Crisi d'Impresa e Insolvenza
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 33571 - pubb. 16/09/2025
Equa riparazione per irragionevole durata della procedura fallimentare e decorrenza del termine di decadenza semestrale
Cassazione civile, sez. II, 04 Agosto 2025, n. 22402. Pres. Manna. Est. Papa.
Equa riparazione per irragionevole durata della procedura fallimentare - Decorrenza del termine di decadenza semestrale - Dies a quo
Equa riparazione per irragionevole durata della procedura fallimentare - Limiti dell'indennizzo - Parametri di determinazione
Nell'ambito dell'equa riparazione per l'irragionevole durata delle procedure fallimentari, il termine semestrale di decadenza previsto dall'articolo 4 della legge 24 marzo 2001, n. 89, decorre esclusivamente dal momento in cui il decreto di chiusura del fallimento non è più soggetto a reclamo e la decisione che conclude il procedimento è divenuta definitiva. Non può essere individuato un dies a quo differente in riferimento ad eventi non prestabiliti quali l'approvazione di piani di riparto parziali o la soddisfazione del credito. La decadenza, implicando la perdita della possibilità di compiere un atto processuale per il mancato rispetto di un termine perentorio, presuppone necessariamente il principio di certezza per garantire la stabilità e prevedibilità dei rapporti giuridici, evitando che le situazioni processuali restino indefinite nel tempo. La data di integrale soddisfacimento del creditore rileva esclusivamente sul piano sostanziale per stabilire la durata irragionevole della procedura fallimentare e l'entità del danno indennizzabile, mentre il termine ex articolo 4 ha valore processuale per accertare la tempestività della domanda.
Per quanto concerne i limiti dell'indennizzo previsti dall'articolo 2-bis, comma 3, della legge n. 89 del 2001, questi devono essere individuati, per il creditore del fallito, nell'ammontare del credito indicato nell'istanza di ammissione quanto al valore della causa e nel credito ammesso al passivo quanto al valore del diritto accertato dal giudice. Il danno da irragionevole durata, consistendo nel patema conseguente all'instaurazione della lite, coincide con il valore economico in bilico dalla instaurazione fino all'accertamento del giudice, che segna il limite della sovracompensazione da scongiurare. L'entità della pretesa creditoria rimasta insoddisfatta all'esito dei piani di riparto può riverberare i suoi effetti soltanto sulla misura del parametro annuo di liquidazione del danno, ma non può costituire il limite dell'ammontare totale della liquidazione. L'eventuale azione del lavoratore nei confronti dell'INPS-Fondo di Garanzia in caso di fallimento del datore di lavoro non rileva nella valutazione del danno da irragionevole durata del procedimento concorsuale, né in sede di quantificazione della misura dell'indennizzo complessivo né come condizione per la sua insorgenza, potendo al più giustificare una decurtazione del minimo annuo qualora l'Amministrazione provi l'inerzia del creditore nel ricorrere a strumenti alternativi di realizzazione dell'interesse. (Martino Galasso) (riproduzione riservata)
Segnalazione del Prof. Avv. Gianluigi Passarelli
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