CrisiImpresa


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 23/07/2013 Scarica PDF

Dai principi generali alla falcidiabilità di tutti i crediti tributari

Massimo Fabiani, Professore


SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. La flessibilità della proposta di concordato. - 3. Rigidità della proposta e transazione fiscale. - 4. Transazione fiscale e obbligatorietà. - 5. La giurisprudenza sulla non falcidiabilità del credito per IVA e per ritenute non versate. - 6. Sulla natura eccezionale della transazione fiscale. - 7. Considerazioni critiche sull'orientamento giurisprudenziale prevalente. - 8. Sulla natura non prededucibile del credito IVA. - 9. Conclusioni.



1. Premessa
Una nutrita serie di recenti pronunce di merito rilancia l'interesse per il tema che coinvolge la valutazione dell'ammissibilità di una proposta concordataria nella quale il debitore senza fare ricorso alla transazione fiscale preveda che il creditore Erario per tributi relativi ad IVA e a "ritenute non versate" possa non essere soddisfatto per intero in relazione a questi tributi.
Per rispondere a tale quesito occorre prima comprendere come si atteggi l'istituto della transazione fiscale rispetto al quale è espressamente previsto che i crediti suddetti debbano essere soddisfatti per intero1.


2. La flessibilità della proposta di concordato
Con la Riforma attuata nel 2005 a partire dal D.L. 35 sono state progressivamente modificate varie disposizioni del concordato preventivo, alcune delle quali sono in corso di cambiamento anche nel momento in cui il presente contributo viene redatto.
Uno dei valori fondamentali del nuovo modello di concordato è rappresentato dall'opzione di assegnare al debitore un'ampia flessibilità nel confezionamento della proposta2.


Si è detto che la proposta di concordato (ed il piano che la sorregge dopo l'opportuna distinzione rimarcata nell'ultima versione dell'art. 160 l.fall.) può contenere varie modalità di soddisfacimento dei creditori (ed un soddisfacimento vi deve essere anche alla luce della causa del concordato vista nella regolazione della crisi3) ma con due precisi vincoli.
In primo luogo ai creditori privilegiati non può essere offerto un soddisfacimento che sia inferiore al valore del bene ritraibile dalla sua liquidazione.


In secondo luogo non può essere alterato l'ordine delle prelazioni.
Questi due vincoli incidono, parallelamente, sul tema - oggetto diretto del presente beve saggio - della falcidiabilità dei crediti privilegiati, fra i quali va considerato anche il credito per il mancato versamento dell'IVA (e delle ritenute non versate).
Pi
ù in particolare, ogni volta che su un bene specifico insista un titolo di prelazione (ipoteca, pegno o privilegio speciale), il credito assistito dalla prelazione può essere "trattato", e cioè non soddisfatto integralmente, quando il valore del bene, certificato dal professionista stimatore di cui all'art. 160, 2° comma, sia inferiore all'importo del credito.


Ove, però, si abbia a che fare con un titolo di prelazione non specifico e cioè con un privilegio generale (art. 2746 c.c.) - una volta ormai ammesso che il trattamento parziale possa investire anche il credito assistito da privilegio generale4 - il confronto tra credito e valore del bene va operato sull'intera massa mobiliare e, se il titolo di prelazione goda anche della collocazione sussidiaria sugli immobili, il confronto tra credito e valore del bene va svolto con riguardo all'intero patrimonio del debitore5.
Se questa è la regola-vincolo principale, ne consegue che ove esistano creditori muniti di privilegi generali, il loro trattamento parziale si giustifica solamente quando nel patrimonio non esistano altri beni6. Da ciò consegue che il pagamento dei crediti che si trovano collocati nell'ordine delle prelazioni sottostanti è possibile facendo ricorso, esclusivamente, alla c.d. finanza esterna7.
Si deve, cioè, assumere che la regola principale in tema di soddisfacimento dei creditori privilegiati non è quella del divieto di alterare l'ordine delle prelazioni (espressamente stabilita, in verità, solo nel concordato con classi), ma quella che vuole che un credito privilegiato possa essere soddisfatto soltanto se quello poziore è, a sua volta, soddisfatto. Occorre, infatti, ricordare che tale regola non fa che applicare nel concordato preventivo la disciplina di concorso stabilita nel fallimento nell'art. 111 quater l.fall.8


Il che a ben vedere significa che si procede con l'ordine delle prelazioni (" a scendere") soltanto se il credito collocato in più alto grado è stato interamente soddisfatto.

Il divieto dell'alterazione dell'ordine delle prelazioni è regola accessoria alla prima e ribadita a proposito della formazione delle classi onde evitare che sorgesse il dubbio che la frammentazione dei creditori in classi potesse incidere, anche, sul trattamento dei crediti privilegiati. Infatti, il rispetto dell'ordine delle prelazioni significa che ove sia certificata l'incapienza del patrimonio del debitore per soddisfare tutti i creditori privilegiati, il pagamento parziale non può premiare di più un credito di rango inferiore.
È ben vero che esiste una corrente di pensiero che traendo spunto da quanto stabilito, proprio, nell'art. 182 ter l.fall., assume che sia possibile procedere al soddisfacimento dei crediti di rango inferiore anche se quelli poziori sono soddisfatti non per intero, purché vi sia una scala e cioè una misura, progressivamente discendente, del soddisfacimento dei creditori9. Si tratta di una lettura che pur astrattamente fondata sul criterio della non alterabilità dell'ordine delle prelazioni e sul testo dell'art. 182 ter è contraddetta in modo chiaro dalla norma principale fissata nell'art. 160, 2° comma, l.fall.10


L'inserzione della previsione dell'inalterabilità dell'ordine dei privilegi si giustifica allora per il fatto che con la previsione
della suddivisione dei creditori in classi non si pensasse che la frazionabilità dei creditori in classi avrebbe potuto consentire anche un ribaltamento dei privilegi11.


3. Rigidità della proposta e transazione fiscale
La non alterabilit
à dell'ordine dei privilegi è smentita nell'art. 182 ter là dove si prevede che il credito pur munito di prelazione possa non essere soddisfatto per intero purché in modo non deteriore rispetto a quello del grado successivo. Questa disposizione, all'evidenza, costituisce una deroga all'art. 160, 2° comma, perché presuppone che si passi alla soddisfazione del grado successivo anche senza il totale soddisfacimento del credito anteriore12. Non è, in verità, un'alterazione dell'ordine dei privilegi in senso stretto, perché quello di rango poziore non viene trattato peggio ma solo alla pari, ma è una violazione del principio per il quale finché vi sono beni sui quali soddisfare il credito di rango più elevato non si può scendere al gradino inferiore.
Nell'ambito dell'art. 182 ter si stabilisce pure che taluni crediti (per IVA e per ritenute non versate) debbano essere soddisfatti per intero e ciò, dunque, a prescindere dal fatto che vi sia un patrimonio mobiliare e immobiliare sul quale quel privilegio sia soddisfatto.


