Societario


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 18/11/2025 Scarica PDF

L’azione di responsabilità ex art. 146 legge fallimentare e la sua evoluzione alla luce dell’art. 255 CCII

Massimiliano Angelini, Avvocato in Rimini


Sommario: 1. Il principio di unitarietà e inscindibilità delle azioni di responsabilità – 2. Critiche alla ricostruzione unitaria come cumulo dei presupposti delle azioni di responsabilità – 3. L’impatto dell’art. 255 c.c.i.i. – 4. Considerazioni conclusive

 


Abstract

Il presente contributo si propone di analizzare brevemente l’evoluzione dell’azione di responsabilità esercitata dal curatore fallimentare ai sensi dell’art. 146, comma 2, della legge fallimentare, alla luce delle più recenti interpretazioni giurisprudenziali e dottrinali. In particolare, si esamina il principio di unitarietà e inscindibilità delle azioni di responsabilità sociale e dei creditori sociali, nonché le implicazioni derivanti dalla nuova formulazione dell’art. 255 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (c.c.i.i.). L’obiettivo è quello di verificare se e in che misura i profili innovativi introdotti dal legislatore incidano sulla disciplina della liquidazione giudiziale e sulla configurazione delle azioni di responsabilità nelle procedure concorsuali.

Aderire all’idea che le azioni di responsabilità che competono alle società in bonis rimangono inalterate quanto a presupposti e disciplina se esercitate dal curatore ovvero si trasformano in un quid completamente diverso, ha importanti risvolti operativi.

   

1. Il principio di unitarietà e inscindibilità delle azioni di responsabilità

L’art. 146, comma 2, della legge fallimentare ha storicamente attribuito al curatore fallimentare la legittimazione esclusiva per l’esercizio delle azioni di responsabilità previste dagli artt. 2392, 2393 e 2394 del Codice Civile. Questo effetto è stato considerato una manifestazione specifica del principio generale sancito sul piano sostanziale dall’art. 42 della legge fallimentare e, su quello processuale, dall’art. 43 della legge fallimentare, che stabilisce il c.d. spossessamento processuale del fallito.

Secondo una massima divenuta nel corso dei decenni ormai tralatizia - e ribadita anche dopo la riforma del diritto societario del 2003 - l’azione di responsabilità sociale e quella dei creditori sociali quando esercitate dal curatore ex art. 146 l.f. assumono natura unitaria ed inscindibile.

Una parte della giurisprudenza e della dottrina hanno ritenuto (soprattutto in passato) che il carattere unitario e inscindibile dell’azione di responsabilità determini il loro confluire in una unica azione, sia perché necessariamente cumulerebbe i presupposti e gli scopi delle suddette azioni, sia perché sarebbe sempre finalizzata alla reintegrazione del patrimonio della società fallita, visto unitariamente come garanzia dei soci e dei creditori della società, così trasmettendosi al curatore nel caso di fallimento sopravvenuto[3].

Le azioni previste dagli artt. 2393 e 2394 c.c. pertanto si trasformerebbero in quella “autonoma”, “unitariamente esercitata dal curatore, dal commissario liquidatore o dal commissario straordinario” (art. 2394 bis c.c.) a vantaggio dell’intera collettività[4].

In tale prospettiva il carattere unitario dell’azione ex art. 146 l.fall. andrebbe dunque inteso come “esercizio necessariamente congiunto da parte del curatore fallimentare di azione di per sé distinte (artt. 2393 e 2394 c.c.)”, il quale “non deve né può scegliere se esercitare l’una o l’altra azione”, in quanto “le esercita necessariamente, entrambe[5].

L’azione esercitata dal curatore ex art. 146 l.f., secondo questa impostazione, finirebbe così per cumulare i vantaggi di entrambe le azioni allo scopo di reintegrare il patrimonio della società fallita[6]. Sicché la curatela potrebbe di volta in volta, secondo la propria convenienza, attingere alle singole fattispecie per argomentare la soluzione più favorevole (con conseguente onere del convenuto in giudizio dimostrare, in ogni caso, l’esattezza del proprio adempimento[7]).

