più opportune si sono altresì tradotte in prescrizioni a garanzia dei creditori concernenti la fase successiva alla vendita, in particolare relativamente all’accantonamento da parte dell’imprenditore cedente delle somme derivanti dalla cessione, stabilendo vincoli al loro utilizzo, ad esempio con la disposizione del loro deposito su un conto corrente dedicato e vincolato[77]. La previsione da parte del giudice di un vincolo di destinazione del corrispettivo riveniente dalla cessione dell’azienda è ispirata, con ogni evidenza, all’intento di temperare la circostanza che il trasferimento del compendio aziendale o di suoi rami senza accollo dei debiti avvenga in un luogo giuridico – la composizione negoziata – che, almeno a livello teorico, consente il rischio di dispersione del ricavato della cessione, non essendo il debitore assoggettato ad alcuna forma di spossessamento e costretto al rispetto di regole distributive[78]. A questo riguardo occorre peraltro segnalare che, con riferimento all’ipotesi di vendita di un ramo d’azienda, in dottrina[79] è stato obiettato che, in mancanza di un vincolo di destinazione già pattuito con i creditori[80], riconoscere al giudice il potere di imporre all’imprenditore di impiegare il ricavato della vendita per il pagamento dei creditori anziché per alimentare la residua parte della continuità aziendale appare eccentrico in un contesto negoziale nel quale l’imprenditore è in bonis[81].
Tra le misure ritenute opportune al fine di tutelare gli interessi coinvolti è stato ipotizzato, possa rientrare anche l’indicazione ad opera del giudice della condizione contrattuale della necessaria salvaguardia, da parte dell’acquirente, dei rapporti con i principali partners commerciali (il c.d. indotto) ovvero della necessaria prosecuzione dell’attività e/o del mantenimento di determinati livelli occupazionali per un determinato periodo di tempo ovvero in un determinato contesto territoriale[82].
Nel prossimo paragrafo verrà poi presa in considerazione la possibilità per il giudice di utilizzare lo strumento dell’indicazione delle misure in discorso al fine di facilitare la liberazione di beni che compongono l’azienda dalle formalità pregiudizievoli.
Resta da dire che, sulla base di quanto stabilito dal comma 1 bis dell’art. 22, nel corpo del quale il comma è stato inserito dal d. lgs. correttivo n. 136 del 2024, il provvedimento di autorizzazione rilasciato dal tribunale può essere attuato sia prima della chiusura della composizione negoziata, sia successivamente a tale momento, purchè ciò sia previsto dallo stesso tribunale o se indicato nella relazione finale dell’esperto[83]. Con riguardo al caso di attuazione successiva[84], per implicito la norma presuppone la persistenza delle condizioni (funzionalità dell’atto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori; coerenza dello stesso al piano di risanamento sfociato in una delle soluzioni di cui all’art. 23, commi 1 e 2, lett. a e b, come argomentabile ex art. 25 sexies, comma) che avevano determinato il provvedimento autorizzativo del tribunale, al contenuto del quale l’atto eseguito dal debitore dovrà essere pienamente coerente[85].
5. Gli effetti dell’autorizzazione giudiziale
Abbiamo già anticipato, trattando della fattispecie regolata dalla norma in esame (supra, § 2), quali sono gli effetti principali dell’autorizzazione del tribunale, ed in particolare quelli costituiti dalla deroga all’art. 2560, comma 2, C.C.
Occorre ora precisarne meglio alcuni aspetti.
Il primo si ricollega alla disciplina di diritto comune della cessione dell’azienda, la quale comporta che la liberazione del cessionario dai debiti relativi all’azienda ceduta conseguente all’autorizzazione del tribunale riguarda i debiti in sé soli considerati, non anche i debiti che si ricolleghino a posizioni contrattuali non ancora definite, in cui il medesimo sia subentrato a norma dell’art. 2558 C.C.[86]; ciò sulla base del principio per il quale, in quest’ultimo caso, non trova applicazione il regime dell’art. 2560, comma 2, C.C., ma la responsabilità del cessionario si inserisce nell’ambito della più generale sorte del contratto non già del tutto esaurito[87].
Sempre a livello schematico ed essenzializzando al massimo, un secondo rilievo è quello che la norma in esame consente all’autorizzazione del tribunale di derogare al solo art. 2560, comma 2, C.C., senza menzionare anche l’esclusione della responsabilità solidale del cessionario dell’azienda per il pagamento dei debiti tributari e delle relative sanzioni stabilita dall’art. 14, comma 1, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 e succ. mod.[88]. Lacuna tanto più grave se si considera che, rispetto al trattamento di queste posizioni debitorie, il comma 5 bis di quest’ultimo articolo, prima dell’intervento di novellazione di cui subito si dirà, prevedeva l’esenzione del cessionario dalla responsabilità solidale[89] soltanto per i trasferimenti aziendali attuati “nell’ambito di una procedura concorsuale, di un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d) del predetto decreto o di un procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento o di liquidazione del patrimonio”[90].
L’omissione è stata (parzialmente, come subito vedremo) rimediata dal d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87, sulla Revisione del sistema sanzionatorio tributario (c.d. “Decreto Sanzioni”)[91], il quale, oltre a prevedere un generale mitigamento della disciplina delle sanzioni tributarie, con l’art. 3, comma 1, lett. h), ha riformulato il comma 5 bis dell’art. 14 cit., stabilendo espressamente, con opportuno allineamento della disposizione ai nuovi istituti previsti dal Codice della crisi, che l’ esenzione dalla responsabilità solidale in discorso trova applicazione quando i trasferimenti di aziende avvengono “nell’ambito della composizione negoziata della crisi o di uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza giudiziale”.
Tuttavia, nel futuro più prossimo, le ricadute pratiche di questo intervento normativo chiarificatore saranno pressochè irrilevanti, in quanto, secondo le disposizioni transitorie e finali di cui al successivo art. 5 del d.lgs. n. 87 cit., il sopra menzionato art. 3 (così come gli artt. 2 e 4), si applica solamente“alle violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024” [92]: questo determina, per quanto qui interessa, che, nell’ambito della composizione negoziata, l’esenzione della responsabilità suddetta - la quale opera “per le violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti”[93] - andrà a completo regime solo relativamente ai trasferimenti di azienda che saranno effettuati a decorrere dal 1° gennaio 2027 [94].
Spostando l’attenzione sui profili lavoristici, per espressa previsione della disposizione di cui al secondo inciso dell’art. 22, comma 1, lett. d), l’effetto purgativo dei debiti del cedente a beneficio del cessionario che discende dall’autorizzazione del tribunale incontra la specifica limitazione dell’intangibilità dell’art. 2112 C.C. Ne consegue che il provvedimento giudiziale non potrà incidere sulle tutele legali dei diritti dei lavoratori stabilite da questo articolo in caso di trasferimento dell’azienda[95].
L’ultimo profilo da prendere in considerazione si ricollega alla natura della cessione dell’azienda autorizzata nell’ambito della composizione negoziata, la quale, nonostante l’intervento autorizzativo del tribunale[96] e la deroga all’art. 2560, comma 2 C.C., rimane pacificamente negoziale ed avviene al di fuori degli schemi delle vendite concorsuali[97].
La morfologia intrinsecamente privatistica e non coattiva[98] del trasferimento comporta l’inapplicabilità delle disposizioni di cui agli artt. 2919ss. C.C., del resto non richiamate dalla norma in esame. E’ altresì da escludere che il giudice possa ordinare la cancellazione dei vincoli pregiudizievoli secondo le modalità contemplate dagli artt. 114, comma 4 e 217, comma 2, parimenti non richiamati[99].
Nella composizione negoziata, quindi, per ottenere questo effetto sarà necessario, in via di principio, acquisire il consenso diretto del beneficiario del vincolo o ricorrere ad uno specifico provvedimento del giudice civile[100]; ciò, peraltro, senza escludere la possibile soluzione[101] di far rientrare tra le “misure ritenute opportune” che il tribunale può dettare nel provvedimento autorizzatorio (v. il paragrafo che precede) anche l’indicazione di precise modalità volte ad assicurare la finalità purgativa delle formalità pregiudizievoli non giudizialmente ottenibile (quali, ad esempio, la previsione dell’obbligo dell’acquirente di versare il prezzo direttamente al creditore ipotecario oppure su un conto vincolato all’ordine di giustizia con la conseguente cancellazione della formalità[102]; la previsione di una delegazione di pagamento del cessionario dell’azienda in favore dei creditori iscritti a fronte del consenso alla cancellazione dei gravami[103], ecc.)[104].
[1] Lo scritto riproduce, con l’aggiunta delle note, il testo della relazione tenuta dall’A. al Convegno Nazionale di Riccione del 26- 27 settembre 2025 “Valori aziendali nella crisi d’impresa e loro trasferimenti” organizzato dall’Associazione Riminese dei Concorsualisti e dall’Associazione Bolognese dei Concorsualisti, con il patrocinio di SSA- Scuola Superiore dell’Avvocatura.
[2] Avvocato in Venezia, Professore a contratto di Diritto della crisi e dell’insolvenza nel Dipartimento di Management/Venice School of Management dell’Università Cà Foscari Venezia.
