Diritto dei Mercati Finanziari
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 78 - pubb. 01/07/2007
Obbligazioni Parmalat, nullità, inadempimento e prova testimoniale
Tribunale Parma, 16 Giugno 2005. ..
Intermediazione finanziaria – Acquisto di obbligazioni Parmalat Finance B.V. – Obbligo di specifica indicazione del titolo sull’ordine di acquisto – Sussistenza
Intermediazione finanziaria – Normativa a tutela del risparmiatore e del mercato – Natura di ordine pubblico ed imperativa – Violazione – Nullità e inadempimento – Distinzione
Intermediazione finanziaria – Giudizio di nullità e risarcimento del danno – Testimonianza del dipendente dell’intermediario – Ammissibilità
L’indicazione del titolo con la dicitura “C/V TITOLI ESTERI” non è sufficiente a rendere edotto il risparmiatore del fatto che oggetto di negoziazione è un titolo emesso da una “società veicolo” con sede all’estero, posto che anche la società italiana quotata a Piazza Affari, Parmalat Finanziaria S.p.A., ha emesso titoli esteri; a ciò si aggiunga il fatto che l’emissione del titolo all’estero nulla dice circa la identità della società emittente né fornisce le doverose informazioni all’investitore.
Deve essere condivisa la soluzione delineata da parte della giurisprudenza di
merito, secondo la quale le norme preposte al collocamento di strumenti
finanziari contenute nel TUF e nei regolamenti attuativi non possano che
definirsi di ordine pubblico in virtù della loro vocazione ad incidere in un
settore caratterizzato da una elevata prevalenza dell’interesse pubblico e
dalla natura, pubblica e generale, degli interessi garantiti dalle predette
norme, che concernono la tutela dei risparmiatori "uti singuli" e quella
del risparmio pubblico come elemento di valore della economia
nazionale. L'insieme delle disposizioni che presiedono all'attività di
intermediazione finanziaria, dunque, devono ritenersi imperative, perché
dirette a tutelare interessi di carattere generale (alla regolarità dei mercati
ed alla stabilità del sistema finanziario), come, peraltro, ha ritenuto la
giurisprudenza di legittimità nel caso di violazione delle norme relative al
funzionamento delle Società d'intermediazione mobiliare. Nel novero delle norme
imperative sopra delineato sono da ricomprendersi anche le norme di natura
attuativa e regolamentare, costituenti l'attuazione dei principi generali posti
dal TUF, in quanto costituenti con questo un corpus unicum, da valutarsi
unitariamente. È quindi possibile affermare che i contratti conclusi in
violazione del complesso di norme sopra richiamato siano suscettibili di
declaratoria di nullità, ove non siano stati in concreto rispettati gli
specifici obblighi imposti agli intermediari finanziari, ovvero ove questi
ultimi non siano in grado di provare per iscritto di averli rispettati. Ciò a
condizione che la norma dalla cui violazione discende la sanzione della nullità
abbia un contenuto sufficientemente specifico, preciso ed individuato, non
potendosi, in mancanza di tali caratteri, pretendere di applicare una sanzione,
seppure di natura civilistica, tanto grave quale la nullità del rapporto
negoziale, se non a fronte di parametri di comportamento sufficientemente
precisi e determinati. Si deve quindi ritenere che alla violazione di specifiche
regole cui l’intermediario è tenuto può conseguire la nullità del contratto,
mentre alla violazione di regole generali di prudenza e diligenza
professionale, non meglio specificate o codificate in sede regolamentare o
attuativa segue, in virtù dei principi generali d’inadempimento
dell’obbligazione ed in foza dell’art. 23, co. VI° del TUF, l’azione per il
risarcimento del danno.
È ammissibile la testimonianza dei dipendenti dell’intermediario in quanto
nell’ambito del giudizio promosso dagli investitori per la nullità ed il
risarcimento del danno subito per effetto di violazioni agli obblighi di
comportamento previsti dal TUF e ciò in quanto detti dipendenti avrebbero un
interesse solo riflesso e di mero fatto alla soluzione della causa, interesse
che, come tale, non li legittimerebbe alla partecipazione al giudizio.
