Diritto dei Mercati Finanziari


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 273 - pubb. 01/07/2007

Mandato e natura degli ordini di negoziazione

Tribunale Rovereto, 18 Gennaio 2006. ..


Intermediazione finanziaria – Servizi d’investimento – Contratto relativo alla prestazione di servizi di investimento – Qualificazione – Contratto di mandato


Intermediazione finanziaria – Servizi d’investimento – Mancanza di contratto relativo alla prestazione di servizi di investimento – Atto di negoziazione per conto terzi – Nullità per mancanza di causa



Il contratto relativo alla prestazione dei servizi d’investimento in strumenti finanziari disciplinato dall’art. 23 del D. lgs. 24 Febbraio 1998 n. 58 e dall’art. 30 del Regolamento Consob 11522/1998 va qualificato come contratto di mandato; l’ordine del cliente all’intermediario finanziario va qualificato come direttiva dal mandante al mandatario ai sensi dell’art. 1711 c.c.; l’atto di negoziazione per conto terzi dell’intermediario finanziario va qualificato come negozio di attuazione del mandato.


È nullo per mancanza di causa l’atto di negoziazione di prodotti finanziari eseguito dall’intermediario in esecuzione di un ordine del cliente in caso di mancanza della forma scritta del contratto relativo alla prestazione di servizi d’investimento in strumenti finanziari.



(omissis)


FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con atto di citazione notificato l’ 11 Novembre 2004 e depositato in cancelleria il successivo 17 Novembre, gli attori, D. *** (di seguito indicati collettivamente come D.), premettevano:

- che in data 27 Marzo 1997 essi versavano alla CASSA *** (di seguito: indicata anche come CASSA o Banca) su c.c. n. 9792/1, intestato agli odierni attori, la somma di £ 400.583.000.= al fine di ottenere dalla CASSA stessa il rilascio fideiussione bancaria a prima richiesta a garanzia di una transazione internazionale riguardante il capitale della società I. S.p.A., dagli attori in precedenza posseduto ed, a quell’epoca, ceduto alla multinazionale di diritto svedese G. AD;

- che la provvista era utilizzata per l’acquisto di CCT (certificati di credito del Tesoro) per il controvalore di - £ 339.344.191.=, addebitato in conto corrente;

- che i certificati di credito del tesoro erano quindi costituiti in pegno in favore della CASSA, che rilasciava garanzia fideiussoria;

- che nel mese di Febbraio 2000 il sig. O. D. era avvicinato dal direttore della CASSA che gli proponeva si sostituire i CCT “con altra e più remunerativa forma d’investimento: nel concreto veniva proposto l’acquisto di obbligazioni Argentina”;

- che gli attori davano seguito all’acquisto procedendo, in data 14.02.2000, alla vendita dei CCT mentre in data 15.02.200 la CASSA comunicava agli attori di avere acquistato obbligazioni argentina 10,50% -95 02 COD ISIN DE0001300200-00 per un controvalore di £ 394.889.758.= pari ad € 203843,54;

- che le obbligazioni Argentina venivano quindi costituite in pegno in sostituzione dei certificati di credito del tesoro;

- che, a fine gennaio 2003, scaduto l’impegno fideiussorio, la CASSA comunicava ai correntisti D. l’avvenuto svincolo dei titoli Argentina dal pegno che essi avevano a suo tempo costituito in favore della CASSA affidante;

- che nel frattempo, a fine 2001, lo Stato Argentino, aveva dichiarato il default con riferimento al proprio debito pubblico ed aveva sospeso il rimborso delle obbligazioni di stato così come il pagamento degli interessi;

- che, conseguentemente, le obbligazioni Argentina avevano perduto “la quasi totalità del loro valore”;

- che, con lettera raccomandata del 12.03.2003, i D. formulavano “una prima contestazione alla Banca, nel contempo richiedendo alla medesima di poter ottenere copia di tutta la documentazione contrattuale e contabile che aveva delineato il rapporto”;

- che, ricevuta una risposta interlocutoria dalla CASSA e decorsi invano tre mesi, essi inviavano un ulteriore sollecito formale con lettera dd. 10.06.2003;

- che, dopo ulteriori solleciti verbali, la CASSA consegnava unicamente copia del documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari, il quale “reca una firma che il sottoscrittore fatica obbiettivamente a riconoscere come propria”;

- che, successivamente, le parti abbozzavano una trattativa per giungere ad una transazione, poi naufragata.