Come evidenziato da alcuni autori[8], i convenuti, ossia amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori, seguendo questa ricostruzione dei principi di unitarietà e inscindibilità, non sarebbero più legittimati a opporre al curatore, che agisce nei loro confronti, le medesime eccezioni che avrebbero potuto sollevare nei confronti della società o dei creditori sociali qualora le azioni fossero state promosse dalla società in bonis (o dai suoi creditori).

A titolo esemplificativo, non potrebbero contestare alla curatela di aver agito in conformità alle delibere assembleari, poiché tale eccezione non risulterebbe opponibile ai creditori sociali; né potrebbero eccepire che il quantum richiesto a titolo di risarcimento superi le necessità di soddisfacimento dei creditori sociali, dal momento che una simile argomentazione non sarebbe opponibile alla società. Inoltre, non sarebbe loro consentito sollevare eccezioni di compensazione con crediti vantati a titolo di compensi (a titolo di compensi) nei confronti della società.

Autorevole dottrina ha criticato questa impostazione - che tende a ricostruzione l’azione esercitata dal curatore come tertium genus rispetto alle azioni proposte dalla società in bonis – definendo siffatta azione (secondo l’interpretazione di cui sopra) come “una specie di centauro[9] o “super-azione[10].

 

2. Critiche alla ricostruzione unitaria come cumulo dei presupposti

La dottrina più avvertita e la giurisprudenza più recente - pur condividendo l’impostazione per cui, in forza dell’art. 146 legge fallimentare, il curatore acquista la legittimazione esclusiva ad esercitare le azioni ex artt. 2393 e 2394 codice civile e le esercita unitariamente e inscindibilmente – ritiene che esse rimangano “tra loro distinte sia nei presupposti di fatto, che nella disciplina applicabile, differenti essendo la distribuzione dell'onere della prova, i criteri di determinazione dei danni risarcibili ed il regime di decorrenza del termine di prescrizione” (così, in giurisprudenza[11].

L’inscindibilità e l’unitarietà andrebbe dunque riferita alla sola posizione dell’organo che agisce in giudizio - ovvero alla legittimazione attiva -, e non anche al contenuto delle azioni, né alle relative modalità temporali del loro esercizio.

Sicché, la portata del principio di “unitarietà” andrebbe inteso unicamente come esclusione della possibilità che dette azioni, in caso di fallimento, possano essere esercitate separatamente dal curatore, ovvero iniziate – o proseguite – dai soci o dai singoli creditori.

Mentre il principio di “inscindibilità” andrebbe inteso come possibilità (e non necessarietà) che entrambe le azioni vengano esercitate insieme, ma senza la doverosità del cumulo. Dunque, il curatore potrebbe decidere quale delle due azioni esercitare alternativamente, ma in tempi diversi, oppure promuoverle nell’ambito dello stesso giudizio.

L’azione di responsabilità non sarebbe, dunque, “autonoma”, ma “derivata”; esse sono niente altro che le stesse azioni che, prima del fallimento, spettavano alla società ed ai creditori sociali[12].

In altri termini, per citare una delle tante massime della Cassazione, 24715/2015: “L’azione di responsabilità, esercitata dal curatore ai sensi dell'art. 146, comma 2, l.fall., cumula in sé le diverse azioni previste dagli artt. 2392-2393 c.c. e dall'art. 2394 c.c. a favore, rispettivamente, della società e dei creditori sociali, tant’è che il curatore può, anche separatamente, formulare domande risarcitorie tanto con riferimento ai presupposti dell'azione sociale, che ha natura contrattuale, quanto con riguardo a quelli della responsabilità verso i creditori, che ha natura extracontrattuale. Tali azioni, peraltro, non perdono la loro originaria identità giuridica, rimanendo tra loro distinte sia nei presupposti di fatto, che nella disciplina applicabile, differenti essendo la distribuzione dell'onere della prova, i criteri di determinazione dei danni risarcibili ed il regime di decorrenza del termine di prescrizione”[13].