R.G. N. 4453/2004
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione, notificato in data 12 luglio 2004, E. R. ed altre due, evocavano in giudizio la CASSA DI RISPARMIO di PR&PC s.p.a. e la PARMALAT FINANCE B.V., in Amministrazione Straordinaria, con le forme previste dal d.lgs. 17 gennaio 2003 n° 5, per l’accertamento e la declaratoria della nullità e/o dell’inefficacia ovvero dell’annullamento, nei confronti di entrambe le convenute, degli ordini di acquisto, datati fra il 21 marzo ed il 29 ottobre 2003, di Obbligazioni Parmalat Finance Corporation B.V., codici ISIN XS0106583577, scadenze febbraio 2005, XS0118359688, scadenze ottobre 2007, XS0106583477, scadenza febbraio 2005, e la condanna della Banca convenuta alla restituzione, in loro favore, di tutte le somme impiegate per l'acquisto, nonché al risarcimento dei danni tutti (anche esistenziali e morali) e da occasioni di investimento perdute, da liquidare equitativamente, ed al rimborso di tutte le spese sostenute.
I profili di nullità erano ricondotti alla violazione di norme imperative, per simulazione al fine di eludere l’art.1410 c.c., e plurima violazione del T.U. delle disposizioni in materia d'intermediazione finanziaria, adottato con D.Lgs 58/98 (in prosieguo TUF) nonché di numerosi articoli del Regolamento Consob n.11522 del 1998 (in prosieguo REG) - attuativo del primo -, deducendosi in particolare che la banca aveva violato gli artt.94 e 101 TUF, per mancanza del prospetto informativo, e 129 T.U. bancario (D.lgs.385/93), per mancata comunicazione alla Banca d’Italia, non ottemperando ai doveri di diligenza, correttezza e trasparenza, di cui all’art. 21 TUF, posto che né il documento generale sui rischi di investimento finanziari, né il questionario sul profilo dell'investitore, entrambi sottoscritti tempo prima dell'acquisto, potevano ritenersi prova del rispetto dei suddetti doveri, all’uopo richiamando l’art.21 lett. a) e b) (informazioni) TUF, e gli artt. 27 (conflitto d'interesse, rilevante anche dalla violazione degli artt. 1394 e 1395 c.c.), 28 (informazioni sull'investitore e documentazioni), 32 (c.d.best execution rule) REG.
Viceversa dalla sollecitazione ricevuta dalla banca ad investire in titoli privi di rating, di prospetto informativo e di corrispondenza al proprio profilo d'investitore, elementi assertivamente idonei a trarre in errore il cliente, errore percepibile come essenziale e riconoscibile, derivava l’annullabilità del contratto medesimo alla luce degli artt. 1427, 1428 e 1429 c.c..
Evidenziavano, quindi, a fini risarcitori, profili di responsabilità precontrattuale, da prospetto per informazioni false, sulla provenienza olandese dei titoli, ed incomplete - art.1337 c.c. -, ovvero extracontrattuale, ex art.2043 c.c., secondo un indirizzo della S.C..
Ulteriore profilo, di risoluzione contrattuale e risarcimento danno, veniva fatto discendere dall’art.1411 c.c., atteso che le Offering Circulars impegnavano le parti contraenti (emittente e garante e banche collocatrici), nonché i loro aventi causa, a non far circolare in Italia quei titoli fra i piccoli risparmiatori.
In data 15 settembre 2004, la convenuta CASSA s.p.a. notificava agli attori comparsa di costituzione e risposta, con la quale respingeva in via immediata ogni addebito; in particolare contestava specificamente i singoli profili di nullità ed annullabilità dedotti ex adverso, concludendo per l’integrale rigetto delle domande ed assegnando ulteriore termine alla parte attorea per il deposito di una memoria.
Per parte sua, PARMALAT FINANCE B.V. in Amministrazione Straordinaria, notificava, in data 21 settembre 2004, la comparsa evidenziando una difficoltà a comprendere la ragione della sua evocazione in giudizio e, quindi, la nullità della citazione; sosteneva, comunque, la improcedibilità dell’azione nei confronti della procedura, posto che qualsiasi pretesa andava accertata nelle sedi proprie, in ossequio al combinato disposto degli artt.4 ter D.L. 347/03 (come da ult. modificato dal D.L.119/04), in relazione all’art.53 D.lgs.270/1999, tanto più che gli attori si erano insinuati al passivo della amministrazione straordinaria.Seguivano le memorie di replica, ex art.6 D.lgs.5 cit..
