Diritto dei Mercati Finanziari


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 297 - pubb. 01/07/2007

La violazione dei doveri informativi importa nullità del del contratto

Tribunale Torino, 07 Novembre 2005. ..


Intermediazione finanziaria – Violazione dei doveri informativi dell’intermediario – Nullità  Sussistenza



Le norme sui doveri informativi dell’intermediario di cui all’art. 21 del TUF e quelle di attuazione contenute nel reg. Consob 11522/98 hanno natura imperativa in quanto poste a tutela di interessi di carattere generale e pubblico (tutela del risparmio, integrità dei mercati, efficienza del mercato dei valori mobiliari) perseguiti dal legislatore in attuazione della speciale normativa primaria (TUF) e secondaria (Regolamenti), della legge delega n. 52/1996 e delle direttive comunitarie. Il comportamento tenuto in violazione di norme imperative è illegale e il contratto che sia stato concluso in forza di quel comportamento non che essere nullo in quanto contrario a norme imperative. 



Omissis. -


Doveri dell'intermediario.

Ulteriori profili di nullità, ex art. 1418 primo comma c.c., sono stati prospettati con riferimento alla violazione dei doveri imposti all'intermediario con l'art. 21 primo comma Tuf; per tutti gli attori è stata lamentata la violazione del contenuto delle disposizioni di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) (per tale dovere non risultano, tuttavia, allegazioni), come specificati ulteriormente nel Reg. Consob n. 11521 citato, in esecuzione del disposto di cui all'art. 6 comma 2 TUF Il Tribunale precisa che le norme invocate si riferiscono ai comportamenti che l'intermediario deve osservare nello svolgimento dei servizi.

Per i comportamenti dell'intermediario successivi alla conclusione del contratto di investimento, ove l'investitore lamenti l'inosservanza e, quindi, in sostanza, l'inadempimento o l'inesatto adempimento del contraente, sull'intermediario, debitore, incombe l'onere di provare di avere tenuto un comportamento conforme alla legge (in ordine alla prova dell'inadempimento v. la sent. S.U. della Cass. N. 13533/2001 con la quale, in epoca successiva all'entrata in vigore dell'art. 23 del TUF, è stato risolto il precedente contrasto giurisprudenziale in ordine al soggetto tenuto a provare l'inadempimento di una obbligazione).Tanto precisato vengono esaminate le diverse fattispecie indicate dagli attori.


Dovere di diligenza e procedure.

Art. 21 lettera a): dovere di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati. Il dovere risulta specificato attraverso gli artt. 26-28-29 del Reg. Consob citato. Tali articoli, infatti, prevedono dettagliate regole di comportamento che consentono di individuare la diligenza richiesta all'intermediario autorizzato.

In particolare, considerati i fatti esposti dagli attori, vengono evidenziati i seguenti doveri: acquisizione di una conoscenza degli strumenti finanziari adeguata al tipo di prestazione da fornire, art. 26 lett. e; - consegna del documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari, art. 28 lett. b; - divieto di effettuare o consigliare operazioni senza avere fornito informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento, art. 28 comma 2; - divieto di compiere con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione, tenendo conto delle informazioni ricevute o acquisite e di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati e dovere di informare l'investitore, che abbia dato disposizioni in ordine dell'inadeguatezza dell'operazione e delle ragioni, art. 29.

Il Tribunale rileva, inoltre, che gli attori ritengono che la convenuta non abbia agito con la specifica diligenza richiesta all'intermediario finanziario perché nel periodo in cui sono avvenute le negoziazioni in questione non aveva adottato procedure interne di controllo idonee a salvaguardare i diritti dei risparmiatori.

La lettera d) dell'art. 21 Tuf riguarda specificatamente le procedure, prevedendo che i soggetti abilitati devono disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l'efficiente svolgimento dei servizi. Tale dovere viene esaminato unitamente alla verifica dell'osservanza del dovere di diligenza e per primo.

Tanto precisato, le operazioni in questione sono avvenute nel periodo giugno 2000-febbraio 2001 e dalla relazione del 19.3.2004 della Divisione Intermediari prodotta dagli attori (doc. I 10) risulta che al termine della verifica ispettiva era emerso che per il periodo gennaio 2000/novembre-dicembre 2002 Ia convenuta non disponeva di procedure idonee a garantire l'efficiente, ordinata e corretta prestazione del servizio di negoziazione in conto proprio. Nel citato doc. 11 prodotto dagli attori (allegato A alla Nota tecnica contenente il riferimento espresso alle operazioni relative ai bond Cirio) dalla pag. 19 alla pag. 33, risultano evidenziate tutte le carenze delle procedure adottate; le carenze riscontrate riguardavano sia la fase di selezione dei titoli da negoziare in contropartita diretta, sia le informazioni da fornire ai clienti in merito ai titoli negoziati (dall'atto risulta la sostanziale inidoneità delle procedure adottate nel periodo dal 1991 sino al novembre 2002), sia la verifica dell'adeguatezza delle operazioni d'investimento disposte dalla clientela, sia l'individuazione e la gestione delle situazioni di conflitto d'interesse. I rilievi sono sostenuti da approfondite, ampie e convincenti argomentazioni e riferendosi alle «procedure» non hanno una efficacia limitata ai casi esaminati.