Le due azioni restano pertanto sul piano sostanziale nettamente distinte con rilevanti conseguenze in tema di natura della responsabilità (e conseguente diversa distribuzione degli oneri di allegazione e prova), disciplina della prescrizione, criteri di liquidazione del danno risarcibile, ecc.. La modifica della legittimazione attiva dell’azione sociale e dei creditori sociali in caso di fallimento non immuta, dunque, i presupposti delle azioni di responsabilità se a promuoverle è il curatore. Di ogni azione si dovranno verificare autonomamente i presupposti e le conseguente senza indebite sovrapposizioni di piani[14].

Ciò implica, per esempio, che il curatore, una volta esercitata una delle due azioni (sociale o dei creditori sociale), è vincolato agli aspetti eventualmente sfavorevoli della scelta effettuata (Cfr. Trib. Catania, 09/08/2016, in www.giurisprudenzadelleimprese.it)[15].

È evidente che questa seconda interpretazione giurisprudenziale dei principi di inscindibilità e unitarietà contribuisce a riequilibrare le posizioni processuali delle parti nei procedimenti riguardanti la responsabilità ex art. 146 l.f.[16]. In tal modo, la difesa dei convenuti non sarà più costretta a confrontarsi con una costruzione ibrida che, in modo indistinto e opportunistico, combina elementi propri della responsabilità contrattuale con quelli della responsabilità extracontrattuale.

Dai principi di unitarietà e inscindibilità sembra, in ogni caso, derivare un ulteriore corollario.

La giurisprudenza sostiene che l’azione intrapresa dal curatore ai sensi dell’art. 146 l.f., in assenza di una specifica indicazione riguardo alla natura di azione sociale e/o dei creditori sociali, debba essere interpretata come un esercizio (presunto) di entrambe le azioni. L’autorizzazione concessa dal Giudice Delegato, così come un generico riferimento al “danno cagionato alla società e ai creditori sociali”, pur privo di una precisa qualificazione della domanda, non comporterebbe indeterminatezza della stessa, ma implicherebbe, comunque, la presunzione di un esercizio congiunto delle due azioni.

Per dirla secondo con la sentenza n. 23452 della Cassazione del 20 settembre 2019: “Tali azioni mantengono i presupposti, natura giuridica e caratteri diversi ed autonomi e rimangono distinte. Ne discende che la mancata specificazione del titolo della domanda giudiziale, lungi dal determinare la nullità per indeterminatezza, fa presumere, in assenza di un contenuto anche implicitamente diretto a far valere una sola delle azioni, che il curatore abbia inteso esercitare congiuntamente entrambe le azioni[17].

Il curatore, seguendo questa logica, può “semplicemente” allegare i fatti generatori della responsabilità ex art. 146 l.f., sarà poi il Tribunale a verificare la sussistenza dei presupposti di una o di entrambe le azioni previste dagli art. 2392 c.c. e 2393 c.c. per le s.p.a. o dell’art. 2476 c.c. per le s.r.l. e solo all’esito di tale verifica verrà poi identificata la disciplina applicabile al caso di specie[18].

Tale impostazione, a nostro giudizio, avvantaggia comunque la difesa della curatela, rendendo significativamente più complesso e gravoso la posizione processuale dei convenuti che, in assenza di una invocata specifica disciplina da parte della curatela, dovrà contestare i presupposti sia della responsabilità sociale sia della responsabilità dei creditori sociali.

 

3. L’impatto dell’art. 255 c.c.i.i.

Analizzando la normativa applicabile alle liquidazioni giudiziali, sorge (tra i tanti) il quesito se la nuova formulazione dell’art. 255 c.c.i.i. abbia un impatto sui principi giurisprudenziali di unitarietà e inscindibilità delle azioni di responsabilità esercitate dalla curatela.

L’art. 255 c.c.i.i., come noto, è una norma che, nell’individuare le azioni di responsabilità esperibili dal curatore della liquidazione giudiziale, non si limita a riprodurre il contenuto dell’art. 146, comma 2° l.f. – come è avvenuto con altre norme del capo dedicato alla liquidazione giudiziale della società – ma introduce indubbiamente delle novità la cui valenza deve essere oggetto di meditata riflessione, allo scopo di verificare se e in che misura i profili innovativi incidano sulla disciplina della liquidazione giudiziale.

