Diritto dei Mercati Finanziari


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 241 - pubb. 01/07/2007

Profilo di rischio, adeguatezza dell'operazione e risarcimento del danno

Tribunale Alba, 04 Luglio 2005. ..


Intermediazione finanziaria – Adeguatezza dell’operazione – Propensione al rischio – Valutazione – Modalità


Intermediazione finanziaria – Propensione al rischio – Valutazione – Pregressa operatività in fondi azionari – Effetti


Intermediazione finanziaria – Adeguatezza dell’operazione – Obbligo di informazione – Sussistenza


Intermediazione finanziaria – Violazione dei doveri informativi dell’intermediario – Conseguenze – Inadempimento – Risarcimento del danno
 



Le caratteristiche di idoneità soggettiva dell’operazione al profilo dell’investitore non professionale prescindono dal tipo di attività o dal grado di istruzione dello stesso. Tali caratteristiche devono pertanto essere valutate in concreto avendo riguardo principalmente alla propensione al rischio manifestata in precedenza ed alle modalità di approccio all’investimento.


La circostanza costituita dal fatto che un investitore abbia detenuto un investimento in fondi azionari per oltre 250.000 euro induce a ritenere che si tratti di soggetto con elevata propensione al rischio.


La circostanza che una determinata operazione in strumenti finanziari si riveli adeguata al profilo di rischio dell’investitore non esime l’intermediario dal fornire al cliente tutte le informazioni necessarie per consentire allo stesso di effettuare consapevoli scelte di investimento o di disinvestimento.


La violazione dei doveri informativi di cui agli artt. 21 del TUF e 28 reg. Consob n. 1522/98 non integrano profili di nullità del contratto, ma assumono rilievo in termini di inadempimento dell’intermediario per violazione dei doveri specifici sullo stesso gravanti e comportano conseguentemente l’insorgere di un obbligo risarcitorio.



Sent. N. 320/05

R.G. n. 1419/04


Svolgimento del Processo


Con atto di citazione ai sensi del D. Lgs. n. 5/2003, ritualmente notificato, i signori ** convenivano in giudizio la Banca ** s.p.a innanzi alla Sede Distaccata di Bra di questo Tribunale ed esponevano che: in data 15/2/2001 la Banca aveva loro addebitato l'acquisto di € 52,396,80 di obbligazioni Cirio Holding Luxembourg con scadenza 2004 e tasso di interesse 6,25%; che, in conseguenza della nota insolvenza del gruppo Cirio, tali obbligazioni non erano state rimborsate né lo sarebbero più state; che il contratto era nullo per difetto della forma scritta; che i servizi dì investimento prestati dalla banca erano viziati da illegittimità per violazione delle norme relative alla sollecitazione dell'investimento, violazione dei doveri di diligenza, correttezza e trasparenza e degli obblighi di informazione necessari affinché i risparmiatori possano effettuare consapevoli scelte di investimento, violazione del dovere di non agire in conflitto di interessi. Pertanto chiedevano accertarsi l'intervenuta violazione da parte della Banca della normativa prevista dal T.U.F. (art. 23 quanto alla forma del contratto, art. 94 circa le regole della sollecitazione all'investimento, artt. 21 e 95, anche in relazione agli artt. 26 e 28 Regolamento CONSOB 11522/98 in ordine ai doveri di correttezza, diligenza, trasparenza ed informazione, ed in relazione all'art. 27 Reg. CONSOB per quel che riguarda il dovere di non agire in conflitto di interessi. Conseguentemente chiedevano dichiararsi nullo e/o annullarsi il contratto e, accertata la responsabilità (precontrattuale e/o contrattuale e/o extracontrattuale) della Banca, condannarsi la stessa alla restituzione del prezzo versato per l'acquisto delle obbligazioni ovvero al risarcimento del danno in eguale misura, oltre interessi, lucro cessante e maggior danno.

La Banca convenuta si costituiva con comparsa di risposta del 28/5/2004, contestando la domanda attorea di cui chiedeva il rigetto.