Gli attori evidenziavano come il fatto che su uno solo dei tre ordini di acquisto del 31.03.03 (doc. 10 Banca) ci fosse scritto “C/V TITOLI ESTERI” non bastava a rendere edotto il risparmiatore che la vendita avrebbe riguardato una società veicolo, e di non aver mai ammesso l’esistenza del requisito formale costituito dalla forma scritta dei contratti, posto che alla pagina 2 della citazione si menzionavano solo dei fissati bollati, non costituenti contratto.
Anzi, gli attori non avrebbero mai avuto in mano un contratto e neppure la banca convenuta lo aveva prodotto, limitandosi a produrre degli ordini di negoziazione, cioè atti unilaterali, predisposti al computer, che non consentono di identificare l’oggetto acquistato (mancando il nome della società emittente ed il numero di codice Isin dei titoli), né contenenti la pattuizione delle commissioni di negoziazione.
Relativamente alla PARMALAT FIN., sostenevano che le emissioni di bond fatte a cura della società olandese, erano nulle per elusione di norme imperative, avendo avuto, la sua costituzione, il solo scopo di indebitare la società italiana Parmalat SpA oltre il limite di cui all’art. 2410 c.c.
La società emittente era stata convenuta in giudizio quale litisconsorte necessaria, in una causa promossa per ottenere l’accertamento giudiziale della radicale nullità dell’emissione dei titoli, difetto genetico che si ripercuote a valle, producendo altresì la nullità dei collocamenti e delle negoziazioni.
Respingevano l’eccezione di nullità della citazione, in quanto la stessa soddisfaceva tutti i requisiti di cui all’art.163 c.p.c.; riguardo, poi, all’inammissibilità o improcedibilità della domanda, la pretesa azionata non si risolveva in un credito da ammettere al passivo, essendo stato chiesto il mero accertamento della nullità delle emissioni, non finalizzato ad ottenere il risarcimento dei danni dalla società emittente, bensì a far valere la nullità nei confronti delle banche negoziatrici. L’ammissione al passivo della procedura dei crediti corrispondenti al valore dei bond ritenuti nulli, era stata chiesta in via subordinata e tuzioristica “con riserva di far valere in ogni sede la nullità della negoziazione dei bond”.
L'istanza di fissazione d’udienza veniva depositata il 14 ottobre 2004, dalla CASSA, previa notifica alle altre parti, le quali provvedevano a depositare le note ex art. 10 d.lgs. n. 5/03.
Con decreto datato 11-14 dicembre 2004, il Giudice relatore fissava l’udienza di discussione dinanzi al Collegio, introducendo, per quanto di ragione, l'attività istruttoria richiesta, ed invitando le parti a depositare, almeno cinque giorni prima, memorie conclusionali contenenti anche l’eventuale indicazione delle questioni bisognose di trattazione.
All’udienza del 2 marzo 2005, il Collegio confermava il decreto, delegando il giudice relatore all’assunzione delle prove orali, avvenuta il successivo 21 aprile.
Depositate dalle parti memorie conclusive, all’odierna udienza, dopo la discussione orale, il Tribunale, avvalendosi del disposto dell’art.16, comma quinto, D.lgs.5 cit., ha trattenuto la causa per la sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In fatto la famiglia E., composta da R., titolare di una pensione di Euro 1.100 al mese, dalla moglie casalinga e dalla figlia studentessa, entrambe senza reddito, lamenta che, in particolare R., è stato sollecitato dalla Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza (filiale di San Secondo parmense) ad investire tutti (rectius gran parte de) i risparmi della famiglia, provenienti da una successione e dal TFR del medesimo, in titoli rivelatisi “notes” ossia cambiali finanziarie, emesse dalla Parmalat Finance Corporation BV.