Si potrebbe pensare che questa "antergazione" sia assoluta e che il pagamento di tali crediti sia condizione di ammissibilità del concordato preventivo. Ciò vorrebbe dire che i vincoli alla proposta concordataria non sarebbero più due ("comparazione credito privilegiato / valore del bene" + "divieto di alterazione dell'ordine di prelazione"), ma tre perché occorrerebbe sempre la previsione del pagamento del credito per IVA e per ritenute non versate. Che ciò sia consentito prevedere non è revocabile in dubbio in quanto si tratta, pur sempre, di norme pari-ordinate ma che ciò sia accaduto è assai discutibile.
Si può affermare con sicurezza che quando il debitore presenta anche la proposta di transazione fiscale i vincoli alla
proposta sono, appunto, tre perché si aggiunge la previsione del pagamento necessariamente integrale di IVA e ritenute non versate, pur se al contempo si affievolisce il secondo vincolo posto che si può procedere al soddisfacimento di crediti posteriori (nell'ordine di graduazione) anche se quelli poziori di natura fiscale (ma diversi da IVA e ritenute non versate) non sono stati interamente soddisfatti.
Quando il debitore non presenta la richiesta di transazione fiscale vale comunque il regime di cui all'art. 182 ter?


Si pone, infatti, questo interrogativo di ordine sistematico: ma se il legislatore avesse voluto imporre, sempre e comunque, questo vincolo perché non inserirlo nell'art. 160 e confinarlo, invece, nell'art. 182 ter 13? La spiegazione più ragionevole è che tutte le previsioni sui privilegi contenute nell'art. 182 ter si debbano intendere riferite solo al caso in cui nel concordato venga inclusa la proposta di transazione fiscale.
Ecco, allora, che per comprendere l'istituto della transazione fiscale occorre verificare se sia un istituto obbligatorio oppure no.


4. Transazione fiscale e obbligatorietà
È noto come il dibattito sull'obbligatorietà della transazione fiscale abbia occupato dottrina e giurisprudenza per alcuni anni in modo serrato14.
A fine 2011, tuttavia, la Corte di Cassazione ha affermato in modo molto chiaro che la transazione fiscale non è un complemento necessario della proposta di concordato15. Non a caso con nettezza l'art. 182 ter esordisce con il verbo "può " a dimostrazione del fatto che la transazione fiscale non è obbligatoria16. Certo si potrebbe replicare che il "può" andrebbe riferito al fatto che la transazione fiscale non è obbligatoria quando non vi siano debiti fiscali, ma un argomento del genere è puramente speculativo e non merita davvero di essere preso in considerazione.
Ma, nel momento in cui si postula che la transazione fiscale obbligatoria non è, correttamente si pongono anche le basi per affermare che si tratta di un istituto eccezionale perché consente al debitore di trattare separatamente con un creditore (l'Erario) e di andare alla ricerca di un consenso con modalità che potrebbero, altrimenti, essere sanzionate col reato del mercato di voto17.
La transazione fiscale può essere stata considerata anche l'arma per superare non tanto il dogma dell'indisponibilità del credito tributario18 (un dogma che peraltro era stato da più parti messo in discussione in altre occasioni) quanto per confermare, nella cornice della crisi di impresa, che le pretese dell'Erario possono essere trattate in relazione al vantaggio del consolidamento del debito19.
Sul versante della non obbligatorietà della transazione fiscale le decisioni della Corte hanno intercettato più consensi (anche preventivi)20 che dissensi21.
Al fondo, però, quando la questione si è posta in sede di legittimità erano ormai maturi i tempi per porre al centro del dibattito non tanto quel tema quanto quello della trattabilità del credito IVA e per ritenute non versate.
È, infatti, evidente che il nuovo principio del trattamento non integrale dei crediti privilegiati, impedito sino al 2005 (salvo qualche dottrina minoritaria), pone sul terreno della discussione un argomento che in precedenza neppure avrebbe potuto porsi. In passato non poteva sorgere alcun dubbio che nel concordato il credito IVA avrebbe dovuto essere soddisfatto per intero perché ciò doveva accadere come per tutti i crediti privilegiati. Nel momento in cui, invece, anche i crediti privilegiati possono essere decurtati e ciò vale, in modo univoco, anche per i crediti assistiti da prelazione generale, allora il tema del mancato pagamento del credito IVA si pone nel concordato preventivo.
Come detto, nulla impedirebbe al legislatore di stabilire quale condizione di ammissibilità il pagamento di taluni crediti a pena di inammissibilità della domanda, anche se poi ci si dovrebbe interrogare sulla legittimità costituzionale di un tale assetto che contempli nel concordato preventivo l'infalcidiabilità del credito IVA con un suo scavalcamento di crediti poziori, quando nel fallimento e nel concordato fallimentare ciò non avverrebbe. Col risultato, se si vuole paradossale, di rendere meno incentivante il concordato preventivo rispetto a quello fallimentare con un evidente pregiudizio per il debitore che come é noto non può proporre il concordato fallimentare per il primo anno successivo alla sentenza di fallimento.
Così accadrebbe che il debitore non potendo far fronte al debito IVA dovrebbe essere destinato al fallimento, ma già il giorno successivo un terzo potrebbe avanzare una proposta di concordato fallimentare che contempli la decurtazione, del tutto legittima, dell'IVA.
Se poi è vero che i giudici di legittimità22 e una parte della dottrina23 ritengono che il fallito non dovrebbe mai essere svantaggiato rispetto al terzo proponente, non c'è dubbio che accreditare la tesi dell'infalcidiabilità del credito IVA creerebbe un'evidente disparità di trattamento per il fallito (generando un trattamento deteriore) che non potrebbe accedere al concordato preventivo e per un anno subirebbe la prevalenza della proposta del terzo.
Una volta ammesso che il debitore può liberamente optare per la presentazione di una proposta di concordato preventivo
che non contempli la transazione fiscale, occorre chiedersi se, operata questa scelta, sia comunque tenuto a rispettare la previsione di soddisfacimento contenuta nell'art. 182 ter, o se, invece, possa organizzare la proposta secondo il principio generale del rispetto dei soli due vincoli di cui supra.


