Diritto dei Mercati Finanziari


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 258 - pubb. 01/07/2007

Creditore Parmalat e responsabilità della banca intermediaria

Tribunale Catania, 03 Dicembre 2005. Pres. Macrì. Est. La Mantia.


Intermediazione finanziaria – Danno subito dall’investitore che sia creditore nella procedura concorsuale dell’emittente l’obbligazione non rimborsata – Interesse ad agire nei confronti dell’intermediario – Sussistenza


Obblighi di comportamento degli intermediari finanziari – Norme a tutela del risparmio – Natura imperativa ed inderogabile – Sussistenza


Intermediazione finanziaria – Forma scritta degli ordini di negoziazione – Necessità – Insussistenza


Intermediazione finanziaria – Contratto quadro – Legittimazione dell’intermediario al servizio – Forma scritta – Necessità
 



L’obbligazionista Parmalat il quale non abbia percepito alcun rimborso, neppure parziale, del titolo, mantiene l’interesse ad agire in giudizio, nei confronti della banca intermediaria, ex art. 100 c.p.c., pur se il concordato sia stato omologato.


Le norme che disciplinano la materia della intermediazione finanziaria (D. L.vo 24 febbraio 1998, n. 58 - TUF e Deliberazione CONSOB 1 luglio 1998, n. 11522 – Adozione del Regolamento di Attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58) ed, in particolare,  gli artt. 21 e 23 del D. Leg. n. 58/98 e gli artt. da 26 a 30 del citato reg. Consob hanno carattere imperativo, essendo poste a tutela del risparmio, bene di sicuro rilievo costituzionale, e costituiscono il contenuto specifico dei comportamenti esigibili e degli obblighi inderogabili da parte di chi offre servizi di investimento, operatori professionali “abilitati” a cui si richiede alta competenza specifica e una superiore (rispetto a quella comune del “buon padre di famiglia”) diligenza, correttezza e trasparenza nei rapporti contrattuali.


Come evidenziato da attenta dottrina ed anche da una parte della giurisprudenza di merito (v. Tribunale di Venezia sent. 22 novembre 2004, Giudice Caprioli, e Tribunale Mantova sent. 1 dicembre 2004, Giudice Bernardi, entrambe in Danno e Responsabilità n. 6, 2005), il vincolo legale di forma scritta vale soltanto per il c.d. “contratto quadro” per la negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini relativi a strumenti finanziari, e non anche per i singoli ordini di compravendita impartiti dall’investitore, che consistono in dichiarazioni non negoziali di volontà (cc.dd. determinative) cui fa seguito una mera attività esecutiva (l’acquisto o il disinvestimento) che non concreta un ulteriore accordo (proprio perché l’intermediario “esegue” e non “accetta di eseguire” l’ordine). Solo il “contratto quadro”, quindi, rientra fra i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, cui si riferisce l’art. 23 D.L.vo 58/98 e, pertanto, il vincolo legale della forma scritta non vale anche per i singoli ordini di acquisto “a valle”, in relazione ai quali la forma della conclusione è quella prevista in via pattizia dallo stesso contratto quadro.


È opinione del Tribunale che l’omessa sottoscrizione del “contratto quadro” alla data di esecuzione dell’ordine di acquisto determini la nullità di quest’ultimo. In proposito occorre richiamare il contenuto dell’art. 30 del Reg. Consob 1.7.1998, già sopra trascritto, a mente del quale gli intermediari “non possono fornire i propri servizi se non sulla base di un apposito contratto scritto”. La citata norma del Reg. individua, quindi, nella previa conclusione del “contratto quadro” un requisito di legittimazione dell’intermediario a fornire servizi di investimento ai propri clienti in mancanza del quale la banca non può ritenersi legittimata ad accettare ed eseguire l’ordine di acquisto del cliente.
 



12619/04 RG


TRIBUNALE DI CATANIA

IV SEZIONE CIVILE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale di Catania, IV sezione civile, composto dai signori Magistrati

Dott. Giovanni B. Macrì, - Presidente;

dott. Nicola La Mantia, - Giudice Rel./Est.;

dott. Pietro A. Currò, - Giudice


ha emesso la seguente


S E N T E N Z A


Ai sensi dell’art. 16 D.L.vo 5/2003, nella causa civile iscritta al n. 12619/04 RG. Promossa da:


T. A., n. a Catania il xxxxxxx, cod. fisc. xxxxxxxxxx, e B. S., n. a Catania il xxxxxxxxx, cod. fisc. xxxxxxxxxxxx, rappresentati e difesi, congiuntamente e disgiuntamente, giusto mandato a margine  dell’atto di citazione, dagli avv.ti Gaia Matteini del foro di Palermo e Antonio Cannata del foro di Catania ed el.te domiciliati presso lo studio di quest’ultimo sito in Catania, via Umberto n. 187.