L’investimento è specificate nel prospetto seguente secondo la data di acquisto (complessivo valore nominale di € 171.000,00, pagamento € 177.083,29):
a) codice ISIN b) codice banca |
Emittente e Capofila |
Tasso% |
Scadenza |
Valore nominale |
Data di acquisto |
Prezzo di acquisto |
Spese |
Totale |
a) XS0106583577 b) 2502607/00 |
Parmalat FC BV-IMI SpA |
6,25 |
07.02..05 |
43.000 |
31.03..03 |
43..985,47 |
66,78 |
43.951,01 |
a) XS0106583577 b) 000002502607/00 |
Idem |
6,25 |
07.02..05 |
26.000 |
28.04.03 |
27.065,31 |
49,18 |
27.020,99 |
a) XS0118659688 b) 000002503444/00 |
Idem |
7 |
23.10..07 |
15.000 |
29.10..03 |
15.609,52 |
18,76 |
15.619,98 |
a) XS0106583577 b) 000002502607/00 |
Idem |
6,25 |
7.02.05 |
74.000 |
28.04..03 |
77.032,04 |
152,67 |
76.918,61 |
a) XS0118659688 b) 000002503444/0 |
Idem |
7 |
23.10..07 |
13.000 |
29.10..03 |
13..561,93 |
16,09 |
13.572,70 |
TOTALE |
|
|
|
171.000 |
|
|
|
177.083,29 |
Risulta, infatti, dall’allegata documentazione che, in data 31.3.03, con ordine di negoziazione sottoscritto da E. R. (doc.10 CASSA), sono state acquistate obbligazioni Parfin 7.2.05 – 6,25%, per un controvalore di nominali € 43.000,00, presso l’Agenzia di San Secondo Parmense (PR); il modulo d’ordine evidenzia, in carattere stampatello, alla voce “tipologia ordine”, subito dopo la denominazione del titolo, trattarsi di “TITOLI ESTERI”.
Successivamente, in data 28.4.03, con ordine sottoscritto ancora una volta da E. R. (doc.11), sono state acquistate altre obbligazioni “Parfin” aventi la medesima scadenza ed interesse (7.2.05 – 6,25%) per un controvalore di nominali € 100.000,00, presso la stessa Agenzia.
In data 29.10.03, con ordine di negoziazione sottoscritto sempre da E. R. (doc.12) presso la stessa Agenzia, sono state acquistate obbligazioni “Parfin” 23.10.07 – 7%, per un controvalore di nominali € 15,000,00.
Le obbligazioni sono state immesse sul dossier n.429-2234175, cointestato con la moglie B. B., aperto con contratto di deposito titoli a custodia e amministrazione in data 3.11.98, sottoscritto dagli attori B. B. e E. R. (doc.13), i quali, in precedenza, avevano ricevuto dalla Banca, e sottoscritto in data 27.8.98, il documento informativo sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari (doc.14).
L’operazione è avvenuta nell’ambito del contratto per servizi di negoziazione, ricezione e trasmissione ordini su strumenti finanziari stipulato con la Banca convenuta in data 25.3.92, e sottoscritto dai coniugi B. - E. (doc.15).
Sempre in data 29.10.03, è, altresì, prodotto ordine di negoziazione a nome dall’altra attrice E. A. (doc.16), per l’acquisto di obbligazioni Parfin 23.10.07 – 7%, per un controvalore di nominali € 13.000,00, immesse sul dossier n.429-4621102, cointestato con la madre, aperto con contratto di deposito titoli a custodia e amministrazione in data 13.1.99, sottoscritto da E. A. e B. B. (doc.17), dopo aver ricevuto dalla Banca, e sottoscritto in pari data, il documento informativo sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari (doc.18).
L’operazione è avvenuta nell’ambito del contratto per servizi di negoziazione, ricezione e trasmissione ordini su strumenti finanziari stipulato con la Banca convenuta, sempre in data 13.1.99, sottoscritto da E. A. e B. B. (doc.19).
Tutte le operazioni sono state registrate negli estratti conto inviati ai clienti (docc.23-27).
Chiarito lo svolgersi del rapporto come riscontrato nella documentazione, si può passare alla disamina delle numerose questioni dedotte dalla difesa E., a sostegno delle gradate domande di nullità, annullamento o risoluzione dei contratti.
In primo luogo, la nullità del collocamento dei titoli viene fatta discendere dalla simulazione, finalizzata alla elusione dell’art.2410 c.c., nel testo vigente all’epoca.In proposito viene richiamata la sentenza di questo Tribunale (n. 11, pronunciata in data 4 febbraio 2004), la quale, condividendo alcuni brani della relazione depositata dal commissario straordinario, evidenzia come PARMALAT FINANCE BV fosse solo formalmente domiciliata in Olanda, priva di dipendenti e sede, creata per appoggiare le operazioni finanziarie della Parmalat e delle società del gruppo, nel corso degli anni ’90, al precipuo fine di reperire, gestire ed emettere finanziamenti, anche attraverso l'emissione di prestiti obbligazionari.