[3] Vengono qui necessariamente date per note, al netto di quanto si dirà nello sviluppo del lavoro, le caratteristiche e la disciplina della composizione negoziata della crisi, introdotta nell’ordinamento dal d.l. 24 agosto 2021, n. 118, conv. con modificazioni dalla l. 21 ottobre 2021, n. 147, per essere successivamente incorporata - con alcune modifiche – Titolo II (interamente riscritto rispetto all’originario) del Codice della crisi dal d.lgs. 17 giugno 2022, n. 83 di recepimento della Direttiva UE 2019/1023 c.d. Insolvency e, in seguito, ancora ritoccata dal d.lgs correttivo 13 settembre 2024, n. 136. Per un esaustivo quadro di sintesi v. comunque, anche per gli ulteriori riferimenti, AA.VV., in A. MAFFEI ALBERTI e M. SPERANZIN, Commentario breve alle leggi su crisi d’impresa e insolvenza, 8aed.,Milano, 2025, sub artt. da 12 a 25 quinquies CCII, 80ss.
[4] D’ora in avanti gli articoli del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza verranno citati senza l’indicazione CCII e devono intendersi a questo riferito.
[5] L’altra parentesi giurisdizionale che può innestarsi all’interno della composizione negoziata si ha quando l’imprenditore ha l’esigenza di ottenere la protezione del suo patrimonio ed è regolata dall’ art. 18 CCII (“Misure protettive”).
[6] Cfr., inter alia, G. D’ATTORRE, Il trasferimento dell’azienda nella composizione negoziata, Relazione tenuta al Convegno “I nuovi scenari per la soluzione della crisi d’impresa”, Reggio Emila, 29 ottobre 2021, i cui rilievi sono tuttora attuali pur se riferiti alla disciplina del d.l. n. 118 del 2021.
[7] Il d.lgs. n. 136 del 2024 ha integrato la disposizione aggiungendo l’inciso “e preservando, nella misura possibile, i posti di lavoro”.
[8] L’espressione è attinta da Trib. Milano, 12 agosto 2023, in Il fall., 2024, 95ss., con nota adesiva di M. SPIOTTA, Meglio derogare (all’art. 2560, comma 2 ) quam deficere, decisione che si segnala particolarmente per avere, tra le prime, offerto agli operatori del settore un prezioso vademecum attraverso la scrupolosa ricostruzione del significato, dei contenuti e delle finalità della norma in esame.
[9] L’imprenditore conserva infatti la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa (v. art. 21, comma 1, primo periodo) e può eseguire pagamenti spontanei (anche nel caso in cui abbia chiesto l’applicazione di misure protettive: art. 18, comma 3, ultimo periodo), pur essendo obbligato nel corso delle trattative a “gestire il patrimonio e l’impresa senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori” (v. art. 16, comma 4, ultima parte; per l’accentuazione di questo obbligo in caso di crisi o di insolvenza v. il successivo art. 21, comma 1, secondo e terzo periodo: nella prima ipotesi l’impresa deve essere gestita “in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell’attività”; quando invece “risulta che l’imprenditore è insolvente, ma esistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso gestisce l’impresa nel prevalente interesse dei creditori”).
[10] Durante la gestione dell’impresa in pendenza delle trattative l’imprenditore è tenuto ad informare preventivamente l’esperto, per iscritto, del compimento di atti di straordinaria amministrazione nonché dell’esecuzione di pagamenti incoerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento (art. 21, comma 2). L’esperto (v. commi da 3 a 5) verifica che tali atti non siano pregiudizievoli per i creditori, per le trattative o per le prospettive di risanamento e, se li ritiene pregiudizievoli, segnala per iscritto il proprio dissenso all’imprenditore e all’organo di controllo. Il dissenso manifestato a livello, per così dire, di moral (dis)suasion resta, in linea di principio, confidenziale, coerentemente con la natura riservata delle trattative. Qualora l’atto o il pagamento siano comunque eseguiti (e in tal caso l’imprenditore deve informare immediatamente l’esperto), è infatti rimessa allo stesso esperto la decisione sull’opportunità di renderlo noto mediante pubblicazione nel registro delle imprese, ciò che deve avvenire nei successivi dieci giorni. Questa discrezionalità viene tuttavia meno nell’ipotesi di atto pregiudizievole per i creditori, che rende obbligatoria la pubblicazione, in quanto risponde alla esigenza di informare i creditori del compimento dell’atto ritenuto dannoso. Le conseguenze dell’iscrizione da parte dell’esperto, che in ogni caso non riguardano la validità e l’efficacia attuale dell’atto, sono regolate dal successivo art. 24, commi da 3 a 5 (v. infra, nt. 12). Nell’eventualità che siano state concesse misure protettive o cautelari l’esperto, iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese, procede alla segnalazione al tribunale ex art. 19, comma 6.
[11] G. D’ATTORRE, op. cit., 2
[12] Osserva peraltro M. ARATO, La cessione d’azienda nella composizione negoziata, Relazione tenuta al convegno “ Regolazione della crisi e competitività della composizione negoziata”, Parma, 12 aprile 2024, 1, che questa ipotesi residuale “però non può essere esclusa a priori”, portando ad esempio “una composizione negoziata che si chiude con una convenzione di moratoria con pagamento integrale dei creditori ad esito della quale l’azienda viene ceduta e i creditori vengono pagati integralmente ad opera del cessionario dell’azienda (in questo caso [peraltro] non dovrebbero trovare applicazione né le norme sulla competitività della vendita e neppure l’obbligo di informativa all’esperto, trattandosi di un’operazione straordinaria che si realizza dopo la conclusione della composizione negoziata)”.
[13] Per quanto, nel caso in cui l’esperto non abbia iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese, l’atto sarebbe esente dalle azioni revocatorie di cui agli artt. 165 e 166 (non lo sarebbe, invece, l’atto comunque compiuto nonostante il rigetto della, richiesta di autorizzazione da parte del tribunale): cfr. art. 24, commi 3 e 5, su cui v. infra, nt. 15. In via di fatto, resta comunque chesaranno ben pochi casi in cui l’esperto potrà assentire ad un’operazione decisiva per la continuità aziendale e di particolare impatto sugli interessi dei creditori, qual è il trasferimento dell’azienda o di un suo ramo, al di fuori del percorso autorizzativo, considerare l’atto coerente con l’andamento delle trattative e con le prospettive di risanamento e al netto dei rischi anche di carattere penale.
[14] I potenziali interessati, in mancanza di questa previsione, sarebbero infatti indotti ad attendere l’accesso dell’imprenditore ad uno strumento di regolazione ovvero l’apertura della liquidazione giudiziale per beneficiare dell’effetto purgativo dei debiti: sul punto, in luogo di molti, A. NASTRI, Le autorizzazioni e l’esito della composizione, contributo redatto in occasione del corso P22001 della Scuola Superiore della Magistratura, 2022.
[15] L’art. 24, comma 1, sancisce infatti la regola della conservazione degli effetti degli atti compiuti nel corso della composizione negoziata che siano stati autorizzati dal tribunale ex art. 22, canone rispetto al quale non rileva l’esito delle trattative, poiché gli effetti conservativi si producono anche se la composizione negoziata non si conclude con una delle soluzioni contemplate dall’art. 23, commi 1 e 2, lett. a), ma siano successivamente intervenuti un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, un concordato preventivo o un piano di ristrutturazione omologati, l’apertura della liquidazione giudiziale, la liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione straordinaria o il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio omologato. Il comma 2 dell’art. 24 prevede l’esenzione dall’azione revocatoria concorsuale di cui all’art. 166, comma 2, degli atti, pagamenti e garanzie posti in essere dall’imprenditore nel periodo successivo all’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto, purchè coerenti con l’andamento e lo stato delle trattative e con le prospettive di risanamento esistenti al momento in cui sono compiuti. Viceversa, restano soggetti in ogni caso alle azioni revocatorie ordinaria e concorsuale di cui agli artt. 165 e 166 gli atti di straordinaria amministrazione e i pagamenti effettuati nel periodo successivo all’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto per i quali quest’ultimo, ex art. 21, comma 4, ha iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese (v. supra, nt. 9) o il tribunale ha rigettato la richiesta di autorizzazione presentata ai sensi dell’art. 22 cit. (v. supra, § 1). La motivazione per la quale tali atti sono soggetti alle azioni revocatorie deriva dall’assenza di un legame funzionale – che viene valutato dall’esperto o dal tribunale e che, se esistente, ne giustificherebbe anche la futura stabilità dinanzi alla futura esperibilità delle azioni anzidette - tra il compimento dell’atto e il risanamento dell’impresa (cfr. G. PANCIOLI, in A. MAFFEI ALBERTI e M. SPERANZIN, op. cit., sub art. 24 CCII, 153). Il comma 4 dell’art. 24 tiene ferma in tutti i casi la responsabilità dell’imprenditore per gli atti compiuti. Il comma 5, infine, esclude l’applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 322, comma 3 e 323, in materia rispettivamente di bancarotta preferenziale e di bancarotta semplice, ai pagamenti e alle operazioni compiute nel periodo in questione, sempre se coerenti con l’andamento delle trattative e nella prospettiva del risanamento, né ai pagamenti e alle operazioni autorizzate dal tribunale ex art. 22 cit.
[16] Preconizzava questa soluzione già in sede di prima applicazione del d.l. n. 118 del 2021 cit. G. D’ATTORRE, cit.