Attori


Contro


Banco di Sicilia S.p.A., con sede in Palermo, via Generale Magliocco n. 1, in persona del responsabile della funzione legale, avv. Mario Giudice, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale in calce all’atto di citazione, dagli avv.ti prof. Francesco Carbonetti, prof. Natalino Irti e Ugo Monterosso ed el.te domiciliato presso lo studio di quest’ultimo sito in Catania, via Asilo S. Agata n. 26.

Convenuto


Venuta la causa all’udienza collegiale di discussione dell’11.11.2005 il Tribunale statuiva come da motivazione di seguito riportata ed, attesa la particolare complessità della controversia, disponeva con ordinanza, di cui dava lettura in udienza, il differimento del deposito della sentenza ai sensi dell’art. 16, comma V, D.L.vo 5/2003 nel termine massimo ivi sancito.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con atto notificato il 13/17/2004 T. A. e B. S. citavano in giudizio il Banco di Sicilia S.p.A. chiedendo accogliersi le seguenti conclusioni:

“1) Accertare e dichiarare che la operazione di acquisto delle obbligazioni Parmalat Finance Corporation bv, codice ISIN XS 0132599175, posta in essere dal sig. T. in data 15.1.2002, riveste i caratteri di «operazione non adeguata» ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 29 reg. Consob 1.7.1998;

2) Accertare e dichiarare la nullità, o inefficacia del contratto di vendita delle obbligazioni Parmalat Finance Corporation bv, codice ISIN XS 0132599175, stipulato dal sig. T. con il Banco di Sicilia, per le causali meglio specificate in narrativa (violazione del combinato disposto degli artt. 1418 e 1343 c.c., artt. 21 D. L.vo 58/1998 e 26, 27, 28, 29 del reg. Consob 1/7/1998), con conseguente condanna della società convenuta alla restituzione del capitale investito, ed al risarcimento danni da liquidarsi secondo equità, oltre interessi e danno da svalutazione monetaria, dal diritto al soddisfo;

3) in linea subordinata, accertare e dichiarare che nella operazione di collocamento delle obbligazioni summenzionate, la banca convenuta ha tenuto, per le motivazioni in narrativa, in particolare per la omissione di informazioni doverose, una condotta inadempiente al dovere di buona fede pre-contrattuale, ed all’obbligo di diligenza specifica (artt. 1337, 1375 c.c., art. 21 e art. 23, comma 6, D. L.vo 58/1998, art. 28, comma 2 e art. 96, comma 2, lettera 3, del reg. Consob 1/7/1998); per l’effetto, condannare le convenuta al risarcimento dei danni subiti e subendi, da liquidarsi in misura pari all’investimento sollecitato, oltre interessi e danno da svalutazione monetaria, dal diritto al soddisfo, ai sensi dell’art. 1224 c.c.;

4) ancora, in linea ulteriormente subordinata, ritenere e dichiarare l’annullabilità del contratto ut supra per dolo contrattuale, ex art. 1439 c.c., per le motivazioni esposte in narrativa; per l’effetto condannare il Banco di Sicilia alla integrale restituzione del capitale investito, oltre interessi e rivalutazione monetaria, dal diritto al soddisfo;

5) infine, in ulteriore subordine, ritenere e dichiarare che, nella operazione di collocamento del bond Parmalat Finance Corporation bv, codice ISIN XS 0132599175, la banca convenuta ha agito in posizione di conflitto di interessi con la risparmiatrice e, pertanto, annullare l’ordine di acquisto ex artt. 1394, 1395 c.c., e, per l’effetto, condannare la banca alla integrale restituzione del capitale investito, oltre interessi e rivalutazione monetaria, dal diritto al soddisfo”.