Contestava l'eccepito difetto di forma scritta, producendo copia dell'ordine di acquisto sottoscritto in data 812/2001, che assumeva peraltro avere già trasmesso alla controparte con il carteggio antecedente all'instaurazione del contenzioso; respingeva ogni rilievo in punto doveri di diligenza, correttezza, trasparenza ed informazione, precisando di non essere creditrice del gruppo Cirio, di non avere fatto parte del consorzio di collocamento delle obbligazioni per le quali è causa e di essersi limitata ad eseguire un ordine di acquisto dei clienti, affermando inoltre l'adeguatezza dell'operazione in considerazione della loro propensione al rischio, quale risultante dai precedenti investimenti presso lo stesso istituto; assumeva ancora che la non inclusione della BRE nel consorzio di collocamento e l'assenza di titoli Cirio nel proprio portafoglio escludevano ogni responsabilità in punto sollecitazione all'investimento, sia diretta che mediante offerta indiretta; contestava infine l'interpretazione avversaria circa l'interpretazione dell'art. 23, 6° comma T.U.F. in ordine all'onere probatorio e, in subordine, la quantificazione dei danni ex adverso proposta. Intervenuta la trasmissione degli atti alla Sede principale del Tribunale, trattandosi di procedimento di competenza del Tribunale in composizione collegiale, avveniva lo scambio di memorie di replica e controreplica, ai sensi degli artt. 6 e 7 D. Lgs. n. 5/2003 e quindi erano presentate, rispettivamente da parte degli attori e della convenuta, l'istanza di fissazione dell'udienza ex art. 8 e la nota ex art. 10.

Con decreto 1011/2005 il presidente relatore pronunciava in ordine alle prove dedotte dalle parti e fissava per il 15/2/2005 l'udienza collegiale, all'esito della quale il collegio, con ordinanza 17/2/2005 modificava parzialmente il suddetto decreto e fissava l'udienza di assunzione delle prove orali innanzi al relatore e la successiva udienza di discussione.

Assunte il 29/3/2005 le prove dedotte dalle parti e svoltasi all'udienza del 19/4/2005 la discussione innanzi al collegio, la causa veniva trattenuta a decisione sulle conclusioni precisate così come riportate in epigrafe.


Motivi


§. 1. Come è pacificamente emerso in causa, non si versa in ipotesi di nullità per violazione dell'art. 23, 1° comma T.U.F., in quanto, contrariamente all'originario assunto degli attori, il contratto fu redatto per iscritto. Conseguentemente, seppure in modo tutt'altro che sollecito, parte attrice non ha riproposto tale domanda in sede di conclusioni definitive.


§. 2. Per quanto attiene alla pretesa violazione delle norme in tema di sollecitazione dell'investimento, la prospettazione attorea è sensibilmente mutata in corso di causa.

Se infatti originariamente la tesi era avanzata essenzialmente in stretta connessione con quella relativa alla violazione dell'obbligo di non agire in conflitto di interessi, in corso di causa e nelle argomentazioni svolte in memoria conclusionale la questione è stata sostenuta sotto diverso profilo.

Non è stata più coltivata l'accusa alla Banca di avere venduto ai clienti dei titoli che essa possedeva nel proprio portafoglio: la circostanza è stata infatti pacificamente smentita sia perché la BRE non faceva parte del consorzio di collocamento dei titoli in questione, sia perché è risultato documentalmente provato che a seguito dell'accordo intervenuto con gli attori, l'istituto provvide ad acquistare i titoli sul mercato.


§. 3.1. Appare necessario, a questo punto, esaminare la normativa in materia. L'art. 21 D. L.gs. 24/2/1998, n. 58 (T.U.F.) impone agli intermediari i seguenti obblighi:

a. comportarsi con diligenza, correttezza, e trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati;

b. acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati;

c. organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse e, in situazioni di conflitto, agire in modo da assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento;

d. disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l'efficiente svolgimento dei servizi;

e. svolgere una gestione indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati.

Le disposizioni di cui alle lettere b) (dovere di informazione, nel duplice significato di acquisizione e comunicazione delle informazioni), e) (particolare attenzione e cautela in situazioni di conflitto di interesse) e d) (predisposizione di strumenti idonei di gestione del servizio) altro non sono che una specificazione dei criteri generali enunciati alla lettera a) (diligenza, correttezza e trasparenza), mentre la disposizione di cui alla lettera e) si presenta come una sorta di norma di chiusura, di carattere generale, come emerge dall'uso di termini volutamente non specifici quali "gestione indipendente, sana e prudente" e "misure idonee".