5. La giurisprudenza sulla non falcidiabilità del credito per IVA e per ritenute non versate
La Corte di Cassazione24 ha stabilito che:
"Innanzitutto può osservarsi, in linea generale, che non avrebbe alcuna giustificazione logica e che quindi non sia credibile che il legislatore abbia inteso lasciare alla scelta discrezionale del debitore assoggettarsi all'onere dell'integrale pagamento dell'IVA, imposta armonizzata a livello comunitario sulla cui gestione, si ribadisce, gli Stati non sono esenti da vincoli (si veda Corte giustizia CE, sez. 5^, 11/12/2008, n. 174), optando per la transazione fiscale oppure avvalersi della possibilità di proporne un pagamento parziale decidendo per il concordato senza transazione e quindi rimanendo vincolato solo all'obbligo di pagare integralmente il debito nei limiti del valore dei beni sui quali grava la garanzia, peraltro spesso insussistenti come nel caso di imposta gravante sul valore della prestazione di servizi.
A parte tale considerazione, ciò che convince dell'inderogabilità della disposizione qualunque sia l'opzione del creditore è la natura della stessa in quanto non si tratta di norma processuale come tale connessa allo specifico procedimento di transazione fiscale ma di norma sostanziale in quanto attiene al trattamento dei crediti nell'ambito dell'esecuzione concorsuale dettata da motivazioni che attengono alla peculiarità del credito e prescindono dalle particolari modalità con cui si svolge la procedura di crisi.
In proposito, ed in ciò deve correggersi la motivazione dell'impugnata decisione, deve escludersi che la necessità dell'integrale pagamento dell'IVA comporti quella dell'integrale pagamento di tutti i crediti privilegiati con grado anteriore in ossequio al principio secondo cui "il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione (L. Fall., art. 160, comma 2, u.p.).
Prescindendo dalla considerazione che dando decisiva rilevanza a tale disposizione la questione non si porrebbe nel concordato senza classi in quanto la falcidia dei crediti privilegiati non comporta necessariamente la suddivisione dei creditori in classi se per la parte in chirografo il trattamento è identico per tutti ed uguale a quello dei crediti originariamente chirografari per il solo fatto che vi sono crediti da pagarsi integralmente (perchè in prededuzione o privilegiati capienti), ciò che rileva è l'erroneo richiamo alla disciplina della graduazione dei crediti. La disposizione che sostanzialmente esclude il credito IVA da quelli che possono formare oggetto di transazione, quanto meno in ordine all'ammontare del pagamento, è una disposizione eccezionale che, come si è osservato, attribuisce al credito in questione un trattamento peculiare e inderogabile. La norma invocata dalla Corte d'appello (art. 160, comma 2) attiene, per contro, unicamente al trattamento aggiuntivo rispetto a quello imposto ex lege (ancorato al valore dei beni oggetto della garanzia) che viene deciso discrezionalmente dal debitore ma che trova appunto un limite nel rispetto del grado di rilevanza attribuito dal legislatore ai diversi crediti in ragione del valore sociale della loro causa. Il vincolo, per contro, non astringe il legislatore che può, come nella fattispecie e per cause discrezionalmente individuate, attribuire un trattamento particolare a determinati crediti come avviene per la prededuzione, senza che ciò incida automaticamente sul trattamento degli altri.
Diversamente opinando, tra l'altro, si dovrebbe attribuire al legislatore se non l'intento quantomeno l'accettazione del rischio di rendere in molti casi sostanzialmente inattuabile il percorso concordatario in quanto, tenuto conto del basso grado di privilegio dell'IVA, la necessità di proporne l'integrale pagamento comporterebbe l'analoga necessità per tutti i crediti privilegiati, anche non tributari, rendendo oltretutto priva di contenuto la stessa transazione fiscale.
E' appena il caso di ribadire, infine, che l'obbligo dell'integrale (anche se dilazionato) pagamento dell'IVA non comporta l'inderogabile accoglimento della pretesa fiscale in quanto nell'ambito del concordato senza transazione fiscale
resta ferma la facoltà del contribuente di opporsi alla stessa, così che è solo l'imposta definitivamente accertata che è soggetta al vincolo richiamato."
A seguito di tale decisione25, sul punto si é determinata una frattura nell'interpretazione delle corti di merito. Vi sono, infatti, alcuni tribunali26 che assumono che fuori dalla transazione fiscale, il credito IVA andrebbe trattato come tutti gli altri, mentre altri27, in conformità a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, reputano che l'art. 182 ter vada intesa come norma sostanziale e quindi invocabile anche fuori dal caso della transazione fiscale.


