Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 15/06/2025 Scarica PDF
La legge europea, la matematica finanziaria e il tasso effettivo di un prestito
Fabrizio Cacciafesta, Già professore ordinario di Matematica Finanziaria presso l'Università di Roma "Tor Vergata"
Sommario: 1. Introduzione e sintesi; 2. Le Direttive 2008/48/CE e 2014/17/UE; 3. Il regime per l'anticipazione; 4. La questione è priva di rilievo; 5. Due osservazioni marginali.
1. Introduzione e sintesi
Con un recente scritto su Il Foro[1], G. Colangelo, consulente finanziario autore di numerosi articoli, porta involontariamente in evidenza un problema che ci sembra di una certa importanza: quello della capacità del legislatore, soprattutto se costretto ad esprimersi in più lingue, di comunicare (forse anche a se stesso?) la sua volontà.
La tesi da esso presentata è che la formula resa obbligatoria per il TAEG di un'operazione creditizia sarebbe stata surrettiziamente suggerita ad un Parlamento Europeo non del tutto consapevole, da parte di consulenti asserviti al mondo della finanza. E' forse vero che quel Parlamento non abbia capito bene quanto stava approvando: basta constatare il livello di incomprensione che tutt'ora circola sulla materia, tra persone in teoria molto più abituate dei parlamentari ad avere a che fare con essa. I consulenti, però, si sono limitati a suggerire l'adozione dell'unica metodologia tecnicamente valida e da sempre standard, la quale è assurdo dire che avvantaggi i mutuanti a danno dei mutuatari: non accorgersi di ciò, vuol dire cadere in un equivoco che non mancheremo di evidenziare.
Queste ultime affermazioni, di carattere matematico-finanziario, saranno sviluppate nei parr. 4 e 5, assieme a poche altre considerazioni, che ci sembrano non prive d'interesse. Riteniamo però più originale, e meno ovvio, il contenuto del par. 2, nel quale esamineremo con attenzione alcuni passi di due Direttive della ex Comunità, oggi Unione, Europea. Faremo osservare alcune incongruenze formali che, anche se sostanzialmente irrilevanti per il nostro caso, sono davvero singolari, e sintomatiche di una situazione che potrebbe provocare problemi non indifferenti in altri contesti.
Proponiamo, a chi sappia dare una risposta, due domande che dovrebbero sorgere spontanee dalla lettura di quanto esporremo: una norma di legge tecnicamente insensata, è valida? E se le versioni nelle diverse lingue ufficiali di una direttiva europea presentano differenze, quale è quella valida? Questioni, pare a chi scrive, di tutt'altro livello rispetto a quelle specifiche sulle quali ci sentiamo in grado di portare un (modesto) contributo.
2. Le Direttive 2008/48/CE[2] e 2014/17/UE[3]
Come anticipato nell'Introduzione, la tesi dell'autore ivi nominato è che, in relazione all'obbligo di indicare, in sede contrattuale, il tasso effettivo globale di un prestito (il "TAEG": maggiori particolari su di esso, nel par. 4) i matematici[4] avrebbero suggerito una formula che contraddirebbe palesemente lo spirito e la lettera della norma[5] cui si riferisce. Egli aggiunge: come riconosciuto dalla stessa commissione Ue. Fa però riferimento, per asseverare la sua affermazione, ad una "lettera" di un "capo-unità" (tradurremmo: capo-ufficio): documento, cui riesce difficile attribuire il valore di una presa di posizione ufficiale dell'Unione.
Accade, dunque, che nell'art. 3, lettera (i), della Direttiva 2008/48 della (allora) Comunità Europea, il TAEG di un'operazione di credito sia definito come il costo totale del credito al consumatore espresso in percentuale annua dell'importo totale del credito. Da questo enunciato, identico in tutte le versioni più o meno leggibili per noi (francese, inglese, portoghese, spagnola e tedesca), seguirebbe per quel tasso una formula elementare, molto diversa da quella in uso.
Ne seguirebbe anche, purtroppo, che il prestito di 100 euro in cambio di 200 dopo 10 anni si svolgerebbe allo stesso tasso effettivo di quello per il quale il debitore deve pagarne 100 dopo un anno e altri 100 dopo altri 9: operazioni alle quali è difficile attribuire la stessa onerosità. Quel tasso effettivo, che d'ora in avanti qualificheremo come "elementare", sarebbe dunque del tutto inutile come indicatore sintetico di costo.