A supporto delle rassegnate conclusioni gli attori esponevano che:

- in data 15.01.2002, presso la filiale di Catania del Banco di Sicilia, agenzia “A” in corso Sicilia n. 6, ove intrattenevano rapporti di correntisti già da diversi anni, avevano acquistato obbligazione della società Parmalat Finance Corporation BV, codice ISIN XS 0132599175, per un valore nominale di € 10.000,00 con annessa pattuizione convenzionale della misura del tasso degli interessi creditori del 6,8% annuo, in scadenza al 25.07.2008;

- l’investimento era stato caldeggiato dall’impiegata dell’istituto bancario, la quale aveva prospettato l’opportunità di acquistare un “titolo italiano”, parificato, quanto a sicurezza e assenza di rischio, ai BOT, con la possibilità di conseguire guadagni medio-alti e di riscattare il capitale in qualsiasi momento, anche prima della scadenza dei titoli, a semplice richiesta;

- esso T. aveva manifestato la propria scarsa propensione al rischio, ma era stato rassicurato dalle parole dell’impiegata, che aveva fatto riferimento alla storica solidità aziendale del gruppo Parmalat;

- in occasione dell’acquisto dei bond Parmalat la banca convenuta non aveva fornito ad esso T. il questionario relativo agli obiettivi di investimento ed alla propensione al rischio;

- dichiarata, nel dicembre 2003, l’insolvenza di una serie di società facenti capo al gruppo Parmalat, fra cui la Parmalat Finance Corporation BV, esso T. si era recato presso l’istituto bancario per richiedere informazioni, ottenendo risposte vaghe e sfuggenti;

- la Commissione di Conciliazione, adita al fine di ottenere, quanto meno, la restituzione della sorte capitale investita, aveva formulato la proposta di ristoro per un importo di € 4.471,45, non accettata da essi attori.


Così ricostruita la vicenda i sigg. T. e B., richiamate le disposizioni contenute nel TUF (D. Lvo 58/98) e nel reg. Consob dell’1.07.1998 n. 11522 in materia di obblighi a carico dell’intermediario preliminari alla stipula del contratto di gestione e consulenza in materia di investimenti ed all’inizio della prestazione di servizi di investimento, eccepivano:

1) la nullità dell’ordine di acquisto dei bond Parmalat: a) per le caratteristiche del titolo (mancanza di “rating”); b) per il fatto che l’emittente fosse una società di nazionalità estera e, dunque non soggetta al limite dell’art. 2410cc nella formulazione allora in vigore; c) per la situazione patrimoniale dell’emittente (la società finanziaria Parmalat Finance Corporation BV aveva un capitale sociale di € 1.242.000,00 ed aveva emesso e collocato sul mercato obbligazione per un valore nominale complessivo di € 500.000.000,00); d) per la natura di essi attori, investitori privi di esperienza, per come desumibile dalla quasi totale assenza di pregresse operazioni sul mercato dei valori mobiliari e dalla non titolarità di altri prodotti finanziari, eccezione fatta per i titoli di stati e per le obbligazioni.

2) La violazione degli artt. 1337 e 1375 cc per non avere la banca convenuta impiegato l’adeguato sforzo, diligente e professionale, per procurarsi le notizie idonee ad evitare di ledere la libertà negoziale altrui e in particolare, ad evitaredi ledere la libertà negoziale altrui e, in particolare, ad evitare di indurre il risparmiatore ad acquistare strumenti finanziari che altrimenti non avrebbe acquistato ove fosse stato correttamente informato circa la vera situazione economica e finanziaria dell’ente emittente e circa la reale natura dei titoli in oggetto. Il comportamento della banca integrava – secondo l’assunto di parte attrice – quanto meno una responsabilità precontrattuale, individuata, nel caso di specie, in una omissione, se non fuorviante, lesiva della libertà negoziale, consistita nell’avere espresso giudizi positivi, o comunque nell’avere sollecitato la sottoscrizione di obbligazioni delle quali conosceva, o avrebbe dovuto conoscere, la rischiosità.

3) L’annullabilità per dolo contrattuale, atteso che le omissioni informative sull’ente emittente e sulla sua situazione finanziaria, l’avere spacciato i bond per un titolo italiano, emesso da una società italiana, storica e solida, l’avere utilizzato espressioni (quali “investimento sicuro” e “privo di alcun rischio”) avevano rappresentato un vero e proprio inganno per essi attori che altrimenti non avrebbero mai aderito alla sollecitazione. In particolare, nel coso di specie, secondo la prospettazione di parte attrice, la banca convenuta non poteva non sapere che: a) la Parmalat S.p.A era un gruppo multinazionale piramidale, con a capo la Parmalat Finanziaria S.p.A. e che erano quasi esclusivamente le società estere, tra cui Parmalat Finance Corporation BV, ad emettere sempre sui mercati esteri prestiti obbligazionari, con varie scadenze; b) all’atto dell’emissione queste obbligazioni non avevano il giudizio sul merito di credito della società (rating); c) tali obbligazioni non avevano alcun avallo da parte della Consob; d) detti titoli erano destinati ad investitori professionali; e) il valore nominale delle obbligazioni emesse da Parmalat Finance Corp. BV superava di gran lunga il capitale sociale della medesima società.