Tanto premesso gli attori descrivevano l’andamento del debito pubblico Argentino e il rischio di insolvenza dello Stato Argentino negli anni dal 1993 al 2002, così come valutato dalle agenzie internazionali di rating, per affermare che, al momento dell’acquisto da parte loro nel febbraio 2000 delle obbligazioni Argentina, tali prodotti finanziari erano da considerare ad altissimo rischio. Sulla base delle suddette deduzioni fattuali, gli attori affermavano l’invalidità “dei contratti d’investimento” sotto i profili della nullità e dell’annullabilità per vizi formali e per violazione da parte della CASSA degli obblighi di comportamento prescritti dall’art. 21 del testo unico della finanza approvato con Decreto Legislativo 24 febbraio 1998 n. 58 (di seguito indicato come T.U.F.) e degli articoli 26, 27, 28 e 29 della delibera Consob 1° Luglio 1998 n. 11522 (di seguito indicata come Regolamento); in subordine i D. invocavano la responsabilità contrattuale della CASSA ed il proprio diritto al risarcimento del danno per violazione da parte dell’intermediario degli stessi obblighi di comportamento sopra menzionatI (art. 21 del T.U.F. ed artt. da 26 a 29 del Regolamento).

In estrema sintesi, gli attori si dolevano:

- che la CASSA non avesse rilasciato la copia del contratto “contenente eventuale mandato per la negoziazione di strumenti finanziari”;

- che la Cassa avesse provveduto all’acquisto delle obbligazioni Argentina senza avere raccolto un ordine d’acquisto da parte degli attori;

- che la Cassa avesse provveduto all’acquisto delle obbligazioni Argentina senza avere raccolto un’autorizzazione ad effettuare investimenti a rischio elevato;

- che la CASSA non avesse fatto sottoscrivere agli attori un documento relativo alla loro propensione al rischio;

- che la CASSA avesse comunque mantenuto un contegno contrario a buona fede e non avesse osservato gli obblighi di informazione imposti dalla normativa di settore;

- che la CASSA avesse consigliato un investimento non adeguato al profilo di rischio dei clienti.

Inoltre gli attori ipotizzavano che la CASSA avesse loro trasferito titoli già detenuti in portafoglio dallo stesso istituto di credito ed avesse pertanto agito in una situazione di conflitto d’interessi.


Con comparsa di costituzione depositata in cancelleria il 13 Gennaio 2005 si costituiva in giudizio la CASSA, la quale :

- eccepiva che il contratto stipulato tra le parti (doc. 1) dovesse essere qualificato come contratto di pegno e non contratto di negoziazione di strumenti finanziari;

- eccepiva che tale contratto, avente ad oggetto prima CCT e poi obbligazioni Argentina, era stato stipulato nell’interesse della CASSA a fronte dell’esigenza degli attori di ottenere fideiussione bancaria;

- negava pertanto che fosse necessario un ordine di acquisto di titoli argentini ed eccepiva che l’intera operazione di costituzione di pegno sui titoli argentini risultava documentata per iscritto;

- in assenza d’investimento ed in presenza di un rischio per la sola banca, la convenuta negava rilevanza alle considerazioni espresse dagli attori sui doveri di informazione della Banca in relazione ai “rischi di investimento in strumenti finanziari”;

- eccepiva che, in ogni caso, “per puro scrupolo” la Banca fece sottoscrivere al sig. M. D. “un apposito documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari”;

- negava, infine, di avere agito in conflitto d’interessi e produceva le contabili d’acquisto sul mercato dei titoli obbligazionari (doc. 3).


Sulla base delle suddette contestazioni ed eccezioni, la convenuta concludeva per il rigetto delle domande. Seguiva tra le parti scambio di memorie di replica e di ulteriore replica. Con memoria del 25 febbraio 2005 la CASSA chiedeva la condanna degli attori al risarcimento del danno per lite temeraria.

