Diritto dei Mercati Finanziari
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 213 - pubb. 01/07/2007
Deficit informativo e prova del nesso causale tra condotta e danno
Tribunale Milano, 09 Novembre 2005. ..
Processo societario –
Nullità dell’istanza di fissazione udienza – Acquiescenza
Processo societario – Immediata notifica dell’istanza di fissazione udienza –
Compressione del diritto alla difesa – Insussistenza
Intermediazione finanziaria – Obbligazioni Parmalat - Acquisto di prodotto
diverso da quello indicato nell’ordine – Inadempimento – Sussistenza
Intermediazione finanziaria – Obbligo di fornire adeguate informazioni su
prodotto negoziato al “grey market” prima dell’emissione della “offering circular”
Intermediazione finanziaria – Omessa informazione – Nullità – Insussistenza
Omessa informazione sul prodotto oggetto di negoziazione finanziaria – Nesso
causale tra la condotta dell’intermediario ed il danno – Prova – Necessità
Deve ritenersi che abbia prestato acquiescenza alla istanza di fissazione dell’udienza eventualmente viziata da nullità la parte che abbia presentato la nota contenente la definitiva formulazione delle istanze e delle conclusioni ai sensi dell’art. 10 d. lgs. n. 3/05.
Non vi è compressione del diritto di difesa dell’attore nell’ipotesi in cui il
convenuto notifichi l’istanza di fissazione dell’udienza unitamente alla
comparsa di risposta con la quale chieda unicamente il rigetto della domanda
avversaria, avendo l’attore la possibilità di replicare alle avverse difese
nella nota ex art. 10 cit. e nella memoria conclusionale.
Nell’ipotesi in cui l’intermediario proceda all’acquisto di un titolo diverso
da quello oggetto dell’ordine impartito dall’investitore, si versa in ipotesi
di inadempimento del contratto e non di vizio della volontà.
Appare poco credibile che l’intermediario possa aver fornito adeguate
informazioni su un prodotto finanziario negoziato nel periodo del cd. “grey
market” prima che venisse pubblicata la “offering circular”, e ciò
in quanto dette informazioni, contenute nella “offering circular”
destinata agli investitori istituzionali, non erano ancora state pubblicate e
non erano quindi ancora divenute conoscibili dagli operatori finanziari.
Nell’ambito dei rapporti di intermediazione mobiliare, non può considerarsi
nullo il consenso prestato al singolo investimento ove risulti inosservato
l’obbligo informativo, poiché l’informazione non assurge a requisito dell’atto
a pena di nullità.
Qualora in relazione ad un rapporto di negoziazione di prodotti finanziari si
verifichi un deficit informativo del quale sia responsabile l’intermediario, si
dovrà indagare sull’incidenza che tale deficit ha avuto sulla scelta
dell’investitore. Questi dovrà quindi provare che il danno patito è conseguenza
immediata e diretta della condotta colposa dell’intermediario e non
dell’andamento sfavorevole del mercato; in proposito non può infatti invocarsi
l’inversione dell’onere della prova di cui all’art. 23 T.U.F. ed il Giudice
dovrà rigorosamente valutare la concreta sussistenza di un nesso eziologico fra
inadempimento dedotto e danno asseritamente patito.
R.G. 43496/2004
OGGETTO: Intermediazione mobiliare
I procuratori delle parti, come sopra costituiti, così
CONCLUDEVANO
Per parte attrice (note conclusive depositate in data 13/01/05):
A) preliminarmente: dichiarare non manifestamente infondata la questione di incostituzionalità delle norme di cui agli artt. 4. 2° c., ed 8, 2° c., del D. Lgv n. 5/03 in relazione all’art. 10, 2° c., stesso Decreto, per violazione degli artt. 3, 24-2° c.- e 111-2°c.- della Carta Costituzionale, e per l’effetto sospendere il presente procedimento rimettendo parti e causa innanzi alla Corte Costituzionale.
B) Nel merito, gradatamente, ogni contraria istanza disattesa:
· Accertare e dichiarare che la vendita dei titoli di cui è causa è viziata quanto meno ex art. 1440 c.c. e, per l’effetto, condannare la Banca convenuta a rimborsare agli esponenti l’importo di € 9.936,060 versate per l’acquisto; nonché condannare la banca all’ulteriore risarcimento del danno consistente negli interessi 5.875% sul capitale investito che gli esponenti avrebbero lucrato dal 21.12.2001 al pagamento;
· Previo accertamento di tutte le omissioni, violazione di legge e dei regolamenti – meglio descritte in narrativa – di cui si è resa responsabile la Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza, ritenere e dichiarare nullo e/o annullare il contratto di cessione dei titoli di cui è causa, emettendo le medesime statuizioni di cui ai punti che precedono a titolo restitutorio e/o risarcitorio.Spese rifuse.