6. Sulla natura eccezionale della transazione fiscale
Per dimostrare che il concordato preventivo con transazione fiscale risponde ad esigenze che eccedono il mero trattamento dei crediti può essere utile qui riportare quello che per lo stesso giudice di legittimità appare il contenuto sostanziale dell'accordo:
"Prima di affrontare la questione è necessario innanzitutto evidenziare quali variazioni all'ordinario procedimento concordatario comporti il ricorso al sub procedimento della transazione fiscale.
Diversi sono innanzitutto gli obblighi imposti alle parti direttamente interessate e cioè al debitore e al fisco.
Il primo deve provvedere nei confronti dell'Amministrazione fiscale (inteso ricompreso in questo termine per semplicità espositiva anche il concessionario per la riscossione, ora agente per la riscossione) ad una formalità alla quale non è tenuto nei confronti degli altri creditori e cioè alla comunicazione, contestualmente al deposito del ricorso per il concordato presso la cancelleria del tribunale, della copia della domanda e della relativa documentazione. Tale adempimento è finalizzato a sollecitare l'ufficio ad un'attività anch'essa peculiare che non è invece richiesta agli altri creditori e cioè a certificare l'ammontare complessivo del debito tributario mediante la comunicazione di quello già accertato e di quello conseguente alla liquidazione delle dichiarazioni, compresa la dichiarazione integrativa relativa al periodo sino alla data di presentazione della domanda, "al fine di consentire il consolidamento del debito fiscale".
Ben diversi sono anche gli affetti dell'omologazione del concordato contenente la raggiunta transazione fiscale.
In primo luogo si "consolida" il debito tributario. Tale formulazione, che è evidentemente atecnica in quanto nel tessuto normativo con detta espressione viene definita una modalità opzionale di calcolo della tassazione dei redditi di un gruppo di imprese (art. 117 e segg. TUIR), ha di conseguenza nella disposizione in esame un significato, che può essere anche complesso, non ancora univocamente definito. Certamente e come è unanimemente riconosciuto la prima accezione è quella di quadro di insieme del debito tributario, tale da consentire di valutare la congruità della proposta con riferimento alle risorse necessarie a far fronte al complesso dei debiti ed è certamente utile a fronteggiare l'incognita fiscale che normalmente grava sui concordati. Altro e concorrente possibile significato dell'espressione sul quale si è interrogata la dottrina e che viene qui richiamato solo per completezza espositiva, non essendo materia del contendere, è quello secondo cui tale quadro del debito complessivo cristallizzerebbe la pretesa tributaria alla data di presentazione della domanda così come quantificata dall'ufficio con esclusione da una parte della facoltà del medesimo di procedere ad ulteriori accertamenti anche se non
sia ancora maturata la decadenza e dall'altra del debitore di contestare pretese anche se non ancora definitive. Positivamente fissata dalla norma, invece, quale conseguenza dell'omologazione dell'accordo anche sul debito tributario, è l'estinzione dei giudizi in corso aventi ad oggetto i tributi concordati, effetto, questo, che non si verifica per gli altri creditori i quali quando votano sulla proposta concordataria sostanzialmente formulano il loro consenso solo in relazione alla percentuale o alle modalità di soddisfacimento prospettate ma possono non solo proseguire l'eventuale contenzioso in corso ma iniziarlo anche ex novo se in disaccordo con l'ammontare o la qualità dei crediti indicati nella domanda.
In definitiva, dunque, ben diverse sono le conseguenze tra un concordato senza transazione fiscale nel quale il fisco sia trattato come qualunque altro creditore ed uno, invece, in cui la transazione venga perseguita con le modalità indicate e quindi ben diversi sono vantaggi e svantaggi delle due soluzioni.
Con la transazione fiscale il debitore ottiene il vantaggio della apprezzabile o assoluta certezza sull'ammontare del "debito (a seconda del significato che si vuole attribuire al consolidamento) e quindi una maggiore trasparenza e leggibilità della proposta con conseguente maggiore probabilità di ottenere, oltre all'assenso del fisco, anche quello degli altri creditori. Tutto ciò ha però un costo che è dato dalla sostanziale necessità di accogliere tutte le pretese dell'Amministrazione, non essendo plausibile che la stessa, dopo aver indicato il proprio credito, accetti in questa sede di discuterlo e ridurlo.
Escludendo il ricorso alla transazione fiscale il debitore non ottiene i richiamati benefici ma può optare per la contestazione della pretesa erariale in vista di un minore esborso se gli importi in contestazione non incidono in modo rilevante e se quindi il consenso del fisco non è decisivo ai fini del raggiungimento della maggioranza."
Esistono, anche se forse possono apparire non decisive, una pluralità di ragioni per il debitore per accedere ad una transazione fiscale e in particolare quando vi siano imponenti contenziosi in corso, la cui entità potrebbe minare la praticabilità della proposta di concordato, dovendo
l'imprenditore prevedere rilevanti fondi rischi tali da pregiudicare le aspettative di soddisfo dei crediti posteriori28.
Se vi sono ragioni autonome di ricorso alla transazione fiscale e queste ragioni pertengono all'accertamento dei crediti tributari, già si coglie che la transazione fiscale ben può qualificarsi come istituto di natura tanto eccezionale29 che procedimentale. Ad esso, infatti, sono associati sia aspetti relativi alla determinazione del credito, sia conseguenze in tema di estinzione dei giudizi pendenti.
Ed ancora che l'art. 182 ter rappresenti una monade rispetto all'ordinamento concorsuale, lo si desume dal fatto che in tale disposizione si trovano altre eccezioni proprio in tema di graduazione: infatti mentre fuori dalla transazione fiscale il credito chirografario può essere allocato in classi secondo il criterio dell'omogeneità dell'interesse economico, con la transazione fiscale il credito chirografario di natura tributaria deve essere soddisfatto in misura pari a quella offerta per la classe trattata meglio. Ciò significa che se si dovesse assumere, come fa la Corte, che la transazione contiene norme di diritto sostanziale, allora ogni qualvolta vi fosse una proposta di concordato Ð priva di accessoria richiesta di transazione fiscale - con classi di creditori e vi fossero crediti dell'Erario di natura chirografaria, questi dovrebbero ricevere un trattamento minimo pari a quello della classe meglio trattata. Nessuno, però, ha mai sostenuto questa tesi.