Gli attori depositavano in data 11 Aprile 2005 istanza di fissazione dell’udienza, con la quale precisavano le conclusioni e non avanzavano istanze istruttorie, rimettendosi al giudicante circa l’opportunità di disporre C.T.U..

In data 12 Aprile 2005 la CASSA depositava la nota di cui all’art. 10 secondo comma del d. lgs. 5/2003, con la quale rassegnava le proprie conclusioni. In mancanza di richieste istruttorie, il giudice relatore, con decreto del 31 Maggio 2005, fissava udienza collegiale, invitando le parti a depositare almeno cinque giorni prima dell’udienza memorie conclusionali. Nel termine assegnato le parti depositavano atti conclusionali.

All’udienza collegiale del 17 settembre 2005 il collegio esperiva tentativo di conciliazione e quindi rinviava per la discussione finale.

All’odierna udienza collegiale, previa discussione dei legali, la causa era trattenuta in decisione.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Le domanda principale dei D. volta alla declaratoria di nullità “delle operazioni di acquisto di obbligazioni Argentina” ed alla ripetizione del controvalore monetario versato per l’acquisto, pari ad € 203.943,54=, è fondata e merita accoglimento. Gli attori invocano la nullità del contratto o meglio l’inesistenza di un “contratto contenente eventuale mandato per la negoziazione di strumenti finanziari” (pag. 11 dell’atto di citazione) e la nullità dell’acquisto delle Obbligazioni Argentina per l’assenza di “specifico dell’ordine di negoziazione alla cassa Rurale di acquistare i titoli per cui è causa” (..) “quand’anche verbalmente conferito” (pag. 12 dell’atto di citazione).

Per entrambe le fattispecie, contratto ed ordine, i D. fondano l’affermazione della nullità su ragioni di carattere formale e richiamano l’art. 23 del T.U.F..

Ebbene le due fattispecie invocate debbono essere distinte.

L’art. 23 del TUF effettivamente stabilisce che i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento ed accessori sono redatti per iscritto e sanziona il difetto di forma con la nullità.

La forma scritta di tali contratti è dunque prescritta dalla legge ad substantiam, essendo la nullità –assoluta e rilevabile d’ufficio – conseguenza della carenza del requisito formale. L’art. 30 del Regolamento disciplina poi minuziosamente il contenuto di tale “contratto con gli investitori”, che deve:

a) specificare i servizi forniti e le loro caratteristiche;

b) stabilire il periodo di validità e le modalità di rinnovo del contratto, nonché le modalità da adottare per le modificazioni del contratto stesso;

c) indicare le modalità attraverso cui l'investitore può impartire ordini e istruzioni;

d) prevedere la frequenza, il tipo e i contenuti della documentazione da fornire all'investitore a rendiconto dell'attività svolta;

e) indicare e disciplinare, nei rapporti di negoziazione e ricezione e trasmissione di ordini, le modalità di costituzione e ricostituzione della provvista o garanzia delle operazioni disposte, specificando separatamente i mezzi costituiti per l'esecuzione delle operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati e warrant;

f) indicare le altre condizioni contrattuali eventualmente convenute con l'investitore per la prestazione del servizio.

In forza di tale contratto, che in numerose sentenze dei giudici di merito è usualmente definito come “contratto quadro” (per la cui qualificazione giuridica vedi infra), l’intermediario autorizzato, nel nostro caso la CASSA, è tenuto, su ordine del cliente a fornire al cliente stesso servizi d’investimento e servizi accessori aventi ad oggetto strumenti finanziari.

A norma dell’art. 1 paragrafo 2. lett. b) del T.U.F per strumenti finanziari si intendono anche le obbligazioni e i titoli di Stato (quali sono le obbligazioni Argentina); ai sensi del paragrafo 3. lett. b) dello stesso articolo per servizi d’investimento si intende anche la negoziazione per conto terzi ed ai sensi della successiva lettera a) del paragrafo 6 per servizi accessori si intendono anche la custodia ed amministrazione di strumenti finanziari.