(omissis)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato alla Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza in data 16 giugno 2004 gli attori, sollevate contestazioni in merito alla negoziazione di obbligazioni Parmalat acquistate in data 17 dicembre 2001, chiedevano al Tribunale di “accertare e dichiarare che la vendita dei titoli di cui è causa è viziata quanto meno ex art. 1440 c.c. e, per l’effetto, condannare la Banca convenuta a rimborsare agli esponenti l’importo di Euro 9.936,060 versate per l’acquisto; nonché condannare la banca all’ulteriore risarcimento del danno consistente negli interessi 5,875%v sul capitale che gli attori avrebbero lucrato dal 21.12.2001 al pagamento” e “previo accertamento di tutte le omissioni, violazioni di legge e dei regolamenti- meglio descritte in narrativa – di cui si è resa responsabile la Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza, ritenere e dichiarare nullo e/o annullare il contratto di cessione dei titoli di cui è causa, emettendo le medesime statuizioni di natura economica di cui al punto che precede a titolo restitutorio e risarcitorio” (cfr. atto di citazione, pag. 11). A sostegno della domanda gli attori deducevano l’inosservanza degli obblighi previsti dal TUF e dalle norme regolamentari disciplinanti la materia dell’intermediazione finanziaria, ed in particolare l’omessa informazione sulle caratteristiche del prodotto, sulla sussistenza di una ipotesi di conflitto di interesse e di inadeguatezza della operazione.
La convenuta provvedeva a notificare agli attori in data 30 settembre 2004, nei termini di legge indicati dai medesimi (sessanta giorni dalla notifica dell’atto di citazione), comparsa di risposta contestando lo svolgimento dei fatti così come esposto dai sigg.ri C. e P., chiedendo il rigetto delle relative domande e provvedendo altresì ad articolare mezzi di prova. Nella medesima comparsa la convenuta provvedeva altresì a formulare istanza di fissazione d’udienza, che poi reiterava dopo la costituzione in giudizio avvenuta in data 1° ottobre 2004.Parte attrice, in data 11 ottobre 2004, notificava alla convenuta “nota ex art. 10”. Con tale atto gli attori sollevavano preliminarmente eccezione di legittimità costituzionale degli “artt. 4, 2° c., 8, 2° c. del D.Lgv n. 5/03 in relazione all’art. 10, 2° c,, stesso Decreto, per violazione degli artt. 3, 24 – 2° c. e 111 – 2° c. della Carta Costituzionale” (cfr. nota di parte attrice, pagg. 1 e ss.), mentre nel merito formulavano sintetiche contestazioni.
Successivamente, con decreto ex art. 12 D.lgs 5/2003, il Giudice Relatore, fissata la udienza collegiale per il 19 gennaio 2005, non ammetteva “i capitoli di prova dedotti da parte attrice in atto di citazione ed i capitoli di prova dedotti da parte convenuta in comparsa di risposta in quanto (ritenuti) irrilevanti ai fini della decisione”; riservava “al collegio la decisione in ordine alla non manifesta infondatezza della eccezione di incostituzionalità sollevata dalla difesa attrice ed alla rilevanza della questione medesima con riferimento al giudizio in oggetto”; invitava inoltre “le parti a comparire personalmente all’udienza collegiale per rendere l’interrogatorio libero e per il tentativo di conciliazione” e fissava in cinque giorni anteriori alla data della predetta udienza il termine perentorio per il deposito delle memorie conclusionali.
Successivamente, sciolta la riserva assunta all’esito della richiamata udienza collegiale, il Collegio, in parziale revoca del decreto di fissazione d’udienza “ riservata, unitamente al merito, la decisione sulla questione di illegittimità costituzionale”, ammetteva “il cap. 2) di prova orale dedotto dagli attori con la teste indicata, nonché i capp. 13) e 14) di prova orale dedotti dalla difesa convenuta, con i testi indicati ”, delegando il Giudice relatore all’espletamento della prova.