[17] In verità, poiché oggetto dell’autorizzazione è il trasferimento dell’azienda o di uno o più suoi rami “senza gli effetti di cui all’art. 2560, secondo comma”, è stata messa in rilievo l’ulteriore questione – che peraltro non risulta essere stata finora riscontrata nella pratica - dell’autorizzabilità di un trasferimento dell’azienda anche senza la deroga anzidetta, vale a dire se il provvedimento del giudice potrebbe limitare l’autorizzazione alla sola cessione dell’azienda, su richiesta della stessa parte istante oppure come parziale accoglimento dell’istanza (quando l’imprenditore abbia fatto espresso riferimento alla deroga), che avrebbe comunque l’effetto di rendere il trasferimento stabile ai sensi di quanto previsto dall’art. 24 (sul punto v. R. BROGI, Le autorizzazioni e la rideterminazione delle condizioni contrattuali, in Il fall., 2021, 1555, la quale peraltro non prende posizione al riguardo). La soluzione negativa (v. es., pur senza specifica motivazione, A. NASTRI, cit.) sembra la più corretta se si conviene che, per tutto quanto sopra detto nel testo, l’intervento autorizzatorio del tribunale ha carattere eccezionale e si giustifica soltanto per l’effetto derogatorio all’art. 2560, comma 2, C.C. che comporta. Non sarebbe invece escluso il rilascio di un'autorizzazione contenente una deroga solo parziale all'art. cit. ove si ammetta che il giudice a questo fine possa utilizzare lo strumento delle “misure ritenute opportune” di cui all’ultima parte del primo periodo dell’art. 22, comma 1, lett. d ), sul quale v. amplius infra § 4.
[18] V., fra i tanti, G. D’ATTORRE, cit.; R. BROGI, op. cit., 1556; M. SPIOTTA, op. cit., 104, nt. 20.
[19] M. SPIOTTA, ibidem.
[20]V. M. SPIOTTA, ibidem; Trib.Terni, 30 aprile 2025, in www.ilcaso.it. E’ stato peraltro escluso che una vendita a trattativa privata avente prevalente causa transattiva possa configurare una cessione di un ramo o di un compendio aziendale inquadrabile nella previsione della norma, rientrando invece nel novero degli atti di straordinaria amministrazione da compiersi secondo il regime normativo degli artt. 21, commi 2 e 3 CCII (Trib. Milano 6 aprile 2025, in www. ilcaso.it, sul rilievo della non compatibilità rispetto al principio di competitività e di altre criticità dell’operazione in questione: in ordine a questa decisione v. anche infra, nt. 41).
[21] In questo senso R. BROGI, ibidem.
[22] Per questo rilievo cfr. G. D’ATTORRE, cit.
[23] In dottrina v., tra gli altri, G. D’ATTORRE, cit.; M. SPIOTTA, ibidem; per la giurisprudenza v., ad esempio, Trib. Terni, 30 aprile 2025, cit., che ha dichiarato non luogo a provvedere su una richiesta di autorizzazione alla stipula di un contratto d’affitto di ramo d’azienda del tutto svincolato da obblighi di acquisto in capo alla società conduttrice e, più in generale, dalla prospettiva della relativa cessione; Trib. Piacenza, 1 giugno 2023, in www.ilcaso.it, in una particolare fattispecie nella quale l’istanza dell’imprenditore era volta ad ottenere, nell’ambito della composizione negoziata, l’autorizzazione alla stipula di un contratto di affitto d’azienda (di durata quinquennale) con affittuaria una società parte correlata, che aveva assunto l’obbligo, sulla base di una proposta irrevocabile, al successivo acquisto, subordinatamente all’esito di procedura competitiva: il tribunale ha dichiarato l’istanza inammissibile, rilevando l’estraneità dell’operazione delineata nella strategia di risanamento al campo di applicazione del regime autorizzatorio di cui all’art. 22, stante la palese disfunzionalità al miglior soddisfacimento dei creditori, in quanto il trasferimento dell’azienda non era un effetto immediato destinato a verificarsi in sede di composizione negoziata, bensì dopo molto tempo al termine del periodo d’affitto e costituiva comunque soltanto un’eventualità connessa all’esercizio da parte della concedente del diritto potestativo di accettazione della proposta irrevocabile dell’affittuaria.
[24] Così, in motivazione, Trib. Terni, 30 aprile 2025, cit.; in dottrina, fra i molti, L. DE SIMONE, op. cit., 9.
[25] Per questo rilievo, quasi testualmente, G. D’ATTORRE, cit. Nello stesso senso v. anche; M. ARATO, cit., pur se con le precisazioni di cui infra nel testo; M. SPIOTTA, ibidem, la quale osserva peraltro che l’autorizzazione giudiziale al riguardo presenterebbe “anche l’ulteriore non trascurabile vantaggio di garantire la conservazione degli effetti in caso di successiva apertura di una procedura concorsuale”.
[26] In tal senso G. D’ATTORRE, cit.; per un’applicazione giurisprudenziale Trib. Parma, 4 novembre 2022, in www.ilcaso.it, in una fattispecie nella quale l’affitto d’ azienda, quale atto di straordinaria amministrazione, era stato stipulato – con l’assistenza dell’esperto – con un soggetto che aveva presentato un’offerta irrevocabile d’acquisto (parallelamente le parti avevano negoziato e sottoscritto un contratto estimatorio per la custodia e la vendita dei beni presenti nei vari negozi, con impegno da parte dell’offerente all’immediato acquisto delle rimanenze secondo la valorizzazione di cui alla manifestazione vincolante); individuato lo sbocco della composizione negoziata in un accordo di ristrutturazione dei debiti ad efficacia estesa, era stata successivamente autorizzata la vendita dell’azienda ex art. 10, comma 1, lett. d) (corrispondente all’art. 22, comma 2, lett. d, d. l. n. 118 del 2021, cit.) con procedura competitiva poggiata sulla base della manifestazione vincolante d’acquisto formulata dall’affittuario.
[27] È ragionevole ipotizzare che il contenuto del contratto di affitto normalmente recherà, tra le altre, la presenza di clausole a tutela dell’affittuario in caso di soccombenza nella procedura competitiva (quanto meno la previsione di rimborso spese a favore dell’affittuario che ha consentito il mantenimento in vita dell’azienda) e/o di una clausola convenzionale di prelazione.
[28] In tal senso cfr. M. ARATO,cit.
[29] Osserva con acume G. D’ATTORRE, cit.., che la norma non individua “l’interesse e l’obiettivo prevalente, rispetto al quale l’altro deve cedere per il caso di conflitto”, sottolineando “la mancanza di una scala valoriale netta e di un chiaro indice gerarchico”.
[30] Opinione pacifica: sul versante giurisprudenziale, v. es. Trib. Milano, 12 agosto 2023, cit.; Trib. Torino, 27 febbraio 2025, in www.ilcaso.it; Trib. Vasto, 26 giugno 2025, ivi; in dottrina, tra gli altri, G. D’ATTORRE, op. cit., 4; M. ARATO,cit.. Può anzi aggiungersi che i due parametri sono tra loro strettamente interconnessi, in quanto “la continuità rappresenta anche una occasione ed uno strumento di conservazione dei valori, anche immateriali, dell’azienda e consente la massimizzazione del ricavato, e quindi dell’interesse dei creditori: poiché non v’è dubbio che la cessione della azienda in esercizio consenta una valorizzazione degli assets che la compongono, diversamente dalla loro vendita atomistica” (coglie bene questo aspetto Trib. Ferrara, 9 giugno 2025, in www. il caso.it).
[31] V., tra gli altri, Trib. Parma, 4 novembre 2022, in www.ilcaso.it; Trib. Milano, 12 agosto 2023, cit.; Trib. Torino, 27 febbraio 2025, cit.; Trib. Perugia, 11 marzo 2025, preceduta dal prodromico provvedimento 6 febbraio 2025, entrambi in www.ilcaso.it.; Trib. Modena, 2 maggio 2025, ivi; Trib. Ferrara, 9 giugno 2025, cit.
[32] Evidenziano questo aspetto, inter alia, Trib. Parma, 4 novembre 2022, in www.il caso.it; Trib. Torino, 27 febbraio 2025, cit.; Trib. Ferrara, 9 giugno 2025, cit., dove la sottolineatura che quando “sia impossibile per incapacità a sostenere i costi correnti la scelta di una continuità diretta, la scelta di cedere la azienda in esercizio [è] l’unica in grado di consentire la prosecuzione della attività”.
[33] Trib. Perugia, 11 marzo 2025, cit.; Trib. Ferrara, 9 giugno 2025, cit.; Trib. Vasto, 26 giugno 2025, cit. Per un accenno alla prosecuzione dei rapporti di lavoro v. anche Trib. Milano, 12 agosto 2023, cit , il quale considera questo elemento anche nella prospettiva della funzionalità della cessione alla migliore soddisfazione dei creditori, come parametro valutativo in un’ottica non disgregativa dell’attività d’impresa; Trib. Cuneo, 26 settembre 2025, ined., che nella stessa prospettiva valorizza la circostanza che il mantenimento dei livelli occupazionali comporta anche l’assunzione del rilevante debito (privilegiato) verso il personale dipendente da parte del cessionario. Non sfuggirà al lettore, relativamente al parametro della salvaguardia dell’occupazione del personale dipendente, che la salvaguardia dei posti di lavoro è una prospettiva esplicitamente perseguibile mediante la composizione negoziata, ponendosi in connessione sistematica con quanto stabilisce il già menzionato secondo comma dell’art. 12, come integrato dal d.lgs. n. 136 del 2024, dove è previsto che l’esperto agevola le trattative al fine di individuare una soluzione per il superamento della crisi, anche mediante il trasferimento dell’azienda “e preservando, nella misura possibile, i posti di lavoro”: in proposito v. anche infra, nt. 42.
