Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6952 - pubb. 20/02/2012

Risarcimento dei danni da crimini di guerra (deportazione, prigionia e lavori forzati) e prescrizione

Tribunale Rossano Calabro, 20 Settembre 2011. Est. Colombo.


1. Procedimento civile - Termine perentorio fissato dal giudice - Proroga o sospensione per accordo delle parti - Esclusione - Prova di una difficoltà non imputabile che renda impossibile o eccessivamente difficile il diritto di difesa - Ammissibilità.

2. Termini perentori - Fissazione da parte del giudice - Modalità - Discrezionalità.

3. Atto di citazione - Termine a comparire - Nullità della citazione - Improcedibilità della domanda - Irrilevanza - Costituzione del convenuto - Sanatoria - Limiti.

4. Ambasciate - Extraterritorialità - Definizione - Effetti - Notifica dell'atto di citazione - Termine a comparire.

5. Procedimento civile - Capacità processuale - Ambasciata - Organo esterno dello Stato estero - Configurabilità - Potere di rappresentanza in giudizio relativamente a rapporti privatistici - Sussistenza - Autorizzazione - Necessità - Esclusione.

6. Ordinamento internazionale - Tutela dei diritti inviolabili della persona - Principio fondamentale sovraordinato rispetto l’immunità jure imperii degli Stati - Crimini contro l'umanità.

7. Trattato di pace del 10 febbraio 1947 - Oggetto - Diritti di natura reale relativi a danni materiali - Danni morali - Esclusione.

8. Accordo di Bonn del 2 giugno 1961 - Risarcimento danni da fatto illecito ed in particolare da crimini internazionali - Questioni pendenti all'epoca della stipula - Esclusione.

9. Crimini contro l'umanità - Imprescrittibilità - Natura retroattiva - Esclusione - Gross violations perpetrate dalla Germania del III Reich.

10. Crimini di guerra - Prescrizione.

11. Crimini di guerra - Prescrizione - Imprescrittibilità - Principio di irretroattività della norma penale sfavorevole.



1. Il termine perentorio fissato dal giudice per il compimento di atti processuali non può essere sospeso o prorogato, neanche per accordo delle parti e che tanto vale anche per la rinnovazione della notificazione in virtù del combinato disposto degli artt. 153 e 291 c.p.c.. Tuttavia che tale regola debba essere oggetto di un’interpretazione costituzionalmente orientata (cfr. artt. 24 e 111 Cost.) che induce a riconoscere che essa soffra di un’eccezione tutte le volte in cui l’interessato comprovi una difficoltà a lui non imputabile tale da rendere impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio del diritto di difesa. (Ambrogio Colombo) (riproduzione riservata)

2. Il Giudice, nel fissare termini perentori alle parti, è tenuto ad esercitare la propria discrezionalità comparando l'interesse della persona gravata con quello al sollecito compimento dell'atto processuale. (Ambrogio Colombo) (riproduzione riservata)

3. L’inosservanza dei termini a comparire di cui all’art. 163 bis c.p.c. determina la nullità della citazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 164 co. 3 c.p.c., ma nessuna rilevanza ha sotto il profilo della improcedibilità della domanda. D’altra parte la nullità de qua è sanata per effetto della costituzione del convenuto solo se questi, costituendosi, non faccia richiesta di fissazione di una nuova udienza nel rispetto dei termini. (Ambrogio Colombo) (riproduzione riservata)

4. La parte di territorio occupato dalle ambasciate straniere non è da considerarsi extraterritorio, ma è e resta ad ogni effetto giuridico parte integrante del territorio dello Stato ospitante il quale incontra semplicemente una serie particolarmente ampia e intensa di limitazioni alla sovranità. La c.d. extraterritorialità - espressione in realtà impropria, imprecisa, approssimativa, forse sostanzialmente inesatta – costituisce infatti un’espressione di comodo, un termine con cui sinteticamente si indicano obblighi di trattamento che gravano sullo Stato ospitante ed in particolare le inviolabilità e le immunità che esso garantisce alla missione diplomatica straniera, ma non indica che il luogo in cui si trova la missione diplomatica straniera non possa considerarsi estranea al territorio dello Stato locale o comunque sottratta alla sua autorità o sovranità. Ed allora, se così è, il termine a comparire applicabile è quello di 90 giorni ai sensi dell’art. 163 bis c.p.c.. (Ambrogio Colombo) (riproduzione riservata)

5. Avendo le ambasciate e le rappresentanze diplomatiche natura di organi esterni dello Stato cui appartengono, esse esercitano un potere rappresentativo attraverso un rapporto di compenetrazione organica, sussiste pertanto la legittimazione dell’ambasciatore a rappresentare il proprio Stato nei giudizi in cui questo sia parte, ancorché relativi a rapporti privatistici, senza bisogno di alcun atto autorizzativo particolare. (Ambrogio Colombo) (riproduzione riservata)

6. Alla luce di giudizio valoristico e della intima Weltanschauung dell’ordinamento internazionale contemporaneo deve ritenersi prevalente il valore del rispetto dei diritti della persona sul valore del rispetto della sovranità statale. La tutela dei diritti inviolabili della persona è infatti insita nel sistema dell'ordinamento internazionale, che, per il suo contenuto assiologico di meta-valore, la eleva al ruolo di principio fondamentale sovraordinato rispetto l’immunità jure imperii degli Stati, l’immunità statuale non può che essere un’immunità condizionata al rispetto delle norme di protezione dei diritti umani. Pertanto laddove si configurino condotte atte ad integrare gli estremi dei crimini contro l’umanità, l’immunità statale assume carattere recessivo e cade lo “scudo” nei confronti della giurisdizione di altri Stati non risultando esso più tollerabile o giustificabile stridendo con la scala dei valori fondamentali condivisa dalla Comunità Internazionale. (Ambrogio Colombo) (riproduzione riservata)