La convenuta ha svolto specifiche difese ed ha prodotto documenti per confutare il giudizio espresso dalla Divisione Intermediari. Il Tribunale, tuttavia, tenuto conto della particolare competenza e neutralità dell'organo di vigilanza che ha effettuato articolate indagini sulle varie procedure di cui si era dotata la convenuta nel tempo, ritiene che i documenti prodotti dalla convenuta non siano sufficienti per dimostrare che, contrariamente a quanto riscontrato dalla Divisione Intermediari, nel periodo nel quale furono effettuate le operazioni in questione esistessero procedure in grado di assicurare gli scopi perseguiti dal legislatore con le norme relative allo svolgimento dei servizi di investimento. Ne consegue che risulta provata la violazione dello specifico dovere di diligenza con riferimento alle procedure interne. Per completezza il Tribunale rileva che, con riferimento alla violazione del dovere relativo alle procedure, alla convenuta è stata comminata specifica sanzione amministrativa.

Gli attori, inoltre, ritengono che la convenuta non abbia agito con la specifica diligenza anche perché nelle negoziazioni in questione non aveva osservato il dovere di informazione. In particolare non aveva acquisito un'adeguata informazione sugli strumenti oggetto della negoziazione, non aveva diramato alcuna informazione sul merito di credito delle società emittenti, non aveva fornito all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi dell'investimento.

Le doglianze relative al non avere acquisito informazioni adeguate sugli strumenti finanziari e al non avere fornito all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi dell'investimento, sono fondate. In ordine alle conoscenze dell'intermediario la convenuta non ha sostanzialmente contestato di avere avuto una conoscenza piuttosto limitata in ordine agli strumenti, avendo sostenuto che per il servizio in questione, a differenza che per la gestione di portafogli, non era richiesto un significativo grado di conoscenza in capo all'intermediario, tenuto ad eseguire gli ordini, senza discrezionalità; i dati presenti negli offering circulars erano disponibili solo alla fine del grey market (in genere 1-2 giorni prima della chiusura dell'operazione), le uniche informazioni a sua disposizione e fornite ai clienti erano quelle previste dalla normativa Consob; tali informazioni, oggetto della procedura interna erano relative a «prezzo-plafond disponibile-ultime operazioni effettuate».

Il Tribunale ritiene, invece, che nell'ambito di un servizio di negoziazione in conto proprio, servizio in cui l'intermediario non si limita a ricevere e trasmettere ordini, considerato che gli strumenti erano privi di rating esplicito ed erano negoziati fuori da mercati regolamentati e, quindi, erano particolarmente rischiosi (v. sul punto quanto precisato al paragrafo 4.6 dell'allegato n. 3 del Reg. n. 11522 ove viene posta l'attenzione anche sul dovere dell'investitore di informarsi) l'intermediario dovesse e potesse procurarsi una conoscenza più approfondita degli strumenti finanziari e irrilevanti appaiono le considerazioni in ordine ai dati risultanti dal bilancio al 31.12.1999 della spa Cirio Finanziaria. Dai doc. 10 e 11 (pag. 35-38) degli attori risultano le precise osservazioni sollevate in proposito dalla Divisione Intermediari che ha ritenuto esistente la violazione da parte della convenuta del dovere di acquisire una conoscenza più approfondita dei titoli Cirio.

Per quanto attiene all'informazione adeguata da fornire agli investitori e, in particolare l'informazione sui rischi e implicazioni delle operazioni, occorre considerare preliminarmente la doglianza riferita all'omessa consegna del documento sui rischi, unitamente alla correlata doglianza per l'omessa segnalazione dell'inadeguatezza dell'operazione. Orbene, il documento sui rischi deve essere consegnato prima dell'«inizio della prestazione dei servizi di investimento e, quindi, in una fase successiva alla conclusione del contratto di investimento». Trattasi di documento che, in base a quanto specificato nell'allegato 3 al Reg. Consob citato, «non descrive tutti i rischi ed altri aspetti significativi riguardanti gli investimenti in strumenti finanziari ma ha la finalità di fornire alcune informazioni di base sui rischi connessi agli investimenti». L'allegato 3 contiene anche avvertenze generali rivolte all'investitore e all'intermediario (l'investitore deve attivarsi per ottenere le informazioni sulla natura e sui rischi e deve concludere l'operazione solo se ha ben compreso la natura e grado di esposizione al rischio - investitore e intermediario, dopo avere apprezzato il grado di rischio, devono valutare l'adeguatezza dell'investimento considerando il profilo del singolo investitore desumibile dalla situazione patrimoniale, dagli obiettivi d'investimento, dalla esperienza nel campo degli investimenti riferiti allo specifico strumento finanziario considerato). L'allegato, inoltre, indica gli elementi da considerare per apprezzare il rischio.

