Diritto dei Mercati Finanziari


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 296 - pubb. 01/07/2007

Inadegutezza dell'operazione e obbligo di indicazione del rating

Tribunale Pinerolo, 14 Ottobre 2005. ..


Violazione dei doveri informativi dell’intermediario finanziario – Conseguenze – Annullamento e risoluzione del contratto


Violazione dei doveri informativi dell’intermediario finanziario – Comportamento reticente ed omissione di informazioni rilevanti – Dolo – Sussistenza


Intermediazione finanziaria – Adeguatezza dell’operazione – Violazione dei doveri informativi – Omessa comunicazione del rating – Obbligazioni argentine – Rilevanza


Intermediazione finanziaria – Violazione dei doveri informativi – Annullamento del contratto – Restituzione dei titoli – Prova del maggior danno subito – Criteri sostitutivi



La sanzione prevista dall’ordinamento giuridico per i vizi della volontà è l'annullabilità del contratto, piuttosto che la nullità. Pertanto, proprio in ossequio a tale principio, che non può essere disatteso se non in presenza di esplicite deroghe, unitamente al fatto che il d. lgs. n. 58/98, prevede una nullità rilevabile solo dall’investitore, conducono a ritenere che il difetto di informazione non comporti nullità del contratto, ma annullamento o risoluzione dello stesso.


Sebbene sia opinione maggioritaria in giurisprudenza che il mero silenzio non comporti di per sé annullamento del contratto, è altrettanto consolidato l'indirizzo che ritiene integrato il dolo omissivo ove in capo al contraente «reticente» vi sia un obbligo legislativamente stabilito di fornire determinate informazioni; inoltre, essendo la Banca un soggetto altamente qualificato, tale obbligo dovrà essere adempiuto con la diligenza prevista dal II° comma dell'art. 1176 c.c. Ove pertanto il comportamento della Banca abbia assunto le connotazioni del dolo, sia per avere fornito informazioni inesatte, sia per avere taciuto informazioni che se fornite avrebbero indotto i clienti a maggior cautela, il contratto dovrà essere annullato per vizio del consenso.


Non assolve ai propri doveri informativi la banca che si limiti a classificare come inadeguata l’operazione senza fornire alcuna indicazione circa il rating accordato alle obbligazioni argentine dalle maggiori agenzie (Moody's, Standard & Poor's, Fitch), rating che, nel 1998, era «BB» ridotto poi a «BB» ed ancora a «B+» (già nel 1998 pertanto tali titoli erano inseriti nelle categorie speculative, quando le obbligazioni degli Stati considerati sicuri si inserivano in valutazione «AA» o «A»). Il rating costituisce sicuramente un'informazione se non determinante, quanto meno indicativa del tipo di investimento che si è in procinto di effettuare e la sua mancata comunicazione rappresenta la violazione dei più elementari obblighi informativi.


L’annullamento del contratto di acquisto dei titoli negoziati da luogo alla restituzione dei titoli stessi ed al risarcimento dell’ulteriore danno che, in mancanza di prove specifiche, può essere calcolato sulla base del rendimento annuo dei prodotti offerti dalla banca a investitori con propensione ad investimenti sicuri.



Motivi


In via preliminare si conferma la riunione dei procedimenti disposta all'udienza di comparizione delle parti, stante la parziale connessione soggettiva e la comunanza dell'attività istruttoria e degli argomenti di diritto trattati.

Nel merito, le parti attrici chiedono in via principale la dichiarazione di nullità dei contratti di acquisto delle obbligazioni argentine stipulati in data 14/4/98, 15/4/98 e 14/3/00, per contrarietà degli stessi alle norme imperative dettate in tema di obblighi di informazione contenuti nel d.lgs 58/98 e successive modifiche.