4) L’annullabilità dell’ordine di acquisto per conflitto di interessi ex artt. 1394 e 1395 cc trattandosi di titoli nella disponibilità della banca che li aveva negoziati con il risparmiatore.

Per le esposte argomentazioni T. A. e B. S. concludevano così come sopra trascritto.


In seno all’atto di citazione gli attori provvedevano, ai sensi dell’art. 2 D.Lvo 5/03, a fissare al convenuto il termine per la notifica al proprio difensore della comparsa di costituzione e ad indicare il numero di fax presso cui la stessa doveva essere inviata. Il Banco di Sicilia S.p.A. si costituiva in giudizio e, contestando la fondatezza della domande, ne chiedeva il rigetto con vittoria di spese e compensi.

In particolare, il Banco di Sicilia S.p.a. eccepiva:

1) il difetto di interesse ad agire degli attori ex art. 100 cpc sul rilievo che, avendo il gruppo Parmalt avanzato proposta di concordato (accettata ed omologata nel del giudizio), il danno denunciato dagli attori si profilava come meramente eventuale.

2) L’inesistenza della presunta nullità dell’ordine di acquisto atteso che le obbligazioni acquistate dagli attori erano state emesse dal gruppo Parmalt ed avevano ottenuto valutazioni ampiamente positive dalle maggiori società di rating.

3) L’insussistenza della dedotta inadeguatezza dell’operazione atteso che all’epoca dell’acquisto dei titoli da parte degli attori il gruppo Parmalat appariva come il quarto grande gruppo dell’industria alimentare europea; le obbligazioni erano certificate dalle maggiori società di rating; gli attori avevano dichiarato ad esso banco di avere “media propensione al rischio” ed avevano acquistato anche obbligazioni di altre società.

4) L’inesistenza della presunta violazione degli artt. 1337 e 1375 cc tenuto conto della posizione occupata sui mercati europei dal gruppo Parmalat e dovendosi escludere che l’impiegato della banca avesse svolto “campagne promozionali” in favore delle obbligazioni acquistate dagli attori.

5) L’infondatezza della domanda di annullamento del contratto per dolo contrattuale, fondata sulla presunta inadeguatezza dell’operazione. In proposito, esso banco escludeva di avere mai affermato che l’investimento fosse “sicuro” e “privo di rischi” ed evidenziava come anche il “documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari”, consegnato agli attori in forza dell’art. 28 del regolamento in materia di intermediari, desse notizia della rischiosità di tali investimenti.

6) L’inesistenza dell’eccepito conflitto di interessi, trattandosi di titoli che esso banco, in forza dell’ordine di acquisto da parte degli attori, aveva appositamente acquistato sul mercato.

7) L’inesistenza del lamentato danno atteso che gli attori, nonostante l’espresso suggerimento in tal senso loro rivolto, avevano rifiutato di cedere i titoli, provocando, quindi, un danno che avrebbero potuto evitare usando l’ordinaria diligenza. Inoltre, le obbligazioni in oggetto avevano prodotto interessi fino al 25.07.2003, dei quali si doveva in ogni caso tener conto ai fini della determinazione del danno.

In via riconvenzionale, inoltre, il Banco di Sicilia S.p.A., nell’ipotesi di accoglimento delle domande proposte dagli attori, richiedeva la condanna degli stessi alla restituzione delle obbligazioni oggetto del giudizio, nonché delle somme percepite a titolo di interessi sulle obbligazioni medesime.