Esaurita l’istruttoria alla predetta udienza, il Giudice relatore rimetteva la causa davanti al Collegio che fissava l’udienza ex art. 16 D.Lgs. n. 5/2003 al 29 giugno 2005, poi differendola al successivo 9 novembre 2005, al cui esito la causa veniva trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente disattesa la eccezione di illegittimità costituzionale sollevata dalla difesa attrice in quanto priva di concreta rilevanza ai fini della decisione della controversia in esame. Ed invero, giova anzitutto osservare sul punto che gli attori non hanno formulato opposizione alla istanza di fissazione di udienza proposta dalla difesa convenuta, nè hanno chiesto la rimessione in termini ex art. 13 V co. D. Lgs n. 5/03, ma hanno presentato la “nota contenente la definitiva formulazione” delle istanze e conclusioni ai sensi dell’art. 10 del cit. D.Lgs i cui effetti e contenuto sono ben determinati, così mostrando di prestare acquiescienza all’istanza di fissazione di udienza con le conseguenti preclusioni che ne derivano per le parti. Infatti, la “nota di precisazione delle conclusioni” ex art. 10 D. Lgs n. 5/03 è l’atto con il quale la parte destinataria dell’istanza di fissazione di udienza precisa in via definitiva le proprie conclusioni, così contribuendo a determinare l’oggetto del giudizio nel passaggio alla successiva fase apud judicem mediante il deposito di un atto (la nota ex art. 10 D. Lgs 5/03 appunto), le cui conseguenze preclusive sono predeterminate dalla norma stessa.
Inoltre gli attori non possono comunque dolersi di una compressione del loro diritto di difesa, avendo la parte convenuta concluso unicamente pr il rigetto della avversaria domanda, avendo essi attori dedotto nell’atto introduttivo del giudizio capitoli di prova orale ammessi dal Collegio, avendo avuto modo di replicare alle avverse difese nella nota ex art. 10 D. Lgs cit. e nella memoria conclusionale.
In realtà la difesa attrice ha cercato di integrare lacune istruttorie inerenti i fatti posti fondamento della domanda (in particolare sull’asserito dolo incidente non precedentemente assistito da specificazione alcuna in ordine alle sue componenti).
La ritenuta irrilevanza della questione di legittimità costituzionale rende superfluo l’ulteriore esame della sua fondatezza. Passando ora all’esame del merito della controversia va in limine osservato che gli attori deducono di aver manifestato l’intenzione di acquisire obbligazioni Parmalat SpA ovvero Parmalat Finanziaria SpA, essendo tali azioni in linea con il loro portafoglio “formato da obbligazioni corporate di primarie società industriali o di società finanziarie direttamente emanazione delle prime” (cfr., da ultimo note conclusive, pag. 3).
In effetti risulta per tabulas che l’ordine conferito in data 17/12/2001 reca la dicitura “Parmalat 18/1/2007 5,875 e così pure il fissato bollato (All. 3 di parte attrice).
Purtuttavia risulta incontestato come la Banca abbia in realtà venduto agli attori un titolo denominato “Parmalat Finance Corporate BV” emesso sul mercato olandese (cfr. All. 4 di parte attrice).
Al di là della simile denominazione, non può sottacersi che trattasi di un titolo diverso da quello reso oggetto dell’ordine conferito dagli attori e risultante dal successivo fissato bollato.
Ma proprio in ragione di tali condivisibili premesse, che costituiscono la preliminare doglianza degli attori, risulta inconferente il richiamo all’art. 1440 c.c. ed alle norme in tema di vizi del consenso.
Tali rimedi presuppongono infatti che il consenso ci sia stato, seppur viziato da dolo incidente o da errore, con riferimento alla compravendita di cui si chiede l’annullamento.
Nella fattispecie in esame, al contrario, risulta dedotto dalla difesa attrice - e comprovato dalla documentazione versata in atti - che il consenso all’acquisto venne dato da entrambe le parti per un titolo diverso da quello in realtà negoziato.
E l’incontro delle volontà può dirsi certamente avvenuto, attesa la corrispondenza fra quanto indicato nell’ordine e quanto contenuto nel successivo fissato bollato inviato alla Banca.
Solo la esecuzione del contratto è stata difforme dal contenuto dell’accordo, con conseguente inapplicabilità delle norme invocate dalla difesa attrice in tema di vizi del consenso. Ciò premesso occorre ora domandarsi quid juris in tale ipotesi. La difesa attrice ha invero dedotto l’aliud pro alio (tale prospettazione può stimarsi contenuta (rectius desumibile) nelle argomentazioni dell’atto introduttivo, ma ha ricollegato a tale causa petendi le domande di annullamento per dolo incidente ed errore, del tutto inconferenti come sopra evindenziato.
Non ha invece mai proposto la domanda di risoluzione del contratto (quale corretta conseguenza di tale causa petendi): non nell’atto introduttivo, non nelle successive conclusioni.