7. Considerazioni critiche sull'orientamento giurisprudenziale prevalente
Il primo argomento adoperato per giustificare l'esportazione della regola della infalcidibialità muove dalla supposta incongruenza di una tesi che affiderebbe al debitore la scelta se pagare, o no, un tributo a seconda che chieda, o no, la transazione fiscale.
Questo argomento dovrebbe essere rovesciato. La regola generale è quella di cui all'art. 160 l.fall. secondo la quale in assenza di beni sufficienti al pagamento dei creditori privilegiati questi possono essere "trattati". Se, invece, il debitore vuole avvantaggiarsi del "consolidamento" fiscale e della possibilità di vedere garantita l'adesione dell'Erario, può proporre un concordato con annessa transazione fiscale ma, in questo caso, deve soddisfare per intero alcuni tributi. In tale evenienza il pagamento integrale di tali tributi diviene condizione di ammissibilità della transazione fiscale e non del concordato preventivo; piuttosto, con la tecnica dei vasi comunicanti, una volta ottenuto il consenso dell'Erario la proposta di concordato preventivo diviene ammissibile in quanto la decurtazione di alcuni crediti è determinata dalla transazione fiscale.
In tale contesto il debitore non ha una discrezionalità sul pagamento del tributo ma sulla scelta se raggiungere, oppure no, un accordo con l'Erario. Se ritiene che i crediti che l'Amministrazione vanta sono inesistenti, evidente è l'interesse a non coltivare la soluzione della transazione fiscale.
Il secondo argomento speso attiene alla assunta natura di norma sostanziale dell'art. 182 ter. Secondo il giudice di legittimità tale disposizione, pur collocata in un ambito settoriale, avrebbe valore generale.
Di tale conclusione è lecito dubitare. Non v'è dubbio che anche una norma sostanziale possa avere natura eccezionale, ma allora, non potrà essere applicata, per analogia, a fattispecie diverse da quelle in cui la previsione è collocata.
Ma che l'intangibilità del credito IVA non sia norma sulla collocazione del credito lo si ricava dal fatto che questa scelta è una deroga alla nuova regola fissata nell'artt. 182 ter della transigibilità dei crediti tributari30. Il credito tributario diventa transigibile da parte dell'Amministrazione nel concordato preventivo, ma con il limite che alcuni di questi crediti non possono essere decurtati ma solo pagati con dilazione. Così si capisce bene che il legislatore era pienamente libero di scegliere quali tributi rendere transigibili perché questa era materia fiscale e solo, indirettamente, rifluente sul concorso dei creditori.
Da ultimo nelle decisioni di merito sono stati aggiunti due nuovi argomenti a favore della diffusa applicazione dell'art. 182 ter.
Da una parte, si assume che la norma non sarebbe più eccezionale in quanto prevista anche nel procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento. Si sostiene che a seguito di questo intervento (ritenuto dirimente31 e persino di interpretazione autentica32) in tutte le procedure concorsuali diverse dal fallimento la regola sarebbe quella della infalcidiabilità. La notazione è approssimativa in quanto, in verità, tale regola varrebbe nel concordato preventivo e nel procedimento sul sovraindebitamento, ma continuerebbe a non valere negli altri modelli concorsuali quali l'esecuzione individuale (nella quale concorrano più creditori), la liquidazione coatta amministrativa, l'amministrazione straordinaria. Volendo essere più precisi si potrebbe, se mai, assumere che la regola vale per i procedimenti concorsuali a base volontaria e preventiva.
Effettivamente l'art. 7 della l. 3/2012 stabilisce che i crediti IVA e per ritenute, oltre che quelli che costituiscono risorsa propria della UE, debbono essere soddisfatti per intero (potendo, al più, essere dilazionati). Già la circostanza che lì si parli anche di tributi costituenti risorse proprie della UE pone seri margini di incertezza sul fondamento di una equiparazione fra concordato e procedimento di composizione della crisi da sovra indebitamento, visto che nel concordato i tributi "europei" non possono essere neppure dilazionati.
Tanto è vero, a confutazione del valore della comparazione, che il legislatore nella l. 3/2012 ha stabilito che alcuni crediti, compresi quelli che attengono all'area della impignorabilità debbono essere soddisfatti a pena di inammissibilità e, non per caso, la previsione é allocata proprio nella norma generale (art. 7) che corrisponde, mutatis mutandis, all' art. 160 l.fall.
La previsione contenuta nell'art. 7 l. 3/2012 vuole che condizione di ammissibilità del procedimento sia l'avvenuto pagamento integrale di alcuni crediti, fra i quali quelli oggetto di discussione33. La previsione contenuta nell'art. 182 ter , invece, vuole che il pagamento integrale sia condizione di ammissibilità della transazione fiscale.
Non possono quindi trarsi argomenti decisivi dalla legge sul sovraindebitamento che non conosce un autonomo istituto equipollente alla transazione fiscale.
Anche l'affermazione secondo la quale in questo modo l'ordinamento concorsuale avrebbe ritrovato omogeneità perché tutti i procedimenti concorsuali a base volontaria stabiliscono come principio l'infalcidiabilità del credito IVA (e per ritenute non versate) non è convincente in quanto farebbe dipendere il trattamento di un credito non già dalla consistenza del patrimonio del debitore ma dalla circostanza che il procedimento di attuazione della garanzia patrimoniale abbia base volontaria o coattiva. é come se in sede di conversione del pignoramento il debitore dovesse vedere aggravata la propria posizione in quanto evita l'esecuzione forzata. Il miglior trattamento di un creditore sarebbe giustificato dal fatto che il debitore ha scelto la via negoziata34, ma così si trascura che il diritto dei creditori deve poter essere comparato nell'alternativa fra fallimento e concordato preventivo. Ammettendo la tesi della infalcidiabilità, tutti i creditori privilegiati poziori e scavalcati dall'Erario sarebbero trattati peggio che nel fallimento. Una conclusione che stride, proprio, con la scelta della negozialità.
La deduzione per la quale l'interpretazione restrittiva favorita da una parte delle corti di merito condurrebbe ad un trattamento asimmetrico fra concordato e procedimento per la composizione non considera proprio la circostanza della necessaria comparabilità fra concordato (procedimento volontario) e fallimento (procedimento imposto); una comparabilità che non riguarda i soggetti "non fallibili" per i quali è prevista la liquidazione - in alternativa al procedimento negoziato - ma sempre e soltanto su base volontaria35. Eppure l'art. 14 ter della l. 3/2012, guarda caso, non pone come condizione di ammissibilità del procedimento di liquidazione il soddisfacimento integrale dei crediti fiscali, a dimostrazione dell'eccezionalità della previsione di cui all'art. 7 l. 3/201236.
Dall'altra parte si è introdotto un secondo argomento suggestivo che compare in quelle decisioni nelle quali si giustifica il pagamento integrale affermandosi che il mancato pagamento di IVA e ritenute è particolarmente grave in quanto si tratta di somme che il debitore ha incassato e che non ha riversato all'Erario. Quindi una sorta di immeritevolezza nell'accesso al concordato come se l'inadempimento di alcuni crediti fosse moralmente più grave di altri, così dimenticandosi che la scala di valori l'ha stabilita il legislatore con l'art. 2778 c.c.37; ma il fatto che il debitore abbia operato quale sostituto di imposta non spiega perché solo nel concordato questo pregiudizio causato dall'imprenditore sarebbe fonte di impegni che scavalcano altri debiti.
Nulla impedisce al legislatore di collocare ad un più elevato livello il grado del credito IVA (trattandosi di scelte discrezionali del legislatore) ma, se ciò non avviene, di fatto si assiste ad un ribaltamento dell'ordine delle prelazioni. Il pagamento integrale dell'IVA potrebbe generare il mancato pagamento dei crediti dei lavoratori, ad esempio, col risultato che così si vanificherebbe quell'ordine che il legislatore ha voluto assumere come regola generale38. Poiché il privilegio si fonda sulla causa del credito (art. 2745 c.c.), è il legislatore che stabilisce quali crediti vanno collocati al vertice della piramide in virtù di una valutazione astratta che dovrebbe dipendere dalla rilevanza sociale del rapporto rispetto al quale sorge il credito39. Anche quando si assume che il pagamento integrale del privilegio IVA non comporta che tutti i creditori poziori debbano essere soddisfatti per intero in quanto si potrebbe attingere a risorse esterne per soddisfare l'Erario, si trascura che, se queste risorse esterne non ci sono, è inevitabile che il pagamento del tributo assorba il patrimonio da destinare ai creditori.
Ma il rango del credito è attribuito dalla legge e non dalla parte (dal debitore, in particolare), tanto è vero che la formazione delle classi può riguardare solo i creditori chirografari (o quelli privilegiati per i quali non vi è capienza).
In tale contesto appare assai più conforme al diritto positivo e ai precetti costituzionali ammettere che tutti, e proprio tutti, i crediti privilegiati sono falcidiabili. Quando la falcidia pertiene al credito tributario è ragionevole si ponga il problema del consenso del creditore ma tutto questo è altro discorso. Ed è proprio questa la ragione per la quale il legislatore ha voluto prevedere che il consenso dell'Erario è "favorito" quando si osservano delle regole peculiari che sono quelle della transazione fiscale.
Tutt'al più ove non si fosse convinti della soluzione restrittiva occorrerebbe prospettare una questione di legittimità costituzionale (in funzione di pervenire al risultato di estendere il principio del pagamento integrale anche ai concordati privi di transazione fiscale) fondata sull'art. 3 Cost.; ma se così fosse, sempre sul piano della legittimità costituzionale, occorrerebbe allora prospettare la questione del perché, in ragione sempre dell'art. 3 Cost.40, nel fallimento, nell'esecuzione individuale41 e nel concordato fallimentare42 l'unica regola che si applica è quella di cui all'art. 2778 c.c., nonostante la formulazione dell'art. 124 l.fall. sia speculare a quella dell'art. 160.
Infine si pone il tema della non falcidiabilità dell'IVA quale tributo sul quale l'ordinamento sovranazionale (dell'U.E.) ha potestà disciplinare; si vorrebbe cioè che nessuna falcidia sia ammessa in quanto non si può alterare il meccanismo della concorrenza con norme di favore sul piano fiscale43.
Tale tesi che pur muove da orientamenti della giustizia comunitaria consolidati è invocata in modo non pertinente. Non v'è dubbio che si possa imporre un limite a chi amministra il tributo IVA a non accettare decurtazioni, ma questo assume un valore ai fini dell'ammissibilità della transazione fiscale, oppure ai fini del voto. Ma dire che l'Amministrazione per rispetto dell'ordinamento sovranazionale non può accettare un pagamento parziale dell'imposta non significa affatto che ciò non possa accadere contro la volontà dell'Amministrazione. Se il patrimonio del debitore è conformato in modo tale da risultare non capiente per la soddisfazione del credito IVA, nessuna disposizione transnazionale potrà mai imporre il soddisfacimento integrale perché questo dipende dalla consistenza del patrimonio. Ed allora, come l'Erario subisce la falcidia nel fallimento, così subisce la falcidia nel concordato preventivo44 rispetto al quale, se si vuole giustamente45, manifesterà il proprio dissenso, ma dovrà, come tutti i creditori, "sopportare" che la decisione sia presa a maggioranza46; potrà contestare tanto i profili formali del procedimento quanto, perché creditore privilegiato, il rapporto fra valore del credito e valore del patrimonio, ma tutto ciò attiene ad un normale comportamento che compete a ciascun creditore che può liberamente esprimere consenso o dissenso dalla proposta47.
Un dissenso che potrà essere decisivo o meno in relazione al "peso" del debito tributario posto che, certamente, la mancata adesione dell'Erario alla transazione fiscale e/o alla proposta di concordato non è ostativa all'approvazione e alla successiva omologazione se le maggioranze sono, comunque, raggiunte48 - e ciò per il principio generale della vincolatività del concordato omologato rispetto a tutti i creditori anteriori (art. 184 l.fall.) - ma solo ostativa del conseguimento degli effetti ancillari della transazione fiscale49.