[35] Non esplicita questo rilievo, ma ne fa un’applicazione pratica Trib. Perugia, 11 marzo 2025, cit., che, nel caso di specie, dando particolare enfasi a tale profilo, ha autorizzato la cessione aziendale ancorchè autonomamente non sufficiente a garantire il risanamento.
[36] Cfr. Trib. Parma, 4 novembre 2022, cit.; Trib. Ferrara, 9 giugno 2025, cit.Trib. Milano, 12 agosto 2023, cit., specifica che la cessione dell’azienda deve collocarsi nell’ambito del percorso di risanamento prospettato dall’imprenditore mediante la composizione negoziata, rimanendo agganciata in particolare ad una delle soluzioni individuate dall’art. 23, commi 1 e 2, lett. b (accordo di ristrutturazione dei debiti): in proposito è stato osservato che può venire in considerazione, stante l’eadem ratio, anchequella di cui alla lett. a) del capoverso della norma, ossia il piano attestato di risanamento, che è una soluzione totalmente negoziale esattamente come il contratto avallato dall’esperto, l’accordo siglato dall’esperto e la convenzione di moratoria (M. SPIOTTA, op.cit., 106 e nt. 28).
[37] Così. Trib. Milano, 6 aprile 2025, cit. e, in termini quasi identici, Trib. Vasto, 25 giugno 2025, cit. Si sono spinti oltre Trib. Parma, 30 luglio 2024, cit, che ha subordinato l’efficacia dell’autorizzazione e della cessione al successo della negoziazione ed alla conclusione, nella specie, del programmato accordo ex art. 23, comma 1, lett. c); Trib. Milano, 12 agosto 2023, cit., per il quale “l’autorizzazione è legata indissolubilmente all’esito positivo delle trattative” e la sua concessione “rimane subordinata al successo della composizione negoziata mediante una delle soluzioni tratteggiate dal dato normativo”. Questa configurazione, che - se non collegata all’ipotesi in cui la stessa offerta di acquisto sia sottoposta a tale condizione, come nel caso deciso dal tribunale di Milano da ultimo citato - sembra forzare a dismisura il potere d’intervento del tribunale, assume ancor più rilievo se si considera che, ai sensi del comma 1 bis dell’art. 22 cit., il provvedimento autorizzativo del tribunale può essere attuato anche dopo la chiusura della composizione negoziata (v. infra, § 4).
[38] M. SPIOTTA, op.cit., 106; M. ARATO ,cit. Secondo G. D’ATTORRE, cit.., la formula della norma evidenzia che “l’interesse dei creditori va certamente tutelato, ma che esso non può considerarsi assoluto” “dovendo contemperarsi anche con altri interessi di pari rilevanza costituzionale”: su questo profilo v. amplius infra, nt. 42.
[39] La valutazione del tribunale deve essere eseguita tenendo conto del valore effettivo degli assets aziendali oggetto di cessione in un’ottica di prosecuzione effettiva dell’attività d’impresa (Trib. Milano, 12 agosto 2023, cit.).
[40] In questi termini cfr. ancora Trib. Milano, 12 agosto 2023, cit., il quale, nel caso di specie, ha condotto l’analisi comparativa sia con riguardo all’amministrazione straordinaria a cui le imprese ricorrenti sarebbero state probabilmente sottoposte (procedura che avrebbe maggiormente penalizzato i creditori, in quanto “i complessi aziendali sarebbero valutati tenendo conto della reddittività negativa dell’azienda incidente pertanto sul prezzo della cessione, insieme alle ulteriori variabili contemplate dalla legge per cui il corrispettivo della cessione difficilmente sarebbe corrispondente al puro valore dei complessi”), sia rispetto ad un’ipotetica liquidazione giudiziale (dove “la vendita sconterebbe la necessità di procedere, in assenza di offerte di affitto, ad un preventivo esercizio provvisorio, di cui apparirebbe almeno dubbia la ricorrenza dei relativi requisiti di legge, in uno scenario in cui la prosecuzione parrebbe arrecare […] un serio pregiudizio per i creditori”). Per altri esempi di decisioni dove l’interesse dei creditori è stato valutato attraverso il raffronto con la presumibile soddisfazione dei medesimi in uno scenario liquidatorio di matrice concorsuale cfr., in luogo di molti, Trib. Perugia, 11 marzo 2025, cit. e il prodromico provvedimento dello stesso tribunale 6 febbraio 2025, cit.; Trib. Torino, 27 febbraio 2025, cit.; Trib. Cuneo, 26 settembre 2025, cit. V. anche Trib. Alessandria, 15 settembre 2025, in www.ilcaso.it,per il quale la comparazione richiede verosimilmente la predisposizione di separate stime dei due scenari, affermando inoltre che nella stima del valore di liquidazione occorre tenere anche conto delle azioni revocatorie e risarcitorie: profilo, quest’ultimo, a nostro avviso in realtà non pertinente, perché ai fini dell’autorizzazione in discorso il confronto deve essere effettuato soltanto tra il risultato della cessione d’azienda nell’ambito della composizione negoziata e quello in sede di liquidazione concorsuale.
[41] Il principio di competitività sancito dalla disposizione in esame costituisce requisito indefettibile ai fini dell’autorizzazione al trasferimento di azienda o un suo ramo, non potendo essere integralmente derogato neppure in presenza di circostanze eccezionali, quali la tutela di segreti industriali o la natura transattiva dell’operazione (cfr. in proposito Trib. Milano, 6 aprile 2025, cit., in un caso nel quale l’imprenditore che aveva chiesto l’autorizzazione, per ragioni di riservatezza e di tutela di brevetti e della proprietà intellettuale e per l’esigenza di definire rapidamente un contenzioso in materia con il soggetto che l’aveva promosso ed aveva poi formulato l’offerta di acquisto, si opponeva alla verifica della presenza o assenza di soluzioni migliori sul mercato, anche con una breve pubblicità compatibile con la celerità ed urgenza dell’operazione). Sul principio di competitività nella cessione d’azienda in sede di composizione negoziata v. anche paragrafi 9 e 12 del protocollo di conduzione della composizione negoziata di cui alla sezione III dell’allegato al decreto dirigenziale del 21 marzo 2023.
[42] Non va tuttavia trascurata la prospettiva evidenziata da chi ritiene (v. in proposito le articolate argomentazioni di G. D’ATTORRE, cit., 6ss.) che il parametro del corrispettivo offerto non possa costituire l’unico criterio di selezione dell’acquirente, dovendosi contemperare, quando necessario, la “migliore “ soddisfazione dei creditori – alla quale il trasferimento dell’azienda, unitamente alla continuità aziendale, deve essere funzionale e che occorre certamente tutelare: v. supra, nel testo e in corrispondenza della nt. 37 - anche con altri interessi di pari rilevanza costituzionale” (es. la tutela dell’ambiente, la conservazione dei livelli occupazionali). Questi parametri ulteriori, se non già contemplati nell’offerta di acquisto, potrebbero essere previsti dal giudice sotto forma di “misure ritenute opportune […] al fine di tutelare gli interessi coinvolti”, mediante la configurazione di “clausole sociali” nella fissazione delle modalità operative per la vendita dell’azienda (v. infra, nel testo e § 4). Alla stregua di questa impostazione, per evitare che i parametri anzidetti “possano però mortificare l’interesse dei creditori, va ricercato un punto di equilibrio, che può essere rinvenuto nell’esigenza di assicurare il più ampio soddisfacimento dei creditori che sia consentito nel rispetto degli altri diritti e interessi rilevanti”.
[43] Trib. Ferrara, 9 giugno 2025, cit., dove correttamente viene messo in rilievo che, nell’ambiente non concorsuale della composizione negoziata, “è pacifico che l’impresa possa e debba scegliere liberamente la propria controparte: ma, nel momento in cui invoca per la cessione negoziale dei benefici che alla vendita negoziale sono estranei e che sono propri della vendita concorsuale (esonero da responsabilità per debiti del cedente e franchigia dalla revocatoria) allora occorre che la scelta dell’acquirente sia stata posta a confronto con il mercato, ovvero che essa sia la migliore offerta che, in quel momento ed in quelle condizioni il mercato poteva esitare (…). Atteso che i creditori fanno affidamento sulla garanzia offerta ex art. 2740 c.c. del patrimonio della impresa, occorre che di questo patrimonio vanga assicurato il maggiore realizzo possibile perché in esso si traduce la realizzazione, inevitabilmente parziaria, del diritto dei creditori“.
[44] In particolare, il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente, da intendersi in senso deformalizzato, non significa necessariamente ricorso a una gara, seppur informale, ma “deve essere correttamente interpretato come oggettiva e necessaria scelta del miglior offerente, che può essere demandata allo stesso debitore sotto il controllo dell’esperto, purché si documenti oggettivamente la trasparenza del percorso di individuazione dell’offerente” (così Trib. Milano, 6 aprile 2025, cit.).
[45] Per la ricognizione casistica v. le note che seguono.