La convenuta ha prodotto (v. doc. 52) il documento di rischi consegnato agli attori C. C. affermando che anche agli altri attori era stato consegnato documento avente analogo contenuto. Il contenuto del doc. 52 corrisponde a quello dell'allegato 3 al Reg. Consob. Ne consegue che attraverso tale documento, se consegnato, sono state fomite all'investitore le informazioni di base per una scelta consapevole in ordine al rischio delle operazioni.

Tanto precisato, in ordine alla doglianza riferita all'omessa consegna del documento generale sui rischi (lett. a pag. 55 atto di cit.) il Tribunale rileva che riguarda solo alcuni attori.


- Omissis.


È quindi certo che la convenuta non abbia fornito a tutti gli attori adeguate informazioni sulla rischiosità e implicazioni dell'operazione. Tutte le informazioni non fornite e sopra evidenziate erano necessarie per una scelta consapevole da parte degli investitori.Per quanto attiene alla doglianza relativa all'omessa segnalazione dell'inadeguatezza dell'operazione va considerato che, trattandosi di titoli riferiti ad un gruppo per il quale vi era un rating interno ad alto rischio, l'operazione sarebbe stata adeguata solo per gli speculatori di borsa o per i risparmiatori con una propensione al rischio medio - alta (dal doc. 11 citato, pag. 50, parte relativa al merito di credito, risulta che nel giugno 2000 al Gruppo - Cirio spa era stato attribuito dalla convenuta un rating BB - speculative grade, giudizio riconfermato nel febbraio 2001). La doglianza riguarda tutti gli attori tranne i signori M. C., R. B. e R. per i quali è stato sottolineato che la segnalazione dell'inadeguatezza presente sugli ordini non era completa. La convenuta ha contestato che le singole operazioni fossero inadeguate rispetto al profilo di rischio dell'investitore ricavabile dai dati a sua disposizione, dati che sono stati riportati nella comparsa di risposta e che risultano anche dai documenti prodotti. Orbene, per gli attori nei cui confronti risulta segnalata l'inadeguatezza non vi è però anche l'indicazione delle ragioni per le quali non era opportuno procedere all'esecuzione della disposizione; né la convenuta ha offerto una prova idonea a dimostrare che la segnalazione scritta era stata integrata con una esposizione orale delle ragioni dell'inadeguatezza. La segnalazione, pertanto, non è avvenuta in modo completo e ciò non ha consentito una scelta consapevole. Per gli altri attori il Tribunale considera, come già esposto, che l'operazione non era adeguata per il risparmiatore con profilo di rischio basso o con una propensione al rischio media-medio alta.

L'art. 29, comma 1 del Reg. richiede che la valutazione dell'adeguatezza debba essere effettuata rispetto alla «tipologia – oggetto - frequenza o dimensione»; il comma 2 del Reg. precisa che, ai fini della valutazione dell'adeguatezza o meno delle operazioni, gli intermediari devono tenere conto delle informazioni di cui all'att. 28 del Reg. e quindi, delle informazioni ottenute dall'investitore e di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi. Il giudizio sull'adeguatezza o meno dell'operazione implica la considerazione del patrimonio, degli obiettivi d'investimento, dell'esperienza dell'investitore (elementi segnalati nelle avvertenze di cui all'allegato 3 del Regolamento Consob).

Orbene, nei casi in cui la convenuta non disponeva di informazioni sul risparmiatore, trattandosi di cliente nuovo che si era rifiutato di fornire informazioni, era comunque disponibile, o avrebbe dovuto esserla, l'informazione oggettiva sulla particolare rischiosità dei titoli desumibile dal rating interno.Per gli altri investitori non appaiono determinanti i dati forniti dalle parti in causa per ciascun attore in ordine al profilo dell'investitore desumibile dal patrimonio investito, in quanto, seppure incidenti sulla valutazione dell'adeguatezza dell'operazione rispetto alla «tipologia, frequenza e dimensioni» (per alcuni attori risulta la presenza nel patrimonio investito di azioni o di fondi consigliati a clienti con alta propensione al rischio), non sono in grado di fornire dati univoci sugli obiettivi degli specifici investimenti in questione. La scelta di investire in obbligazioni del gruppo Cirio - che è notorio che godesse della fiducia del pubblico in considerazione del settore in cui operava - è sintomatica sia dell'obiettivo di effettuare un prestito che molto probabilmente sarebbe rientrato, ottenendo nel frattempo degli utili, sia dell'obiettivo di detenere e di poter disporre di titoli emessi da soggetti ritenuti affidabili dal mercato e, quindi, dotati di valore. Tali obiettivi, rientrando nella comune esperienza, dovevano essere noti all'intermediario ed è pertanto irrilevante il rifiuto di fornire informazioni manifestato dagli investitori (per i contratti di investimento conclusi dagli attori il rifiuto risulta manifestato da tutti tranne M. per la quale, tuttavia, dal doc. 80, risulta solo una crocetta sugli obiettivi di investimento ed il rinvio ad altro documento che non è in atti). Ne consegue l'irrilevanza delle prove orali dedotte dalla convenuta, volte a dimostrare che alcuni attori intendevano ottenere un alto rendimento, non essendo sufficientemente univoche per dimostrare che fosse l'unico obiettivo dell'investimento.