Dunque in ossequio all’indefettibile principio della corrispondenza fra chiesto ed il pronunciato, che trova quale unica mitigazione la possibilità di interpretare la domanda, ma non certo di integrarla oltre i limiti del dedotto, la pronuncia di risoluzione non può essere accordata. Restano da esaminare le ulteriori doglianze in relazione alle azioni di nullità/risarcimento parimenti proposte. Ritiene il Collegio che plurimi ed incontestabili siano gli inadempimenti posti in essere dalla Banca convenuta.
In primo luogo è inequivocabilmente emerso che è stata data difforme esecuzione all’ordine impartito dal cliente.
Inoltre non può dirsi assolto l’obbligo di informazione previsto dagli arrt. 21 T.U.F. e 28 Reg. Consob n. 11522/98.
Sul punto basti considerare che il titolo è stato negoziato nel periodo del cd. “grey market” e prima ancora che venisse pubblicata la “offering circular”. Appare dunque poco credibile sostenere che si potessero dare informazioni adeguate sul prodotto finanziario quando tali informazioni, contenute nella “offering circular” destinata agli investitori istituzionali, non erano state ancora pubblicate e dunque non erano divenute ancora conoscibili dagli operatori finanziari.
In ogni caso la assoluta insufficienza, o peggio la incostistenza delle informazioni rese all’atto dell’acquisto, è confermata dal contenuto della deposizione della teste escussa nel corso dell’istruttoria.
Infine non è stato segnalato il conflitto di interesse per vendita in contropartita diretta che compare per la prima volta nel tabulato stampato oltre due anni dopo l’avvenuta negoziazione (cfr. all. 4).
Ma seppure gli inadempimenti sopra esposti possono stimarsi accertati, le residue domande proposte (restitutorie e risarcitorie) non possono essere accolte. Giova in proposito premettere che questo Tribunale si è già in precedenza espresso sulla ritenuta inapplicabilità del regime delle nullità nelle ipotesi di violazione delle regole di condotta contenute nel T.U.F e nei regolamenti attuativi (segnatamente il Reg. Consob n. 11522/98).
È stato infatti osservato come “la voluta distinzione fra adempimenti prescritti a pena di nullità ed altri obblighi di comportamento pure posti a carico dell’intermediario impedisce una generalizzata qualificazione di tutta la disciplina dell’intermediazione mobiliare come di ordine pubblico e, ultimamente, presidiata dalla cd. nullità virtuale di cui all’art. 1418 c.c.“ (così sentenza n. 555/05 Pres. Est. dr.ssa Vanoni) e come “al diverso inquadramento della fattispecie soccorra anche l’argomento letterale desumibile dal comma 6 dell’art. 23 del T.U.F. laddove l’inversione dell’onere probatorio viene riferito ai “giudizi di risarcimento dei danni cagionati ai clienti nello svolgimento dei servizi”: rimedio risarcitorio che “non appartiene alla categoria elle nullità che prevedono, invero, effetti restitutori” (così Trib. Milano, sentenza n. 8671/05 Rel. dr.ssa Raineri).
È stato poi osservato come in ossequio all’indefettibile principio di legalità (e, non di meno, di certezza del diritto) non appaia lecito il ricorso indiscriminato alla sanzione della nullità - che costituisce, invero, il più severo rimedio civilistico - nei casi di violazione di norme comportamentali generali che, in quanto prive di specificità, non risultano idonee ad individuare precise regole di comportamento cui uniformare la condotta dell’agente. Ed anche la migliore dottrina ha recentemente osservato sull’argomento che non si fa buon governo delle categorie allorquando si confondono regole che riguardano il comportamento dei consociati - la cui violazione è senza dubbio fonte di responsabilità - e regole che attengono invece ai requisiti degli atti giuridici posti nell’interesse generale, ove la conseguenza, in caso di inosservanza, è la invalidità degli stessi.
Giudizio “di fatto su comportamenti” in un caso, “giuridico su atti” nell’altro.
Con la conseguenza che non può “fulminarsi” di nullità il consenso prestato al singolo investimento ove risulti inosservato l’obbligo informativo perchè l’informazione non assurge (o almeno così non sembra desumibile dall’impianto della nomativa speciale) a requisito dell’atto a pena di nullità. Dunque occorrerà accertare in fatto in che cosa è consistito il deficit informativo nella singola fattispecie e, soprattutto, indagare l’incidenza causale che ha avuto sulla scelta dell’investitore.
Ed è questo un giudizio ben diverso da quello che coinvolge la nullità di un atto quale esito della comparazione fra lo schema imposto dalla norma di legge e quello in concreto praticato.
