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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 04/09/2025 Scarica PDF

I "prestiti ad interesse differito" secondo la normativa europea

Fabrizio Cacciafesta, Professore ordinario a.r. di Matematica Finanziaria presso l'Università di Roma "Tor Vergata"


Sommario: 1. Introduzione; 2. Il testo della Direttiva; 3. L'ammortamento francese, come unico prestito a rata costante; 4. Prestiti ad interessi differiti.

   

1. Introduzione

In nessuna delle molte sentenze ed in nessuno dei molti articoli che, da quando abbiamo cominciato ad occuparci dell'argomento (dieci anni fa), ci è stato dato di leggere in materia di prestiti ad ammortamento francese, abbiamo mai trovato citata la fondamentale Direttiva comunitaria n. 2014/17/EU ("in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali"), pur da tempo formalmente recepita nel nostro ordinamento[1]. Come ultimo esempio, la sentenza n. 2020 del 31 gennaio 2025 del Tribunale di Napoli (che per i suoi singolari contenuti tecnico-matematici sarà meritevole di commento in altra occasione) cita una incomprensibile ed inutile noticina collegata ad una Direttiva precedente, e ignora del tutto questa: che a noi sembra invece recare un contributo di chiarezza definitivo su molti degli aspetti dibattuti nelle sentenze e negli articoli di cui sopra.

Vi troviamo infatti formalizzata la nozione di prestito con rimborso differito degli interessi: ossia, tali che gli interessi non sono integralmente pagati con le rate.

Esprimersi in questi termini implica che si postula esistano scadenze in corrispondenza delle quali gli interessi, in assenza di pattuizione diversa, devono essere integralmente pagati: ossia, azzerati. Viene con ciò, per prima cosa, superata la questione, cui una minoranza di giuristi sembra attribuire grande importanza, se sia concepibile il pagamento di interessi disgiunto dal rimborso del capitale cui essi si riferiscono[2]. Il testo riconosce loro, in sostanza, l'essenza di canone per la locazione di un bene, e non già quella di "frutti naturali".

Ma c'è assai di più. La stessa Direttiva detta gli adempimenti obbligatori per i "prestiti ad interessi differiti". Non crediamo di sbagliare se deduciamo da ciò che l'assenza di questa particolarità non debba essere esplicitamente dichiarata; un "prestito" sic et simpliciter non prevede, dunque, interessi differiti. Se aggiungiamo il fatto, poco noto (torneremo a dimostrarlo) che fra tutti tali prestiti l'unico a rata costante è quello ad ammortamento francese classico, risultano prive di fondamento molte delle accuse di mancanza di trasparenza e/o completezza informativa per i contratti che non indichino il metodo seguito per determinare la rata, o il regime finanziario di svolgimento dell'operazione. Secondo la legge europea, infatti, le parole "prestito a rata costante" prive di altra specificazione sono suscettibili di un'unica interpretazione.

Conviene notare fin da ora che un prestito che prevedesse una qualche capitalizzazione di interessi sarebbe da annoverare fra quelli ad interessi differiti. Per la legge europea, questa caratteristica andrebbe obbligatoriamente evidenziata nel contratto. Per la legge italiana, più drastica, un prestito di quel tipo è, semplicemente, illegale. Prestiti ad interessi differiti (ma non capitalizzati!) leciti, si possono immaginare; ma, per le ragioni che illustreremo nel par. 4, ci sembrano alquanto irrealistici.

 

2.  Il testo della Direttiva

Nella Direttiva citata si legge (Allegato B, sezione 6, punto 8): Qualora il credito sia a rimborso differito degli interessi, ossia quando gli interessi non sono interamente rimborsati con le rate e sono invece aggiunti all’importo totale del credito residuo, è illustrato: come e quando l’interesse differito è imputato al credito come importo in contanti; quali sono le conseguenze per il consumatore circa il debito residuo.

Una prima osservazione, di non molto rilievo.