8. Sulla natura non prededucibile del credito IVA
Quando si postula che il credito per IVA (e ritenute non versate) debba essere soddisfatto per intero, per coerenza bisogna assumere che questa previsione nella sostanza significhi extraconcorsualità di tali crediti che assumerebbero un rango prededucibile, oppure, per converso, che dovendosi sempre rispettare l'ordine delle prelazioni il credito posteriore da soddisfare per intero impone che siano soddisfatti per intero quelli poziori; ovvero, ancora, si assume che fermo restando il pagamento integrale di questi tributi, per gli altri torna a valere la regola della capienza del bene.
Che non si tratti di crediti prededucibili è agevole da predicare. Infatti, i crediti prededucibili, visto il tenore dell'art. 111 l.fall., sono quelli stabiliti per legge, oppure quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali50.
È del tutto evidente che il debito IVA non ha alcuna correlazione né occasionale, né funzionale con il concordato (a meno di voler ritenere che il non pagare quel debito sia un modo per creare finanza da destinare ai creditori), così come è pacifico che l'art. 182 ter l.fall. non classifichi questi crediti come prededucibili.
Ove si opti per la tesi del pagamento antergato dell'IVA rispetto agli altri crediti poziori si rompe l'equilibrio dell'ordine delle prelazioni.
Infine, qualora si dica che i creditori poziori vanno pagati per intero (o parzialmente nei limiti della capienza del bene, ma poi il credito IVA va soddisfatto per intero facendo ricorso a finanza esterna), si rispetta l'ordine delle prelazioni ma si introduce un elemento di rigidità ai fini dell'ammissibilità che, come detto, non è previsto per legge.


9. Conclusioni
Pur dovendosi prendere atto che la giurisprudenza della Corte di Cassazione e la giurisprudenza (leggermente) prevalente delle corti di merito, assume che il credito per IVA e per ritenute non versate debbano essere sempre soddisfatti per intero a condizione di inammissibilità del concordato, vi sono, al contrario, validi motivi per ritenere ingiustificato tale orientamento col risultato che una proposta di concordato preventivo potrà essere ammessa anche quando siano soddisfatti interamente i crediti secondo l'ordine di graduazione di cui all'art. 2778 c.c.
Tuttavia, nel caso in cui il giudice ritenesse di applicare la regola prevista nella transazione fiscale a tutti i concordati preventivi ciò dovrebbe fare previa declaratoria di incostituzionalità (alla luce dell'art. 3 Cost.) del combinato disposto degli artt. 160 e 182 ter l.fall., ma in tal caso sorgerebbe identica questione di legittimità costituzionale a proposito del rapporto fra il concordato preventivo e gli altri procedimenti di attuazione coattiva della responsabilità patrimoniale.