Ritiene questo Collegio che la tesi non meriti accoglimento, non solo per le ragioni già espresse in alcune sentenze (Trib. Monza, sez. Desio, 27/7/04 Est. Rolfi e Trib. Milano, 25/7/05 Est. Ranieri), cui si rimanda ai sensi e per gli effetti dell'art. 16, co. 5°, d.lgs 5/03, ma anche per le ulteriori ragioni infra specificate.

Innanzi tutto, poiché il d.lgs 58/98 prevede la sanzione della nullità per il solo caso di difetto di forma scritta del contratto quadro (c.d. master agreement), la nullità fatta valere dagli odierni attori rientra nell'ipotesi generale di contrarietà a norme imperative, di cui all'art. 1418 c.c., e, come tale, invocabile in forza dell'art. 1421 c.c. da chiunque ne abbia interesse, ivi compresa la Banca convenuta. Una simile conclusione, inevitabile una volta che si percorra la via della nullità generale, di cui l'art. 1421 c.c. costituisce il logico corollario in considerazione dell'interesse pubblicistico che la sanzione tende a preservare, si pone in contrasto proprio con lo spirito del d.lgs. 58/98, che, introducendo un'ipotesi di nullità c.d. relativa (la sanzione della invalidità-inefficacia solo a favore del consumatore era una delle particolarità normative della L. 612/96 n. 5 che ha introdotto nel codice civile gli artt. 1469 bis e ss.), ha operato una esplicita scelta di campo, riservando al solo cliente la facoltà di impugnare i contratti, spirito che verrebbe ingiustificatamente disatteso ove si aderisse all'opinione di quanti, anche in giurisprudenza, hanno ravvisato un contrasto con l'ordine pubblico economico.

Né potrebbe prospettarsi la possibilità di consentire esclusivamente all'investitore l'impugnazione di un contratto nullo per contrasto con norme imperative, perché, come accennato, il carattere pubblicistico di detta violazione non può che comportare l'assolutezza della sua rilevabilità. In secondo luogo, l'obbligo di informazioni previsto a carico delle Banche è stato introdotto per consentire al cliente di compiere scelte consapevoli nell'acquisto di prodotti finanziari: tali norme, ed in modo particolare l'art. 21 d.lgs 58/98, sono, quindi, poste a garanzia dell'integrità e della libertà del consenso.

In via generale, il nostro ordinamento prevede quale sanzione in caso di vizi della volontà l'annullabilità del contratto, piuttosto che la sua nullità e, pertanto, proprio in ossequio a tale principio, che non può essere disatteso se non in presenza di esplicite deroghe, la tutela invocabile deve essere, ove ne sussistano i relativi presupposti, l'azione di annullamento.In conclusione, la rilevabilità relativa della nullità prevista dal d.lgs 58/98 ed il tipo di vizio, in uno con gli argomenti esposti nelle citate sentenze, conducono a ritenere che il difetto di informazione non comporti nullità del contratto, ma annullamento o risoluzione dello stesso.Venendo, ora, proprio alla domanda subordinata di annullamento, è opportuno premettere che l'art. 1427 c.c. prevede tale sanzione ove il consenso di uno dei contraenti sia stato dato per errore, estorto con violenza ovvero carpito con dolo. È opinione consolidata in giurisprudenza che il dolo, per essere causa invalidante del contratto, deve incidere nel momento di formazione del medesimo e deve consistere in un raggiro, menzogna, inganno, ovvero in una reticenza che agiscano come causa decisiva e determinante della volontà, nel senso che senza di essi il contraente che ne è restato vittima non avrebbe concluso il negozio (Cass. SS.UU. 11/3/96, n. 1955; Cass. 4/5/99, n. 4409): in altre parole, è necessario che le dichiarazioni precontrattuali (o le reticenze, come si vedrà) ingenerino nella controparte una rappresentazione alterata della realtà, avuto riguardo alle particolari circostanze di fatto ed alle qualità e condizioni soggettive del recipiens (Cass. 3/4/03, n. 5166; Cass. 12/1/91, n. 257).

