Diritto dei Mercati Finanziari


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 29792 - pubb. 27/09/2023

Enti pubblici: Contratti derivati, Interest Rate Swap (IRS) e Scommessa razionale

Tribunale Genova, 12 Agosto 2023. Est. Lippi.


Contratti derivati degli Enti territoriali – Indebitamento dell’Ente – Verifica in base ai principi statuiti da Cass. civ. Sez. Un. n. 8770/2020 – Convenienza economica – Divieto di appartenenza dello swap alla categoria dei derivati speculativi


Contratti derivati – Interest Rate Swap (IRS) – Giudizio di meritevolezza ex art. 1322 c.c. – Scommessa finanziaria differenziale autorizzata ex art. 23 comma 5 TUF


Contratti derivati – Interest Rate Swap (IRS) – Scommessa razionale – Misurabilità dell’alea – Insufficienza del solo mark to market – Necessità di esplicitazione degli scenari probabilistici


Contratti derivati degli Enti territoriali – Interest Rate Swap (IRS) – Principi statuiti da Cass. civ. Sez. Un. n. 8770/2020 – Modifica in concreto e ristrutturazione del precedente indebitamento dell’Ente – Necessità di autorizzazione dell’organo consigliare ex 42, comma 2, lett. i), TUEL


Contratti derivati degli Enti territoriali – Interest Rate Swap (IRS) – Principi statuiti da Cass. civ. Sez. Un. n. 8770/2020 – Art. 119 Cost. ed indebitamento degli Enti territoriali – Art. 3 commi 17 e 18 L. n. 350/2003 come modificato da D.L. n. 112/2008 convertito in L. n. 133/2008 e successivamente modificato da L. n. 203/2008 – Upfront come indebitamento – Portata chiarificatrice e non innovativa della normativa del 2008 – Elenco delle operazioni di indebitamento di cui all’art. 3 comma 17 L. n. 350/2003 come meramente esemplificativo e non tassativo – Necessità di esegesi sostanziale dell’art. 3 comma 17 L. n. 350/2003


Contratti derivati degli Enti territoriali – Interest Rate Swap (IRS) – Principi statuiti da Cass. civ. Sez. Un. n. 8770/2020 – Condizioni in presenza delle quali IRS è forma di indebitamento – Costi occulti – Principio di trasparenza della contabilità pubblica


Contratti derivati – Interest Rate Swap (IRS) – Cass. civ. Sez. I n. 21830/2021 – Necessità che la remunerazione dell’intermediario finanziaria sia oggetto di un preciso accordo negoziale


Contratti derivati degli Enti territoriali – Interest Rate Swap (IRS) – Principi statuiti da Cass. civ. Sez. Un. n. 8770/2020 – CTU tecnico-contabile – Possibilità di discostarsi dalle conclusioni tratte dal perito d’ufficio ove ciò appaia funzionale all’applicazione dei principi di Cass. civ. Sez. Un. n. 8770/2020


Contratti derivati degli Enti territoriali – Interest Rate Swap (IRS) – Principi statuiti da Cass. civ. Sez. Un. n. 8770/2020 – Necessaria rappresentazione di mark to market, costi impliciti e scenari probabilistici – Irrilevanza del giusto prezzo


Contratti derivati degli Enti territoriali – Interest Rate Swap (IRS) – Principi statuiti da Cass. civ. Sez. Un. n. 8770/2020 – Necessaria rappresentazione dei costi impliciti – Irrilevanza dell’accettazione da parte dell’Ente di un importo omnicomprensivo in contratto – Necessità di formazione del consenso informato su ogni elemento del prezzo di negoziazione


Contratti derivati degli Enti territoriali – Interest Rate Swap (IRS) – Componente basis swap – Tassatività dei tipi contrattuali ammessi e mancata inclusione del basis swap nell’elenco di cui all’art. 3 DM n. 389/2003 – Circolare MEF 27/05/2004 – Conferma della tassatività dell’elenco di cui all’art. 3 DM n. 389/2003


Contratti derivati – Interest Rate Swap (IRS) – Insussistenza delle condizioni per rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ex 267 TFUE – Applicazione alla fattispecie di norme codicistiche generali in tema di contratto (artt. 1322, 1325 e 1346 c.c.) relative a meritevolezza del contratto, causa e oggetto – Mancanza di collegamento con le fonti settoriali di derivazione comunitaria