Peraltro, al brano sopra citato (il costo totale del credito...)segue, alla stessa lettera (i), un rinvio al par. 2 dell'art. 19; apparentemente inessenziale[6], ma che conviene seguire. Infatti, nel par. 1 di questo articolo si legge: Il tasso annuo effettivo globale che, su base annua, rende uguale il valore attualizzato di tutti gli impegni ... pattuiti da creditore e consumatore, è calcolato ecc.
La punteggiatura è davvero infelice. La versione spagnola (La tasa anual equivalente[7], que iguala, sobre una base anual, el valor actual ecc.) quella portoghese (A taxa anual de encargos efectiva global, que torna equivalentes, numa base anual, os valores actuais ecc.) e la tedesca (Der effektive Jahreszins, der auf Jahresbasis die Gleichheit zwischen den Gegenwartswerten ... herstellt ecc.) recano prima del pronome relativo quella virgola che nella versione italiana figura dopo. Non crediamo necessario insistere sulla differenza che c'è tra scrivere "il tasso che rende uguale" e "il tasso, che rende uguale".
Del resto, chi ha curato le versioni francese ed inglese della norma è incorso in infortuni assai più gravi. Le frasi Le taux annuel effectif global, qui équivaut, sur une base annuelle, à la valeur actualisée de l'ensemble des engagements ecc. e The annual percentage rate of charge, equating, on an annual basis, to the present value of all commitments ecc. sono inaccettabili, perché un tasso non può essere uguale ad un valor attuale.
Questi, maggiori o minori, infortuni linguistici (ne vedremo presto altri) non sembrano però in grado di incidere sulla sostanza: nella definizione del TAEG, tutte le versioni dell'art. 19 nominano i valori attuali, assenti nell'art. 3.
La parziale, almeno apparente non corrispondenza (i flussi vanno considerati in valore nominale, o scontato?) è comunque superata dalla Direttiva 2014/17 che, dichiaratamente, reca modifiche della precedente. Nell'art. 4, par. 15, compare la definizione:«tasso annuo effettivo globale» (TAEG): il costo totale del credito per il consumatore espresso in percentuale annua dell’importo totale del credito, se del caso includendo i costi di cui all’articolo 17, paragrafo 2, che corrisponde, su base annua, ai valori attualizzati di tutti gli impegni ... pattuiti dal creditore e dal consumato. Quanto all'art. 17, esso si limita ora a specificare che la formula per il calcolo è riportata nell'Allegato 1.
Come si vede, il legislatore ha incollato il vecchio art. 3 (il costo totale ... espresso in percentuale ... dell'importo del credito) con una traduzione di una delle vecchie versioni francese, o inglese[8], già da noi criticata. Ne è nata una formulazione che, se esclude la lettura ingenua cui l'art.3 del 2008 poteva dar luogo, soffre di essere totalmente illogica: che "il costo totale... espresso in percentuale" corrisponda "ai valori attualizzati di tutti gl'impegni" è frase priva di senso compiuto.
Le versioni parallele che abbiamo saputo confrontare sono praticamente identiche all'italiana. Esclusa, per motivi statistici, la possibilità che lo stesso strano errore sia stato ripetuto in tutte le lingue, dobbiamo supporre che qualcuno, lavorando in non sapremmo dire quale di queste, abbia redatto un testo per giustapposizione di due esistenti nella Direttiva 2008/48 (la lettera i dell'art. 3, e il punto 1 del 19) senza essere in grado di valutare l'accettabilità del risultato; e una squadra di traduttori, immaginiamo bravissimi nel loro mestiere, ma con una competenza in Matematica Finanziaria inferiore a quella di uno studente appena sufficiente, sulla base di quello abbiano prodotto frasi grammaticalmente corrette, ma tecnicamente impresentabili.