[46] Trib. Milano, 12 agosto 2023, cit
[47] Rispetto al riscontro del mercato, non basta una stima preventiva dei cespiti aziendali, la quale appare comunque necessaria “non tanto per la individuazione della congruità dell’offerta – verifica che sarà il mercato stesso ad operare -ma per la corretta e piena individuazione di quanto si vende e per fornire agli interessati la informazione più completa e trasparente possibile” (in questi termini, molto lucidamente, Trib. Ferrara, 9 giugno 2025). In ordine alla stima aziendale v., tra gli altri, Trib. Milano 6 aprile 2025, in www. ilcaso.it , che ha ritenuto non idonea a surrogare il rispetto del principio di competitività la sola presenza di una fairness opinion o di una stima di congruità del prezzo; Trib. Alessandria, 15 settembre 2025, per il quale la stima del complesso aziendale può essere omessa quando sia già disponibile un’offerta sufficientemente seria per la cessione dell’azienda; Trib. Brescia, 6 novembre 2024, in DdC, che ha affermato la necessità di una stima attendibile dell’azienda da cedere, alla quale parametrare le varie offerte. Resta fermo, in ogni caso, che il tribunale, unitamente al parere reso dall’esperto in proposito, può, ove occorra, nominare, ai sensi dell’art. 22, comma 2, un ausiliario ex art. 68 C.P.C. che esegua una stima sulla vendita e sul valore di mercato dell’azienda o del ramo d’azienda che l’imprenditore intende cedere (v. infra, § 4); appare dubbio se, in tal caso, l’ausiliario possa altresì “procedere a un sondaggio sul mercato al fine di stimolare l’eventuale presentazione di offerte da mettere in comparazione (a meno che non sia espressamente richiesto dallo stesso imprenditore)” (in tal senso R. BROGI, op. cit., 1557).
[48] Per un’utile catalogazione di sintesi v. M. SPIOTTA, op. cit., 106.
[49] V. es. Trib. Milano, 12 agosto 2023, cit.con riguardo alla pubblicazione di un avviso di vendita su un quotidiano economico nazionale e alla sollecitazione diretta dei principali competitors sullo specifico mercato di riferimento dell’impresa in composizione negoziata;Trib. Parma, 4 novembre 2022, cit., che ha disposto la pubblicazione sul sito del tribunale e sul portale delle vendite pubbliche (nella specie per almeno venti giorni) di un invito ad offrire indicando le caratteristiche dell’offerta ricevuta; Trib. Vasto, 26 giugno 2025, cit., il qualeha dato rilievoalla pubblicazione (nella specie con termine non inferiore a giorni 15 di effettiva permanenza) di una procedura di selezione di ulteriore acquirente svolta da società all’uopo incaricata; Trib. Cuneo, 26 settembre 2025, ined.
[50] Con riferimento ad un articolato e competitivo meccanismo gestito da una primaria società di revisione che ha contattato un numero elevato di potenziali interessati v. Trib. Milano, 1 febbraio 2024, ined. ma richiamata da Trib. Milano 6 aprile 2025, in www.il caso.it.
[51] Trib. Torino, 27 febbraio 2025, cit., che ha dato rilievo alla selezione dell’acquirente curata direttamente dall’esperto nel corso di un processo, che si è concluso con la formulazione di un’offerta di acquisto, informato al principio di competitività “avuto riguardo, secondo un criterio di proporzionalità, alle caratteristiche del business e alle dimensioni dello stesso, essendo stata verificata, attraverso la sollecitazione di un numero sufficiente di operatori sia del settore che di settori contigui, l’insussistenza di concreti interessi alternativi a quello manifestato” dall’unico offerente (si trattava di una fattispecie relativa all’autorizzazione alla cessione di un ramo d’azienda riguardante l’attività di progettazione, produzione e manutenzione di impianti per il deposito di film sottili, dove il tribunale ha ritenuto, sulla scorta del parere dell’esperto, che “il processo seguito rende non solo superflue, ma addirittura controproducenti ulteriori indagini esplorative, procedure competitive e verifiche per escludere la presenza di una soluzione migliore nell’interesse dei creditori”).
[52] Sul possibile ruolo dell’esperto nella cessione dell’azienda in sede di composizione negoziata v. anche il paragrafo 12 del protocollo di conduzione della composizione negoziata di cui alla sezione III dell’allegato al decreto dirigenziale del 21 marzo 2023.
[53] Trib. Ferrara, 9 giugno 2025, cit., il quale ha ritenuto congrua la verifica di mercato, effettuata, mediante pubblicazione su un quotidiano economico nazionale dell’avviso contenete l’invito a formulare offerte, con rinvio ad un link (consultabile senza filtri di accesso) contenente una virtual data room (rimasta aperta per quarantacinque giorni) dove sono stati caricati tutti i documenti (tra i quali l’offerta pervenuta, la perizia di stima e i suoi allegati) necessari per una valutazione da parte dei soggetti interessati a formulare un’offerta d’acquisto, con medesima modalità pubblicitaria assolta anche su un sito specializzato. Nella specie le sopradescritte modalità pubblicitarie sono state valutate come sufficienti anche in considerazione della peculiarità del cespite aziendale oggetto di cessione (azienda di produzione di componentistica automotive, operante in un comparto notoriamente colpito dal calo di volume di produzione di veicoli in Europa e in Italia), della evidente inutilità dell’effettuazione di una pubblicità ristretta ai giornali locali, del fatto che l’azienda era stata concessa in affitto a terzi da circa un anno e che certamente nel mercato dell’auto e della fabbricazione di componentistica la notizia della crisi dell’imprenditore in composizione negoziata e della decisione di cedere l’azienda aveva avuto una adeguata circolazione.
[54] Trib. Parma, 30 luglio 2024, in www.ilcaso.it, il quale ha dato rilevanzaalla procedura competitiva da svolgersi secondo il regolamento adottato dal tribunale, previa pubblicità del medesimo sui siti specializzati e su un quotidiano locale; Trib. Brescia, 6 novembre 2024, cit., che ha ritenuto necessario lo svolgimento di “procedure di pubblicità, di raccolta di manifestazioni di interesse e in caso positivo di’gare’ provvisorie espletate nell’ambito della composizione negoziata a cura dell’esperto, da sottoporre al tribunale”; Trib. Perugia, 11 marzo 2025, cit. (v. anche il prodromico provvedimento 6 febbraio 2025 dello stesso tribunale), con riguardo alla procedura competitiva svolta a prezzo base di asta e con prezzo minimo ex art. 571 C.P.C., avviata, sotto la vigilanza dell’Esperto (il quale comunque aveva separatamente e in forma riservata proceduto a interlocuzioni con i potenziali soggetti interessati), mediante pubblicazione del bando di vendita, con relativo avviso, sui siti specializzati e sul portale delle vendite pubbliche, rinviando alla virtual data room già istituita dall’Esperto, per l’accesso a tutta la documentazione utile e necessaria per comprendere il perimetro aziendale del complesso in vendita (si trattava di una fattispecie che vedeva coinvolta una società cooperativa a mutualità prevalente attiva nella gestione di magazzini industriali e logistica nei servizi di pulizie civili, industriali, sanitarie ed alberghiere con oltre seicento dipendenti occupati, rispetto alla quale il giudice perugino ha ritenuto l’anzidetto meccanismo di selezione dell’offerta ricevuta “consono rispetto all’obiettivo perseguito della massima recovery, in un contesto di innegabile urgenza per la rapidità con la quale potrebbe aggravarsi irreparabilmente la crisi dell’azienda”: ciò anche in considerazione della peculiarità del principale asset aziendale, rappresentato dalla durata dei contratti di appalto in corso, le cui prospettive di rinnovo, con pregiudizio della stabilità occupazionale, erano suscettibili di essere compromesse dalla crisi finanziaria in atto, tale da determinare la cessazione dell’attività con conseguente avvio di procedure liquidatorie, nell’ambito delle quali i beni dell’azienda dovrebbero essere valutati in una prospettiva statica, peggiorativa rispetto alla continuità); Trib. Modena, 2 maggio 2025, cit., relativamenteal procedimento competitivo da svolgersi secondo le modalità dettagliatamente indicate in un avviso di vendita pubblicato a cura dell’esperto, garantendone la pubblicità (nella specie di almeno trenta giorni) mediante pubblicazione dell’avviso, per estratto, su un quotidiano nazionale e uno locale e integralmente su alcuni siti specializzati e sul portale delle vendite pubbliche, nonché interessando della pubblicità le associazioni di categoria; Trib. Alessandria, 15 settembre 2025, cit., per il quale il principio di competitività nella vendita dell’azienda deve declinarsi “in (i) un sistema incrementale di offerte, (ii) in una adeguata pubblicità, (iii) nel rispetto del principio di trasparenza e (iv) di regole prestabilite e non discrezionali di selezione dell’offerente” ed impone “lo svolgimento di una procedura competitiva secondo le modalità dell’invito ad offrire, prendendo quale base di riferimento l’offerta pervenuta (…), rivelandosi del tutto insufficiente la pubblicazione su un quotidiano, per un solo giorno, dell’invito ad offrire (come, invece, è stato fatto nel caso di specie)”.
[55] In alcuni casi, poi, il provvedimento del giudice, nello stabilire le regole anzidette, ha contemplato una duplice ipotesi, autorizzando la cessione a chi fosse risultato aggiudicatario all’esito del procedimento competitivo e, in assenza di offerte, autorizzando l’imprenditore ricorrente ad accettare l’offerta formulata posta alla base del procedimento stesso (cfr. ad es. Trib. Modena, 2 maggio 2025, cit.).