In presenza di documentazione contrattuale che attesti l’omessa deliberazione da parte dell’organo consigliare dell’Ente territoriale dell’autorizzazione alla stipula di contratti derivati è necessario indagare, seguendo l’insegnamento di Cass. civ. Sez. Un. n. 8770/2020, se lo swap generi per l’Ente indebitamento finalizzato a finanziare spese diverse da quelle di investimento a norma dell’art. 30 comma 15 L. n. 289/2002 e pertanto se rientri nella competenza riservata all’organo consigliare ai sensi dell’art. 42 comma 2 lett. i TUEL. In ogni caso, in base alla normativa settoriale sull’accesso alla finanza derivata degli Enti locali in vigore fino alla L. n. 147/2013 era previsto, come evidenziato da Cass. civ. Sez. Un. n. 8770/2020, che gli Enti territoriali potessero stipulare contratti derivati soltanto se detti contratti possedevano il requisito della convenienza economica e non appartenevano alla categoria dei derivati speculativi.


Secondo Cass. civ. Sez. Un. n. 8770/2020 preliminare ad ogni altra verifica sui contratti derivati è la valutazione se con lo swap vengano perseguiti interessi meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c. e se il derivato sia munito di causa concreta. In tal senso il contratto derivato costituisce una “scommessa finanziaria differenziale” (autorizzata ex art. 23 comma 5 TUF), la cui meritevolezza ex art. 1322 c.c. si riflette sul “particolare atteggiarsi della causa dello swap”, ragione per cui è necessario accertare se si sia in presenza di un accordo sulla misura dell'alea, calcolata secondo criteri scientificamente riconosciuti ed oggettivamente condivisi.


Essendo autorizzate dal legislatore, sul presupposto della loro utilità sociale, soltanto le cd. “scommesse razionali”, la validità dell’accordo tra l’Ente territoriale investitore e l’intermediario finanziario va accertata in presenza di un negozio, con finalità di copertura, in cui la misura dell’alea è calcolata alla luce di criteri riconosciuti ed oggettivamente condivisi, senza limitarsi per tale misurabilità al solo criterio del mark to market, che non è sufficiente per esprimere la consistenza o misura dell’alea. L’accordo deve aver riguardo alla misura dei costi occulti, anche impliciti, ed agli scenari probabilistici attesi dal decorso dei parametri di calcolo individuati nel contratto.
Soltanto in quest’eventualità è riscontrabile la cosiddetta “scommessa razionale”, meritevole di tutela ex articolo 1322 c.c., intesa come preventiva conoscibilità della molteplicità di variabili derivanti dalle obbligazioni stipulate; in caso contrario il contratto deve essere dichiarato nullo, anche perché non caratterizzato da un profilo causale chiaro e definito (o definibile).


Con riferimento ai contratti derivati degli Enti territoriali e, nello specifico, alle questioni dell'indebitamento e della relativa competenza a deliberare, Cass. civ. Sez. Un. n. 8770/2020 è stata tranchant nell’affermare che, quando gli IRS sono stati utilizzati dagli Enti alla stregua di mutui al fine, per mezzo di essi, di modificare in concreto e gestire (ristrutturare) il livello del proprio precedente indebitamento, l’autorizzazione alla conclusione di detti contratti deve essere data, a pena di nullità, dall’organo consigliare ai sensi dell’articolo 42, comma 2, lett. i), TUEL, in cui è disposta la competenza del Consiglio per le “spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi”.