7. La previsione di cui all’art. 77 del Trattato di Pace del 10 febbraio 1947 riguarda diritti di natura reale relativi a danni materiali e non anche i danni morali che devono essere risarciti ai familiari delle vittime di crimini di guerra e non inficia con l’improcedibilità, inammissibilità o improponibilità le domande di risarcimento dei danni per crimini di guerra. (Ambrogio Colombo) (riproduzione riservata)

8. L’Accordo di Bonn del 2 giugno 1961, di cui l’Italia con la l. n. 607/1964 ha proceduto a dare concreta applicazione fornendone una sorta di interpretazione autentica, prende considerazione pretese aventi natura ontologicamente diversa da quella relativa al risarcimento danni da fatto illecito ed in particolare da crimini internazionali. L'ambito applicativo dell'Accordo, peraltro, ha ad oggetto solo la finizione delle questioni economiche pendenti (art. 1) la definizione concerne tutte le rivendicazioni e richieste della Repubblica Italiana, o di persone fisiche o giuridiche italiane, ancora pendenti nei confronti della Repubblica Federale di Germania o nei confronti di persone fisiche o giuridiche tedesche (art. 2, comma 1), e non quelle che ancora non pendenti all’epoca della sua stipula. (Ambrogio Colombo) (riproduzione riservata)

9. Solo sul finire del sec. XX si è consolidata tanto nel diritto pattizio che in quello consuetudinario la regola della imprescrittibilità dei crimini contro l'umanità la quale in ogni caso non ha assunto mai valenza retroattiva o se l’ha assunta lo ha fatto con esclusione dei crimini già estinti per decorso del termine di prescrizione al momento del suo formarsi. Né una regola retroattiva di imprescrittibilità risulta essersi consolidata in maniera specifica nei confronti delle gross violations perpetrate dalla Germania del III Reich. Di tanto alcun riscontro risulta invero emergere nel panorama internazionale. Ritiene pertanto il Tribunale che la questione della prescrittibilità dei gravi crimini commessi dai nazisti rimane quindi, tutt’oggi, inevitabilmente ancorata al disposto delle norme nazionali. (Ambrogio Colombo) (riproduzione riservata)

10. I fatti dedotti nel presente giudizio, come detto, sono poi astrattamente riconducibili alle fattispecie criminose di cui agli artt. 600 e/o 601 e/o 605 c.p. (ossia: riduzione in schiavitù, tratta di schiavi, sequestro di persona, puniti, in base alla disciplina antecedente alla novella del 2003, con la reclusione rispettivamente da cinque a quindici anni per la riduzione in schiavitù, da cinque a vent'anni e da uno a dieci anni) ovvero agli artt. 209 e/o 212 c.p.m.g. (sevizie e maltrattamenti, costringimento a dare informazioni o a compiere lavori vietati), fattispecie non sanzionate con l’ergastolo ma con la reclusione nel massimo sino a venti. Il termine di prescrizione per il reato più grave risulta essere quello di quindici anni in base alla formulazione dell’art. 157 n. 2 c.p.c. antecedente alla c.d. legge Cirielli (l. n. 251/2005) dovendosi nella specie applicare il termine di prescrizione previsto nel tempo in cui fu commesso il reato (e, cioè, nel 1945) o comunque la norma sopravvenuta ove lex mitior (art. 2 co. 4 c.p.). Crimini di guerra - Prescrizione - Imprescrittibilità Alla luce della disciplina della prescrizione (artt. 157 e 158 c.p.) al momento della proposizione della domanda risarcitoria risulta ampiamente decorso il relativo termine pur tenendo conto della natura di reato permanente e/o continuato che caratterizza le fattispecie in esame. (Ambrogio Colombo) (riproduzione riservata)

11. Essendo invalsa la regola della imprescrittibilità dei crimini contro l’umanità sul finire del secolo XX, essa nel 1945 non trovava cittadinanza nell’ordinamento internazionale e, come è noto, dovendosi riconoscere all’istituto della prescrizione del reato natura sostanziale e non processuale, esso soggiace al principio di irretroattività della norma penale sfavorevole al reo di cui agli artt. 25, co 2, Cost. e 2 c.p. (principio peraltro comune alla tradizione costituzionale dei Paesi europei). Ove ancora si riconosca alla imprescrittibilità una limitata efficacia retroattiva escludendo dalla sua operatività nei confronti dei crimini già estinti per prescrizione al momento della sua entrata in vigore, ugualmente essa non opererebbe in relazione in relazione a fatti criminosi già prescritti al momento della sua formazione nell’ordinamento internazionale. Ad un diverso approdo non pare potersi addivenire nemmeno in base all’art. 7 co. 2 CEDU non ritenuto in grado di derogare ai principi fondamentali, senza contare che da tale previsione pattizia non è possibile, in via di inferenza (come pare fare Tribunale di Torino sent. n. 3464/2010) desumere la sussistenza di una norma internazionale comunemente accettata e condivisa che ammetta, anche in via retroattiva, la punibilità di fattispecie criminose secondo i principi generali del diritto riconosciuto dalle nazioni civili. (Ambrogio Colombo) (riproduzione riservata)


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