Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 28737 - pubb. 21/02/2023

Accertamento della supersocietà di fatto e decorrenza del termine di cui all’art. 10 l.f.

Cassazione civile, sez. I, 13 Febbraio 2023, n. 4404. Pres., est. Nazzicone.


Fallimento in estensione ex art. 147, comma 5, l.f. – Litisconsorti necessari – Reclamo ex art. 18 l.f. – Rimessione ex art. 354, comma 1, c.p.c. – Ininfluenza


Fallimento in estensione ex art. 147, comma 5, l.f. – Supersocietà di fatto – Procedimento di accertamento – Sussistenza


Fallimento in estensione ex art. 147, comma 5, l.f. – Supersocietà di fatto – Termine ex art. 10 l.f. – Decorrenza



I creditori, i quali abbiano proposto il ricorso di fallimento nei confronti di una società, sono litisconsorti necessari nel successivo giudizio di fallimento in estensione: il principio affermato (cfr. Cass. 21 ottobre 2021, n. 29288; Cass. 27 febbraio 2017, n. 4917) vale anche nella fattispecie di estensione del fallimento della società di fatto. Tuttavia, questa Corte ha altresì ritenuto che il giudice del gravame, il quale constati l’omessa integrazione del contraddittorio, può evitare di rimettere la causa al primo giudice ex art. 354 comma 1, c.p.c., ove l’impugnazione risulti infondata, in quanto l’integrazione del contraddittorio con rimessione del giudizio alla prima fase si rivelerebbe, in forza del principio della ragionevole durata del processo, ininfluente sull’esito del
procedimento (così Cass. 27 febbraio 2017, n. 4917; v. anche Cass. 26 settembre 2019, n. 24071). (Luca Caravella) (riproduzione riservata)


La giurisprudenza di legittimità ha dato ingresso ad un’interpretazione che non solo ha riconosciuto la possibilità che una società di capitali possa partecipare ad una società di fatto, apparente o occulta, anche per facta concludentia, ma consente di affermare che, una volta acquisito, secondo un procedimento definito “ascendente”, che la cooperazione fra un soggetto persona fisica ed una società a responsabilità limitata ha operato anche per facta concludentia sul piano societario, secondo i consolidati tratti dell’esercizio in comune dell’attività economica, dell’esistenza di fondi comuni (da apporti o attivi patrimoniali) e dell’effettiva partecipazione ai profitti e alle perdite, dunque un agire nell’interesse dei soci, nonché dell’assunzione ed esteriorizzazione del vincolo, anche verso i terzi, ne deriva – in via “discendente” – dalla conseguente società di persone, di fatto e irregolare, la necessaria responsabilità personale dei suoi componenti, così instaurandosi il presupposto per le rispettive dichiarazioni di fallimento, diretta quanto al soggetto collettivo, e per ripercussione, tanto ai suoi soci, ai sensi dell’art. 147 l.f. (cfr. Cass. n. 31999 del 2022). L’orientamento accolto, infine, precisa (cfr. ancora Cass. n. 10507 del 2016, cui adde, in motivazione, Cass. n. 12120 del 2016, entrambe richiamate dalla più recente Cass. n. 7903 del 2020; v. pure Cass. n. 20552 del 2022; Cass. n. 31999 del 2022) che la sussistenza di un tale fenomeno postula la effettiva dimostrazione del comune intento sociale perseguito, che deve essere conforme, e non contrario, all’interesse dei soci. (Luca Caravella) (riproduzione riservata)


L’orientamento della Suprema Corte reputa che l’art. 10, primo comma, l.f., non sia applicabile al socio occulto, che, per sua scelta, non è iscritto nel registro delle imprese e che conseguentemente non può pretendere l’osservanza del limite annuale per la sua dichiarazione di fallimento (Cass. 20 giugno 2013, n. 15488; nonché Cass. 4 marzo 2021, n. 6029; Cass. 6 giugno 2017, n. 22270, Cass. 4 luglio 2017, n. 24174 e Cass. 12 giugno 2020, n. 11353, non massimate; Cass. 06 marzo 2017, n. 5520). In tali casi, si afferma, il vincolo sociale non viene mai volutamente esteriorizzato, con la conseguenza che i terzi non hanno fatto affidamento sulla responsabilità della società di fatto e dei soci per la tutela delle loro ragioni, bensì solo su quella del socio palese (La ratio della regola secondo cui normalmente al socio «occulto» non è possibile avvalersi del termine annuale di cui all’art. 147, secondo comma, l. fall. deve essere individuata nella necessità che il socio che partecipa ad un’attività commerciale in modo «occulto», e che, in tal modo, non garantisce ai terzi la certezza delle relazioni commerciali, non goda degli stessi benefici a cui hanno diritto i soci che diligentemente adempiono agli obblighi di pubblicità): onde non può farsi decorrere il termine annuale di cui all’art. 10 l.f. dal momento della conoscenza della cessazione di un soggetto o di un rapporto sociale, per definizione celati ai terzi; nell’ipotesi della società di fatto occulta, la conoscenza in capo ai terzi dell’effettiva cessazione dell’attività, salvo il caso del volontario disvelamento all’esterno del rapporto sociale, coincide dunque con l’accertamento giudiziale della sua sussistenza. (Luca Caravella) (riproduzione riservata)




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