Con riferimento ai contratti derivati degli Enti territoriali, il problema affrontato da Cass. civ. Sez. Un. n. 8770/2020 è se, agli effetti dell’articolo 119 comma 6 Cost., gli swaps rientrino nella definizione di indebitamento di cui all’art. 3 L. n. 350/2003 (che al comma 17 specifica quali operazioni finanziarie costituiscono per gli Enti “indebitamento” ed “investimento” ed al comma 18 si occupa delle “spese di investimento”), atteso che nell’elenco di cui al comma 17 non sono inclusi i derivati e che nel 2008 tale elenco è stato parzialmente modificato dall’art. 62 D.L. n. 112/2008 convertito in L. n. 133/2008 e successivamente modificato dalla L. n. 203/2008 e dall’art. 1 comma 572 L. n. 147/2013, includendo nell’articolo 62, quale finanziamento, “l’eventuale premio incassato al momento del perfezionamento delle operazioni derivate” (cd. upfront) e quindi soltanto tale componente del contratto derivato.
In tal senso è stato necessario da parte della Suprema Corte esaminare la valenza della normativa del 2008, ossia se essa costituisca “norma chiarificatrice” del citato comma 17 o, di contro, se essa abbia portata innovativa al dichiarato fine di includere nell’elenco dell’art. 3 L. n. 350/2003 una specifica tipologia di operazioni (l’upfront) che prima evidentemente non vi rientrava.
Secondo Cass. civ. Sez. Un. n. 8770/2020, la normativa del 2008 ha soltanto preso atto della natura di indebitamento di quanto conseguito con la clausola di upfront, senza quindi innovare l’ordinamento, di guisa che gli importi ricevuti a tal titolo dall’Ente costituiscono indebitamento ai fini della normativa di contabilità pubblica e dell’articolo 119 Cost., anche per il periodo antecedente l’approvazione dell’articolo 62 D.L. n. 112/2008.
Ne deriva che l’elenco dell’art. 3 comma 17 L. n. 350/2003 non è tassativo, bensì contiene una lista meramente esemplificativa di operazioni che devono essere considerate indebitamento, con la conseguenza che è possibile includere in tale elenco anche ulteriori operazioni che non siano in esso riportate, mediante un’esegesi sostanziale della norma e non sulla scorta di una interpretazione meramente formale-letterale della medesima che si porrebbe in contrasto con la ratio della stessa norma, non assoggettando al limite di indebitamento operazioni che sostanzialmente ne hanno la natura.


Alla luce dell’interpretazione dell’art. 3 comma 17 L. n. 350/2003 operata da Cass. civ. Sez. Un. n. 8770/2020, si può ritenere che anche gli swaps degli Enti territoriali possano essere annoverati tra le forme di indebitamento, sul presupposto che essi siano in sostanza identificabili alla stregua di mutui e tenuto conto, altresì, dei rischi connessi alle diverse condizioni di indebitamento, alla durata del debito e alle modalità di estinzione della passività.
Pertanto, mentre il pagamento ottenuto a titolo di upfront va sempre ritenuto indebitamento, gli IRS conclusi dagli Enti pubblici costituiscono una forma di indebitamento, attuale o potenziale, per gli Enti stessi, laddove, esaminata l’operazione di swap nel suo complesso, gli stessi IRS incidano sull’entità globale del deficit dell’Ente con effetti, proprio per la loro natura aleatoria, di sostanziale indebitamento.
In tal senso, come statuito da Cass. civ. Sez. Un. n. 8770/2020, deve affermarsi che, ove l'IRS negoziato dall’Ente incida sull'entità globale dell'indebitamento dell'Ente medesimo, l'operazione economica deve, a pena di nullità della pattuizione conclusa, essere autorizzata dall’organo consigliare, tenendo presente che la ristrutturazione del debito va accertata considerando l'operazione nel suo complesso, comprendendo – per il principio di trasparenza della contabilità pubblica – anche i costi occulti che gravano sulla concreta disciplina del rapporto di swap.


I principi di diritto funzionali alla decisione del caso concreto rimesso al giudice di merito sono ricavabili, oltre che da Cass. civ. Sez. Un. n. 8770/2020 anche dalla successiva Cass. civ. Sez. I n. 21830/2021, pronuncia che conferisce rilievo non tanto e non solo al riscontro di margini di redditività per l’intermediario finanziario nella negoziazione degli IRS con l’investitore, bensì all’accertamento che detta retribuzione sia oggetto di un preciso accordo negoziale tra le parti, perfezionatosi nel contratto.
Infatti, l'esistenza di un margine di redditività legittimo in favore di una delle parti si configura quale componente essenziale del contratto, sia in quanto onere sul quale deve convergere l'accordo negoziale delle parti, sia in quanto componente che, determinando di fatto uno squilibrio iniziale dello swap, influisce sulla misura dell'alea che le contrapposte parti si assumono.


Al fine di verificare il rispetto dei principi di diritto elaborati dalla Corte di Cassazione che devono necessariamente improntare l’esame della fattispecie è necessario demandare apposita indagine tecnica a perito d’ufficio dai cui esiti il giudice può anche parzialmente discostarsi laddove ciò appaia necessario ai fini dell’applicazione dei suddetti principi enunciati dalla Suprema Corte.