Come altra volta segnalato in relazione ad una Direttiva europea in materia finanziaria[3], la formulazione non è felicissima. Gli interessi non sono certo, in questo contesto, "rimborsati"; e l'alternanza tra i termini "credito" e "debito" residui non aiuta a capire. L'alternanza è spiegata, ma non giustificata, dal fatto che il testo vuol riferirsi in generale ai "contratti di credito", dei quali i prestiti rappresentano un caso particolare (Direttiva 2008/48/CE, art. 3, c). Purtroppo, la stessa Banca d'Italia ripete testualmente[4] che il rimborso differito degli interessi...ricorre quando gli interessi non sono integralmente rimborsati con le rate e sono invece aggiunti all’importo totale del credito residuo. Parlare di "credito residuo" in relazione, specificamente, ad un contratto di mutuo ipotecario (da illustrare, oltre tutto, "in parole semplici") non sembra il massimo della comprensibilità.

Sottolineiamo invece che resta comunque stabilito:

a) che un prestito standard[5] prevede l'azzeramento degl'interessi al pagamento di ogni rata: è, in un certo senso, "ultragiustinianeo", la norma del Corpus Juris transitata nell'art. 1194 c.c. limitandosi a richiedere che il servizio degl'interessi abbia la precedenza sul rimborso vero e proprio;

b) che la modalità standard di cui sopra, del resto da sempre universalmente usata, è da considerare tacitamente pattuita, in assenza di dichiarazione esplicita che si conviene invece quella "ad interessi differiti";

c) che nel caso sia stato concordato un differimento (totale, o parziale) degl'interessi, deve essere stabilito quali sono le conseguenze per il consumatore circa il debito residuo. Riteniamo s'intenda che vada precisato se gl'interessi differiti siano o no a loro volta fruttiferi: il che, corrisponde quasi a specificare, ma in maniera comprensibile per tutti, il regime finanziario impiegato.

Dalla lettera del documento, sembra in teoria ammissibile che gl'interessi differiti possano produrre interessi a loro volta: potrebbero, ad esempio, venire propriamente capitalizzati, ossia aggiunti senz'altro al debito ancora non rimborsato. La Banca d'Italia si premura però di chiarire (questa volta, molto bene)[6] che ove si dia luogo a pagamenti solo parziali degl'interessi, quelli non pagati vengono contabilizzati a parte e tenuti rigorosamente sterili[7].

È appena il caso di rilevare che l'azzeramento periodico degl'interessi (ossia, la soluzione standard) preclude ogni loro "composizione"; o, come si dice più spesso, ogni loro capitalizzazione.

Un'altra zona d'ombra sembra restare nella Direttiva, per quanto riguarda la modalità di formazione degl'interessi. Il problema di determinare quale misura vada considerata di competenza di una frazione del periodo compreso tra due pagamenti è di grande importanza, rilevando sia nel caso di un'interruzione del rapporto sia in quello di una cessione del credito. Si tratta, in sostanza, di stabilire se gl'interessi si generino linearmente (secondo il regime "semplice") o esponenzialmente (secondo quello "composto"). La Direttiva, pur attenta a richiedere che sia ben specificato se il tasso di remunerazione è fisso o variabile, tace del tutto su questo punto. E' nostra opinione che sia dato assolutamente per scontato l'impiego del regime semplice; ci basta però qui osservare che questa è la soluzione prevista, senza possibilità di equivoci, dalla normativa nazionale (sentenza 191/1964 della Corte di Cassazione). Nel nostro Paese, è del tutto pleonastico interrogarsi su quale sia la legge finanziaria che regola lo svolgimento di un prestito: si può soltanto distinguere tra interesse semplice sic et simpliciter, e interesse semplice con pagamento periodico degl'interessi[8]. Nel linguaggio della Direttiva, rispettivamente con e senza interessi differiti.

 

3. L'ammortamento francese, come unico prestito a rata costante

Una volta stabilito che la modalità standard di svolgimento di un prestito è quella ad azzeramento periodico degl'interessi (come già detto: che vi sia o no associata una procedura di rimborso progressivo) è della massima importanza notare che, in questa categoria, gli unici contratti a rata costante sono quelli ad ammortamento francese classico; ossia, quelli per i quali una comoda formula in interesse composto fornisce l'ammontare della rata.

Ecco la dimostrazione[9], alleggerita di alcuni passaggi formali.