Il Banco di Sicilia, come sopra rappresentato e difeso, pertanto, così concludeva: “Voglia il Tribunale adito

1) in linea preliminare, accertare la carenza di interesse ad agire  dei signori A. T. e S. B. e, per l’effetto, dichiarare l’inammissibilità, improponibilità o improcedibilità delle domande contenute nell’atto di citazione del 17.12.2004;

2) in ogni caso, respingere le domande, proposte dai signori A. T. e S. B., come infondate in fatto e in diritto;

3) in linea subordinata – ove fossero accolte le domande di risarcimento, proposte con atto di citazione del 17.12.2004 -, compensare il danno, subito dai signori T. e B., con tutte le somme che sono state percepite (e saranno percepite) dagli attori in ragione del contratto del 15.01.2002;

4) in linea riconvenzionale - ove fosse accertata la nullità del contratto 15.01.2002, ovvero il contratto fosse annullato o risolto -, condannare i signori A. T. e S. B. a restituire al Banco di Sicilia S.p.A. le obbligazioni oggetto di questo giudizio, nonché le somme, percepite dai signori T. e B. a titolo di interessi sulle obbligazioni medesime (o a qualsiasi altro titolo, connesso al contratto del 15.01.2002). Con vittoria di spese, competenze ed onorari”.

Ai sensi dell’art. 4 D. L.vo 5/03 il convenuto Banco di Sicilia S.p.A. in seno alla comparsa di costituzione e risposta, assegnava all’attore termine per eventuale replica ed indicava il numero di fax del proprio difensore cui dovevano essere inviate le comunicazioni e notificazioni.

Avvenuta da parte del Presidente, con decreto del 28.05.2005, la designazione del giudice relatore, questi procedeva, ai sensi dell’art. 12 D. L.vo 5/2003, a predisporre e depositare il decreto di fissazione dell’udienza con il quale: 1) fissava l’udienza collegiale per la comparizione delle parti; 2) rigettava le istanze istruttorie avanzate dalle parti; 3) rigettava le istanze di ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. avanzate dai ricorrenti; 4) invitava le parti a comparire personalmente all’udienza per l’interrogatorio libero ed il tentativo di conciliazione; 5) invitava le parti a depositare almeno cinque giorni prima dell’udienza memorie conclusive, indicanti anche le questioni bisognose di trattazione.

All’udienza collegiale dell’11.11.2005 il Tribunale, esaurita la discussione, attesa la particolare complessità della controversia, disponeva con ordinanza, di cui dava lettura in udienza, che la sentenza sarebbe stata depositata nei trenta giorni successivi ai sensi dell’art. 16, comma V, D. L.vo 5/2003.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di difetto di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., proposta dalla banca convenuta in seno alla comparsa di costituzione e reiterata nei successivi scritti difensivi, sul rilievo che il danno denunciato dagli attori sarebbe meramente eventuale avendo essi ricevuto, in qualità di creditori chirografari del gruppo Parmalat, azioni, quotate in borsa, della società assuntrice della proposta di concordato, accettata ed omologata nel corso del presente giudizio.

Ritiene il Collegio che l’eccezione sia infondata e, come tale, debba essere respinta. Ed invero, l’art. 100 c.p.c testualmente stabilisce che “Per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse”. Quella contenuta nella disposizione sopra trascritta integra quella condizione dell’azione nota con il nome di “interesse ad agire”; interesse che, per come evidenziato dalla prevalente dottrina, si concretizza nell’esigenza di tutela giurisdizionale conseguente alla violazione di un diritto sostanziale. La violazione o lesione del diritto costituisce, dunque, il fondamento del diritto. Lesione, però, che ai fini della sussistenza del requisito dell’interesse ad agire, deve essere soltanto affermata o narrata nella domanda, perché l’interesse ad agire altro non è che una modalità della domanda, ossia un contenuto della domanda. L’interesse ad agire, quindi, consiste nell’affermazione, contenuta nella domanda, dei fatti costitutivi e dei fatti lesivi di un diritto.

In giurisprudenza è stato altresì affermato che “l’interesse ad agire deve essere concreto ed attuale, nel senso che, senza l’intervento dell’autorità giurisdizionale, l’attore subirebbe un ingiusto danno, consistente nella privazione di un bene garantito dalla legge o nella mancata eliminazione di una situazione di incertezza che renda insicuro il godimento di un bene” (v. Cass. 4220/83; 4232/88) e che “l’interesse ad agire sussiste quando l’azione sia intesa ad evitare una lesione anche soltanto potenziale al diritto soggettivo” (v. Cass. 3850/75).

Alla luce di quanto sin qui esposto deve, quindi, escludersi che nella fattispecie in esame sussista l’eccepito difetto di interesse ad agire tenuto conto sia della prospettazione dei fatti costitutivi e di quelli lesivi del diritto resa dagli attori, sia della loro attuale posizione, creditori chirografari in seno al concordato Parmalat, che non risulta abbiano, allo stato, ottenuto alcun rimborso, neppure parziale.