[56] Trib. Milano, 12 agosto 2023, cit., mette appropriatamente l’accento sul dato per il quale “l’assenza di tipicità delle forme è compendiata dalla norma nel richiamo alla disposizione da parte del giudice delle misure ritenute più opportune”.
[57] Trib. Milano, 6 aprile 2025, cit.
[58] Particolare il caso deciso sempre da Trib. Brescia, 4 giugno 2025, in www.ilcaso.it, che ha disposto non luogo a provvedere sul ricorso ex art. 22, comma 1, lett. d) in considerazione del fatto che il soggetto da ultimo individuato come potenziale acquirente aveva revocato la propria volontà di concludere il contratto: ciò sul rilievo che la concessione dell’autorizzazione contemplata dalla norma in esame “si inserisce quale elemento eventuale nell’ambito di un procedimento di cessione dell’azienda che poggia comunque sulla volontà convergente della parte cedente e della parte cessionaria, la quale ultima, seppur con il rispetto del principio di competitività (…) deve risultare individuata (tanto più ove il mercato sia stato sondato in maniera anticipata) e manifestare la volontà di procedere alla conclusione del contratto (di diritto privato) di acquisto”. Sulla natura privatistica del contratto di trasferimento v. infra, § 5.
[59] V. supra, nt. 47.
[60] Conseguentemente, non potrebbe essere esaminata una richiesta proveniente da altri soggetti, quali, ad esempio, uno o più creditori, il potenziale finanziatore, il possibile acquirente dell’azienda, lo stesso esperto (cfr. in proposito A. NASTRI , cit.).
[61] G. D’ATTORRE, cit., il quale con ragione mette in rilievo che, ferma la legittimazione esclusiva dell’imprenditore, la sua richiesta ben “potrebbe anche essere sollecitata, o quantomeno, segnalata dall’esperto”. Ciò che trova conferma nel paragrafo 9.5 del protocollo di conduzione della composizione negoziata di cui alla sezione III dell’allegato al decreto dirigenziale del 21 marzo 2023.
[62] Nel caso dell’impresa individuale non si pongono particolari questioni in questo senso, in quanto l’unica ipotesi problematica individuata dalla dottrina nel campo del diritto comune – quella della preposizione institoria: art. 2204, comma 1, C.C. – sembra essenzialmente estranea, in concreto, agli ambiti della composizione negoziata.
[63] Arg. ex art. 2, comma 1, lett. m-bis). E’ il caso di ricordare anche in questa sede (come già nel § 1) che si tratta (cfr. art. 12, comma 2 CCII) di un percorso stragiudiziale - al netto di quei momenti o fasi eventuali in cui interviene l’autorità giudiziaria di cui si è detto - volto ad agevolare, tramite l’esperto nominato, le trattative tra l’imprenditore, i creditori e altri possibili soggetti interessati al fine di individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di cui al comma 1, quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa.
[64] Semplificando volutamente il discorso, il potere gestorio degli amministratori: nelle società di persone, si estende a tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale, salve le limitazioni previste dall’atto costitutivo o dall’atto di nomina, opponibili ai terzi se iscritte nel registro delle imprese o si prova che i terzi ne erano a conoscenza (art. 2298 C.C.); nelle s.r.l,. è affidato in via generale agli amministratori (i quali, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, sono individuati nelle persone di uno o più soci: cfr. art. 2475, comma 1, C.C.), ma, sempre in via generale, i soci possono essere chiamati in via amministrativa a decidere su qualsiasi materia (art, 2479, comma 1, C.C.) e ad essi, inderogabilmente, spetta la competenza a decidere il compimento di operazioni che comportino una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale determinato nell’atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti dei soci (art. 2479, comma 2, n. 5 C.C.), fermo restando, quanto alla rappresentanza, che le limitazioni ai poteri degli amministratori che risultano dall’atto costitutivo o dall’atto di nomina, anche se pubblicate nel registro delle imprese, non sono opponibili ai terzi, salvo che si provi che questi abbiano agito intenzionalmente a danno della società (art. 2475 bis C.C.); nelle s.p.a., il potere gestorio spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale (art. 2380 bis C.C.; l’art. 2364 C.C. enumera le competenze dell’assemblea e al n. 5 dispone che questa delibera su altri oggetti ove ciò sia previsto dalla legge, nonché sulle autorizzazioni eventualmente richieste dallo statuto per il compimento di atti degli amministratori, ferma in ogni caso la responsabilità di questi per gli atti compiuti), con la stessa regola di cui sopra quanto all’inopponibilità ai terzi delle limitazioni ai loro poteri sotto il profilo della rappresentanza (art. 2384 C.C.)
[65] Cfr., inter alia, Trib. Brescia- Sezione Specializzata per l’Impresa, 20 giugno 2025, in www.ilcaso.it. Per ulteriori considerazioni sul punto sia peraltro consentito rinviare a D. MANENTE, Lineamenti del diritto della crisi d’impresa, 2a ed., Milano, 2024, 263s.
[66] Per l’approfondita analisi di queste tematiche v. M. PERRINO, Potere gestorio e circolazione dell’azienda, in Quaderni della Fondazione Italiana del Notariato – elibrary 2016, a cui, anche per il ricco corredo di riferimenti dottrinali e giurisprudenziali, si rinvia, non essendo qui possibile sviluppare ulteriormente l’argomento. Basti solo schematizzare, previo coordinamento con il quadro generale delineato nella nt. 64, i risultati a cui si perviene sulla base della ricostruzione di cui al testo, tralasciando di illustrarne l’itinerario dimostrativo: a) nelle società di persone, trattandosi di un atto eccedente il limite del potere di gestione costituito dall’oggetto sociale, sarebbe richiesta l’applicazione del regime delle modificazioni dell’atto costitutivo e quindi, salvo diversa previsione, il consenso unanime dei soci; b) nelle s.r.l., la relativa decisione spetterebbe inderogabilmente alla competenza dei soci, ex art. 2479, comma 2, n. 5 C.C., fermo restando che il difetto di una tale decisione non potrebbe rilevare nei confronti dei terzi ex art. 2475 bis C.C.; c) ove si escluda che rientrino nella sfera del potere gestorio anche le ipotesi di circolazione d’azienda in esame (salvo il requisito autorizzativo assembleare ove lo statuto lo preveda), dovrebbe ammettersi, anche a non voler aderire alla teoria delle c.d. competenze assembleari implicite, un dovere di interpello assembleare gravante sugli amministratori alla stregua del principio di buona fede, se non addirittura una competenza decisionale dell’assemblea straordinaria, in difetto dei quali scatterebbe la responsabilità personale degli amministratori.
[67] Le “informazioni necessarie” devono essere fornite anzitutto dall’esperto, il quale non assume la veste di ausiliario del giudice, ma è pur sempre un professionista munito dei requisiti di indipendenza e terzietà ex art. 16, il quale “in virtù del proprio compito dovrebbe ben conoscere la situazione dell’imprenditore e ogni aspetto legato all’operazione oggetto della richiesta di autorizzazione”, come le condizioni e le modalità del trasferimento dell’azienda (v. in proposito A. NASTRI,cit.).
[68] L’espletamento del contraddittorio con le parti interessate non richiede particolari formalità, non essendo espressamente prevista la necessità di fissazione di un’apposita udienza (il che, del resto, è in linea con il rinvio alle norme sul procedimento cautelare uniforme, che lascia al giudice ampia libertà nella scelta delle relative modalità), a differenza di quanto stabilito, sia pur con preferenza per i sistemi di videoconferenza, con riguardo al procedimento relativo alle misure protettive e cautelari nel contesto della composizione negoziata( art. 19, comma 3); l’instaurazione del contraddittorio potrà pertanto avvenire anche in forma esclusivamente cartolare, fermo restando l’onere di notifica da parte dell’imprenditore richiedente. In ordine a questi profili cfr., inter alia, R. BROGI, op. cit., 1555; A. NASTRI, cit.; M. SPIOTTA, op. cit., 107.
[69] I termini di questa ricognizione risultano particolarmente focalizzati nell’articolata motivazione di Trib. Milano, 12 agosto 2023, cit., il quale, con esattezza, muove dalla premessa che l’individuazione delle parti interessate “deve tenere necessariamente in considerazione il percorso di risanamento individuato dall’imprenditore all’interno del quale la cessione si colloca”.