Il rating interno, dato noto all'intermediario, avrebbe dovuto essere valutato insieme a ciascun investitore per verificarne la compatibilità con gli obiettivi dell'investimento sopra indicati; quel dato avrebbe dovuto far dubitare dell'adeguatezza dell'operazione e condurre ad un giudizio d'inadeguatezza. Per completezza viene rilevato che a pag. 43 del doc. 11 più volte citato vi è il richiamo alla circolare 11176 del febbraio 1998 in base alla quale, in caso di mancato rilascio delle informazioni da parte dell'investitore, la Banca avrebbe dovuto considerare gli ordini come «non adeguati». Ne consegue che per tutte le operazioni in questione richieste dai clienti occorreva un'idonea segnalazione dell'inadeguatezza per poter procedere alle operazioni.

Infine il Tribunale ritiene infondata la doglianza relativa alla carenza di diligenza riferita alla offerta – vendita – collocamento alla clientela retail delle obbligazioni Cirio in quanto si è già detto che la convenuta non ha offerto, né collocato i titoli e il divieto riguardava i soli collocatori.Dovere di acquisire informazioni.

Ulteriore profilo di nullità prospettato dagli attori è relativo alla violazione del dovere di cui all'art. 21 lettera b del TUF, avendo gli attori lamentato che nello svolgimento del servizio non erano state richieste ai clienti le informazioni sulla loro situazione patrimoniale, sugli obiettivi di investimento e, nei casi in cui risultava un rifiuto, esso non era il frutto di scelte consapevoli ma di induzione da parte dell'intermediario alla sottoscrizione di moduli. Il dovere è specificato dall'art. 28 primo comma lettera a del Reg. Consob citato.

Il collegio rileva, preliminarmente, che in comparsa conclusionale è stato sostenuto che la convenuta aveva violato tale specifico dovere nei confronti di tutti gli attori. In realtà in atto di citazione la violazione, contraddistinta con la lettera b a pag. 55, era stata allegata solo per gli attori: C. C., C. N., C. O., C., D. R., D., M., O., R.. Ne consegue la novità del profilo e, quindi della domanda, rispetto agli altri attori e il Tribunale, richiamate le argomentazione svolte in precedenza con riferimento al fatto nuovo emerso per gli attori C. O., si limita a considerare le sole posizioni degli attori per i quali era stata formulata la specifica allegazione. Orbene, sui contratti normativi di negoziazione prodotti dalla convenuta e riferiti agli attori C. C., C. N., C. O., C., D., M., O., R. risulta che l'investitore si è rifiutato di fornire l'informazione (le relative caselle risultano crocettate).

L'art. 28 lettera a citato prevede che l'eventuale rifiuto debba risultare dal contratto normativo o da apposita dichiarazione. Gli attori non hanno fornito tempestiva prova orale per dimostrare il comportamento effettivamente tenuto, al momento della indicazione del rifiuto, sia dalla persona che operava per l'intermediario sia dall'investitore (la prova è stata articolata nella nota datata 30.11.2004, quale «prova contraria» da considerare per il solo caso in cui il Tribunale avesse ammesso le istanze istruttorie della parte convenuta - v. precisazione di pag. 34 - ma il Tribunale non ha ammesso le prove della convenuta e, pertanto, appare superfluo l'accertamento in ordine all'ammissibilità della prova dedotta dagli attori con la nota). In presenza dell'espresso rifiuto risultante dal contratto deve ritenersi provato che l'intermediario abbia tentato di ricevere informazioni e, quindi, non vi è prova della violazione del dovere in questione. Sul contratto concluso con gli attori D. R. (doc. 72 della convenuta), invece, vi erano specifiche caselle che non sono state crocettate. La convenuta alla pag. 107 della comparsa ha affermato che i clienti non avevano rilasciato informazioni ma il rifiuto non risulta dal contratto.

Il tribunale, pertanto, considerato che dal contratto non risultano né le informazioni fornite dall'investitore (sul contratto vi era uno specifico spazio) né il rifiuto di fornirle, ritiene provata la violazione del dovere di cui all'art. 21 lettera b) e att. 28 I co. lettera a) per i soli attori D. R..


Conflitti di interesse.