Ebbene, nel caso di specie, come si dirà, non è stato acquisito al processo un contratto scritto, avente il contenuto dell’art. 30 del Regolamento, che disciplini i servizi di investimento ed in particolare la negoziazione di titoli di Stato per conto terzi nonché i servizi accessori ed in particolare la custodia ed amministrazione titoli.

Diversa è, invece, la fattispecie relativa all’ordine.

Come già si è accennato nell’illustrare la disciplina del contratto, l’ordine (per la cui qualificazione giuridica vedi infra), con il quale il cliente domanda all’intermediario autorizzato la prestazione di un servizio finanziario di negoziazione si innesta sul contratto scritto di investimento e non deve necessariamente rivestire la forma scritta.

Tanto risulta dalla disciplina positiva ed in particolare dall’art. 29 del Regolamento che impone un requisito formale per la documentazione dell’ordine nel solo caso di operazione non adeguata. In caso di operazione non adeguata, il requisito formale è soddisfatto dalla registrazione telefonica dell’ordine verbale (che è ammesso in alternativa alla forma scritta).

Ne consegue che nelle operazioni di negoziazione adeguate al profilo di rischio dell’investitore è valido l’ordine verbale anche non documentato su nastro magnetico o su supporto equivalente mentre l’ordine relativo ad operazioni che siano giudicate non adeguate deve quantomeno esser registrato su tali supporti.

Va ad abundantiam osservato che l’art. 29 del Regolamento non introduce, a differenza dell’art. 23 del TUF, un caso di forma ad substantiam (né peraltro sarebbe stato ad avviso del giudicante possibile che una fonte secondaria introducesse una causa di nullità del contratto), con la conseguenza che la violazione della forma rileva solo sul piano della prova del comportamento diligente dell’intermediario finanziario. In altri termini l’intermediario finanziario che, ai sensi dell’art. 23 del TUF, deve sempre dimostrare di avere diligentemente adempiuto il contratto, nel caso di operazione giudicata non adeguata, ha obblighi di diligenza ulteriori, cioè quelli: di avvisare il risparmiatore della natura non adeguata dell’operazione, di informarlo adeguatamente sulle possibili conseguenze dell’operazione sul suo patrimonio e di documentare, nella forma prescritta dal Regolamento, il consenso dato dal cliente nonostante l’avviso e l’informazione. Nel caso di specie non esiste un problema di prova dell’ordine, perché i D. hanno ammesso fin dall’atto introduttivo del presente processo (pag. 4 dell’atto di citazione) che essi hanno “inteso accettare” il consiglio della CASSA di acquistare le obbligazioni Argentina ed hanno così ammesso di avere verbalmente ordinato l’acquisto.

Oltretutto il sig. M. D., in rappresentanza degli altri attori, -come lui stesso ammette- sottoscrisse il contratto di pegno su titoli (doc. n. 2 depositato dalla CASSA) con il quale, per iscritto, appostava a pegno obbligazioni Argentina 95/02 per £ 370.000,00.=. Tale documento scritto, privo di data, costituirebbe in ogni caso una ratifica (art. 1711 c.c.) dell’acquisto operato dalla CASSA, quand’anche mancasse la prova dell’ordine verbale.

Il requisito di prova dell’esistenza dell’ordine risulterebbe così ampiamente soddisfatto.

Né è in questa sede è il caso di approfondire l’ulteriore tema di indagine introdotto dagli attori, relativo all’adeguatezza dell’informazione sui titoli Argentina da parte della CASSA e quindi sulla rilevanza dei conseguenti profili formali richiesti dall’art. 29 del Regolamento (forma scritta o registrazione su nastro magnetico o su supporto equivalente) perché la negoziazione di obbligazioni Argentina conseguente a quell’ordine va dichiarata nulla, sia pure per un profilo di nullità diverso da quello evidenziato dagli attori.

La declaratoria di nullità dell’atto di acquisto di obbligazioni Argentina è dunque assorbente di ogni altra doglianza avanzata dai D..

Tale atto di acquisto va dichiarato nullo per mancanza di causa perché il Collegio ritiene che, in base allo schema contrattuale legale (T.U.F) la negoziazione per conto terzi di prodotti finanziari trovi la su giustificazione nel contratto relativo alla prestazione di servizi d’investimento (cfr. art. 23 del T.U.F).

