Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 30763 - pubb. 19/02/2024

Modifiche alla proposta concordataria successive all’omologa del concordato fallimentare

Tribunale Brindisi, 12 Febbraio 2024. Est. Natali.


CONCORDATO ENDOFALLIMENTARE – Modifiche della proposta concordataria successive all’omologa – Regime anteriore al C.C.I. – Ammissibilità – Sussistenza – Fondamento


CONCORDATO ENDOFALLIMENTARE – Modifiche della proposta concordataria successive all’omologa – Regime anteriore al C.C.I. – Regime procedurale


CONCORDATO ENDOFALLIMENTARE – Modifiche della proposta concordataria successive all’omologa – Regime anteriore al C.C.I. – Regime procedurale


CONCORDATO ENDOFALLIMENTARE – Modifiche della proposta concordataria successive all’omologa – Regime anteriore al C.C.I. – Meritevolezza ex art. 1322 c.c. – Configurabilità


CONCORDATO – Modifiche della proposta concordataria successive all’omologa – Regime dettato dal C.C.I. – Art. 58 – Ammissibilità


CONCORDATO – Modifiche della proposta concordataria successive all’omologa – Regime dettato dal C.C.I. – Regime procedurale – Novità – Finalità semplificatoria – Configurabilità


CONCORDATO ENDOFALLIMENTARE – Modifiche della proposta concordataria successive all’omologa – Regime dettato dal C.C.I. – Quadro previgente – Interpretazione evolutiva – Ammissibilità



In tema di concordato endofallimentare, anche prima della novella di cui al D. L.vo 12 gennaio 2019, n. 14), deve ritenersi ammissibile una modifica pattizia e ciò anche dopo l’omologa, in tal senso deponendo non soltanto una pluralità di indizi normativi, ma anche la incontestabile capacità espansiva, anche in subiecta materia, del principio di autonomia negoziale, così come del fenomeno di privatizzazione del processo ordinario e delle procedure speciali, desumibile dalla più generale tendenza del legislatore a mutuare in ambito pubblicistico schemi e istituti tipicamente negoziali e che sottende il superamento del pregiudizio culturale e giuridico per cui le norme di rito sarebbero, di norma, imperative e sottratte alla disponibilità delle parti processuali.


Per quanto la previgente disciplina del concordato endofallimentare - ed, in particolare, l’art. 125 l.f., applicabile ratione temporis - non prevedesse la tenuta di un’udienza, non potendosi applicare, retroattivamente, il meccanismo semplificatorio del dissenso-opposizione, previsto dal Codice della Crisi, il consenso dei creditori deve transitare tramite il modulo procedimentale, già conosciuto dalla legge fallimentare, dell’approvazione dei creditori, previa loro convocazione, in tal senso deponendo il generale principio del contraddittorio che rende opportuno che tale l’udienza si tenga in applicazione del sopravvenuto principio (peraltro, di rango costituzionale e convenzionale) del giusto processo ex art. 111 Cost.


Sotto il profilo della ricostruzione del regime procedurale, deve rilevarsi come, ai fini del calcolo delle maggioranze necessarie per l’approvazione, la disciplina del concordato endofallimentare prevedesse espressamente il meccanismo, semplificatorio e ispirato ad un chiaro favor per l’impresa, del silenzio-assenso in virtù del quale il silenzio, per espressa previsione legale, esce, cioè, dall’irrilevante giuridicamente per assumere valenza di manifestazione adesiva di volontà e tale modalità di approvazione deve essere osservata anche nel caso di modifiche della proposta concordataria successive all’omologa.


Anche quando venga in rilievo un concordato meramente liquidatorio, la progressione della procedura verso il suo esito naturale, ovvero la sua concreta e completa attuazione, sotto il profilo degli obblighi assunti, costituisce, senza dubbio, circostanza idonea a inverare un interesse meritevole di tutela ex art. 1322 c.c., perché coerente con i valori costituzionali ed, in particolare, con la liberazione dell’imprenditore dalle obbligazioni assunte, quale angusto limite alla propria futura capacità operativa.


Stando all’attuale quadro normativo delineato dal Codice della Crisi deve ritenersi la piena ammissibilità della modifica (pattizia) delle condizioni concordatarie in quanto l’art. 58 C.C.I. prevede espressamente la rinegoziazione degli accordi e le modifiche del piano concordatario; dettando, per la prima volta, una disciplina organica della possibilità di apportare modifiche alla proposta e al piano concordatario, ogniqualvolta gli stessi richiedano aggiustamenti o correzioni e che, peraltro, estende espressamente tale facoltà anche in relazione al momento di esecuzione del concordato, una volta, cioè, che ne sia intervenuta l’omologa.


Esigenze di semplificazione procedurale hanno indotto il legislatore della novella di cui al D. L.vo 12 gennaio 2019, a sostituire la necessità di una delibera assunta nel rispetto del principio maggioritario con la mera eventualità che il creditore, esercitando la sua facoltà di attivare il rimedio oppositorio, investa il Tribunale, in composizione collegiale, delle ragioni giustificative del proprio dissenso, con la conseguenza che, dopo l’omologa, l’interesse del singolo non è più rimesso all’arbitrio della maggioranza ma sottoposto alla valutazione giudiziale e a quella capacità di componimento degli interessi in gioco, secondo ragionevolezza, che è sottesa alla stessa.


Non è peregrino ritenere che il nuovo dato normativo possa, in una logica evolutiva, influenzare l’esegesi del quadro previgente, avallando l’idea per cui il Nuovo Codice si sarebbe limitato a positivizzare, dandogli una veste formale espressa, una facoltà di modifica già ammessa dal nostro ordinamento e rinvenibile il proprio fondamento nei principi generali del contratto. (Antonio Ivan Natali) (riproduzione riservata)



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