Per riassumere: la Direttiva del 2008 era difettosa nell'art. 3, ma le versioni portoghese, spagnola e tedesca dell'art. 19 erano corrette; la Direttiva del 2014 cancella ogni dubbio sulla necessità di scontare i flussi ma è, per quanto riguarda la definizione del TAEG, incomprensibile in tutte le lingue. Che le diverse versioni della norma[9] siano uguali tra loro è buona cosa; che siano però tutte errate lo è molto meno.
Non vi sono tuttavia conseguenze sostanziali da temere: in tutte le lingue, è specificato che il TAEG va calcolato secondo una formula che, per fortuna, è la stessa in ogni idioma.
Torniamo alle parole di Colangelo (ma proporremo nel prossimo paragrafo di rovesciare il suo punto di vista): La matematica finanziaria dovrebbe essere l'ancella della legge e ... dovrebbe aiutare a risolvere, con onestà intellettuale, gli enunciati matematici che sono contenuti nelle norme dell'ordinamento interno ed europeo; invece, essa sarebbe diventata ancella del sistema creditizio. Per quanto riguarda la prima parte di questa affermazione, siamo d'accordo: a patto che il legislatore chiarisca, soprattutto a se stesso, che cosa desidera; e, magari, si sinceri che desidera qualcosa di logico. Dopo di ciò, ma solo dopo di ciò, egli potrà chiedere ai matematici che lo aiutino a esprimerlo in modo tecnicamente inappuntabile, e "a prova di traduzione".
Per quanto riguarda la seconda parte, ribattiamo che è vero esattamente il contrario: la Matematica Finanziaria non è l'ancella, ma la maestra del sistema creditizio. Il suo ruolo è di mettere a disposizione di questo i diversi strumenti tecnici, e insegnare quando e come sia conveniente e - a norma di legge - lecito usarli.
3. Il regime per l'anticipazione
Come dovrebbe essere a questo punto chiaro, nessuno ha mai seriamente pensatoal TAEG elementare dato dal rapporto "interessi complessivi[10], diviso per il capitale, diviso ancora per la durata": la necessità di scontare le somme era da subito chiara a chiunque sapesse di che cosa si stava parlando, ed è stata ormai sancita al di là di ogni ragionevole[11] dubbio.
Dobbiamo tuttavia ammettere che in nessuna delle Direttive sopra esaminate, quando si parla di valor attuale, si specifica che esso va calcolato in interesse composto: il regime compare solo nella formula, che però è relegata nell'allegato.
L'omissione è particolarmente vistosa, se paragonata alla precisione con cui il legislatore ha invece elencato, senza rinvii, le componenti dei flussi finanziari da prendere in considerazione. Era forse ignaro del problema? O ne riteneva la risposta del tutto scontata?
E può tale omissione essere utilizzata per insinuare il sospetto che la scelta del regime composto sia stata una iniziativa personale di chi ha avuto l'incarico di scrivere la formula?
Approfittiamo dell'occasione per smentire quanto affermato da Colangelo: che "il padre" della formula sarebbe l'economista belga Etienne Sadi Kirschen (1913-2000). Essa era in uso da assai prima che costui ne riferisse (in un modo che, per quanto ne abbiamo letto, riteniamo alquanto discutibile[12]: ci permettiamo di dire che un matematico avrebbe saputo far meglio) alla Commissione Europea.
La formula è dunque antica e del tutto standard. Essa prevede l'uso dell'interesse composto per la semplice ragione che questo è l'unico adatto a scopi di valutazione[13]: ciò era già chiaro a Leibniz[14], che cercando un modo per scontare in interesse semplice trovò che bisognava farlo in interesse composto. Si può certamente scrivere la formula in interesse semplice, o in un regime finanziario ancora diverso; o si può usare l'interesse semplice per divertirsi a modulare formule simili alla standard: ma non ci risulta che proposte in questo senso siano mai state avanzate da persone accreditabili come esperte della materia.
Facciamo altresì notare che quando si parla di tasso interno di rendimento ("TIR") di un' operazione, nozione che generalizza quella di TAEG d'un prestito, è assolutamente ovvio a tutti che esso è calcolato in interesse composto; né abbiamo mai letto di un TEG (il tasso effettivo da usare ai fini del controllo anti-usura) in interesse semplice.