[70] Le organizzazioni sindacali devono essere coinvolte “in quanto il trasferimento di un’azienda in esercizio impinge nello ‘statuto sostanziale’ dei singoli dipendenti, pur restando fermo l’art. 2112 del codice civile. Ciò in conformità al considerando n. 23 della Direttiva UE n. 1023/2019, che prevede la necessità che anche i rappresentanti dei lavoratori possano accedere a informazioni pertinenti e aggiornate sulla disponibilità di strumenti di ‘allerta precoce’, dovrebbe essere possibile per essi prestare sostegno ai lavoratori nella valutazione della situazione economica del debitore” (v. ancora la decisione di Trib. Milano citata alla nota che precede). Queste prescrizioni si devono altresì coordinare, nelle imprese che occupano più di quindici dipendenti, con gli adempimenti di informazione e di eventuale esame congiunto sindacale previsti dall’art. 47, commi da 1 a 4, l. 29 dicembre 1990, n. 428. A tale riguardo è stato suggerito “per evitare duplicazioni e rallentamenti nei tempi del procedimento” di “ricondurre a sistema le norme, prevedendo che, prima di presentare l’istanza, l’imprenditore debba procedere alla consultazione sindacale (D’ATTORRE, cit., ”, per il quale questo non impedirebbe “al tribunale, ove ritenuto necessario, di procedere, con le modalità più opportune, a sentire eventualmente di nuovo le organizzazioni sindacali”), se non addirittura “che l’imprenditore in composizione negoziata, ancor prima dell’avvio della procedura ex art. 47 l. n. 428/1990 (ove si presuppone la presenza di un acquirente già individuato) e con i buoni e preziosi uffici dell’esperto (…) si attivi con solerzia in vista di contatti anche informali, epperò utili a tracciare (sì da provvedervi di conseguenza) la ‘linea rossa’ oltre la quale le organizzazioni sindacali non sono disponibili ad assentire all’operazione traslativa e a sottoscrivere un accordo in tal senso; in modo che simile ‘pre-intesa’(…) possa venire poi trasfusa nel testo del bando di vendita – in termini, appunto, di clausole condizionanti e perimetranti l’offerta di acquisto degli imprenditori interessati – e quindi ratificata formalmente nell’accordo sindacale a conclusione dell’esame congiunto” (F. APRILE, op. cit., 7s.).
[71] In relazione alle circostanze del caso concreto, possono ascriversi al novero delle “parti interessate” anche le amministrazioni locali e le associazioni di categoria: G. D’ATTORRE, cit.; M. SPIOTTA, op. cit..107, nt. 34.
[72] Ad esempio, nel caso deciso da Trib. Milano, 12 agosto 2023, cit., il contraddittorio è stato instaurato con i principali creditori, rappresentati dai primi dieci creditori più significativi per ammontare, tra cui Agenzia delle Entrate.
[73] Questi soggetti, i quali, “di solito, coincidono con i fornitori, che pur appartenendo generalmente (tranne le imprese aventi le caratteristiche dell’art. 2751 bis n. 5 c.c.) alla categoria dei chirografari (e presumibilmente non soddisfatti in uno scenario alternativo) potrebbero essere interessati dalla cessione in quanto la alienazione dell’azienda potrebbe astrattamente incidere sulla prosecuzione dei rapporti contrattuali (soprattutto quando consolidati nel tempo e fondati sull’esclusiva o sull’abitualità)” (per questi rilievi v. ancora Trib. Milano, 12 agosto 2023, cit.)
[74] Avremo modo di tornare su questo profilo nel paragrafo che segue.
[75] Per questa previsione, confermata nella concreta esperienza applicativa successiva, v. già R. BROGI, op. cit., 1557 s.
[76] Ciò che può rilevare anche ai fini della stabilità dell’atto autorizzato, essendo necessaria una piena corrispondenza tra questo e l’atto eseguito dal debitore: per uno spunto in tal senso v. R. BROGI, op. cit., 1556.
[77] Per statuizioni di questo tipo v., ad es., Trib. Parma 4 novembre 2022 e 30 luglio 2024, cit.; Trib. Milano, 12 agosto 2023, cit.; Trib. Modena, 2 maggio 2025, cit., che ha previsto in alternativa il relativo deposito su un conto escrow intestato all’esperto. In altri casi è stato disposto il ricorso allo strumento negoziale del deposito del prezzo ex art.1, comma 63, lett. c) l. 27 dicembre 2013, n. 147, presso il notaio rogante l’atto di cessione e da questo segregato in un conto dedicato acceso in banca (v. Trib. Vasto, 25 giugno 2025, cit., e ciò, sul rilievo dell’impignorabilità delle relative somme, considerata l’intervenuta scadenza delle misure protettive, concesse e già rinnovate, e la conseguente necessità di fare ricorso ad un’eventuale misura cautelare atipica, “al fine di proteggere gli interessi delle parti coinvolte, consentendo alla società di tutelare le somme da incassare al momento del trasferimento dalle eventuali aggressioni patrimoniali e permettendo la realizzazione del progetto di risanamento”; Trib. Cuneo, 26 settembre 2025, cit.). Molto opportunamente talune decisioni hanno ben specificato le modalità di svicolo, non limitandosi alla sola autorizzazione dell’esperto, ma prevedendo tutte le possibili variabili (v. es. ancora, Trib. Cuneo, 26 settembre 2025, cit., che ha disposto la svincolabilità delle somme “soltanto in esecuzione della ristrutturazione” – come richiesto dallo stesso imprenditore ricorrente - “o in favore del commissario giudiziale per l’ipotesi di soluzione concordataria o in favore del curatore in caso di apertura di procedura di liquidazione giudiziale”). Nel caso di deposito presso il notaio rogante analoghe previsioni sarà opportuno trasfondere queste previsioni anche nel mandato rilasciato al notaio.
[78] V. M. SPIOTTA, op. cit., 109, per la quale, ove si ammetta la possibilità di una un’autorizzazione contenente una deroga solo parziale dell’art. 2560, comma 2, C.C. o che contempli la salvaguardia necessaria di un gruppo di rapporti con alcuni soggetti costituenti il c.d. indotto del debitore cedente (v. supra, nt. 17 e infra nel testo), la previsione del vincolo consentirebbe altresì “di superare il difetto di legittimazione del curatore ad agire ai sensi dell’art. 2560 C.C. e ad esperire azioni a tutela di determinate sotto-masse di creditori”.
[79] Cfr. A. ROSSI, Il presupposto oggettivo, tra crisi dell’imprenditore e risanamento dell’impresa, in Il fall., 2021, 1509.
[80] Questa pattuizione è considerata, ad es., nel caso deciso da Trib. Milano, 12 agosto 2023, cit., nella cui motivazione infatti si legge che “come emerso nel corso dell’udienza, la destinazione del corrispettivo della vendita a beneficio dei creditori sarà oggetto di specifica pattuizione nell’ambito dell’accordo ex art. 23 comma 1 lett. c) CCII; prevedendo tale definizione la partecipazione diretta dell’esperto, che è tenuto a sottoscriverlo, quest’ultimo dovrà assicurare che l’accordo contenga una specifica clausola con oggetto la chiara e analitica indicazione della destinazione delle somme costituenti il corrispettivo della vendita dell’azienda ai creditori come indicato nel parere dell’esperto, anche attraverso la previsione della costituzione di un conto dedicato”.
[81] È stato poi giustamente osservato che appare dubbio se, in una fase totalmente extraconcorsuale e degiurisdizionalizzata qual è quella della composizione negoziata (dove, tra l’altro, manca una formale verifica dei crediti), il giudice, come ulteriore “misura ritenuta opportuna”, potrebbe indicare anche la predisposizione - eventualmente tramite l’ausiliario - di un piano di riparto volto ad assicurare il rispetto delle cause legittime di prelazione o, comunque, la destinazione del ricavato della vendita per la soddisfazione dei creditori risultanti dalle scritture contabili (cfr. in proposito R. BROGI, op. cit., 1557, che fa salva l’ipotesi di un’espressa richiesta in tal senso da parte del debitore); e che, comunque, un simile piano di riparto non avrebbe effetti reali, ma meramente obbligatori, non disponendo i creditori di un’azione nei confronti del cedente (sul punto, in luogo di molti, M. SPIOTTA, op. cit., 109 e nt. 43; R. BROGI, ibidem, la quale rileva che l’eventuale previsione contenuta nell’autorizzazione “che richiedesse di ripartire il ricavato della vendita dell’azienda tra i creditori che vengono a subire gli effetti della deroga all’art. 2560, comma 2, c.c., contro la loro volontà, non potrebbe avere ulteriori conseguenze , in caso di mancata attuazione, se non le [gravi] responsabilità dello stesso imprenditore che non destinasse ai propri creditori il ricavato della vendita di un asset così importante”).
[82] La formula normativa consente di tenere in conto e valorizzare interessi di varia natura, rispetto ai quali il contenuto possibile delle “misure opportune” potrebbe comprendere, secondo alcuni, anche il rilascio di un'autorizzazione contenente una deroga solo parziale all'art. 2560, comma 2, C.C. (v. supra, nt. 17).
[83] Cfr. A. NIGRO e. D. VATTERMOLI, Diritto della crisi delle imprese. Le procedure concorsuali, 7a ed., Bologna, 2025, 109.