1) Nel corpo dell'art. 182 ter, 1° comma, l.fall. si trova il seguente inciso: "con riguardo all'imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento".
2) Si tratta di una delle poche notazioni sulla quale vi è ampia condivisione; in luogo di molti, v. RONDINONE, Il mito della conservazione dell'impresa in crisi e le ragioni della "commerciabilità", Milano, 2012, 359; BONFATTI-CENSONI, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2011, 523; PACCHI, La valutazione del piano del concordato preventivo, in Dir.fall., 2011, I, 95; CANALE, Il concordato preventivo a cinque anni dalla riforma, in Giur.comm., 2011, I, 366; ZANICHELLI, I concordati giudiziali, Torino, 2010, 148.
3) Cass. 23 gennaio 2013, n. 1521, in Fallimento, 2013, 149.
4) RACUGNO, Concordato preventivo, accordi di ristrutturazione e transazione fiscale. Profili di diritto sostanziale, in BUONOCORE-BASSI (diretto da), Trattato di diritto fallimentare, I, Padova, 2010, 494; CENSONI, I diritti di prelazione nel concordato preventivo, in Giur.comm., 2009, I, 32; PACCHI-COPPOLA-D'ORAZIO, Il concordato preventivo, in DIDONE (a cura di), Le riforme della legge fallimentare, Torino, 2009, 1792. Prima delle modifiche del 2007, invece, non lo si reputava possibile, v., Cass. 22 marzo 2010, n. 6901, Foro it., Rep. 2010, voce Concordato preventivo, n. 118; ed ancor oggi, Lo Cascio, Il concordato preventivo, Milano, 2011, 202.
5) BOZZA, Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo, in Fallimento, 2012, 380.
6) Questo vale in assoluto per i crediti per i quali il privilegio generale goda di collocazione sussidiaria sul patrimonio immobiliare.
7) Trib. Roma, 1° febbraio 2012, www.ilcaso.it
8) BOZZA, Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo, cit., 378.
9) App. Torino, 14 ottobre 2010, Foro it., Rep. 2011, voce Concordato preventivo, n. 125; SANTANGELI, Auto ed etero tutela dei creditori nelle soluzioni concordate delle crisi d'impresa, in Dir.fall., 2009, I, 620; PERACIN, Concordato preventivo e cessio bonorum con classi. Trattamento dei creditori privilegiati generali e inquadramento giuridico dei «vantaggi differenziali», in Dir. fall., 2011, I, 48; GUERRERA, Struttura finanziaria, classi dei creditori e ordine delle prelazioni nei concordati delle società, in Dir. fall., 2010, I, 720; CALANDRA BONAURA, Intervento, in JORIO (a cura di), Il nuovo diritto delle crisi d'impresa, Milano, 2009, 20; GENOVIVA, La relazione del professionista ex art. 160 L. fall. ed il trattamento dei creditori prelatizi nel difficile percorso del nuovo concordato preventivo, in Fallimento, 2011, 358; AMBROSINI, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Trattato di diritto commerciale, diretto da Cottino, XI, 1, Padova, 2008, 58; con qualche perplessità, JORIO, Il concordato preventivo: struttura e fase introduttiva, in JORIO-FABIANI (diretto da), Il nuovo diritto fallimentare. Novità ed esperienze applicative a cinque anni dalla riforma, Bologna, 2010, 984.
10) Trib. Milano, 24 ottobre 2012, in Fallimento, 2013, 77; Trib. Asti, 3 febbraio 2010, Foro it., Rep. 2010, voce Concordato preventivo, n. 198; NARDECCHIA, Le classi e i creditori privilegiati nella proposta di concordato, in Cavallini (diretto da), Commentario alla legge fallimentare, III, Milano, 2010,400; BOZZA, L'utilizzo di nuova finanza nel concordato preventivo e la partecipazione al voto dei creditori preferenziali incapienti, in Fallimento, 2009, 1441; RACUGNO, Concordato preventivo, accordi di ristrutturazione e transazione fiscale. Profili di diritto sostanziale, cit., 497.
11) BOZZA, Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo, cit., 380.
12) BOZZA, Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo, cit., 383.
13) Trib. Perugia, 16 luglio 2012, www.ilcaso.it
14) FILOCAMO, Le condizioni di ammissibilità del concordato preventivo, in Fallimento, 2010, 1482, riporta le soluzioni della giurisprudenza prima dell'arresto della Corte regolatrice.
15) Cass. 8 giugno 2012, n. 9373, in Foro it., 2012, I, 2671; Cass. 4 novembre 2011, n. 22932, in Foro it., 2012, I, 105 e Cass. 4 novembre 2011, n. 22931, id., Rep. 2011, voce Concordato preventivo, n. 223.
16) VELLA, La problematica scissione tra facoltatività procedimentale e obbligatorietà sostanziale dell'art. 182 ter l.fall., in Fallimento, 2012, 174.
17) Trib. Varese, 30 giugno 2012, www.ilcaso.it.
18) Sul rapporto tra transazione fiscale e superamento del principio di indisponibilità, cfr., ACIERNO, La transazione fiscale secondo l'Agenzia delle entrate, in www.ilfallimentarista.it; ZANNI-REBECCA, La disciplina della transazione fiscale: un "cantiere" sempre aperto, in Il fisco, 2010, fasc. 39, 6299.
19) LA CROCE, La transazione fiscale, Milano, 2011, 60.
20) GUIOTTO, Opportunità della transazione fiscale e disciplina dei crediti insoddisfatti , in Fallimento, 2010, 1278; VERNA, La transazione fiscale quale sub-procedimento del concordato preventivo, in Fallimento, 2010, 172; ZANICHELLI, I concordati giudiziali, Torino, 2010, 259; DEL FEDERICO, sub art. 182 ter, in JORIO-FABIANI (diretto da e coordinato da), Il nuovo diritto fallimentare Bologna, 2007, 2578; BOZZA, Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo, cit., 389; LA CROCE, La transazione fiscale, cit., 107.
21) ATTARDI, Inammissibilità del concordato preventivo in assenza di transazione fiscale, in Fisco 1, 2009, 6435.
22) Cass. 29 luglio 2011, n. 16738, in Foro it., 2011, I, 2983; Cass. 22 marzo 2010, n. 6904 e Cass. 12 febbraio 2010, n. 3327, in Foro it., 2010, I, 2742
23) BOTTAI, Abutendo juribus? Il concordato fallimentare tra mercato, equità e giusto processo, in Fallimento, 2012, 59; BELLÈ, Concordato fallimentare e controlli in sede di omologazione, in Fallimento, 2009, 844.
24) Cass. 4 novembre 2011, nn. 22931 e 22932, in Foro it., 2012, I, 105.
25) Confermata da Cass. 16 maggio 2012, n. 7667, Foro it., Rep. 2012, voce Concordato preventivo, n. 118