Riteniamo, in definitiva, che sarebbe pretestuoso accusare la Direttiva 2014/17 di indeterminatezza perché non specifica, nella formulazione verbale, il regime da adottare per le anticipazioni che prescrive; o - peggio ancora - accusare chi ha proposto la formula traendola da un qualunque manuale (dove non si trova traccia, a quanto ci risulta, di una analoga in interesse semplice) di aver tradito "la lettera e lo spirito" della norma.
Proponiamo invece la seguente lettura della situazione (simmetrica, come annunciato, a quella di Colangelo). La formula matematica de quo non è stata pensata per tradurre tecnicamente un'esigenza nata in seno all'Unione Europea; è stata l'Unione che ha deciso di rendere obbligatoria (facendola, in questo senso "sua") una formula preesistente e comunemente usata dappertutto[15]. Da sempre, in Matematica Finanziaria, il tasso annuo effettivo globale di un prestito è quello in base al quale risultano uguali i valori attuali in interesse composto di quanto il finanziato riceve e di quanto è tenuto, a qualunque titolo a pagare. Il (piccolo, ma imbarazzante) problema è che la stessa Unione ha avuto gravi difficoltà a enunciare tutto ciò "con parole sue" (vi era parzialmente riuscita nel 2008),
Mostreremo nel prossimo paragrafo che la questione è, comunque, di assai scarso (per non dire: nullo) rilievo pratico: se la legge rendesse obbligatorio l'utilizzo di un esotico, improbabile "TAEG in interesse semplice", le banche non ne sarebbero svantaggiate né i mutuatari avvantaggiati. Ed esso non avrebbe, comunque, niente a che fare con quello "elementare" di cui all'inizio del par. 2.
4. La questione è priva di rilievo
Abbiamo argomentato, nel par. precedente, che vedere un'ambiguità/indeterminatezza nelle Direttive europee relative al TAEG, anche espungendone la formula esplicita considerata introdottavi a tradimento, è pretestuoso; di formule ne "esiste" in realtà una sola, e quelle pensabili in alternativa hanno il valore di giochi intellettuali. Mostriamo ora che, comunque, l'utilizzo (ad oggi obbligatorio) di quella formula a preferenza di un'ipotetica altra non rappresenta alcuno svantaggio per il debitore, né alcun vantaggio per il creditore. L'idea che essa sia stata subdolamente inserita dai matematici finanziari servi del potere bancario[16], a tutto danno dell'indifesa clientela, è probabilmente ricavata dal generico convincimento che "l'interesse composto è più oneroso del semplice": il che, è vero quando si tratta di calcolare gl'interessi dovuti, non quando si valutino quantità già stabilite[17].
Una, indispensabile, premessa terminologica. Per quanto riguarda il tasso netto di remunerazione di un prestito (quello a volte detto "passivo") è necessario distinguere:
- il tasso periodale (quello riferito al "periodo" del prestito: l'intervallo temporale tra due pagamenti successivi)
- il tasso annuo effettivo (TAE): il precedente, riportato ad anno con la regola dell'interesse composto
- il tasso annuo nominale (TAN): il tasso periodale, riportato ad anno con la regola dell'interesse semplice.
Le tre grandezze coincidono solo nel caso, raro, dei pagamenti annuali. Nei contratti, è comunque d'uso riportare il TAN: forse perché a partire da esso la determinazione del tasso periodale, quello di fatto usato per calcolare il debito per interessi, è più immediato. Lo stesso TAN, peraltro, nasconde l'effetto (sia pure oggettivamente non molto rilevante) della eventuale, ma usatissima, cadenza dei pagamenti più frequente dell'annuale, che invece il TAE rivela. Quanto al tasso periodale, riferirsi ad esso rende non immediato il confronto tra alternative diverse.
Si tratta però, comunque, di tassi - come detto - "netti", che non tengono alcun conto delle pressoché inevitabili spese di contorno, e sottostimano perciò il costo reale dell'operazione per chi si finanzia. Risponde (anche) a questa esigenza il TAEG, che è il tasso annuo effettivo globale ("lordo"), ed è determinato attraverso la formula ormai citatissima. Essa ha la natura di un'equazione, i cui coefficienti sono rappresentati dall'ammontare del prestito e da quanto ad ogni titolo il debitore deve pagare ad ogni singola scadenza.