La norma espressamente prevede che il curatore “anche separatamente” possa proporre le azioni di responsabilità. Si chiarisce, dunque, che l’esercizio delle azioni non è necessariamente cumulativo[19].

Alcuni attenti commentatori hanno infatti notare che: “la natura unitaria ed inscindibile dell’azione di responsabilità esercitata dal curatore potrebbe essere messa in dubbio alla luce del disposto dell’art. 255 c.c.i.i., che attribuisce alla legittimazione esclusiva del curatore le azioni di responsabilità sociale e dei creditori sociali, individuate separatamente, alle lettere a) e b) dell’articolo”[20].

Se i principi di unitarietà e inscindibilità dell’azione di responsabilità, attribuita in via esclusiva al curatore, trova(vano) fondamento (anche e non solo) nella formulazione della lettera a) dell’art. 146 l.f., che si limita a menzionare genericamente ed indistintamente le “azioni di responsabilità contro gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i direttori generali e i liquidatori” senza operare una separazione tra le diverse tipologie di azioni, è ancora possibile ritenere tali principi ribaditi dalla giurisprudenza ancora validi alla luce della più articolata formulazione dell’art. 255 c.c.i.i.?

Si può, crediamo, ragionevolmente sostenere che la scelta del legislatore di modificare in modo radicale la disciplina della legittimazione attiva del curatore, attribuendo a ciascuna delle cinque diverse ipotesi di azioni di responsabilità una specifica lettera del primo comma dell’art. 255 del c.c.i.i., renda difficile continuare a considerare l’azione di responsabilità sociale e quella dei creditori sociali ancora caratterizzate dai principi di unitarietà e inscindibilità.

Da rimarcare, poi, che il nuovo articolo 115 c.c.i.i., dettato in materia di concordato preventivo per la cessione dei beni, prevede al primo comma la legittimazione del liquidatore giudiziale all’esercizio (o alla prosecuzione) dell’azione sociale di responsabilità, ma, per contro, conferma al comma terzo la legittimazione dei creditori sociali all’esercizio della azione di responsabilità loro spettante.

Aderendo a questa interpretazione discenderebbe, tra le tante, che la difesa della curatela non potrebbe più limitarsi ad indicare i fatti generatori della responsabilità ex art. 255 c.c.i.i., come avveniva in passato con l’art. 146, comma 2°, l.f., ma dovrebbe, pena l’indeterminatezza dell’azione, qualificare quella (o quelle) che intende proporre in giudizio senza così costringere la difesa del convenuto (prima) e il giudice (poi) ad individuare in concreto l’azione esercitata dalla curatela. Detto in altri termini, la presunzione di esercizio cumulativo delle azioni di responsabilità non opererebbe più.

Ed ancora. Mentre sotto la disciplina dell’art. 146, comma 2, l.f., il Giudice Delegato poteva autorizzare in modo generico l’azione di responsabilità del curatore, senza necessariamente operare una distinzione tra l’azione sociale e quella extracontrattuale, con l’introduzione dell’art. 255 c.c.i.i. si potrebbe ritenere che il Giudice Delegato debba ora specificare, per evitare l’indeterminatezza del provvedimento (ove non fosse possibile il richiamo per relationem alla domanda), quale delle cinque specifiche azioni previste dalla nuova norma il curatore è legittimato a proporre in giudizio[21].

Resterebbe ferma, in ogni caso, la possibilità per il curatore di promuovere una sola delle due azioni, scelta che, anzi, dovrà ritenersi “obbligata” qualora una delle due azioni non fosse più, ad esempio per ragioni di prescrizione, utilmente esperibile.

Da rimarcare, infine, che il superamento dell’opinione tradizionale potrebbe comportare l’ulteriore noto problema dell’operatività della clausola compromissoria con riguardo alla sola azione sociale.

Le azioni di responsabilità sociale e quella dei creditori sociali previste e disciplinate dal codice civile smetterebbero così di configurarsi, in caso di liquidazione giudiziale, tertium genus rispetto alla disciplina codicistica, in quanto frutto della confluenza, in ragione del “fallimento”, in un unico rimedio delle diverse azioni di cui ai citati artt. 2393 e 2394 c.c..