Infine gli attori hanno lamentato la violazione del dovere di cui all'art. 21 lett. c del TUF precisando che per alcuni attori (C. O. - D. - M.-M./C. - R. - B. - R. - S.), pur sussistendo, non era stata segnalata l'esistenza di un conflitto di interessi e per altri attori (attori C. C., C. N., D. R., M., O., P.) l'indicazione presente sull'ordine era generica e inadeguata per una valutazione consapevole del conflitto. Orbene, il dovere in questione risulta specificato, oltre che dall'art. 21 lett. c del TUF, anche dall'art. 27 del Reg. Consob citato, ove è previsto sia che gli intermediari «vigilino per l'individuazione di conflitti di interesse» sia il divieto di fare operazioni con o per conto dei clienti «se hanno direttamente o indirettamente un interesse in conflitto, anche derivante da rapporti di gruppo... salvo che abbiano informato per iscritto l'investitore sulla natura ed estensione del loro interesse nell'operazione e l'investitore abbia acconsentito, espressamente, per iscritto all'effettuazione dell'operazione»; «nel caso di utilizzo di moduli o formulari prestampati, per l'assolvimento degli obblighi informativi, occorre l'indicazione, graficamente evidenziata, che l'operazione è in conflitto di interessi».

In sostanza l'intermediario è tenuto: 1) a individuare le possibili situazioni di conflitto di interessi, 2) organizzarsi in modo tale da evitarle o da ridurle al minimo, 3) renderle note all'investitore, 4) acquisire il preventivo consenso espresso per iscritto prima di agire in presenza di situazioni di conflitto, 5) gestirle in modo tale da evitare pregiudizi agli investitori. All'ano del compimento delle singole operazioni rileva il solo conflitto reale.

Gli attori ritengono che in tutte le negoziazioni intervenute con gli attori le convenuta abbia operato in conflitto di interessi sussistendo due profili di interesse dell'intermediaria contrastanti con gli interessi degli investitori: a) interesse da finanziamento (interesse al rientro di ingenti crediti vantati nei confronti del Gruppo Cirio attraverso il buon esito delle emissioni di obbligazioni da parte delle società del Gruppo Cirio), b) interesse a disfarsi del quantitativo di obbligazioni detenute in portafoglio in presenza delle critiche condizioni economiche e finanziarie del Gruppo, spostando in tal modo sui risparmiatori il danno per l'azzeramento del valore delle obbligazioni. In ordine alla individuazione, in concreto, di una situazione di conflitto di interessi, nell'ambito dello svolgimento dei servizi di investimento, è illuminante il contenuto del doc. 48 della convenuta, proveniente dalla Divisione Intermediari e relativo alle indagini svolte sul conflitto di interessi. Dal documento 11 degli attori risultano, inoltre, i dati emersi dall'indagine ispettiva sul conflitto di interessi «da finanziamento» (alla pag. 1 del doc. 11 risulta che, con riguardo al conflitto di interessi «da collocamento», non erano emerse omissioni). Orbene, nella relazione di carattere generale per la Commissione era stato osservato che «non ogni rapporto di finanziamento determina automaticamente e necessariamente un interesse della banca in conflitto con l'investitore»; per l'emersione del conflitto dovevano essere identificati e valorizzati alcuni fattori: a) servizi di investimento e modalità operative piú sensibili al manifestarsi delle situazioni di conflitto (nella relazione viene sottolineata la rilevanza della negoziazione per conto proprio su corporate bond nella delicata fase di grey market) - b) l'attività di concessione del credito a favore del gruppo emittente (nella relazione viene evidenziata la rilevanza dell'importo dei finanziamenti concessi - delle caratteristiche temporali e di scadenza dei finanziamenti - del merito di credito attribuito dalla banca al debitore).

In particolare viene affermato che un conflitto è configurabile per una banca quando operi, specie sul grey market, in bond emessi dal finanziato, quando a) l'indice costituito dalle caratteristiche temporali e di scadenza dei finanziamenti riveli ex post rientri significativi, b) i crediti nei confronti dell'emittente siano qualificati come «sofferenze» o «partite incagliate» (a pag. 5 sono riportate le definizioni di partite incagliate e sofferenze) e, per il caso in cui il merito di credito fosse meno negativo, ma comunque «problematico», il conflitto potrebbe sussistere in combinazione di rientri dai finanziamenti, «che sottendono una situazione ex ante di crediti a scadenza».

Sempre con riferimento alla rilevanza del merito di credito attribuito dalla banca al debitore viene precisato che «un cattivo giudizio sottende un concreto motivo in grado di indurre la banca a sostenere gli acquisti di bond emessi dal finanziato» e, inoltre che «diviene rilevante il rating interno, il giudizio analitico attribuito dalla banca a quel dato prenditore anche a prescindere dall'eventuale inserimento tra le partite incagliate o le sofferenze». L'importo del finanziamento non è un elemento decisivo ma contribuisce alla misura del conflitto in combinazione con i seguenti fattori: rientri significativi e merito di credito. Inoltre occorre considerare aspetti soggettivi e viene segnalata la rilevanza sia dei finanziamenti concessi dalla stessa banca che tratta i bond con la clientela sia, dal lato del prenditore, la posizione di emittente o di garante dei bond della società finanziata. Dall'atto risulta ancora evidenziato che per l'assolvimento del dovere di segnalazione non occorre un'«automatica e generalizzata valorizzazione di ogni rapporto di finanziamento», in quanto finirebbe con il risolversi in una clausola di stile e, quindi non sarebbe idonea a consentire una tutela effettiva e consapevole dell'investitore.