Indicando con C il capitale ricevuto, e con Rl1, ..., Rln le rate lorde annualmente dovute[18], detta equazione è:
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Gli oneri a carico del finanziato sono racchiusi in quei coefficienti, che rimangono ovviamente gli stessi sia che si scriva l'equazione di legge, sia che se ne scriva una diversa, sia che non se ne scriva alcuna. La formula in interesse semplice, auspicata non dal solo Colangelo[19], sarebbe
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La sua soluzione è diversa da quella della (1), ma (abbiamo imbarazzo a scriverlo) il debitore deve pagare le stesse, identiche rate.
Conviene, anche per il seguito, procurarsi un esempio numerico: quello del prestito di 1.000 euro, da rimborsare con due annualità uguali ("alla francese") al tasso annuo del 10%. In assenza di spese, la rata risulterebbe pari a 576,19 euro; supponiamo quella lorda ammonti invece a 600. La (1) e la (1') diventano, rispettivamente:
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e forniscono per il TAEG i valori del 13,07% e, rispettivamente, del 13,59%. L'effetto per il debitore, che deve pur sempre pagare due volte 600 euro, è nullo: a meno di non volersi cimentare nella davvero ardua impresa di dimostrare che il secondo valore è "più chiaramente informativo" del primo.
Faremmo un torto ai critici del "TAEG in interesse composto" se supponessimo che non siano anch'essi consapevoli della perfetta inutilità della loro proposta di passare ad un "TAEG in interesse semplice". La questione è che essi si riferiscono - senza però dirlo - non alla (1), ma alla relazione, molto simile, che collega le rate nette del piano d'ammortamento (Rn1, ..., Rnn) al "tasso passivo" contrattualizzato. Nella nostra ipotesi di pagamenti annuali tale tasso, che indichiamo con i,coincide col TAE e col TAN, e detta relazione si scrive:
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Nella fase di progettazione del contratto, essa è usata dal finanziatore per calcolare le rate nette da richiedere, una volta fissato il tasso (i) in base al quale egli desidera essere remunerato. Se si opta per una rata costante, il problema ammette una sola soluzione, che si trova risolvendo l'equazione
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la cui analogia con la (1), e le sue differenze da essa, non necessitano di essere evidenziate. Nel caso dell'esempio, la (4) si scrive
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da cui, come già sappiamo, il valore di 576,19. Se non ci fossero spese aggiuntive, e il debitore fosse dunque tenuto a pagare queste sole rate nette, il TAEG (ora, anche TAE) del prestito sarebbe anch'esso pari al 10% (quello in interesse semplice, al 10,31%).
In interesse semplice, le tre ultime equazioni si scrivono
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e quest'ultima ha per soluzione x = 573,91, corrispondente alla rata per la modalità detta "ammortamento francese in interesse semplice ad equilibrio iniziale"[20]. Il vantaggio per il finanziato è evidente.
Tuttavia, calcolare il TAEG in interesse semplice vuol dire solo sostituire la (1') alla (1), non certo la (3') alla (3). L'accoglimento della richiesta di cambiare regime finanziario lascerebbe dunque la situazione del tutto immutata per quanto riguarda il livello delle rate.
In realtà, come abbiamo già osservato, i critici delle Direttive europee chiedono la modifica della formula per il calcolo del tasso effettivo noti i flussi lordi, ma desiderano la modifica di quella per il calcolo dei flussi netti noto il tasso nominale. Riteniamo inutile discutere sulla logica di questa impostazione, e preferiamo far notare quanto segue.
La legge difende il contraente debole vietando che il tasso effettivo del prestito (in interesse composto) superi determinati livelli di soglia (calcolati a partire da medie di tassi anch'essi riferiti al regime composto). Proibisce, altresì, che il finanziatore si faccia pagare interessi anatocistici, indipendentemente dalla loro misura. Il fantasma di tali interessi è evocato da chi osserva la presenza del regime composto nella (4); non vale a tranquillizzarlo il fatto che, a monte di quella formula, c'è l'accordo che gl'interessi vengano azzerati ad ogni scadenza, rendendo ovviamente impossibile il formarsi di "interessi da interessi"[21]. Si preferirebbe che di quel regime non comparisse alcuna traccia.
