Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 33064 - pubb. 13/05/2025

Composizione negoziata della crisi d'impresa: anche il Tribunale di Bologna nega ammissibilità del piano puramente liquidatorio

Tribunale Bologna, 02 Maggio 2025. Est. Mirabelli.


Composizione negoziata – Inammissibilità del piano puramente liquidatorio


Finalità del percorso – Differenza tra risanamento e ristrutturazione del debito


Misure protettive – Presupposti – Necessità di un piano che prospetti il risanamento


Concordato liquidatorio e concordato semplificato – Rischio di elusione delle condizioni di accesso



Non è consentito l’accesso alla composizione negoziata all’impresa che, sin dall’inizio, intenda cessare l’attività e liquidare in forma disaggregata il proprio patrimonio, senza alcuna prospettiva di prosecuzione, diretta o indiretta, dell’impresa e senza finalità di risanamento economico-finanziario.

 

 

La composizione negoziata è finalizzata al risanamento dell’impresa in funzionamento, da intendersi come ripristino dell’equilibrio economico-finanziario funzionale alla continuazione dell’attività, e non può risolversi in una mera ristrutturazione del passivo priva di un piano industriale.

 

 

Le misure protettive non possono essere confermate ove la proposta dell’imprenditore si fondi su una mera liquidazione atomistica, in quanto tale soluzione non appare coerente con i presupposti del percorso e non può dirsi strumentale al superamento dello stato di crisi o insolvenza reversibile.

 

 

L’ammissione alla composizione negoziata di imprese prive di prospettiva di risanamento e orientate sin dall’inizio alla sola dismissione patrimoniale determinerebbe l’elusione delle condizioni richieste per l’accesso al concordato preventivo liquidatorio e al concordato semplificato.

 

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Con decreto del 2 maggio 2025, il Tribunale di Bologna ha rigettato l’istanza di conferma delle misure protettive presentata da una società ammessa alla composizione negoziata della crisi, ritenendo inammissibile l’accesso al percorso da parte di un’impresa che sin dall’inizio ha prospettato una soluzione meramente liquidatoria, senza continuità aziendale né diretta né indiretta.

 

Il piano presentato dalla società, pur integrato da finanza esterna e rinunce di soci e amministratori, prevedeva la cessazione dell’attività e la disgregazione degli asset aziendali, con obiettivo esplicito di vendita delle scorte e chiusura. L’Esperto aveva espresso un parere positivo, evidenziando l’apporto migliorativo rispetto alla liquidazione giudiziale. Tuttavia, il Tribunale ha ritenuto che tale finalità non fosse compatibile con la ratio del percorso di composizione negoziata, che si fonda sull’obiettivo del risanamento dell’impresa, e non sulla sola ristrutturazione del debito.

 

Il giudice ha analizzato estensivamente l’evoluzione normativa (in particolare il d.lgs. 83/2022 e il correttivo di settembre 2024), concludendo che la composizione negoziata è riservata a imprese in grado di presentare un piano idoneo a consentire la prosecuzione dell’attività imprenditoriale, anche in capo a terzi (continuità indiretta), non potendo risolversi in un piano esclusivamente liquidatorio senza risanamento.

 

Ha inoltre evidenziato che ammettere un simile accesso vanificherebbe i presupposti richiesti per il concordato preventivo liquidatorio ex art. 84, comma 4 CCII (obbligo di apporto esterno e soddisfacimento minimo) e frustrerebbe la funzione del concordato semplificato, previsto proprio come esito possibile in caso di trattative non andate a buon fine.

 

Per tali ragioni, ha revocato le misure protettive già concesse e trasmesso gli atti al Pubblico Ministero per le valutazioni di competenza. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)



Segnalazione del Dott. A. P.


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