L’azione di responsabilità esercitata dal curatore cesserebbe così, parafrasando Jager, di essere una figura mitologica creata dal diritto concorsuale, rimanendo del tutto inalterata la sua natura sia che ad esercitarla nel processo siano i soci o i creditori sociali, sia che a promuoverla sia il curatore.

 

4. Considerazioni conclusive

La nuova formulazione dell’art. 255 c.c.i.i. impone una maggiore chiarezza e precisione nella qualificazione delle azioni da parte della curatela, con l’obiettivo di garantire una più equilibrata gestione dei procedimenti giudiziari e una tutela più trasparente delle parti coinvolte. Tuttavia, questa evoluzione normativa solleva interrogativi sulla portata dei principi di unitarietà e inscindibilità, che sembrano perdere la loro centralità nella disciplina delle liquidazioni giudiziali.

La tesi della natura “unitaria e inscindibile” dell’azione di responsabilità esercitata dal curatore del fallimento trova(va) forse giustificazione nel fatto che entrambe le azioni (sociale e dei creditori sociali) sono dirette alla reintegrazione del patrimonio della società fallita/liquidata, depauperato per effetto della condotta illecita degli amministratori, direttori generali, ecc., e perciò, in definitiva, al risarcimento del medesimo danno, sia pure con i noti diversi limiti quantitativi.

La legittimazione attiva esclusiva del curatore imporrebbe quindi l’esercizio congiunto delle due azioni, onde evitare – quantomeno – pericolose duplicazioni risarcitorie e, in ogni caso, intuibili problemi di coordinamento fra i due giudizi, criticità già verificatesi quando l’azione di responsabilità sia proposta contemporaneamente dalla società in bonis e da uno o alcuni dei creditori sociali.

Il passaggio dall’art. 146 l.f. all’art. 255 c.c.i.i. potrebbe rappresentare un momento di svolta per il diritto concorsuale, aprendo la strada a una nuova configurazione delle azioni di responsabilità che, pur mantenendo la legittimazione esclusiva del curatore, si orienta verso una maggiore distinzione e autonomia delle singole azioni. Questo cambiamento, se da un lato favorisce una maggiore chiarezza e precisione nell’ambito dei procedimenti giudiziari, dall’altro pone nuove sfide interpretative e applicative, che richiederanno un’attenta riflessione da parte della dottrina e della giurisprudenza per garantire un equilibrio tra le esigenze di tutela della curatela e quelle della difesa dei convenuti.



[1] Avvocato in Rimini, presidente dell’Associazione Riminese dei Concorsualisti, cultore della materia presso l’Università di Bologna, Dipartimento di Scienze giuridiche, presso il Corso di laurea in Giurista per le imprese e la pubblica amministrazione

[2] Si ringrazia il Dott. Raffaele Del Porto, Presidente della Sezione Civile presso il Tribunale di Brescia, per il prezioso contributo offerto nella correzione del presente articolo, il cui apporto è stato utile per l’analisi delle tematiche trattate.

[3] cfr. ex multis: Cass. 22 ottobre 1998, n. 10488, cit.; Cass. 7 novembre 1997, n. 10937; Cass. 28 novembre 1984, n. 6187; Cass. 10 giugno 1981, n. 3755, cit.; Cass. 25 luglio 1979, n. 4415; Trib. Catania 18 febbraio 1998, in Foro it. 1998, I, 3248 e in Dir. fall. 1998, II, 215; Trib. Torino 28 aprile 1997, decr., in Dir. fall. 1997, II, 1215; Trib. Milano 25 settembre 1995, in Giur. it. 1996, I, 2, 348; Trib. Torino 23 novembre 1990, in Il fallimento 1991, 631; Trib. Roma 5 dicembre 1986, ivi, 1987, 854; Trib. Milano 18 ottobre 1984, ivi, 1985, 857; Trib. Catania, 16 settembre 1976, in Giur. comm. 1978, II, 296

[4] Tencati, La r.c. nelle procedure concorsuali, 2013 UTET, pag. 1156.