Supponiamo allora che la richiesta di cui sopra venga accolta non nella sua formulazione letterale (ripetiamo: sostituire la (1') alla (1)), ma nel suo intento inespresso: sia cioè inibito l'uso della formula (4) e reso obbligatorio quello della (4'). Il che, si potrebbe ottenere mediante una sorta di controllo di congruità tra i parametri contrattuali.
L'ovvia conseguenza di questo provvedimento sarebbe che i finanziatori rivedrebbero al rialzo i TAN, in modo da poter continuare a conseguire i rendimenti che si propongono.
Torniamo al nostro esempio. La legge potrebbe stabilire che a fronte di 1.000 euro prestati al 10% annuo, la rata costante che si può chiedere è 573,91. La legge non può però impedire alla banca di calcolare, nel chiuso dei suoi uffici, che, a queste condizioni, l'operazione le renderebbe il 9,71%. Se la banca ha come proprio obiettivo un rendimento annuo del 10% (legittimo, finché non usurario), chiederà come TAN non più il 10% ma il 10,31%. Per questo valore, la (5') si scrive
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La rata torna all'ammontare di 576,19; la nuova norma è rispettata, ma nulla è cambiato per la banca e per i suoi clienti.
5. Due osservazioni marginali
Concludiamo con due osservazioni marginali, suggerite anch'esse da affermazioni di Colangelo.
L'accusa, mossa al TAEG di legge, che per la sua "natura composta" (ci sia consentita questa pittoresca espressione) esso non sarebbe in grado di rilevare eventuali oneri anatocistici, è manifestamente illogica. Se, in cambio di 100 euro, se ne devono restituire 121 dopo 2 anni, il TAEG risulta pari al 10% indipendentemente dal fatto che il TAN concordato sia il 10% o il 10,50%. Nel primo caso, dei 21 euro d'interessi uno è anatocistico; nel secondo, sono tutti interessi primari: ma il TAEG (che qui si riduce al TAE e al TAN: l'esempio è di scuola, e non sono previsti oneri aggiuntivi) non distingue tra le due eventualità, e non nasconde alcunché. In altri termini: esso non segnala la presenza di anatocismo, ma tiene pienamente conto, se ci sono, degli interessi anatocistici.
Del pari inaccettabile la pretesa che il TAEG[22] giochi un ruolo nel calcolo del debito residuo, quando si addivenga ad un'estinzione anticipata del prestito. Basta tornare all'esempio appena visto: dopo sei mesi dalla stipula, il debito è 100 di capitale e 21:4 = 5,25 d'interessi, per un totale di 105,25. Il valor attuale, alla data, dell'unica rata da pagare è 121/1,11,5 = 104,88 se per scontare si usa la formula di legge; ove, come anche proposto, si volesse usare il "TAEG in interesse semplice" (dato dall'equazione 100 = 121/(1+2x) e quindi pari al 10,50%), si troverebbe 121/(1+(1,5x0,105)) = 104,54. Entrambi tali valori sono diversi da quello corretto.
[1] Matematica o conjuring trick lie?;Il Foro italiano, 12, 2024
[2] https://eur-lex.europa.eu/eli/dir/2008/48/oj
[3] https://eur-lex.europa.eu/eli/dir/2014/17/oj
[4] Come vedremo in seguito, la categoria è colpevolizzata nel suo insieme; peraltro, il colpevole del misfatto è indicato in un economista (v. par. 3).
[5] L'autore scrive di una formula che contraddirebbe lo spirito e la lettera della formula: ci permettiamo di correggere quello che ci sembra un evidente lapsus.
[6] Perché riferito alla necessità di tener conto di alcune particolari voci di costo.
[7] Ci si aspetterebbe efectiva; ma, tant'è...
[8] O di chissà quale altra...
[9] Per chi abbia la pazienza di leggerle, eccole:
- ‘Annual percentage rate of charge’ (APRC) means the total cost of the credit to the consumer, expressed as an annual percentage of the total amount of credit, ... and equates, on an annual basis, to the present value of all future or existing commitments ... agreed by the creditor and the consumer.