Queste affermazioni di principio, che concernono in generale l'interpretazione giurisprudenziale nell'applicazione della disciplina dell'annullamento, devono essere lette alla luce ed integrate con le disposizioni speciali che concernono i contratti di intermediazione finanziaria, come quelli conclusi tra i sig.ri V. e M. con la Unicredit: in particolare si deve fare riferimento al già citato art. 21 d.lgs 58/98 ed agli artt.. 26, 28, 29 Reg. CONSOB 117/98 n. 11522 e successive modifiche.

In particolare, sebbene sia opinione maggioritaria in giurisprudenza che il mero silenzio non comporti di per sé annullamento del contratto, è altrettanto consolidato l'indirizzo che ritiene integrato il dolo omissivo ove in capo al contraente «reticente» vi sia un obbligo legislativamente stabilito di fornire determinate informazioni; inoltre, essendo la Banca un soggetto altamente qualificato, tale obbligo dovrà essere adempiuto con la diligenza prevista dal II° comma dell'art. 1176 c.c.

Ritiene il Collegio che, in relazione ai principi sopra esposti, il comportamento della Banca abbia assunto le connotazioni del dolo, sia per avere fornito informazioni inesatte, sia per avere taciuto informazioni che se fornite avrebbero indotto i clienti a maggior cautela.

Particolare rilievo assumono sul punto le affermazioni effettuate dalla convenuta in relazione al ruolo del F.M.I. La teste M. (l'impiegata dell'Agenzia Unicredit di *** che ha trattato con gli attori) ha dichiarato, pur non ricordandosi maggiori dettagli, di avere parlato genericamente del F.M.I. quale «organo di garanzia e tutela dei bond emessi da Stati esteri»; la teste B. riferisce che, a fronte delle sue perplessità circa la bontà dei bond argentini, la sig.ra M. affermò che «il F.M.I. sarebbe intervenuto qualora fosse successo l'irreparabile», confermando quanto sostenuto dagli attori e, seppure in modo meno esplicito, anche dal teste F. M., il quale ha asserito che gli era stata segnalata la garanzia di un Fondo americano.

Tornando alla deposizione della sig.ra B., assai significativo è lo scopo per il quale è stato menzionato il F.M.I., ossia vincere la resistenza della cliente e convincerla ad acquistare il prodotto, come in effetti è avvenuto. A prescindere, quindi, da quali siano state letteralmente le esatte affermazioni e dal tipo di garanzia indicata come offerta dal F.M.I., pare indubitabile, avendolo comunque anche confermato la sig.ra M., che una generica tutela fosse stata indicata: orbene, la precisione, oltre che l'esattezza, nel fornire informazioni deve essere, come detto, valutata alla stregua del disposto del II° comma dell'art. 1176 c.c. e, quindi, la diligenza richiesta alla Banca avrebbe imposto una chiarezza di segnalazioni che sicuramente è mancata. Può aversi, quindi, per certo che ad indurre gli attori all'acquisto dei bond siano state anche le generiche ed imprecise affermazioni, intese a far credere all'inveritiera prospettiva di recuperabilità del capitale, garantito dal F.M.I.

Il teste F. Alessandro, in relazione alle rassicurazioni ricevute, ha dichiarato che la sig.ra M. aveva riferito la sicurezza delle obbligazioni all'impossibilità per uno Stato di fallire; in sede di interrogatorio formale, reso per la Banca convenuta dalla sig.ra Pasciucco, costei ha affermato di non essere a conoscenza delle garanzie del F.M.I., ma che la sig.ra M. riteneva «abbastanza sicuri questi investimenti (bond argentini) trattandosi di titoli di Stato come quelli italiani».

Questa circostanza, riportata anche da altri testi, consente di ritenere assolutamente verosimile quanto deposto dal sig. F. Alessandro, essendo il paragone con i titoli italiani volto a fornire ulteriori garanzie di tranquillità e ad instaurare un collegamento tra situazione di difficoltà ed impossibilità di fallimento.