La norma di cui alla lettera b) trova una maggiore determinazione nelle disposizioni contenute nell'art. 28 Reg. CONSOB 17/1998, n. 11522, ed in particolare al comma 1 per quanto riguarda il dovere di acquisire "notizie dall'investitore circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio" (lett. a) ed alla consegna agli investitori del "documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari" (lett. b), ed al comma 2 con la previsione del divieto di "effettuare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione e del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o di disinvestimento".

Il disposto della lettera c) è oggetto di chiarificazione nell'art. 27 Reg. CONSOB, che disciplina dettagliatamente e rigorosamente le modalità secondo le quali può essere effettuata un'operazione in situazione di conflitto di interessi.Le procedure di controllo enunciate alla lett. d) sono dettagliatamente regolate dall'art. 56 Reg. CONSOB.

L'adeguatezza dell'operazione, criterio da ritenersi compreso sia nei concetti di diligenza e correttezza (lett. a), che in quelli di adozione di misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti (lett. e), trovano opportuna specificazione nel disposto dell'art. 29 Reg. CONSOB, laddove si prescrive che "gli intermediari autorizzati si astengono dall'effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione" (comma 1), che a tal fine essi "tengono conto delle informazioni di cui - all'art. 28 e di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati" (comma 2) e che "quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione" (comma 3).


§. 3.2. Come si è detto in precedenza, non vi è luogo di affrontare il disposto di cui alla lettera c), posto che non si è in presenza di una situazione di conflitto (peraltro, contrariamente all'assunto degli attori, non vietata dalla norma, ma necessariamente soggetta a estremo rigore nella gestione del rapporto con il cliente).

Occorre dunque analizzare se siano stati dalla Banca osservati i doveri generali dettati dalla lettera a) e dalle sue richiamate specificazioni di cui alle lett. b), d) ed e).

Si tratta, all'evidenza, di disposizioni che mirano ad apprestare la maggiore tutela possibile al risparmiatore-investitore al fine di preservarlo dal coinvolgimento in operazioni speculative che possono arrecare un rilevante ingiusto danno patrimoniale; esse, peraltro, non possono essere interpretate come un "ombrello" che comporti una copertura assoluta ed incondizionata, posto che ciò comporterebbe di affermare una sorta di assoluta deresponsabilizzazione dell'investitore e di sostanziale responsabilità oggettiva del soggetto abilitato.


§. 3.3. Escluso, per quanto detto in precedenza, ogni riferimento ad ipotesi di conflitto di interessi e di sollecitazione all'investimento, la vicenda processuale si incentra dunque sulla disamina dell'avvenuta o meno osservanza dell'obbligo di diligenza e correttezza (la trasparenza attiene essenzialmente al conflitto di interessi), nel senso che deve desumersi dal coordinamento tra la disposizione generale dell'art. 21 T.U.F. e le correlate e sopra richiamate disposizioni del Regolamento CONSOB e dunque essenzialmente sui seguenti profili: se sia stato osservato l'obbligo di informazione (acquisita e fornita); se vi sia stata una valutazione di inadeguatezza dell'operazione e, in caso affermativo, quali misure siano state assunte.Logicamente antecedenti a tali considerazioni, sì pongono le questioni se sia stata la Banca a proporre l'acquisto delle obbligazioni Cirio e se siano state rispettate le norme dettate in tema di valutazione da parte dell'istituto della propensione al rischio dei clienti, avendo riguardo all'attribuzione dell'onere probatorio stabilito dall'art. 23 T.U.F.

Posto che (e lo si ribadisce, in quanto gli attori hanno reiteratamente sostenuto la tesi contraria, abbandonandola quanto mai tardivamente) non è ravvisabile alcuna violazione né dell'art. 30, 1° comma del Regolamento CONSOB n. 11522148, posto che il contratto fu stipulato per iscritto, né dell'art. 27 dello stesso Regolamento, atteso che non è ravvisabile alcun interesse, nemmeno indiretto, tale da comportare una situazione di conflitto in capo alla Banca, è evidente che si è dunque in presenza di una ipotesi di intermediazione nella quale l'istituto provvide all'acquisto di titoli per conto dei propri clienti, in fase di secondo mercato.

Dal punto di vista documentale, la circostanza è del tutto pacifica, avendo l'istituto prodotto (doc. 2 del sottofascicolo Moduli e Corrispondenza) la scheda di negoziazione con cui in nome e per conto dei clienti ebbe ad ordinare alla Arcadia Securities s.a. l'acquisto delle obbligazioni per l'ammontare di € 52.176,80.