In ordine alla situazione debitoria del Gruppo Cirio dati rilevanti sono contenuti alla pag. 49 del doc. 11 prodotto dagli attori (il contenuto del documento non è stato contestato e la prova dedotta sul punto dagli attori è superflua): a gennaio 2000 vi era una esposizione della convenuta di E 98568897; i crediti più significativi si riferivano a un mutuo accordato a Cirio Holding spa nel 1995 con scadenza i 31.12.2000, importo iniziale di 51.6 milioni di euro, debito estinto il 31.12001; un mutuo del 1996 a Del Monte Italia spa con scadenza 30.11.2003 e importo iniziale 38.7 milioni; linee di credito nel periodo 1995-1998, di cui una con importo iniziale di 15 milioni di sterline con scadenza al 31.5.2001; linee di eredito accordate nel periodo 1996-1998 a Cirio spa; ulteriore linea di credito a favore di Cirio spa venne deliberata il 13.6.2000. A pag. 52 risulta che i titoli maggiormente negoziati dalla convenuta erano stati emessi dalla Cirio spa, società direttamente controllata da Cirio Holding spa e dalla Cirio Holding Luxemburg garantita da Cirio Holding spa.

Per quanto attiene al merito di credito attribuito dalla banca nel periodo in cui vennero eseguite le negoziazioni degli attori si è già riferito (dalla pag. 50 del doc. 11 citato risulta che in data 8.62000 al Gruppo Cirio spa - poi Cirio Finanziaria - era stato attribuito un rating interno pari a «BB - speculative grade» e tale giudizio risulta confermato il 21.2.2001, data in cui alla capogruppo Cirio Holding spa venne attribuito il rating interno di CCC e confermato il precedente giudizio espresso per la controllata Cirio Finanziaria spa). Dal giugno 2000, pertanto, il giudizio espresso dalla banca al Gruppo Cirio spa non era positivo in ordine all'affidabilità e possibilità di recupero del credito, sebbene non vi fossero ancora situazioni di «partite incagliate» o «sofferenze». Per completezza si rileva che la Divisione Intermediari ha ravvisato un conflitto di «interesse da finanziamento» per il periodo 29.11.2000-15.2.2001; mentre dalla pag. 1 doc. 1, 11 degli attori, risulta che non erano emerse omissioni da parte della banca con riferimento al conflitto di interessi «da collocamento», con il decreto n. 19484 del 28.2.2005 è stata comminata una sanzione amministrativa alla convenuta «per avere l'intermediario venduto i titoli Cirio alla propria clientela retail senza specificare l'esistenza di situazioni di conflitto di interessi derivanti da rapporti di finanziamento in essere con l'eminente i bond Cirio trattati, ovvero con società del gruppo di appartenenza dell'emittente».

Tanto precisato, il Tribunale rileva che per tutte le operazioni in questione l'ordine risulta su modulo prestampato; il modulo non contiene anche l'indicazione, graficamente evidenziata, che l'operazione è in conflitto di interessi. Il Tribunale, inoltre, ritiene che, anche in caso di utilizzo di moduli o formulari contenenti l'indicazione menzionata, permanga l'obbligo di indicare, al tempo dell'operazione, natura ed estensione in quanto, sussistendo anche nel caso di uso di moduli o formulari l'esigenza di consentire all'investitore di poter valutare la situazione di conflitto e di operare, pertanto, una scelta consapevole: una diversità di trattamento per le operazioni concluse sulla base di moduli o formulari non sarebbe giustificata; una diversa interpretazione dell'art. 27 del Reg. potrebbe indurre ad un uso strumentale del modulo e del formulario al fine di aggirare il dovere di segnalare dimensione e natura del conflitto in vista di una scelta consapevole.


- Omissis.


Nullità ex art. 1418 secondo comma c.c.

Gli attori hanno affermato che i contratti sono nulli anche ai sensi dell'art. 1418 secondo comma, c.c. Orbene, gli attori hanno richiamato genericamente l'art. 1325 c.c. che elenca i requisiti dei contratti: l'accordo, la causa, l'oggetto, la forma, quando sia prescritta a pena di nullità. Nessuna allegazione specifica risulta in merito all'assenza dell'accordo. L'esistenza della causa non ha formato oggetto di specifico motivo di nullità mentre in ordine all'asserita nullità dei contratti per illiceità della causa (contratti in frode alla legge) nessuna prova univoca è stata fornita o è stata offerta.In ordine all'oggetto, dalla lettura degli ordini si evince che esso è determinato, in quanto le obbligazioni da acquistare sono state indicate in modo specifico, unitamente al prezzo. Per quanto attiene alla liceità e possibilità dell'oggetto si ritiene che tali requisiti fossero presenti al tempo della conclusione dei contratti. Ed invero, l'oggetto è illecito quando è incommerciabile. Nel caso di specie dalla prospettazione contenuta in atto di citazione la illiceità parrebbe ricondursi all'intervenuta violazione delle norme relative alla sollecitazione all'investimento, oltre che ai divieti contenuti nei regolamenti di emissione.