Anche queste dichiarazioni - mendaci quanto all'impossibilità di crack (insolvenza) da parte di uno Stato e fuorvianti circa il paragone con l'Italia -, non sono conformi alla responsabilità di tutela dei risparmiatori incombente sulla Banca.Venendo, ora, alle omissioni, non può non rilevarsi che la Banca non ha fornito alcuna indicazione circa il rating accordato alle obbligazioni argentine dalle maggiori agenzie (Moody's, Standard & Poor's, Fitch), che, nel 1998, era «BB» ridotto poi a «BB» ed ancora a «B+».

Già nel 1998, quindi, i bond argentini erano inseriti nelle categorie speculative, quando le obbligazioni degli Stati, considerati sicuri, si inserivano in valutazione «AA» o «A». Il rating costituisce sicuramente un'informazione se non determinante, quanto meno indicativa del tipo di investimento che si è in procinto di effettuare e la sua mancata comunicazione rappresenta la violazione dei più elementari obblighi informativi. Tale inadempimento è ancor più grave in ordine all'acquisto effettuato dal sig. V. nel 2000, quando il rating accordato era stato rivisto al ribasso rispetto al 1998: tale peggioramento, ove comunicato, avrebbe consentito al cliente una scelta più consapevole.

Né sul punto può essere eccepito che la Banca aveva classificato l'operazione non adeguata, in quanto, da un lato, questo giudizio non era stato in alcun modo spiegato al sig. V. e, dall'altro, si trattava di una dicitura, secondo quanto riferito dalla stessa funzionaria, che usciva direttamente ed in automatico dai computers.

Né la Banca può invocare di avere fornito adeguate informazioni circa il rischio dell'investimento legato al Paese, estero e giudicato emergente, o all'assunto che maggiore era il tasso di interesse, maggiore era l'aleatorietà dell'operazione. In particolare, in relazione a tale ultimo assioma - sicuramente dotato di logica e conosciuto ai più - le assicurazioni ricevute dalla funzionaria circa la garanzia del F.M.I. e l'impossibilità di fallimento di uno Stato hanno, come già sottolineato, indotto a superare le diffidenze, così come, in relazione al rischio Paese, hanno influito, oltre alle suesposte garanzie, anche la mancanza di ulteriori specificazioni, come riferito dal teste Baravalle (anch'esso impiegato della Banca) - «qualificavamo le obbligazioni come da Paesi emergenti, senza dilungarci su altri aspetti» - e l'assenza dei parametri di riferimento, costituiti dal rating.Infine, non paiono incidere, sulla ricostruzione effettuata, le qualità personali degli attori.

Sul punto pare opportuno osservare che il contratto concluso dalla sig.ra M., in realtà, sia stato negoziato con il di lei marito, sig. Bugnone Marino, ed anche il denaro necessario per l'acquisto dei bond argentini derivava dalla cessione di un'attività che i coniugi avevano svolto in comune, appartenendo, quindi, anche allo stesso Bugnone sebbene depositati nel conto della moglie. Queste circostanze inducono a ritenere da un lato che il Bugnone non sia un teste attendibile, anche in considerazione del fatto che egli ha indicato come semestrali gli interessi, mentre pacificamente gli stessi erano annuali, e, conseguentemente, le sue dichiarazioni non vengono - come non sono state - utilizzate, e dall'altro che è a lui che bisogna far riferimento per la valutazione delle qualità soggettive, avendo trattato direttamente con la Banca mentre la sig.ra M., come da lei stessa dichiarato, si era limitata a firmare ciò che era già stato deciso dal di lei marito.