Nel merito la domanda di nullità dell’ordine di acquisto delle obbligazioni Parmalat Finance Corporation BV del 15.01.2002 proposto dal T. e dalla B. appare fondata e merita, per l’effetto, di essere accolta.

Prendendo le mosse dalla ricostruzione dei fatti per come documentati in atti e, peraltro, non contestati tra le parti, risulta che in data 15.01.2002 gli odierni attori acquistarono presso la filiale di Catania del Banco di Sicilia S.p.A. obbligazioni della società Parmalat Finance Corporation BV, codice ISIN XS 0132599175, per un valore nominale di € 10.000,00 con annessa pattuizione convenzionale della misura del tasso di interessi creditori al 6,8% annuo (v. copia ordine di acquisto).

Ritiene il Collegio di dover partire dalla considerazione per la quale le norme che disciplinano la materia della intermediazione finanziaria (D. L.vo 24.02.1998 n. 58 (TUF) e Deliberazione CONSOB 1° luglio 1998, n. 11522 – Adozione del Regolamento di Attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58) ed, in particolare, quelle invocate dagli attori (art. 21 e 23 D. Leg. 58/98, artt. da 26 a 30 reg. Consob 11522/98) hanno carattere imperativo, essendo poste a tutela del risparmio, bene di sicuro rilievo costituzionale, e costituiscono il contenuto specifico dei comportamenti esigibili e degli obblighi inderogabili da parte di chi offre servizi di investimento, operatori professionali “abilitati” a cui si richiede alta competenza specifica e una superiore (rispetto a quella comune del “buon padre di famiglia”) diligenza, correttezza e trasparenza nei rapporti contrattuali.

Sulla predetta linea sembra attestarsi la più recente giurisprudenza di merito (cfr. Trib. Mantova 18.03.2004; Trib. Firenze 30.05.2004; Trib. Taranto 27.10.2004; Trb. Ferrara 25.02.2005; cfr. Cass. 3272/2001 sul rilievo pubblicistico della normativa previgente). Sulla particolare diligenza e correttezza richiesta nella particolare materia dell’investimento anche la giurisprudenza di legittimità è poi ormai consolidata (v. in particolare Cass. 426/2000, nonché Cass. 97/108 sui doveri informativi, Cass. 98/5659 e Cass. 99/2284). Più in particolare, passando all’esame delle disposizioni che qui si rilevano, l’art. 23 del D.lvo 58/98 nel disciplinare il contratto relativo alla prestazione dei servizi di investimento testualmente dispone che “1. I contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento e accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. La CONSOB, sentita la Banca d’Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni tecniche o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo 2. è nulla ogni pattuizione di rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente e di ogni altro onere a suo carico. In tali casi nulla è dovuto. 3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 la nullità può essere fatta valere solo dal cliente. 4. Le disposizioni del titolo VI, capo I, del T.U. bancario non si applicano ai servizi di investimento né al servizio accessorio previsto dall’articolo 1, comma 6, lettera f). 5. Nell’ambito della prestazione dei servizi di investimento, agli strumenti finanziari derivati nonché a quelli analoghi individuati ai sensi dell’articolo 18 comma 5, non si applica l’articolo 1933 del codice civile. 6. Nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l’onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta” e l’art. 30 del Reg. Consob n. 11522 dell’1.7.1998, sempre per quanto concerne il contratto, aggiunge che “Gli intermediari autorizzati non possono fornire i propri servizi se non sulla base di un apposito contratto scritto; una copia di tale contratto è consegnata all’investitore. 2. Il contratto con l’investitore deve: a) specificare i servizi forniti e le loro caratteristiche; b) stabilire il periodo di validità e le modalità di rinnovo del contratto nonché le modalità da adottare per le modificazioni del contratto stesso; c) indicare le modalità attraverso cui l’investitore può impartire ordini e istruzioni; d) prevedere la frequenza, il tipo e i contenuti della documentazione da fornire all’investitore a rendiconto dell’attività svolta; e) indicare e disciplinare, nei rapporti di negoziazione e ricezione e trasmissione di ordini, le modalità di costituzione e ricostituzione della provvista o garanzia delle operazioni disposte, specificando separatamente i mezzi costituiti per l’esecuzione delle operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati e warrant; f) indicare le altre condizioni contrattuali eventualmente convenute con l’investitore per la prestazione del servizio....”.