- «taux annuel effectif global» (TAEG): le coût total du crédit pour le consommateur, exprimé en pourcentage annuel du montant total du crédit, ... et qui correspond, sur une base annuelle, à la valeur actualisée de l’ensemble des engagements ... existants ou futurs convenus par le prêteur et le consommateur
- «Taxa anual de encargos efetiva global» («TAEG»), o custo total do crédito para o consumidor, expresso em percentagem anual do montante total do crédito, ... e equivalente, numa base anual, ao valor atual do conjunto das obrigações atuais ou futuras assumidas (créditos utilizados, reembolsos e encargos), acordadas entre o mutuante e o consumidor
- «tasa anual equivalente» (TAE ): el coste total del crédito para el consumidor, expresado como porcentaje anual del importe total del crédito concedido, ... y que corresponde, sobre una base anual, al valor actual de todos los compromisos futuros o existentes ... convenidos por el prestamista y el consumidor
- „effektiver Jahreszins“ die Gesamtkosten des Kredits für den Verbraucher, ausgedrückt als jährlicher Prozentsatz des Gesamtkreditbetrags, ... die auf Jahresbasis die Gleichheit zwischen den Gegenwartswerten der gesamten gegenwärtigen oder künftigen Verpflichtungen ... des Kreditgebers und des Verbrauchers herstellen.
[10] Trattandosi del TAEG, sarebbe più corretto riferirsi agli "interessi complessivi lordi": ossia, più chiaramente, agli interessi addizionati delle spese di contorno.
[11] In realtà, un dubbio al riguardo sarebbe "irragionevole", per la sua manifesta illogicità.
[12] V., al riguardo, F. Cacciafesta, Sul tasso effettivo di un prestito ("TAEG"), Rivista di Diritto del Risparmio, Approfondimenti, marzo 2025
[13] V., oltre all'articolo citato nella nota 10, F. Cacciafesta, Prestiti reali e loro modellizzazioni: a proposito di due articoli di C. Mari e G. Aretusi su "il Risparmio",Il Risparmio, 2 (2023)
[14] Meditatio juridico-mathematica de Interusurio simplice (1683). Devo questa scoperta al collega F. Murino.
[15] Non inganni l'affermazione che l'Unione ha armonizzato normative nazionali diverse: tali diversità riguardavano le voci di costo da considerare, non certo il regime finanziario da utilizzare.
[16] Lo abbiamo già osservato: come può Colangelo muovere questa accusa, se pensa che la formula sia stata escogitata da un economista?
[17] In realtà, sembra che distinguere la fase della contrattazione di un prestito da quello della sua valutazione non sia da tutti. Si veda, sull'argomento, F. Cacciafesta: Valutare un prestito è altro da progettarlo (a proposito di un articolo di Aretusi, Mari e Provenzano); Diritto della banca e del mercato finanziario, 3 (2023).
[18] L'ipotesi dei pagamenti annui (che implica l'uguaglianza tra TAN, TAE e tasso periodale) è assunta per semplicità di discorso. Se le rate fossero dovute, ad esempio, mensilmente, l'equazione (1) darebbe il tasso mensile effettivo globale, e quello annuo andrebbe calcolato per equivalenza: ovviamente, in interesse composto.
[19] Il quale, peraltro, sembra incerto se preferire quella che stiamo per scrivere, o quella elementare dell'inizio del par. 2. Ma si veda anche G. Aretusi, A, Tanza: TAEG, interesse semplice, interesse composto e anatocismo: i documenti inediti della Commissione Europea, Diritto del Risparmio, gennaio 2024.
[20] Ricordiamo che l'ammortamento francese standard si svolge invece, come tutti i prestiti in uso, secondo il regime dell'interesse semplice, con pagamento periodico degl'interessi.
[21] Riteniamo noti i conflitti legati all'utilizzo della forma di ammortamento "alla francese", che la recente sentenza della Corte di Cassazione (15130/2024) dovrebbe, sperabilmente, aver risolto per sempre.
[22] Meglio sarebbe qui riferirsi al TAE, perché il debito residuo, a rigore, non contiene le spese accessorie. Ma non dobbiamo affrontare la questione perché di tali spese, nel nostro esempio, non ce ne sono.
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