§. 3.4. Per quanto attiene all'iniziativa per l'acquisto dei titoli, se cioè si sia trattato di una scelta autonoma dei clienti ovvero di una proposta da parte del funzionario della banca, la questione non può che essere valutata sulla base della prova testimoniale assunta.

L'eccezione di incapacità del teste sollevata dagli attori dopo l'assunzione della testimonianza del direttore di agenzia, è palesemente infondata.

È principio assolutamente pacifico che le disposizioni che comminano la nullità delle deposizioni testimoniali assunte in violazione del divieto di cui agli artt. 246 e 247 c.p.c. sono dettate nell'esclusivo interesse delle parti, sicché le nullità ivi previste si considerano sanate sia se le parti stesse vi hanno dato causa, sia se non sono state tempestivamente dedotte subito dopo l'espletamento della prova (tra le molte, si vedano Cass. 15/11/1999, n. 12634; id. 1/7/2002, n. 9553).

Il che è ciò che accaduto nel caso di specie.

Infatti, in primo luogo, l'eccezione proviene dai soggetti che avevano essi stessi indicato come teste il soggetto di cui ora lamentano l'incapacità; per altro verso essa avrebbe dovuto essere sollevata al termine dell'assunzione della prova, alla quale era presente il procuratore degli attori.

In ordine alla asserita inattendibilità del teste, essa non è assolutamente ricavabile dall'esame della deposizione resa.

Premesso che il rag. ** non è più dipendente della BRE e che pertanto la sua credibilità non potrebbe essere riferita al condizionamento derivante dal rapporto di lavoro, bensì unicamente ad una ipotizzabile responsabilità aquiliana ove venisse sancita la responsabilità contrattuale dell'istituto, a ben vedere quanto dichiarato dal teste è risultato pienamente credibile, con le inevitabili lacune dovute all'affievolirsi dei ricordi a cagione del passare del tempo.

È cioè del tutto verosimile che gli attori, investitori con alta propensione al rischio (come meglio si specificherà in seguito) e che avevano subito perdite in investimenti azionari, abbiano inteso rivolgere una parte del proprio portafoglio su titoli comportanti un rischio minore e che, esaminando le ultime emissioni, avendo come parametri le esigenze dei clienti (titoli di recente emissione, che consentivano di evitare di pagare sovrapprezzo, e di durata limitata), la scelta, tra le varie opzioni disponibili, sia caduta sui titoli Cirio, che corrispondevano a dette esigenze.

Il rag. non sarebbe stato credibile laddove avesse dichiarato che la scelta era stata del tutto autonoma da parte del cliente e che egli si era limitato ad eseguirne passivamente l'ordine, ma così non è stato come risulta chiaramente dalla lettura della sua deposizione; allo stesso modo appare priva di fondamento anche logico la tesi attorea, secondo cui vi sarebbe stata una sollecitazione all'acquisto di titoli nei confronti dei quali la Banca non aveva, come è documentalmente provato, alcun interesse particolare.


§. 3.5. Se dunque la fase dell'acquisto dei titoli si è svolta nel modo riferito dal teste, occorre valutare se il comportamento del funzionario sia stato osservante delle disposizioni in materia.

La questione se al sig. oltre al "documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari", sia stata consegnata anche copia della "scheda cliente" che risulta sottoscritta soltanto nella "sintesi" è, ad avviso del collegio, del tutto irrilevante.

Infatti, in ordine al dato essenziale su cui vi è stato contrasto tra le parti e cioè la propensione al rischio, gli attori non possono essere considerati, in quanto artigiano e casalinga "soggetti del tutto sprovvisti di quelle competenze tecniche necessarie per effettuare consapevoli scelte di investimento" (da ultimo, a pag. 14 della memoria conclusionale integrativa 12/412005).

Trattandosi di soggetti non investitori professionali, le caratteristiche di idoneità soggettiva dell'operazione prescindono dal tipo di attività o dal grado di istruzione, ma devono essere valutate in concreto e ciò non può avvenire se non avendo riguardo principalmente, anche se non esclusivamente, alla propensione manifestata antecedentemente nel modo di approccio all'investimento.