[84] La previsione della possibilità di attuazione del provvedimento autorizzatorio dopo la chiusura della composizione negoziata è stata spiegata sul rilievo della “natura della composizione, che non è una procedura ma un percorso di negoziazione in cui l’assenza di spossessamento non produce una netta distinzione tra la fase delle trattative e l’attività posta in essere per la ristrutturazione, fa sì che ogni atto funzionale al risanamento debba essere eseguito al momento ritenuto opportuno, momento che può, appunto, essere successivo al deposito della relazione finale dell’esperto (ad esempio, perché devono verificarsi alcune condizioni necessarie, come […] il perfezionarsi di accordi sindacali, ecc.)”: in questi termini si esprime la Relazione dell’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di Cassazione, 30 gennaio 2025, 25. La norma può coordinarsi anche con quella, frutto anch’essa degli interventi correttivi di cui al d.lgs. n. 136 del 2024 cit., dell’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 16, che prevede la possibilità per l’esperto di eventualmente svolgere anche attività successiva alla composizione negoziata, derivante dalle trattative e dal loro esito, la quale rientra nell’incarico conferitogli,chiarendo in tal modo che “l’incompatibilità prevista nella stessa disposizione non può in alcun modo riguardare l’attività che l’esperto potrebbe dover compiere dopo la chiusura delle trattative, resa necessaria, per esempio, dal fatto che una autorizzazione ex art. 22, richiesta in prossimità della scadenza della composizione negoziata, sia rilasciata dopo, oppure quando l’accordo raggiunto con i soggetti interessati al risanamento in pendenza della composizione negoziata debba essere sottoscritto dall’esperto una volta scaduti i 360 giorni, o, ancora, nei casi in cui si debba attendere il verificarsi di condizioni sospensive cui l’accordo è sottoposto, o, infine, in generale, appaia utile, dopo la chiusura della composizione negoziata, l’opera dell’esperto nelle trattative che si realizzano nella fase che precede la domanda di omologazione dell’accordo di ristrutturazione (art. 54, comma 3). Nella relazione illustrativa si precisa che tali esigenze si sono manifestate di frequente nel periodo di prima applicazione della composizione negoziata e si è reso necessario chiarire che questa attività è possibile e che, mantenendo l’esperto il ruolo di terzo, la sua attività, anche se successiva, non rientra in quella professionale per la quale è prevista l’incompatibilità per i due anni successivi alla chiusura della composizione” (così ancora la Relazione cit., 10).
[85] Ciò anche ai fini della stabilità degli effetti dell’atto autorizzato.
[86] V., inter alia, D’ATTORRE, cit.; M. ZONCA e C. UBERTIS ALBANO, I trasferimenti di azienda nella composizione negoziata: le responsabilità solidali del cessionario, tra limiti e criticità, in www.ilcaso.it. Ne deriva, quindi, che l’autorizzazione, quand’anche vi fosse, non potrebbe evitare il subentro del cessionario nelle posizioni debitorie nascenti dai contratti in corso e oggetto di trasferimento ex art. 2558 C.C., anche se allo stesso sconosciute, il che pone un limite all’agevolazione dei trasferimenti d’azienda nell’ambito della composizione negoziata.
[87] In questo senso, con riferimento alla portata applicativa dell’art. 2560, comma 2, C.C., è la consolidata giurisprudenza di legittimità: cfr., fra le altre, Cass. 22 novembre 2023, n. 32487; Cass. 5 luglio 2019, n. 18070; Cass. 6 aprile 2018, n. 8539; Cass. 30 marzo 2018, n. 8055; Cass. 16 giugno 2004, n. 11318.
[88] Nello specifico, ai sensi di questa disposizione, la responsabilità solidale del cessionario opera, “fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente ed entro i limiti del valore dell’azienda o del ramo d’azienda, per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore”. Peraltro, il rilascio da parte dell’Amministrazione finanziariadel c.d. certificato fiscale, quando negativo sull’esistenza di contestazioni in corso e di quelle già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti, “ha effetto liberatorio del cessionario, del pari liberato ove il certificato non sia rilasciato entro quaranta giorni dalla richiesta” (cfr. i commi 2 e 3 dell’art. 14 cit.; per l’esclusione della limitazione nel caso di cessione attuata in frode dei crediti tributari v. i successivi commi 4 e 5). Si prescinde qui da ogni approfondimento relativo al comma 5 ter, il quale, nel sancire che “le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, a tutte le ipotesi di trasferimento di azienda, ivi compreso il conferimento”, ha dato luogo a dubbi circa l’applicabilità della responsabilità solidale tributaria anche all’affittuario dell’azienda (per un quadro di sintesi ed ulteriori riferimenti, tra i più recenti, v. M. ZONCA e C. UBERTIS ALBANO, op. cit., 5, nt. 6, i quali, sulla scorta di articolate argomentazioni, escludono questa possibilità).
[89] Fatto sempre salvo il caso di cessione attuata in frode dei crediti tributari previsto dai commi 4 e 5.
[90] Sulla questione della (non) applicabilità del comma 5 bis derivante dal silenzio della norma sulla composizione negoziata (né la norma menzionava il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione e il concordato liquidatorio semplificato) v., per tutti, G. ANDREANI, La ‘variabile fiscale’ nella crisi d’impresa, in www.ilcaso.it, 26ss.; M. ARATO, cit., che auspicava “un intervento del legislatore anche in sede di decreto correttivo o in altre sedi”; R. BROGI, op. cit., 104, nt. 22, dove ulteriori riferimenti.
[91] Il d.lgs. cit., pubblicato nella G.U. n. 150 del 28 giugno 2024, è entrato in vigore il 29 giugno 2024 (v. art. 7).
[92] Per completezza ricordiamo che, a partire dal 1 gennaio 2026, entrerà in vigore il d.lgs. 5 novembre 2024, n. 173, Testo Unico delle sanzioni tributarie, amministrative e penali (v. i relativi artt. 101 e 102), con espresso effetto abrogativo, tra gli altri, del d.lgs. n. 472 del 1997 e degli art. da 1 a 4 del d.lgs. n. 87 del 2024 di cui si è fin qui discusso: l’attuale versione dell’art. 14 cit. è stata integralmente trasfusa nell’art. 16 del d.lgs. n. 173, mentre è stata mantenuta ferma la disposizione transitoria e finale dell’art. 5 del d.lgs. n. 87 di cui al testo.
[93] V. supra, nt. 88.
[94] Rispetto alla disposizione transitoria la dottrina ha assunto una posizione fortemente critica, in considerazione degli effetti disincentivanti dell’utilizzo del percorso compositivo che essa comporterà ogniqualvolta, nel frattempo, si dovesse manifestare la prospettiva di procedere ad un trasferimento dell’azienda che involga pregresse violazioni tributarie: in proposito v., inter alia, G. ANDREANI, op.cit., 29s.; M. ZONCA e C. UBERTIS ALBANO, op. cit., 4ss., anche per ulteriori riferimenti. Nel panorama giurisprudenziale si registrano alcune voci (Trib. Torino, 27 febbraio 2025 e Trib. Parma, 30 luglio 2024) che hanno affermato l’esonero della responsabilità solidale del cessionario ai sensi tanto dell’art. 2560, comma 2, C.C., quanto dell’art. 14 cit.: si tratta, peraltro, di decisioni lapidariamente motivate sul punto e, in entrambi i casi, influenzate dalla circostanza che le istanze autorizzative ex art. 22, comma 1, lett. d) erano accompagnate da un progetto di piano il quale, anche in virtù del corrispettivo ricavato dalle cessioni delle aziende, avrebbe comunque consentito il pagamento integrale di tutti i creditori privilegiati (nel caso affrontato dal giudice parmense addirittura specificamente identificati con Agenzia Entrate, Inps, Inail).
[95] Rimane fuori dall’oggetto di queste elementari riflessioni ogni ulteriore approfondimento circa le ricadute lavoristiche della cessione d’azienda nella composizione negoziata: un ampio quadro di questa tematica è illustrato F. APRILE, op. cit., passim, alla cui accurata analisi si rinvia.
[96] Il trasferimento, anche se autorizzato, avviene con atto stipulato dall’imprenditore (atto notarile da iscriversi nel registro delle imprese ai fini della sua opponibilità: art. 2556 C.C.), non essendo previsto un decreto di trasferimento del tribunale, fermo restando l’effetto purgativo sui debiti anteriori a beneficio dell’acquirente in conseguenza dell’autorizzazione giudiziale: cfr., tra gli altri, G. D’ATTORRE, cit.; .M. ARATO,cit.).
[97] Per questa conclusione ci si può limitare qui a ricordare, tra i molti, in dottrina, G. D’ATTORRE, cit.; in giurisprudenza, Trib. Brescia, 4 giugno 2025, cit.
[98] Sulla configurazione delle vendite coattive concorsuali v. Cass., S.U., 19 marzo 2024, n.7337.
[99] Per tutti, anche per gli ulteriori riferimenti, v. P. BORTOLUZZI, in A. MAFFEI ALBERTI e M. SPERANZIN, op. cit., sub art. 22 CCII, 143s., il quale osserva che “essendovi comunque un effetto purgativo di tipo sostanziale, tali vincoli finiranno per avere una rilevanza meramente formale”.
[100] In questo senso, quasi testualmente, ancora P. BORTOLUZZI, op.cit., 144. Vi è chi ha sostento (S. MANCINELLI, Cessione d’azienda incerta nella composizione negoziata, in Eutekne.info, 16 novembre 2023), la permanenza, per le iscrizioni ipotecarie, della garanzia immobiliare (evenienza della quale si dovrebbe quindi tener conto nella determinazione del prezzo di cessione dell’azienda) e la possibilità, in ipotesi di inadempimento, per il creditore beneficiario d’intraprendere l’azione espropriativa sui relativi cespiti, anche se pervenuti all’acquirente tramite una cessione autorizzata ex art. 22): a questo assunto è stato peraltro obiettato che esso svuoterebbe di contenuto il disposto della norma, che invece esonera l’acquirente dalla responsabilità ex art. 2560, comma 2, C.C. (cfr. in tal senso M. ARATO, cit..).
[101] V. ancora il quadro schematico tracciato da P. BORTULUZZI, ibidem.
[102] Per questa soluzione v. es. M. ARATO, cit.
[103] Cfr. P. BORTOLUZZI, ibidem.
[104] Per tutte le ragioni esposte nel precedente paragrafo, appare invece più arduo ipotizzare l’indicazione da parte del giudice della predisposizione di un piano di riparto che assicuri il rispetto delle cause legittime di prelazione.
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