Sul punto si richiamano le argomentazioni già svolte in ordine al ruolo svolto in concreto dall'intermediario e al tipo di negoziazione intercorsa tra le parti.Per quanto attiene all'ulteriore rilievo riferito ai titoli negoziati prima del regolamento di emissione si richiama quanto già esposto al precedente punto A relativo alla sollecitazione all'investimento e alle negoziazioni durante il grey market. In ordine alla forma scritta di cui all'art. 23 TUF il Tribunale di Milano (v. Sent. 25.7.2005 Pres. Bernardini, rel. Raineri) ha ritenuto che tale requisito riguardi il solo contratto quadro di cui all'art. 30 Reg. e non anche i singoli negozi conclusi in esecuzione del rapporto originato dal contratto quadro, il Tribunale di Torino, G.D. Oberto, con ordinanza del 25.52005. ha ritenuto che la forma scritta sia richiesta per il contratto normativo e per successivi ordini.Nell'atto di citazione per gli attori M., M. C., P., R./B., R., S. era presente l'allegazione della nullità dei contratti per carenza della forma scritta prevista dall'art. 23 del TUF; l'invocata nullità riguardava, tuttavia, solo l'ordine e, quindi, la singola operazione di negoziazione e non il contratto normativo di negoziazione regolato dall'art. 30 Reg. Consob. Dopo l'avvenuta produzione degli ordini scritti da parte della convenuta (è stato prodotto anche l'ordine riferito all'operazione dell'attrice R. recante la sottoscrizione - doc. 29 -), nella nota degli attori (v. pag. 17) e nella comparsa conclusionale (v. pag. 64 relativa alla violazione dell'art. 23 del TUF citato), è stata sottolineata la mancanza del contratto quadro d'investimento per le attrici R./B..

Nell'atto di citazione (pag. 72-73), come già detto, la nullità era stata riferita solo all'«ordine di acquisto» e, quindi, allo specifico contratto di compravendita delle obbligazioni, distinto dal «contratto quadro». La carenza della forma scritta del contratto quadro, pertanto, costituisce allegazione nuova e, in quanto riferita a fatto nuovo, rappresenta una domanda nuova che non può essere considerata in quanto ne risulterebbe violato il diritto di difesa e sul punto vengono richiamate le argomentazioni svolte con riferimento alle altre domande nuove non esaminare.

Tanto precisato, essendo l'allegazione della carenza della forma riferita ai soli ordini e, avendo la società convenuta prodotto i singoli ordini scritti, non esiste l'invocato profilo di nullità. Gli attori non hanno sviluppato ulteriori argomentazioni a sostegno delle domande di nullità fondate sul contenuto dell'art. 1418 c.c. secondo comma e, pertanto, le relative domande di nullità sono risultate infondate.Conseguenze delle violazioni ex art. 1418 primo comma c.c.

In ordine alle conseguenze delle violazioni accertate, al Tribunale è noto il contrasto esistente nella giurisprudenza di merito. Con alcune sentenze, infatti, in considerazione della natura imperativa dell'art. 21 e delle disposizioni del regolamento Consob, è stato ritenuto che la loro violazione comporti la nullità dei contratti (Trib. Firenze 18.2.2005 e 30.5.2004, Trib. di Palermo 17.1.2005, Trib. Treviso 26.11.2004, Trib. di Mantova G.U. M. Bernardi 5.4.2005, Trib. Modena n. 855 del 9.5 2005). Con altre sentenze, è stato ritenuto che le violazioni di tali norme, operando in ambito contrattuale, importino solo profili di responsabilità per il contraente inadempiente (Trib. Roma 11.3.2005, Trib. Genova n. 1230 del 15.3 2005, Trib. Torino n. 2051 del 3.22005, Trib. Alba n. 320 del 4.72005). Altri Tribunali, pur riconoscendo la natura imperativa delle norme del TUF e Reg. Consob, ritengono che la sanzione di nullità operi solo rispetto alle violazioni di precetti specifici che non implicano valutazioni discrezionali da parte del giudice (sent. n. 218/05 Tribunale di Monza e n. 412/05 Tribunale di Parma).

Il Tribunale, tenuto conto del criterio indicato dalla S.C. (sent. n. 3272/2001) per la individuazione delle norme imperative di cui al primo comma dell'art. 1418 c.c. (la nonna è imperativa quando è destinata a tutelare interessi generali della collettività), ritiene che sia l'art. 21 citato sia le norme del Regolamento Consob non osservate, costituenti precisazioni dei doveri elencati nell'art. 21 TUF, abbiano natura imperativa. Tale convincimento si fonda sugli indubbi interessi di carattere generale e .pubblico (tutela del risparmio pubblico - integrità dei mercati-efficienza del mercato dei valori mobiliari) perseguiti dal legislatore nazionale con la speciale normativa primaria (TUF) e secondaria (Regolamenti), in attuazione della legge delega n. 52/1996 e delle direttive comunitarie. In particolare, per servizi di investimento si considerino le particolari norme dettate per i soggetti che possono prestarli, la previsione di «criteri generali» in apposito articolo distinto dall'articolo relativo ai contratti, l'espresso riferimento all'«integrità dei mercati», accanto all'interesse del cliente, presente nella lett. a dell'art. 21 TUF, la previsione di sanzioni amministrative in caso di inosservanza sia di numerose norme riferite ai servizi di investimento (v. art. 190 TUF che richiama espressamente anche l'art. 21 citato) sia alle disposizioni, generali o particolari, emanate dalla Consob in base ai medesimi articoli.Il comportamento tenuto in violazione di norme imperative è, quindi, illegale e il contratto che sia stato concluso in forza di quel comportamento non può che essere nullo perché contrario a norme imperative (c.d. nullità virtuale).