Il portafoglio relativo agli investimenti degli attori sino al momento dell'acquisto dei titoli Cirio, così come è stato dettagliatamente evidenziato alle pagg. 20-23 della memoria conclusionale integrativa 12/4/2005 di parte convenuta, evidenzia un profilo di investitori portati ad impegnare i capitali in fondi quasi interamente ad alto rischio, per la ]oro natura azionaria.

L'avere disinvestito la quota di capitale precedentemente impegnata in due fondi, uno azionario ed uno obbligazionario, per investirla in obbligazioni, rappresenta in astratto un'operazione di maggiore prudenza.

Peraltro, anche in relazione all'entità dell'investimento, la tesi attorea non è convincente: la percentuale impegnata nell'operazione di acquisto dei titoli Cirio costituiva una percentuale inferiore ad un quinto dell'intero capitale investito in titoli, precisamente il 18,3%, e dunque di rilevanza alquanto contenuta; in proposito, è fuorviante e non corretto il calcolo effettuato a pag. 18 della memoria conclusionale integrativa 12/4/2005 di parte attrice, laddove la percentuale è artatamente aumentata al 22,4%, sottraendo inopinatamente dal complessivo capitale investito (E 284.269,00) il prezzo sborsato per l'acquisto dei suddetti titoli (€ 52.000,00), prima di calcolare quale incidenza tale esborso rivestisse sul monte complessivo.

Le considerazioni che precedono consentono di ritenere del tutto irrilevante la questione, oggetto di contrasto tra le parti, circa la valenza da attribuire alla doppia sottoscrizione apposta dagli attori sul terzo foglio del documento prodotto sub 5) dalla convenuta, in relazione al quale sostiene la banca e contestano gli attori che la firma in calce alla voce "sintesi della documentazione ricevuta" costituisca prova dell'avvenuta consegna ai signori della documentazione preceduta dalle caselle contenenti la spuntatura.

Il grado di propensione dell'investitore al rischio non discende dall'annotazione che ne fa l'intermediario nella scheda sulla base di una affermazione del cliente, ma può e deve desumersi da ogni utile elemento al riguardo; nel caso di specie, il sostenere che investitori che tenevano oltre mezzo miliardo di lire impegnato in fondi per la quasi totalità azionari, quali quelli risultanti dai documenti prodotti dalla convenuta, non erano soggetti con elevatissima propensione al rischio equivale a negare l'evidenza.


§. 3.6. Se dunque da parte dell'istituto vi fu osservanza delle regole che presiedono alla valutazione dell'idoneità dell'operazione quanto alle caratteristiche soggettive degli investitori, non altrettanto può dirsi in ordine alla adeguatezza oggettiva dell'operazione e, soprattutto, all'osservanza dei doveri inerenti alla relativa informazione nei confronti dei clienti, obblighi specifici rientranti nel più generale dovere di diligenza.

L'aspetto nodale è quello relativo alla valutazione dell'operazione, se cioè essa fosse ritenuta o meno adeguata da parte dell'intermediario. Sul punto la posizione della convenuta è contraddittoria.

A pag. 23 della memoria conclusionale integrativa, a conferma di quanto già sostenuto nei precedenti atti, si legge infatti che "appare assai arduo ritenere che l'investimento in obbligazioni societarie con remunerazione semestrale a tasso fisso potesse, all'epoca, apparire come un 'operazione inadeguata", con ciò evidentemente sostenendo la tesi della sua adeguatezza.

Alla successiva pag. 25 si fa invece esplicito riferimento all'apposizione, da parte dell'attore, di una doppia sottoscrizione sull'ordine di acquisto, circostanza che ad avviso della Banca "rappresenta l'ultima e definitiva dimostrazione del fatto che il sig. **, dopo aver effettuato tutte le comparazioni con altri valori analoghi ..., dopo aver saputo che il rischio era comunque superiore a titoli obbligazionari statali o bancari, dopo tutte le avvertenze ricevute, ha ribadito la propria volontà di chiedere alla banca di provvedere all'acquisto di quello specifico titolo".

Occorre allora analizzare il documento cui fa riferimento la convenuta in tale sua difesa.L'ordine di sottoscrizione di valori immobiliari, datato 8/12/2001, presenta una serie di annotazioni prestampate, precedute ciascuna da un riquadro: nessuno di tali riquadri risulta contrassegnato.