[5] Galgano, Il fallimento delle società, in Trattato di dir. Comm. e dir. pubb. econ., X, Padova, 1988, 99-100; D’Orazio, Responsabilità degli amministratori e legittimazione del curatore, pag. 754, per cui il curatore non può e non deve scegliere se esercitare l’una o l’altra azione. Questa ricostruzione è seguita da chi ritiene che i creditori, ai sensi dell’art. 2394 c.c. esercitino in via supplettiva e surrogatoria la stessa azione che spetta alla società; pertanto, il subingresso del curatore nell’azione sociale comporterebbe automaticamente il suo subingresso anche nell’azione dei creditori, stante la loro sostanziale identità. In giurisprudenza, Trib. Milano, 30 ottobre 2014 in www.giurisprudenzadelleimprese.it, Trib. Torino 19 aprile 2016, www.giurisprudenzadelleimprese.it.

[6] cfr. ex multis: Cass. 22 ottobre 1998, n. 10488; Cass. 28 febbraio 1998, n. 2251, ivi, 1999, 254; Cass. 7 novembre 1997, n. 10937, ivi, 1998, 697; Cass. 10 giugno 1981, n. 3755; Cass. 25 luglio 1979, n. 4415; Trib. Mantova 20 dicembre 2007, in www.ilcaso.it; Trib. Verona, 16 aprile 2012, in www.ilcaso.it; Trib. Milano 13 maggio 1999, Il Fallimento, 1999, 1162; Trib. Napoli 18 gennaio 1999, ivi, 1999, 457; Trib. Milano 7 settembre 1998, ivi, 1999, 110; Trib. Napoli 13 maggio 1997, ivi, 1997, 1141; Trib. Napoli 18 marzo 1995, ivi, 1995, 975; Trib. Venezia 5 novembre 1987, ivi, 1988, 1202; Trib. Roma 5 dicembre 1986, ivi, 1987, 546; in dottrina, in questo senso vedi: Quatraro, La responsabilità degli amministratori nelle procedure concorsuali, Le società, 1986, 483.

[7] Cass. 21 luglio 2010, n. 17121: “Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti, "l'azione di responsabilità esercitata dal curatore del fallimento ai sensi della L. Fall., art. 146, ha natura contrattuale e carattere unitario ed inscindibile, risultando frutto della confluenza in un unico rimedio delle due diverse azioni di cui agli artt. 2393 e 2394 c.c.; ne consegue che, mentre su chi la promuove grava esclusivamente l'onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni ed il nesso di causalità tra queste ed il danno verificatosi, incombe, per converso, su amministratori e sindaci l'onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell'osservanza dei doveri e dell'adempimento degli obblighi loro imposti; (…) "il quale, esercitando un'azione in favore della massa concorsuale, svolge un'attività diversa da quella che avrebbe potuto svolgere la società", in quanto è "finalizzata al risultato di acquisire all'attivo fallimentare tutto quanto sottratto per fatti imputabili agli amministratori" (Cass., sez. 1^, 6 dicembre 2000, n. 15487, n. 542477)”.

[8] Dimundo, Le azioni di responsabilità nelle procedure concorsuali, Cedam, pag. 14; Balestra, Crisi d’impresa e responsabilità nelle società di capitali, 2016, Giuffrè, pagg. 735 e segg.

[9] Jager, La responsabilità degli amministratori e dei sindaci nelle procedure concorsuali: una valutazione critica, in Giur. Comm., 1988, I, 550; per una critica nei confronti delle agevolazioni probatorie consentite talvolta nei giudizi: Ciccioni, Giust. civ. 98, II, 530ss.; Maffei Alberti – Speranzi, Commentario breve alle leggi su crisi di impresa e insolvenza, art. 255, pag. 1956.

[10] Balestri, Le azioni di responsabilità nelle procedure concorsuali, 2016, Giuffrè, pag. 355. In giurisprudenza, tra le tante, Trib. Salerno 14 luglio 2006, in Fall., 2006.

[11] Cass. 24715/2015, richiamata infra.

[12] Bonelli, Art. 146 l.fall.: l’azione di responsabilità del curatore contro gli amministratori di S.p.A. fallita, in GCo, II, 782.