Ne varrebbe obiettare, seguendo tale prospettiva, che l’inadempimento sarebbe riferito non già alle prestazioni nascenti da un contratto validamente concluso, ma con riferimento agli obblighi di informazione che devono precedere l’incontro delle volontà.
Nessun ostacolo si pone, infatti, a considerare l’inadempimento in riferimento agli obblighi assunti dall’intermediario finanziario nel contratto di negoziazione (cd. contratto quadro) quale fonte regolatrice dei successivi rapporti. In tale diversa prospettiva l’investitore dovrà provare che il danno patito è conseguenza immediata e diretta della condotta colposa del’intermediario (ad es. dell’obbligo informativo che si assume violato) e non dell’andamento sfavorevole del mercato, poichè non può invocarsi in proposito l’inversione dell’onere probatorio di cui all’art. 23 T.U.F. ed il Giudice dovrà rigorosamente valutare la concreta sussistenza di un nesso eziologico fra inadempimento dedotto e danno asseritamente patito (che di solito si assume essere pari alla perdita valore dei titoli oggetto di negoziazione).
In ogni caso il Giudice, nel valutare l’importanza dell’inadempimento dell’intermediario, potrà addivenire anche ad una pronuncia di risoluzione del contratto quando le violazioni commesse risulteranno di gravità tale da compromettere del tutto l’equilibrio del rapporto negoziale, ovvero quando, pur prescindendo dal singolo rapporto obbligatorio con l’investitore teso al soddisfacimento del suo interesse individuale, ledono il prioritario principio della integrità del mercato: risoluzione che, quoad effectum, si risolverà, al pari della pronuncia di nullità, per la sua efficacia retroattiva, nell’obbligo restitutorio.
La Corte di legittimità ha significativamente rammentato come l’art. 1455 c.c. riconduca la sanzione di scioglimento del vincolo contrattuale ad una “regola di proporzionalità in virtù della quale la risoluzione del vincolo contrattuale è legislativamente collegata all’inadempimento di obbligazioni che abbiano notevole rilevanza nella economia del rapporto, avuto riguardo sia all’esigenza di mantenere l’equilibrio fra prestazioni di uguale importanza nei contratti con prestazioni corrispettive, sia nell’interesse dell’altra parte che non deve essere tanto inteso in senso subbiettivo, in relazione alla stima che il creditore abbia potuto fare del proprio interesse violato, quanto in senso obiettivo, in relazione all’attitudine dell’inadempimento a turbare l’equilibrio contrattuale e a reagire sulla causa del contratto e perciò sul comune intento negoziale” (ex plurimis, Cass. n. 5277/85). Tutto ciò premesso, disattesa per le ragioni sopra esposte la declaratoria di nullità richiesta dalla difesa attrice e considerato che nessuna domanda di risoluzione è stata proposta, il Tribunale, quanto alla residua domanda risarcitoria, ritiene che non possa ravvisarsi nella specie alcun nesso eziologico fra il danno dedotto (perdita di valore dei titoli a seguito di default) e gli inadempimenti accertati.
Ed invero, l’avere di fatto acquisito un prodotto diverso da quello voluto ed in presenza di un deficit informativo ( sulle caratteristiche del prodotto in concreto compravenduto e sulla esistenza di un conflitto di interessi da vendita in contropartita diretta) può configurare un danno solo se il pregiudizio sarebbe stato altrimenti evitabile (in presenza di corrette ed adeguate informazioni).
Ma gli attori stessi deducono a più riprese nei loro atti, come peraltro in limine premesso con riferimento alla inconferenza del richiamo alle ipotesi di vizio del consenso, che in realtà avevano dato il loro consenso all’acquisizione di obbligazioni Parmalat SpA o Parmalat Finanziaria Spa perchè ritenute “in linea con i loro obiettivi di investimento”.
Poichè tuttavia costituisce fatto notorio, incontestato e comunque oggetto di verbalizzazione alla udienza di discussione, che non diversa sorte hanno avuto i titoli altrimenti voluti, non si vede come l’inadempimento dell’intermediario abbia potuto nella specie influire nella determinazione del pregiudizio sofferto.
Anche la domanda risarcitoria va conclusivamente disattesa.
La natura della lite, la qualità delle parti e la ritenuta sussistenza di giusti motivi consigliano la integrale compensazione delle spese processuali fra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda e istanza disattesa, respinge la eccezione di illegittimità costituzionale proposta dalla difesa attrice;
respinge le domande proposte dagli attori;
dichiara interamente compensate fra le parti le spese del giudizio.
Così deciso in Milano, il 9/11/2005