Tale contratto come, si è detto, è a sua volta nullo, perché non è stipulato nella forma scritta stabilita dalla legge a pena di nullità.

In punto di fatto va osservato che il giudicante non è stato messo in grado di capire se un contratto scritto d’investimento fu effettivamente sottoscritto dalle parti.

Vi è invero il dubbio che ciò si avvenuto.

Gli stessi attori nell’introdurre la vertenza osservavano che nel Marzo 1997 essi, al fine di ottenere la garanzia fidejussoria per l’operazione finanziaria di vendita di quote societarie che andavano a compiere, accesero presso la CASSA un conto corrente ordinario n. 9792/1 sul quale versarono l’importo di vecchie £ 400.583.000.=.

Gli stessi attori ci dicono poi che il denaro fu utilizzato per acquistare certificati di credito del tesoro italiani, che furono costituiti in pegno, quale garanzia accessoria in favore della Banca, per la fideiussione rilasciata dall’istituto di credito onde consentire l’operazione finanziaria internazionale.

Ora è del tutto ragionevole ritenere che per l’acquisto dei C.C.T. gli attori abbiano aperto il cosiddetto “conto titoli” che, quando redatto in forma scritto, integra proprio quel contratto d’investimento disciplinato dagli art. 23 del TUF e 30 del Regolamento.

Dell’esistenza di tale contratto vi è un’evidenza presuntiva nel doc. 2 che costituisce il documento nel quale viene raccolto il cosiddetto specimen, ossia la firma dei soggetti autorizzati ad operare sul conto. In tale documento si fa menzione di un deposito titoli n. 10042.

Tale numero n. 10042 viene poi richiamato, come identificativo di polizza, dal contratto di pegno su obbligazioni Argentina depositato dalla CASSA (doc. 2 del fascicolo attoreo).Ebbene la CASSA non ha mai chiarito se effettivamente vi fosse un contratto sottoscritto dalle parti relativo alla polizza 10042 e se tale contratto avesse o meno il contenuto prescritto dall’art 23 del T.U.F. e dall’art. 30 del Regolamento per i contratti di investimenti in servizi finanziari.

In mancanza di tale documento il Collegio non può che aderire alla domanda degli attori e accertare, in via incidentale, la nullità del contratto per vizio formale, non avendo la CASSA dimostrato di avere stipulato un contratto scritto di investimento nella forma (art. 23 TUF) e con le garanzie di contenuto (art. 30 del Regolamento) prescritte dalla Legge.

La suddetta carenza di allegazione e prova non è dovuta ad una svista da parte della CASSA ma risponde ad una precisa strategia difensiva della convenuta, la quale afferma che il contratto scritto sarebbe integrato dal contratto di pegno (doc. 2) e che la stipulazione di un pegno escluderebbe che tra le parti sia stato voluto un servizio di investimento in strumenti finanziari, per il quale si renda necessaria la documentazione ed il rispetto di obblighi di diligenza previsti dal TUF e dal Regolamento.

Secondo la CASSA, infatti, l’acquisto di obbligazioni Argentina, ordinato dai D. era funzionale all’esecuzione del diverso contratto di pegno su titoli che non ha come causa l’investimento ma la garanzia.

Soggiunge la CASSA che l’acquisto e la costituzione dei titoli in pegno fu effettuata nell’interesse della CASSA stessa che rilasciava garanzia fideiussoria, e non nell’interesse del cliente che tale garanzia riceveva, cosicché non vi era necessità di invocare le norme del T.U.F. e del Regolamento CONSOB dettate a protezione dei servizi d’investimento effettuati nell’interesse del cliente.

La tesi della CASSA per quanto suggestiva non ha convinto il collegio.Il Tribunale è invece convinto che le parti abbiano posto in essere due contratti collegati, un contratto di investimento ed un contratto di pegno.

Il contratto di investimento era certamente collegato funzionalmente al contratto di pegno, nel senso che gli attori acquistavano i titoli per costituirli in pegno.