Delle due l'una: o la mancanza di spuntatura è ritenuta elemento irrilevante, di talché la sottoscrizione comporta un'accettazione di tutto quanto la precede, ovvero l'annotazione ha un valore soltanto se contrassegnata. L'affermazione della banca a pag. 25 della memoria conclusionale integrativa, sopra riportata testualmente, non può che leggersi che nel senso della prima di tali opzioni. Infatti la seconda sottoscrizione è apposta sotto le seguenti diciture:

II Nonostante l'avvertenza che la suddetta operazione non appaia a me/noi adeguata sono/siamo a richiederVi comunque l'esecuzione dell'operazione.

Dichiariamo inoltre che:

I. è stata fornita, preventivamente da parte Vostra, specifica e adeguata conoscenza della situazione economico-finanziaria dell'emittente i suddetti valori mobiliari.

II. abbiamo preso visione in ogni sua parte del prospetto informativo/nota informativa sintetica che ci è stato/a preventivamente consegnato/a.

Posto che il ** ha riferito di non avere avuto (e dunque di non avere potuto fornire) specifiche informazioni sui titoli poi acquistati dal cliente, non si capisce a quale "specifica e adeguata conoscenza della situazione economico-finanziaria dell'emittente" ci si possa riferire.

Inoltre, l'espresso riferimento alla "avvertenza" circa la non adeguatezza della disposizione contraddice insanabilmente l'affermazione contenuta alla citata pag. 23 della memoria di parte convenuta, laddove si sostiene esattamente il contrario.La seconda sottoscrizione del è dunque priva di valore alcuno, essendo stata apposta in calce a diciture che è provato non rappresentino la realtà.

D'altronde, che tali diciture, ove non contrassegnate, siano prive di valenza è dimostrato ulteriormente dal fatto che la prima delle sottoscrizioni del sig. Delmondo è apposta, tra l'altro, sotto l'annotazione: "L'operazione è in conflitto di interessi", circostanza questa pacificamente non corrispondente al vero, come si è più volte rimarcato. Indipendentemente, comunque, dal fatto che l'operazione sia stata ritenuta adeguata ovvero inadeguata, nell'uno e nell'altro caso deve ritenersi che l'istituto, nell'esecuzione del contratto, abbia tenuto un comportamento non conforme alle disposizioni in materia.

Se infatti l'investimento nei titoli de quibus fu ritenuto operazione adeguata, è evidente la responsabilità della banca per violazione del disposto degli artt. 21; letta a) e lett. b) seconda parte T.U.F. e 28, comma 2 Reg. CONSOB, per avere consentito ai clienti l'acquisto di titoli di recente emissione, quindi privi di rating, in fase di cd. mercato grigio ed in ordine ai quali non disponeva (e non poteva disporre) di alcuna valida informazione, come è stato onestamente confermato anche dal teste, in palese violazione del divieto di "effettuare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni, della specifica operazione e del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o di disinvestimento".

Se, al contrario, l'operazione venne ritenuta inadeguata, la responsabilità sussiste ugualmente, e maggiormente, anche sotto il diverso profilo della violazione dell'art. 29 Reg. CONSOB che, come detto, impone agli intermediari di astenersi dall'effettuare per conto degli investitori operazioni non adeguate, di tenere conto di ogni informazione disponibile in relazione ai servizi prestati, di informare l'investitore circa l'inadeguatezza dell'operazione e le ragioni di non opportunità di procedere alla sua esecuzione.


§. 4. Tali violazioni (per le quali il legislatore non ha ritenuto di comminare una espressa sanzione di invalidità, come invece è avvenuto per la mancanza di forma scritta) non integrano, ad avviso del collegio, profili di nullità del contratto, ma assumono carattere di inadempimento dello stesso nella sua esecuzione per violazione di specifici doveri gravanti sull'intermediario e comportano, conseguentemente, l'insorgere di un obbligo risarcitorio in favore degli investitori.

La convenuta deve essere pertanto condannata al pagamento, a tale titolo, della somma di € 49.112,36, derivante dalla differenza tra l'importo del capitale investito (€ 52.371,26) e la cedola di interessi percepita il 18/2/2001 (€ 3.258,90), come correttamente sostenuto dalla Banca ed ammesso, anche se soltanto da ultimo, anche dagli attori.

Sulla somma competono gli interessi al tasso legale, dalla data del contratto sino al saldo.