Consideriamo il prestito di C euro, da rimborsare mediante un numero fissato di annualità costanti e da remunerare in base al tasso annuo i[10], senza che sia stato pattuito alcun differimento d'interessi. Indichiamo con c1 l'ammontare di capitale rimborsato al termine del primo anno. L'anno successivo vi saranno da pagare [...] euro d'interessi meno del precedente (da [...], dovuti al termine del primo anno, a [...]), e si potrà corrispondentemente aumentare di altrettanto la quota di rimborso; la seconda quota capitale risulterà pertanto pari a [...]. Lo stesso ragionamento mostra che è, poi, [...], e così via per tutte le quote capitale previste. Esse costituiscono quindi quella che si chiama una "progressione geometrica di ragione [...], la cui somma deve uguagliare l'ammontare C del prestito. Un poco di algebra elementare fornisce a questo punto, per la rata, il valore [...]: lo stesso cui si perviene, usualmente, con la formula di cui sopra.

Resta con ciò dimostrato quanto anticipato nell'Introduzione: che l'unico prestito standard (ossia: non ad interessi differiti) a rata costante  è quello ad ammortamento francese classico.

Ma risulta anche cancellato il collegamento tra tale modalità e il regime composto: non è più possibile sostenere che l'utilizzo di tale regime per il calcolo della rata contamini tutta l'operazione, perché questa si può progettare senza farlo intervenire minimamente.

Quanto all'antica obiezione che la modalità di azzeramento periodico degl'interessi (sulla quale si basa la dimostrazione precedente) equivarrebbe all'impiego del proibito interesse composto, essa è irricevibile per due ragioni.

La prima, semplice e risolutiva, è che quella modalità è considerata come la standard dalla Direttiva che stiamo commentando, e va quindi considerata come autorizzata esplicitamente.

La seconda, è che l'obiezione si basa su un concetto di "equivalenza" molto particolare, il cui uso corretto necessita di alcune precauzioni.

Ci spieghiamo con un esempio. Se 1.000 euro sono prestati al 10% annuo, per il finanziatore ricevere 100 euro d'interessi alla fine di ogni anno (modalità "azzeramento periodico") o 210 ogni due anni (applicazione dell'interesse composto: i 100 euro di competenza del primo anno sono capitalizzati) è perfettamente la stessa cosa: infatti egli è in grado di trasformare 100 euro in 110 nel giro di un anno.

Un suo cliente consumatore, invece, ha possibilità d'investimento molto diverse: probabilmente, tiene i suoi risparmi in un conto corrente, remunerato in misura pressoché simbolica. Per lui, pagare 100 euro ogni anno non è affatto equivalente a pagarne 210 ogni due, ma meglio. Al contrario ragiona chi svolga un'attività produttiva che gli consente, diciamo, di guadagnare il 20% su quello che impiega: costui preferirà il pagamento biennale di 210.

In termini generali: la "equivalenza" della matematica finanziaria è un concetto rigoroso, ma relativo ad una legge finanziaria e ad un tasso d'interesse scelti a discrezione di chi effettua, per i suoi scopi personali, la valutazione. Alternative equivalenti per uno, non lo sono dunque affatto (come abbiamo appena visto) per un altro.

 

4. Prestiti ad interessi differiti

Abbiamo mostrato, al par. precedente, che fra tutti i prestiti standard (senza interessi differiti), l'unico a rata costante è quello alla francese classico; ossia, la cui rata è d'uso calcolare con una formula in interesse composto.

Non neghiamo, con ciò, che si possa disegnare un "ammortamento alla francese in interesse semplice", com'è d'uso dire quando si calcoli la rata con una delle numerose[11] formule in interesse semplice disponibili; affermiamo però che si tratta, in ogni caso, di un prestito "ad interessi differiti".

Si consideri il caso elementarissimo di 1.000 euro da ammortizzare con due annualità uguali, al TAN del 10%. La formula classica (in interesse composto) fornisce per la rata il valore 576,19; donde il piano in tabella 1.

 

Tabella 1. Ammortamento francese classico

 

pagamenti

debito residuo

interesse

capitale

totale

interesse1

capitale2

100

476,19

576,19

0

523,81

52,38

523,81

576,19

0

0

                                                                                     1 sterile           2 fruttifero

 

Non vi sono interessi differiti, e dunque - a fortiori - nessuna loro "composizione".