Per come evidenziato da attenta dottrina ed anche da una parte della giurisprudenza di merito (v. Tribunale di Venezia sent. 22.11.2004, Giudice Caprioli, e Tribunale Mantova sent. 1.12.2004, Giudice Bernardi, entrambe in Danno e Responsabilità n. 6 anno 2005), il vincolo legale di forma scritta vale soltanto per il c.d. “contratto quadro” per la negoziazione, la ricezione e la trasmissione di ordini relativi a strumenti finanziari, e non anche per i singoli ordini di compravendita impartiti dall’investitore, che consistono in dichiarazioni non negoziali di volontà (cc.dd. determinative) cui fa seguito una mera attività esecutiva (l’acquisto o il disinvestimento) che non concreta un ulteriore accordo (proprio perché l’intermediario “esegue” e non “accetta di eseguire” l’ordine). Solo il “contratto quadro”, quindi, rientra fra i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimenti, cui si riferisce l’art. 23 D.L.vo 58/98 e, pertanto, il vincolo legale della forma scritta non vale anche per i singoli ordini di acquisto “a valle”, in relazione ai quali la forma della conclusione è quella prevista in via pattizia dallo stesso contratto quadro: ordine di acquisto del cliente di inoltrare alla banca con la sottoscrizione di apposito modulo d’ordine, o anche comunicazione telefonica (soggetta a registrazione), a cui fa seguito l’esecuzione dell’ordine stesso da parte della banca.

Ciò premesso osserva il Tribunale come nella fattispecie che occupa non risulta che la banca abbia mai, prima della ricezione dell’ordine di acquisto del 15.01.2002 delle obbligazioni Parmalat Finance Corporation BV impartito dagli attori al Banco di Sicilia addirittura il 15.1.2002 (cioé oltre un anno prima). Al momento dell’ordine di acquisto (15.1.2002) il “contratto quadro” non risultava ancora sottoscritto (e lo sarebbe stato oltre un anno dopo: il 29.1.2003). È opinione del Tribunale che l’omessa sottoscrizione del “contratto quadro” alla data di esecuzione dell’ordine di acquisto abbia determinato la nullità di quest’ultimo. In proposito occorre richiamare il contenuto dell’art. 30 del Reg. Consob 1.7.1998, già sopra trascritto, a mente del quale gli intermediari “non possono fornire i propri servizi se non sulla base di un apposito contratto scritto”. La citata norma del REg. individua, quindi, nella previa conclusione del “contratto quadro” un requisito di legittimazione dell’intermediario a fornire servizi di investimento ai propri clienti in mancanza del quale la banca non può ritenersi legittimata ad accettare ed eseguire l’ordine di acquisto del cliente. Ne consegue, pertanto, che l’ordine di acquisto dei titoli, sottoscritto, nella specie, dagli attori in data 15.1.2002 deve ritenersi nullo attesa la mancanza di “contratto quadro”. Né a diverse conclusioni consente di pervenire – secondo l’assunto difensivo dell’istituto convenuto – la circostanza che il contratto quadro sottoscritto in data 29.01.2003 riporti in alto la dicitura “il presente contratto sostituisce / integra il contratto del 01.10.1991” richiamando, quindi, un precedente contratto già sottoscritto dagli attori in forza del quale la banca avrebbe dato esecuzione all’ordine di acquisto delle obbligazioni Parmalat Finance Corporation BV per cui è causa.

La tesi difensiva della banca non sfugge, infatti, ai seguenti rilievi: 1) innanzitutto al rapporto negoziale di cui si tratta (e cioè all’ordine di acquisto delle obbligazioni per cui è causa, accettato dalla banca) debbono applicarsi le norme in vigore al momento della sua conclusione (15.1.12002) e non certo quelle anteriori integralmente abrogate o sostituite da discipline successive. La circostanza, peraltro non documentata, che gli attori in data 1.10.1991 ebbero a sottoscrivere altro contratto, del quale non è dato conoscere il contenuto, con il Banco di Sicilia non assume, quindi, alcuna rilevanza al fine di escludere la nullità dell’ordine di acquisto del 15.1.2002; 2) in secondo luogo, il Banco di Sicilia non ha neanche prodotto il contratto asseritamene sottoscritto con gli attori in data 1.10.199, del quale, quindi, non risulta provata né l’esistenza, né l’eventuale contenuto. Per le esposte argomentazioni deve essere dichiarata la nullità dell’ordine di acquisto delle obbligazioni Parmalat Finance Corporation BV, codice ISIN XS 0132599175, impartito dagli attori al Banco di Sicilia in data 15.1.2002.