Sennonché gli attori avrebbero ben potuto costituire in pegno il denaro che avevano versato sul conto corrente.Essi, invece, preferirono collocare in pegno dei titoli, perché si trattava di strumenti remunerativi e ciò fecero nel proprio interesse e non in quello della CASSA nella convinzione, poi suffragato dai fatti, che essi avrebbero onorato i propri debiti ed avrebbero ottenuto lo svincolo dei titoli dal pegno.

Gli attori avevano dunque interesse ad investire il denaro in prodotti finanziari remunerativi al fine di vedere fruttare il proprio capitale costituito in pegno.

L’investimento del danaro in obbligazioni Argentina venne dunque effettuato, si ripete, nell’interesse degli attori e non in quello della Banca che aveva come diverso interesse quello della appostazione a pegno da parte dei clienti di un capitale - fosse esso denaro, fossero oppure prodotti finanziari - sufficiente a garantire l’esposizione della CASSA in caso di escussione della garanzia fideiussoria da parte del terzo creditore.

Per la Banca era dunque indifferente che il cliente appostasse a pegno danaro, C.C.T. oppure obbligazioni Argentina, purchè si trattasse di un pegno sufficiente a coprire il rischio che la CASSA andava assumendo con il rilascio della fideiussione.

Per il cliente non era invece indifferente l’oggetto del pegno, perché quell’oggetto era destinato, in caso di soddisfacimento del terzo creditore, a ritornare dopo un certo periodo di tempo nel suo patrimonio; pertanto i D., per evitare che il denaro che avevano versato sul conto corrente si svalutasse per la durata del pegno stesso, lo investirono per mezzo dell’intermediario CASSA acquistando prima CCT e poi obbligazioni Argentina. Si deve dunque osservare che l’acquisto dei titoli precedette, quanto meno sotto un profilo logico, la costituzione del pegno.

La scansione logica dei movimenti dei titoli può essere descritta come segue: i titoli vennero acquistati dai D.; vennero quindi costituiti in pegno per la durata del pegno stesso; alla scadenza vennero svincolati dalla CASSA per ritornare nella disponibilità dei D..

Tali titoli vennero acquistati, si ripete, prima della costituzione del pegno tramite l’intermediario finanziario e vennero custoditi dopo la scadenza del pegno dallo stesso intermediario finanziario, che ancor li detiene per conto dei D..

Ebbene l’acquisto, ossia la negoziazione per conto terzi, doveva trovare il suo fondamento causale nel contratto per servizi d’investimento; così come su tale contratto devono riposare i servizi accessori, quale quello di custodia, successivo alla cessazione del pegno.

Tali contratti, ai sensi di legge (art. 23 TUF) dovevano essere stipulati per iscritto a pena di nullità.

La nullità del contratto per servizi d’investimento in strumenti finanziari, poi, ridonda sull’atto d’acquisto, che ne costituisce negozio di attuazione, determinandone la nullità per mancanza di causa.

Per meglio spiegare, in termini giuridici, la ragione di tale nullità è necessario qualificare la fattispecie giuridica in esame.Il collegio ritiene che la fattispecie legale vada ricondotta al contratto di mandato, tesi questa svolta, sia pure in una diversa controversia pendente davanti all’ufficio, dal legale di parte convenuta.

Si tratta di un contratto di mandato collegato ad un diverso contratto bancario, in genere ad un contratto di conto corrente (art. 1823 e ss. c.c.) o ad un contratto di deposito bancario (art. 1834 e ss.), dai quali l’intermediario preleva la provvista per l’esecuzione del mandato; nel caso si specie il mandato è collegato al pegno.

Il contratto stipulato dalle parti è dunque un mandato a comprare e vendere prodotti finanziari (quindi assimilabile più alla commissione che al mandato).

Osserva il collegio come, secondo la dottrina tradizionale, il contratto di mandato sia sorto dall’esigenza di ottenere cooperazione da parte di colui che, essendo interessato al compimento di atti giuridici, non possa o non voglia compiere tali atti personalmente.