La più naturale versione "in interesse semplice" (quella basata sulla "relazione di equivalenza iniziale in interesse semplice") prevede invece una rata di 573,91, ed il piano d'ammortamento in tabella 2.

 

Tabella 2. Ammortamento francese in interesse semplice, interessi differiti

 

pagamenti

debito residuo

interesse

capitale

totale

interesse1

capitale2

52,17

521,74

573,91

47,83

478,26

95,65

478,26

573,91

0

0

                                                                                     1 sterile           2 fruttifero

 

Vi sono, come si vede, interessi differiti. Se si vuole evitare la loro formazione, occorre liquidare alla fine del primo anno tutti quelli di competenza dell'anno; restano meno risorse da destinare al rimborso, e si è condotti alla sitazione descritta dalla tabella 3.

 

Tabella 3. Ammortamento francese in interesse semplice, senza interessi differiti

 

pagamenti

debito residuo

interesse

capitale

totale

interesse1

capitale2

100

473,91

573,91

0

526,09

52,61

526,09

[...]

0

0

                                                                                        1 sterile           2 fruttifero

 

I pagamenti del secondo anno ammontano a 526,09 (capitale) + 52,61 (interessi), per un totale di 578,70, diverso dalla rata concordata.

V'è anche chi argomenta[12] che la rata standard implichi automaticamente il piano in tabella 4.

 

Tabella 4. Ammortamento francese classico, con interessi differiti e anatocistico

 

pagamenti

debito residuo

interesse

capitale

totale

interesse1

capitale1

52,38

523,81

576,19

47,62

476,19

100

476,19

576,19

0

0

                                                                                                1 fruttifero

 

Esso è matematicamente possibile, ma presenta interessi differiti: caratteristica che dovrebbe essere evidenziata nel contratto (cosa che mai avviene). Inoltre, va considerato giuridicamente vietato, perché considera fruttifero anche il debito per interessi. Ci sembra inutile continuare a parlarne.

Terminiamo con un'osservazione, che riteniamo di una certa importanza.

La modalità "interessi differiti, ma sterili", prevista dalla Direttiva, è giuridicamente legittima e matematicamente possibile; non lo è, però economicamente. Il creditore che l'accetta, affianca al prestito che sta concedendo un altro a titolo gratuito (nell'esempio della tabella 2: 47,80 euro per un anno), con conseguente calo della redditività dell'operazione (nell'esempio, il TAE non coincide più col TAN del 10%, ma scende al 9,71%). Detto diversamente: dichiara di applicare un certo TAN, ma si accontenta - di fatto - di un tasso effettivo minore: ciò che sembra una scelta commercialmente discutibile.



[1] Decreto Legislativo 21 aprile 2016, n. 72, e  "Provvedimento" della Banca d'Italia 30 novembre 2016.

[2] Questione, peraltro, sulla quale la Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata nello stesso senso della Direttiva (sentenza 15130/2024).

[3] F. Cacciafesta, La legge europea, la matematica finanziaria e il tasso effettivo di un prestito, ilcaso.it 15 giugno 2025

[5] Ossia, anche nel seguito, non ad (o "con") interessi differiti.

[7] Non sappiamo se le parti possano eventualmente (ma esplicitamente!) accordarsi in altro senso.

[8] In entrambi i casi, con o senza procedura di rimborso progressivo.

[9] Una sua versione parziale è già in Una proposta per superare il dialogo tra sordi in corso sull'ammortamento francese, ecc.; Riv. del Dir. Comm. e del Dir. Gen. delle Obbligaz., CXVII, 2019, pp. 373-386

[10] Nel caso, frequentissimo, di pagamenti infrannuali, il tasso annuo va ovviamente sostituito con quello periodale corrispondente. Se è stato contrattualizzato un TAN, lo si ottiene per semplice riduzione proporzionale.

[11] Non diciamo "infinite" perché il tempo reale non è infinitamente divisibile.

[12] R. Marcelli: L’ammortamento alla francese. L’adempimento rimane estraneo all’equilibrio contrattuale, esaustivamente espresso dalla pattuizione; ilcaso.it, 30 maggio 2024; con differenze, C. Mari, G. Aretusi: Sull'esistenza e unicità dell'ammortamento dei prestiti in regime lineare; Il Risparmio (2018);


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