Alla superiore declaratoria di nullità consegue la condanna della banca convenuta alla restituizone inf avore degli attori della somma di € 10.000,00 corrispondente al valore nominale delle obbligazioni acquistate, oltre interessi  legali dalla data dell’investimento (15.1.2002) al soddisfo, considerato il mancato godimento della somma per tale periodo. La declaratoria di nullità dell’ordine di acquisto del 15.1.2002 fondata sulla mancanza di un preesistente contratto quadro rende superfluo l’esame degli altri motivi di doglianza spiegati dagli attori in citazione.

Devono, invece, essere rigettate le ulteriori domande proposte dal T. e dalla B.. In particolare, per quanto concerne la richiesta di condanna alla rivalutazione monetaria, osserva il Collegio come, trattandosi di debito di valuta, la stessa non possa essere accolta per non avere gli attori fornito prova del maggior danno ex art. 1224, comma II, cc.

Parimenti va rigettata la domanda di condanna al risarcimento dei danni, non avendo gli attori fornito prova alcuna in ordine alla loro effettiva sussistenza, né elementi che possano consentirne una valutazione anche equitativa.

Venendo, infine, ad esaminare le domande riconvenzionali proposte dal Banco di Sicilia ritiene il Tribunale che debba essere accolta quella di condanna degli attori alla restituzione dei titoli in loro possesso, mentre vada rigettata quella di condanna degli attori alla restituzione dei frutti civili, atteso che il banco convenuto non ha provato né che gli stessi siano stati effettivamente percepiti dagli attori, né quale sia stato il loro ammontare. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.


P.Q.M.


Il Tribunale, visto l’art. 16 D.L.vo 5/2003, definitivamente pronunziando sulla domanda formulata da T. e B. S. nei confronti del Banco di Sicilia S.p.A. rigettata ogni contraria istanza, eccezione e difesa, così statuisce:

- dichiara la nullità dell’ordine di acquisto del 15.1.2002 delle obbligazioni Parmalat Finance Corporation BV, codice ISN XS 0132599175;

- condanna il Banco di Sicilia S.p.A. a restituire agli attori la somma di € 10.000,00 oltre interessi legali dalla data dell’investimento (15.1.2002) al soddisfo;

- condanna gli attori a restituire al Banco di Sicilia S.p.A. i titoli ancora in loro possesso;

- rigetta ogni ulteriore domanda;

- CONDANNA IL Banco di Sicilia S.p.A. al pagamento in favore degli attori delle sepse processuali liquidate in complessivi € 2.842,00, di cui € 185,00 per spese, € 1.800,00 per onorario ed € 857,00 per diritti, oltre IVA e CPA. La sentenza è esecutiva ai sensi di legge.


Così deciso in Catania il 25.11.2005 nella camera di consiglio della IV sezione civile.


IL GIUDICE REL./EST.

(Dott. Nicola La Mantia)

IL PRESIDENTE

(Dott. Giovanni B. Macrì)


DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 03.12.2005


Nota

L’obbligazionista Parmalat il quale non abbia percepito alcun rimborso, neppure parziale, del titolo, mantiene l’interesse ad agire in giudizio, nei confronti della banca intermediaria, ex art. 100 c.p.c., pur se il concordato sia stato omologato.

È quanto ha ritenuto il Tribunale di Catania, che ha dichiarato la nullità di un ordine di acquisto di obbligazioni Parmalat Finance Corporation Bv, per omessa sottoscrizione del contratto c.d. quadro al momento della esecuzione dell’ordine. In mancanza di quest’ultimo, difatti, la banca non avrebbe dovuto ritenersi legittimata ad accettare ed eseguire l’ordine di acquisto del cliente.

Il Tribunale di Catania ha evidenziato, infine, che le norme costituenti lo “statuto” della intermediazione finanziaria (D. L.vo 24.02.1998 n. 58, e Deliberazione CONSOB 1° luglio 1998, n. 11522 – Adozione del Regolamento di Attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58) hanno carattere imperativo, essendo poste a tutela del risparmio, bene di sicuro rilievo costituzionale; esse individuano i comportamenti esigibili, e gli obblighi inderogabili di coloro i quali offrano servizi di investimento, operatori professionali “abilitati” a cui si richiede alta competenza specifica e una diligenza, correttezza e trasparenza nei rapporti contrattuali superiore a quella comune del “buon padre di famiglia”.

Avv. Gaia Matteini