Nel caso del soggetto che voglia acquistare prodotti finanziari è la legge stessa a precludere la possibilità dell’acquisto diretto ed ad imporre la cooperazione di un intermediario qualificato. Proprio la peculiarità dell’oggetto del mandato ad acquistare prodotti finanziari, che incrocia interessi primari tutelati dall’ordinamento, giustifica dunque la disciplina speciale del contratto disegnata da norme imperative del T.U.F. (in particolare arrt. 21 e 23). Va sul punto richiamata la giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass. Civ. 7 Marzo 2001 n. 3272) - sia pure riferita alla normativa previgente (legge 2 Gennaio 1991 n. 1) al T.U.F. - per la quale le norme in materia di intermediazione finanziaria sono da considerarsi imperative perché sono volte a tutelare interessi di carattere generale, che vanno dalla tutela dei risparmiatori uti singuli a quella del risparmio pubblico, come elemento di valore dell’economia nazionale, a quella stabilita della stabilità del sistema finanziario, come considerata dal Dir. 93/22/CEE del 10 Maggio 1993; (..) a quella di rendere efficiente il mercato dei valori mobiliari con vantaggio per le imprese e per la economia tutta, interessi tutti prevalenti su quelli del privato, che pure di riflesso ne rimane tutelato.

La forza imperativa di tali norme va intesa nel senso che si tratta di norme inderogabili, con la conseguenza che l’intermediario ed il risparmiatore nel concludere “un contratto relativo alla prestazione dei servizi di investimento” (art. 23 del TUF e 30 del Regolamento) non potrebbero discostarsi dallo schema legale. Il contratto di mandato ad acquistare prodotti finanziari è così “eteroregolato” non solo dal mandante, che, come si dirà, impartisce istruzioni al mandatario-intermediario ma anche dalle norme imperative di legge.

Il nostro contratto di mandato ad acquistare prodotti finanziari ha, come il generale contratto di mandato, una causa gestoria. Esso deve contenere il programma non solo dell’attività indispensabile alla conclusione del negozio gestorio ma anche di tutti gli sviluppi esecutivi. Di qui dunque l’esigenza del “legislatore” (art. 30 del Regolamento) di stabilire normativamente, in considerazione dell’importanza degli interessi sottesi al contratto, le modalità del programma gestorio, comprensivo da un lato delle modalità tecniche dell’imputazione e degli effetti nella sfera giuridica del mandante – ad es. lett. c dell’art. 30 del Regolamento indicare le modalità attraverso cui l’investitore può impartire ordini e istruzioni –, dall’altro degli obblighi di comportamento che il mandatario deve osservare nella conclusione del contratto (art. 21 T.U.F. e 26-29 del Regolamento). Dal contratto scaturisce dunque il rapporto gestorio costituito da un complesso di diritti ed obblighi reciproci tra le parti, tra i quali è caratteristico l’obbligo dell’agente di impiegare la propria attività per la realizzazione dell’interesse del mandante. In tale ricostruzione, l’ordine del cliente è un’istruzione (art. 1711 secondo comma c.c.) del mandante al mandatario per l’esecuzione del mandato.

Secondo la dottrina tradizionale, invero, il mandato tollera anche “un alto grado di indeterminazione” nel suo contenuto, nel senso che il Regolamento iniziale può essere integrato, a volta a volta che le esigenze lo richiedano, a mezzo di istruzioni impartite dal mandante.

Nel mandato ad acquistare e vendere prodotti finanziari, dunque le istruzioni, ovvero gli ordini di acquisto, possono essere emessi contestualmente alla sottoscrizione del “contratto relativo alla prestazione dei servizi di investimento” ovvero, come generalmente accade, nel corso della esecuzione del rapporto gestorio che, per sua natura, è prolungato nel tempo, a seconda delle esigenze di investimento e disinvestimento del cliente. Tali ordini non possono però mai essere emessi in mancanza del contratto che ne costituisce il fondamento.

Nel caso di specie i D. hanno dunque emesso un ordine di acquisto di prodotti finanziari, senza che le parti avessero regolato – in contrasto con le tassative previsioni di legge – il rapporto gestorio.

Poco importa che nel caso in oggetto il rapporto gestorio si dovesse esaurire nel compimento di un unico atto di negoziazione per conto terzi finalizzato alla costituzione del prodotto finanziario quale oggetto di pegno, perché la struttura del mandato è compatibile anche con il compimento di un unico atto gestorio.