Ciò premesso, quantunque il sig. V. e il sig. Bugnone, nella loro qualità di imprenditori possano essere considerati investitori non sprovveduti, tuttavia, rapportati alla posizione della Banca, questa loro qualità perde molto del significato che la convenuta vorrebbe attribuirle. Non si tratta, infatti, di operatori qualificati, conoscitori del mercato, ma di soggetti di medie conoscenze che, proprio perché non in grado di effettuare da soli scelte appropriate, hanno utilizzato i canali tradizionali di investimento confidando nella professionalità della Banca. Questa infatti è tenuta, non solo a possedere, ma anche a riferire, con la necessaria diligenza chiarezza ed esaustività, che, nel caso in questione, sono mancate, un coacervo di conoscenze che solo gli operatori specializzati possono raccogliere (sussistendo oggettivamente una situazione di asimmetria informativa). Ritiene il Collegio che nella specie si esca dal c.d. dolus bonus per attingere al vero e proprio dolus malus in rapporto al rilevante interesse della Banca di non perdere dei clienti interessanti per i capitali disponibili e per le possibili operazioni effettuabili (per non essere dei modesti pensionati), rischio che poteva paventarsi nei casi in cui gli investitori non accettavano il tasso del 3% che caratterizzava i prodotti finanziari della Banca stessa ma chiedevano rendimenti più elevati (cfr **).


- Omissis.


Dalla dichiarazione di annullamento - rimanendo assorbita la domanda di risoluzione per inadempimento - discende l'obbligo di restituzione delle rispettive prestazioni e di risarcimento del danno e, conseguentemente, la convenuta dovrà restituire agli attori le somme da questi ultimi investite per l'acquisto dei bond argentini, mentre i sig.ri V. e M. dovranno (esclusa la restituzione, non richiesta, dei bond in loro possesso) conseguentemente vedersi rideterminata la maturazione degli interessi, posto che quelli percepiti, al tasso del 10% annuo, risultano indebiti come effetto dell'annullamento dell'investimento. Con riferimento al risarcimento del danno, trattandosi di obbligazioni pecuniarie, troverà applicazione l'art. 1224 c.c.: spetta, pertanto, agli attori dare la prova di avere sofferto un danno maggiore rispetto a quello coperto dagli interessi legali.

Secondo quanto dichiarato dai sig.ri V. e M., era loro intenzione investire il denaro confluito nei bond argentini in modo sicuro ed esente da rischi e quindi, presumibilmente in titoli obbligazionari o in prodotti finanziari caratterizzati da un rendimento fisso.

Nel corso dell'interrogatorio formale, la convenuta ha affermato che i prodotti offerti dalla Unicredit, soddisfacenti le caratteristiche finanziarie richieste da clienti poco inclini al rischio, garantivano un rendimento annuale del 3%: è, così, presumibile, in assenza di ulteriori prove e sulla base delle intenzioni espresse dagli attori circa il tipo di investimento voluto, che questi ultimi si sarebbero risolti ad investire i propri risparmi in titoli, il cui rendimento può calcolarsi nel 3% annuo.

Sul punto, infine, non può essere condivisa l'eccezione sollevata dalla Banca convenuta della mancanza di attualità del danno patito dai clienti, motivata sull'assunto che il Governo argentino non avrebbe deliberato di non onorare i propri debiti, ma solo di procrastinarne l'adempimento, in quanto da un lato è stato chiaramente affermato che i bond non avevano più alcun valore e dall'altro gli investitori non hanno avuto nessun pagamento effettivo, ma solo una promessa di pagamento (per una piccola percentuale del capitale investito, e col rilascio di nuove obbligazioni a scadenza assai lontana, che la precedente esperienza non fa ritenere affidabili).

In conclusione, la Banca dovrà corrispondere agli attori un interesse annuo del 3% (od a quello legale superiore) decorrente dalla data dei singoli investimenti fino al saldo effettivo, sotto deduzione delle somme percepite dagli attori quale rendimento dei bond argentini in questione.


- Omissis.