Nulla invece può riconoscersi a titolo di maggior danno, in difetto di prova dello stesso, non essendo in alcun modo provato che un diverso investimento avrebbe comportato una maggiore rendita dal capitale; anzi, potrebbe persino ritenersi il contrario, in considerazione del disinvolto atteggiamento tenuto dagli attori nelle loro operazioni, non dovendosi dimenticare che essi conservarono oltre l'80% del capitale destinato ad investimento in titoli essenzialmente azionari e dunque a rischio elevato o molto elevato.


§. 5. Per quanto riguarda infine il regolamento delle spese, è ovvio che deve in primo luogo aversi riguardo alla soccombenza.

Peraltro, non può non considerarsi che il comportamento preprocessuale processuale degli attori non sì è distinto per correttezza e linearità.

Sotto il primo profilo va ascritto l'avere tentato di approfittare del mancato temporaneo reperimento della copia del contratto da parte della banca per sostenerne l'assenza ab origine.

Prova documentale di ciò è desumibile dal carteggio prodotto dalle parti: nella prima lettera inviata il 28/11/2003 alla banca dal legale degli attori (doc. 9 di parte convenuta), dopo una elencazione delle violazioni asseritamente commesse dalla banca, si fa richiesta di invio, tra l'altro, di copia del contratto di acquisto, non mettendone dunque in dubbio l'esistenza; avendo la banca risposto, in data 10/1/2003 (recte 2004) (doc. 10), di non essere in grado di inviare l'ordine di acquisto "che non è possibile, ad oggi, reperire presso i locali della banca", nella successiva missiva 20/1/2004 di parte attrice (doc. 11) la circostanza viene rilevata (e lo sarà poi per buona parte della causa) al fine di contestare la violazione dell'art. 23 T.U.F. con l'affermazione "contratto d'acquisto da Voi asseritamente smarrito, secondo i miei assistiti mai sottoscritto".

Anche il contenzioso più aspro (e tale comunque non era, in allora, quello tra le parti) non giustifica il venir meno al basilare principio di lealtà.

Dal punto di vista della linearità, non può non rilevarsi che parte attrice ha impostato la sua difesa originariamente sul fatto che la banca, ben informata e quindi conscia dell'elevata rischiosità dell'operazione essendo notoria la situazione di difficoltà dell'emittente, non portò a conoscenza del cliente le proprie informazioni; da ultimo, la contestazione è stata specularmente contraria, essendosi addebitato il comportamento esattamente opposto, e cioè di avere dato corso all'operazione in assenza assoluta di informazioni.

La domanda attorea ha poi riguardato una serie di presunti profili di responsabilità della banca, uno solo dei quali era, come si è visto, fondato; ciò ha comportato un appesantimento del contenzioso anche su punti pacificamente infondati ab origine, quali l'asserita mancanza del contratto scritto, il preteso ed inesistente conflitto di interessi, l'altrettanto non provata sollecitazione all'investimento, il tentativo degli attori di accreditarsi, contrariamente al vero, quali sprovveduti e prudenti investitori. Infine, la domanda originariamente formulata non ha tenuto conto del pur non ingente rateo di interessi già riscosso.

Tutto ciò giustifica una parziale compensazione delle spese, in misura che non può essere inferiore alla metà, rimanendo le restanti a carico della convenuta soccombente.


P.Q.M.


il Tribunale in composizione collegiale, definitivamente pronunciando in contraddittorio tra le parti, ogni diversa domanda, eccezione e deduzione disattesa, dichiara la responsabilità da inadempimento contrattuale della convenuta Banca ** s.p.a. per violazione degli artt. 21, lett. a) e lett. b) seconda parte D. Lgs. 24/211998, n. 58 e art. 28 Reg. CONSOB 117/1998, n. 11522 e conseguentemente la condanna al risarcimento in favore degli attori nella somma di € 49.112,36, con gli interessi legali dall'8/2/2001 al saldo.

Dichiara compensate per la metà le spese processuali e condanna la convenuta alla rifusione delle restanti spese processuali e di patrocinio sostenute dagli attori, che si liquidano, per intero, in complessivi € 4.908,44, di cui € 2.797,50 per onorari, € 1.290,00 per diritti, € 510,94 per rimborso spese generali e € 310,00 per esposti, oltre CPA ed IVA come per legge.


Così deciso in data 4/07/2005 nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione del Tribunale di Alba.