Va, peraltro, osservato che il rapporto gestorio non si sarebbe comunque esaurito nell’atto di negoziazione per conto terzi, perché, una volta svincolati i titoli dal pegno, l’intermediario avrebbe comunque continuato, come in effetti ha continuato, a prestare un servizio di custodia.

Il compimento dell’atto gestorio, ovvero l’acquisto o vendita di prodotti finanziari (ovvero l’atto di negoziaizione per conto per conto terzi ai sensi del paragrafo 3. let. b) dell’art. 1 del TUF) è una compravendita ma soltanto nei rapporti tra intermediario e terzo venditore; rispetto al mandato, invece, la negoziazione integra l’esecuzione del contratto, in quanto è finalizzato a realizzare l’interesse del mandate ad investire il proprio denaro.

Tale atto di negoziazione, inteso come adempimento finale degli obblighi nascenti dal contratto di mandato, va annoverato nella categoria dei cosiddetti negozi di attuazione. Lo spostamento patrimoniale conseguente alla negoziazione trova, infatti, la sua giustificazione nel complessivo programma contrattuale, il cui nucleo centrale è costituito dal “contratto relativo alla prestazione dei servizi d’investimento” che è, come detto, presidiato dal legislatore con requisiti formali e di contenuto.

Ebbene la negoziazione dei prodotti finanziari, quale negozio d’attuazione, non può sopravvivere alla mancanza del contratto che esso, quale atto d’adempimento, è preordinato ad attuare.

L’atto di acquisto di obbligazioni Argentina va conseguentemente dichiarato nullo per mancanza di causa.

Il principio della nullità per mancanza di causa dell’attività negoziale del mandatario è stato affermato dalla Suprema Corte di Cassazione nel 1976 con riferimento ad una fattispecie di mandato (cfr. Cass. 29 Aprile 1976 n. 1532, in Giust. Civ., 1976, I, 798); con tale sentenza la Cassazione chiariva che: Nella valutazione dell’attività negoziale del mandatario senza rappresentanza non può prescindersi dalla considerazione che la medesima attività, anche se posta in essere dal mandatario in nome proprio, è pur sempre compiuta nell’interesse del mandante, con la conseguenza che l’alienità dell’interesse gestito dal mandatario non può non riflettersi anche sulla funzione tipica ed oggettiva del contratto da lui concluso, nel senso che per stabilire se il contratto sia idoneo a realizzare in concreto la funzione che gli è propria e quindi non manchi di causa, deve tenersi conto altresì della circostanza che uno dei contraenti persegue un interesse altrui, in relazione al quale deve perciò essere compiuto l’accertamento se il contratto sia adeguato in concreto rispetto alla sua funzione.

Va dunque dichiarata la nullità dell’atto di negoziazione per conto terzi e disposta la restituzione di quanto versato dagli attori alla CASSA per l’acquisto, con maggiorazione di interessi legali dalla domanda al saldo. Gli interessi vanno restituiti solo dalla data della domanda perché la CASSA, a fronte di un effettivo ordine d’acquisto dei D., va considerata possessore di buona fede (art. 1148 c.c.).

I D. sono a loro volta tenuti alle restituzioni dei titoli alla CASSA per effetto della declaratoria di nullità. La carenza di una domanda da parte della CASSA preclude tuttavia al giudice di pronunziare la condanna alla restituzione. Le spese di lite seguono la soccombenza.


P.Q.M.


Definitivamente pronunziando, ogni diversa domanda, eccezione e deduzione disattesa, dichiara la nullità dell’atto di negoziazione per conto dei D. delle obbligazioni Argentina 10,50% -95 02 COD ISIN DE0001300200-00 e condanna la CASSA RURALE DI ROVERETO Banca di Credito Cooperativo scarl a restituire agli attori la somma di € 203.943,54.- oltre interessi al saggio legale dalla domanda al saldo effettivo.

Condanna la convenuta a rifondere agli attori le spese di lite che liquida in complessivi € 8531,00 di cui € 2531,00 per diritti di procuratore, € 6000,00 per onorari di avvocato, oltre a rimborso spese generali, IVA e CPA.


Rovereto, così deciso alla camera di Consiglio del 27 Ottobre 2005

Il Presidente estensore