[13] Conforme Cass. 10378/2012: “Le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori di una società di capitali previste dagli artt. 2393 e 2394 cod. civ., pur essendo tra loro distinte, in caso di fallimento dell'ente confluiscono nell'unica azione di responsabilità, esercitabile da parte del curatore ai sensi dell'art. 146 legge fall., la quale, assumendo contenuto inscindibile e connotazione autonoma rispetto alle prime - attesa la "ratio" ad essa sottostante, identificabile nella destinazione, impressa all'azione, di strumento di reintegrazione del patrimonio sociale, unitariamente considerato a garanzia sia degli stessi soci che dei creditori sociali - implica una modifica della legittimazione attiva di quelle azioni, ma non ne immuta i presupposti. Ne consegue che i fatti addotti a fondamento della domanda identificano l’azione in concreto esercitata dal curatore, ed, in particolare, la disciplina in materia di prova e di prescrizione, quest'ultima in ogni caso quinquennale, ma, se fondata sulle circostanze idonee ad attivare l'azione sociale, con decorrenza non dal momento in cui l'insufficienza patrimoniale si è manifestata come rilevante per l'azione esperibile dai creditori, bensì dalla data del fatto dannoso e con applicazione della sospensione prevista dall’art. 2941, n. 7, cod. civ., in ragione del rapporto fiduciario intercorrente tra l’ente ed il suo organo gestorio”. (Fattispecie anteriore all'entrata in vigore dei d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6, e 9 gennaio 2006, n. 5)”. In questo senso per la giurisprudenza di legittimità, Cass. SS.UU. 23/01/2017, n. 1641; Cass. 29/09/2016, n. 19340.

[14] D’Orazio, Responsabilità degli amministratori e legittimazione del curatore, pag. 755.

[15] Contra Ricciardiello, La prescrizione dell’azione di responsabilità promossa dal curatore fallimentare verso di amministratori di società, in GCo, 2009, II, pag. 319 secondo il quale: “la stessa collocazione (delle azioni di responsabilità) all’interno della legge fallimentare che (le) rende (…) uno strumento a parte, con una finalizzazione del tutto particolare, il concordo sul patrimonio dell’amministratore per ristabilire l’integrità del patrimonio del fallito nel contesto di un’unica azione “sociale” e di massa”. Nello stesso anche Porreca, Sull’autonomia dell’azione di responsabilità del curatore, in Soc., 703, il quale sostiene che le azioni previste dagli artt. 2392 e 2394 c.c. “evaporano” nel senso che si trasformano in quella autonoma “unitariamente esercitata dal curatore, dl commissario liquidatore o dal commissario straordinario” (art. 2394 bis c.c.) a vantaggio dell’intera collettività dei creditori.

[16] Balestra, Le azioni di responsabilità nelle procedure concorsuali, 2016, Giuffrè, pag. 356 per il quale la tesi della inscindibilità dell’azione del curatore appare problematica per le implicazioni distorsive che da essa possono derivare, determinandosi così per il curatore un privilegio sostanziale e processuale che non trova riscontro fuori dalle dinamiche fallimentari.

[17] Nello stesso senso, tra le tante: Trib. Catania 14 giugno 2014, n. 2907/2024, in www.giurisprudenzadelleimprese.it.

[18] Cass. 21 giugno 2012, n. 10378; Cass. 21 luglio 2010, n. 17121.

[19] Si veda la Relazione di accompagnamento al CCI, sub art. 255. Fabiani, L’azione dei creditori sociali, 19.

[20] Cfr. Raffaele Del Porto, Le azioni di responsabilità nei confronti degli organi di amministrazione e controllo delle società di capitali nella giurisprudenza di legittimità più recente, pag. 10, in Ristrutturazioni Aziendali, 28 ottobre 2024). In tal senso pare esprimersi anche Balestra, Crisi d’impresa e responsabilità nelle società di capitali, 2016, Giuffrè, pag. 649-650.

[21] Diversamente, l’editio actionis risulterebbe fatalmente incompleta e il diritto di difesa del convenuto inevitabilmente leso, risultando incerta la disciplina della distribuzione degli oneri di allegazione e prova, che è diretta conseguenza della natura – contrattuale o extra contrattuale – dell’azione proposta. 


Scarica Articolo PDF