Alla luce dei principi statuiti da Cass. civ. Sez. Un. n. 8770/2020 occorre che l’intermediario finanziario che negozia contratti derivati con un Ente pubblico fornisca al medesimo una adeguata rappresentazione della misura qualitativa e quantitativa dell’alea dei contratti e della misura dei costi, pur se impliciti.
La validità dell’accordo tra investitore pubblico ed intermediario finanziario deve allora essere accertata in presenza di un negozio, con finalità di copertura, in cui la misura dell’alea è calcolata alla luce di criteri riconosciuti ed oggettivamente condivisi, senza limitarsi per tale misurabilità al solo criterio del mark to market. I suddetti criteri devono essere forniti dall’intermediario finanziario all’investitore pubblico, indipendentemente dal fatto che esso sia o meno un operatore qualificato, ai fini di una precisa misurabilità/determinazione dell’oggetto contrattuale, comprensiva sia del criterio del mark to market che dei costi occulti. A ciò si aggiunge la necessaria rappresentazione degli scenari probabilistici basati sui parametri di calcolo delle rispettive obbligazioni contrattuali, al fine sia di evidenziare la convenienza economica dell’operazione ed il contenimento del costo dell’indebitamento, che di ridurre al minimo e rendere così consapevole l’Ente di ogni aspetto di aleatorietà del rapporto.
In tale prospettiva non rileva la congruità o meno del prezzo di negoziazione (ossia se la banca abbia o meno quotato all’Ente il “giusto” prezzo): anche se si riuscisse a dimostrare che lo swap fosse stato sottoscritto dall’Ente a prezzi di negoziazione particolarmente favorevoli, non vi è dubbio che il margine applicato dalla banca costituisca in ogni caso un costo per l’Ente medesimo e di esso doveva fornirsi puntuale rappresentazione.
La circostanza per cui l’Ente pubblico, in sede di sottoscrizione dei contratti derivati, abbia accettato senza costrizioni di sorta, di “acquistare” gli strumenti finanziari al prezzo complessivo offerto dalla banca è irrilevante poiché, come evidenziato dalle Sezioni Unite della Cassazione in esercizio della loro funzione nomofilattica, è di centrale importanza la formazione del consenso informato da parte dell’investitore su tutti gli elementi del contratto derivato.


Nell’ambito di un IRS la componente basis swap prevede lo scambio di tassi di interesse variabili rilevati in date diverse (nella specie, il tasso ricevuto dall’Ente è stato fissato all’inizio del semestre, mentre il tasso pagato dall’Ente è stato fissato alla fine del semestre).
In argomento l’art. 3 del Decreto MEF n. 389/2003 prevede un elenco tassativo delle “operazioni in strumenti finanziari” ammesse alla negoziazione da parte degli Enti territoriali, rendendo al comma 1 indicazione della negoziabilità di derivati inerenti il cd. rischio di cambio, ed al comma 2 una ulteriore elencazione delle operazioni ammesse, tra le quali il basis swap non figura e nemmeno figura una combinazione di diversi tipi negoziali che in qualche modo includa la componente basis swap. La successiva Circolare MEF del 27/05/2004 conferma la natura tassativa dell’elencazione in questione, affermando che “Le tipologie di operazioni derivate ammesse, oltre agli swap di tasso di cambio (cross currency swap) a copertura del rischio di cambio nel caso di indebitamento in valuta, sono quelle espressamente indicate nei punti da a) a d) da intendersi nella forma plain vanilla”.


Alla luce dei principi statuiti da Cass. civ. Sez. Un. n. 8770/2020 tutti i contratti oggetto di causa rientrano tra le forme di indebitamento e la loro nullità deriva dalla mancata rappresentazione degli elementi specifici da cui ricavare l’alea contrattuale nei termini già espressi (mark to market e relativo metodo di calcolo, costi impliciti e scenari probabilistici in grado di mettere il cliente nelle condizioni di apprezzare la rischiosità), dalla violazione degli obblighi informativi previsti dalla normativa di settore e dall’assenza della delibera del Consiglio provinciale, circostanza quest’ultima dirimente.


Non sussistano i presupposti per il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 267 T.F.U.E., al fine di verificare la compatibilità al diritto unionale della normativa italiana applicabile ai fini della decisione della causa. Infatti, la normativa nazionale è ispirata a norme codicistiche generali in tema di contratto (artt. 1322, 1325 e 1346 c.c.), che riguardano la meritevolezza del contratto, la sua causa e l’oggetto e non presentano alcun collegamento con le fonti settoriali di derivazione comunitaria. (Luca Zamagni) (riproduzione riservata)



Segnalazione degli Avv.ti Luca Zamagni e Matteo Acciari (Axiis Network Legale)


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