26) Trib. Cosenza, 29 maggio 2013, www.ilcaso.it; Trib. Como, 29 gennaio 2013, www.ilcaso.it; Trib. Varese, 30 giugno 2012, cit.; Trib. Perugia, 16 luglio 2012, cit. Oltre a queste decisioni, per completezza va segnalato che in un questionario diffuso fra i giudici che si occupano della materia concorsuale ben il 72,5% degli interpellati ha risposto affermativamente alla domanda se sia falcidiabile il credito privilegiato fuori dalla transazione fiscale (quesito n. 439) e il 34% ha risposto affermativamente anche con riguardo al credito IVA (quesito n.441): v., FERRO-BASTIA-NONNO (a cura di), Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione, Milano, 2013, 772.
27) Trib. Brescia, 11 giugno 2013, www.ilcaso.it; Trib. Padova, 30 maggio 2013, www.ilcaso.it; Trib. Milano, 29 maggio 2013; www.ilcaso.it; Trib. Vicenza, 18 aprile 2013, www.ilcaso.it; Trib. Vicenza, 27 dicembre 2012, www.ilcaso.it.; Trib. Latina, 30 luglio 2012, www.ilcaso.it; Trib. Rossano, 31 gennaio 2012, www.ilcaso.it; Trib. Salerno, 9 novembre 2010, Foro it., Rep.2011, voce Concordato preventivo, n. 226.
28) VELLA, La problematica scissione tra facoltatività procedimentale e obbligatorietà sostanziale dell'art. 182 ter l.fall., cit., 182. LA CROCE, La transazione fiscale, cit., 140, osserva che il vantaggio della transazione fiscale risiede nel fatto che possono essere definite non solo pretese sul quantum debeatur, ma anche sull'an.
29) Cass. 22 marzo 2010, n. 6901, Foro it., Rep. 2010, voce Concordato preventivo , n. 118
30) BOZZA, Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo, cit., 393.
31) Trib. Brescia, 11 giugno, 2013, cit.
32) Trib. Vicenza, 18 aprile 2013, cit.
33) Sulla natura di norma processuale v., CORDOPATRI, Presupposti di ammissibilità, in DI MARZIO-MACARIO-TERRANOVA (a cura di), La "nuova composizione della crisi da sovraindebitamento, Milano, 2013, 24.
34) Per Trib. Vicenza, 18 aprile 2013, si parla di appetibilità del concordato quale motivazione per la peculiare "aggravante" del pagamento integrale di alcuni tributi.
35) DONZELLI, Il procedimento di liquidazione del patrimonio. La fase di apertura e la fase di accertamento del passivo, in DI MARZIO-MACARIO-TERRANOVA (a cura di), La "nuova composizione della crisi da sovraindebitamento, Milano, 2013, 66.
36) LO CASCIO, L'ennesima modifica alla legge sulla composizione della crisi da sovraindebitamento, in Fallimento, 2013, 822. Nel procedimento di liquidazione non sono coinvolti i crediti impignorabili come nella procedura negoziata, mentre quelli tributari non coinvolti nella procedura negoziata sono normalmente trattati nel procedimento di liquidazione, ciò a dimostrazione della eccezionalità della misura.
37) Per Trib. Padova, 30 maggio 2013, cit., il pagamento integrale muove dal fatto che il debitore avrebbe commesso una appropriazione indebita non versando l'IVA; LA MALFA, Del consolidamento dei debiti fiscali, e del carattere vincolante del ricorso alla transazione ex art. 182 ter l.fall. per la falcidia dei crediti privilegiati fiscali, in Dir.fall., 2011, II, 369.
38) BOZZA, Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo, cit., 378; LA CROCE, La transazione fiscale, cit., 112; VELLA, La problematica scissione tra facoltatività procedimentale e obbligatorietà sostanziale dell'art. 182 ter l.fall., cit., 177; GUIOTTO, Opportunità della transazione fiscale e disciplina dei crediti privilegiati insoddisfatti, cit., 1282.
39) CICCARELLO, Privilegio del credito e uguaglianza dei creditori, Milano, 1983, 25.
40) Per analogo dubbio v. AMBROSINI-AIELLO, La transazione fiscale ex art. 182 ter l.fall. in una recente pronuncia della Cassazione: contribuenti allegri É ma non troppo, in www.ilfallimentarista.it.
41) BOZZA, Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo, cit., 393; LA CROCE, Il credito erariale iva tra orientamenti Ue e arresti della cassazione, in Fallimento, 2012, 156.
42) Trib. Padova, 16 aprile 2013, www.ilcaso.it; BOZZA, Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo, cit., 383.
43) Corte Giustizia, 17 luglio 2008, C- 132-2006, in Giur.it., 2009, 241, con nota adesiva di MARELLO, La Corte di Giustizia censura il condono Iva: le ricadute di una importante decisione.
44) LA CROCE, Il credito erariale iva tra orientamenti Ue e arresti della cassazione, cit., 157.
45) In verità in presenza di proposte che prevedano il pagamento del credito IVA in misura parziale ma superiore a quanto sarebbe possibile in caso di fallimento, un comportamento razionale vorrebbe che la proposta fosse accettata.
46) STASI, La transazione fiscale nel concordato preventivo, in Fallimento, 2011, 88. Certamente la forza della maggioranza si esprime sulla proposta di concordato e non sulla proposta di transazione fiscale la cui sorte non è affidata alla maggioranza dei creditori ma all'Erario, v. GUIOTTO, Opportunità della transazione fiscale e disciplina dei crediti privilegiati insoddisfatti, cit., 1279.
47) GUIOTTO, Opportunità della transazione fiscale e disciplina dei crediti privilegiati insoddisfatti, cit., 1281.
48) App. L'Aquila, 16 marzo 2011, Foro it., Rep. 2011, voce Concordato preventivo , n. 224; Trib. Ravenna, 19 gennaio 2011, Foro it., Rep. 2011, voce Concordato preventivo, n. 232; App. Torino, 23 aprile 2010, id., Rep. 2010, voce cit., n. 194; Trib. Monza, 15 aprile 2010, Foro it., Rep. 2011, voce Concordato preventivo, n. 225; Trib. La Spezia, 2 luglio 2009, id., Rep. 2010, voce cit., n.115; Trib. Mantova, 26 febbraio 2009, ibid., n. 200; Trib. Pescara, 2 dicembre 2008, www.ilcaso.it ; Trib. Pavia, 8 ottobre 2008, www.ilcaso.it.; in dottrina, GUGLIELMUCCI, Diritto fallimentare, Torino, 2012, 332.
49) App. Torino, 23 aprile 2010, cit.
50) PATTI, La prededuzione dei crediti funzionali al concordato preventivo tra art. 111 ed art. 182 quater l.fall., in Fallimento, 2011, 1340



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