Né rileva, in contrario che i doveri in precedenza esaminati si riferiscano a comportamenti che l'intermediario, quale parte di un contratto, è tenuto ad osservare durante l'esecuzione e, inoltre, che la nullità attiene ai vizi genetici del contratto, con conseguente rilevanza dell'inadempimento solo sotto il profilo della responsabilità contrattuale. Il legislatore, infatti, come rilevato dalla dottrina e precisato nella sent. della Cass. n. 3272/2001 citata è orientato verso il superamento della concezione individualistica; laddove siano ravvisabili interessi pubblici e il legislatore abbia ritenuto di specificare il comportamento di uno dei contraenti per assicurare il soddisfacimento di quegli interessi, quel comportamento assume una rilevanza che esorbita dall'interesse individuale dell'altro contraente; l'inosservanza dà luogo ad un comportamento illecito e l'illiceità travolge tutti gli atti conseguenti; con la sentenza citata la Cassazione ha affermato che l'illiceità della condotta si estende all'atto compiuto.

La nullità rappresenta una conseguenza ed un'efficace reazione dell'ordinamento per garantire il perseguimento degli interessi pubblici ed è irrilevante, attesa la discrezionalità e libertà di scelta del legislatore, che la norma imperativa sia destinata a tutelare, contemporaneamente, anche l'altro contraente al quale, comunque, deve essere riconosciuto il diritto di agire per il risarcimento del danno derivatogli dall'inadempimento delle regole di comportamento nella fase anteriore alla conclusione del contratto nullo. Né appare pertinente per le singole operazioni il riferimento all'art. 1337 c.c. poiché le singole negoziazioni s'inseriscono in un rapporto contrattuale già esistente tra l'intermediario e il cliente, rapporto sorto con il contratto di cui agli artt. 23 TUF e art. 30 Reg. Consob citato.

Infine si osserva che la previsione della possibilità dell'investitore di rifiutarsi di fornire informazioni, la possibilità di eseguire operazioni non adeguate e in conflitto di interessi, non sono incompatibili con la natura imperativa delle norme in questione, frutto del bilanciamento dei diversi interessi dei soggetti coinvolti nell'investimento (nell'art. 6, comma 2 TUF è presente anche il riferimento alle differenti esigenze di tutela degli investitori connesse a qualità ed esperienza professionale), in quanto l'esatta osservanza da parte dell'intermediario dei doveri impostigli consente, in ogni caso, di pervenire a scelte consapevoli e adeguate per il singolo contraente e, quindi, di riflesso, non pregiudizievoli per gli interessi pubblici citati. In conclusione, essendo emersa la violazione da parte della convenuta nei confronti di tutti gli attori delle citate norme imperative, sotto i vari profili in precedenza esaminati, il Tribunale dichiara la nullità dei singoli contratti di negoziazione intercorsi tra le parti e riferiti alle obbligazioni sopra elencate. L'accoglimento della domanda comporta l'obbligo della convenuta di restituire il prezzo versato da ciascun attore e dal prezzo deve essere sottratto l'importo delle cedole (sul punto è stata avanzata specifica richiesta della convenuta).


- Omissis.


Le domande di accertamento della responsabilità precontrattuale, come già detto, sono risultate infondate (v. la pane della motivazione relativa alla sollecitazione all'investimento). Le domande di accertamento della responsabilità contrattuale sono fondate in quanto, come già precisato, i comportamenti accertati (v. pag. 40), in quanto tenuti nell'ambito del rapporto contrattuale, costituiscono inadempimenti e la nullità è solo una conseguenza. Le domande di risarcimento dei danni patrimoniali sono state avanzate «in via subordinata», per il caso di rigetto delle domande di nullità, annullamento e di restituzione (v. punto 5 delle conclusioni) e, quindi. il Tribunale non è tenuto ad emettere una pronuncia. Infine vengono respinte le domande di condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali, morali ed esistenziali (implicanti l'accertamento della responsabilità extracontrattuale), domande fondate sull'esistenza del reato di truffa o di fattispecie penalmente rilevante e sulla violazione dell'art. 47 della Costituzione. Ed invero nelle violazioni accertate non sono ravvisabili fattispecie di reato e l'art. 47 della Costituzione è norma programmatica. In ogni caso non è stata fornita la prova degli asseriti danni non patrimoniali.


- Omissis.