Quanto precede offrirebbe riscontro alla dedotta simulazione della costituzione della Parmalat Finance BV, ovvero quanto meno, della emissione di prestiti obbligazionari, i quali devono considerarsi in realtà come prestiti emessi dalle società Parmalat Spa e Parmalat Finanziaria SpA, ma oltre i limiti consentiti dalla legge (art. 2410 cit). Il contratto dissimulato sarebbe, quindi, nullo per violazione di una norma imperativa.
Siffatto capo di domanda, compiutamente esplicato già in citazione, rendeva legittimata passivamente la società olandese - attualmente in A.S. -, società emittente convenuta in giudizio quale litisconsorte necessaria, in una causa promossa per ottenere l’accertamento giudiziale della radicale nullità dell’emissione dei titoli. La società ha eccepito l’inammissibilità della domanda, in quanto tutte le pretese che la riguardano dovrebbero essere accertate con le modalità dell’ammissione al passivo, di cui all’art. 4-ter del DL 347/03, che richiama le modalità dell’art. 93 LF.
La pretesa azionata, però, non si risolve in un credito da ammettere al passivo, posto che è stato chiesto il mero accertamento della nullità delle emissioni, non finalizzata ad ottenere il risarcimento dei danni dalla società emittente, ma finalizzata a far valere la nullità nei confronti delle banche negoziatrici. È vero che gli attori hanno chiesto l’ammissione al passivo della procedura dei crediti corrispondenti al valore dei bond ritenuti nulli, ma è pure vero che l’ammissione è stata chiesta in via subordinata e tuzioristica “con riserva di far valere in ogni sede la nullità della negoziazione dei bond”.
Occorre, del resto, considerare anche la concorrente vis attrattiva del rito societario, di cui all’1 del art. 1 Dlgs 5/03, in forza del quale “si osservano le disposizioni del presente decreto legislativo in tutte le controversie, incluse quelle connesse a norma degli articoli 31,32,33,34,35 e 36 del codice di procedura civile relative a : … d) contratti di investimento”.
Ciò posto, la domanda, a parere del Collegio, è infondata.Il Commissario Straordinario, nella sua relazione, ed il Tribunale, nella sentenza dichiarativa di insolvenza, hanno unicamente spiegato le ragioni - appunto - della insolvenza della società per la quale, siccome appartenente al Gruppo Parmalat, il Commissario Straordinario aveva richiesto al Ministro delle Attività Produttive l’ammissione alla stessa procedura Amministrazione Straordinaria ex art.3 comma 3 D.L.347/03.
La competenza dei Giudici di uno Stato membro della Comunità Europea alla dichiarazione di apertura di una procedura di insolvenza “secondaria” successivamente a quella di apertura della procedura “principale” è, poi, disciplinata dal Regolamento (CE) n. 1346/2000 relativo appunto alle procedura di insolvenza.
I titoli in questione erano, come si ricava dalle Offering Circular, tutti espressamente garantiti da Parmalat S.p.a., non sostenibile, dunque, invocare la simulazione relativa (che, peraltro non originerebbe una nullità) per interposizione fittizia (di Parmalat Finance Corporation B.V. in luogo di Parmalat S.p.a.) o addirittura arrivare ad ipotizzare la (peraltro giuridicamente altrettanto insostenibile) simulazione nella costituzione della società Parmalat Finance Corporation B.V..
L’operazione, se pure poteva avere quale risultato l’elusione del previgente art. 2410 c.c., era consentita.
L’ordinamento comunitario ed italiano (e basterà, all’uopo, leggere il preambolo del TUF, laddove è indicata la circostanza che esso è adottato in esecuzione della delega del Parlamento e precisamente “visti gli articoli 1, 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996 n. 52 recanti delega al Governo per l’attuazione della direttiva 93/22/CEE del 10 maggio ’93 relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari) riconosce la libertà di emettere un prestito obbligazionario in Lussemburgo, Stato dotato di disciplina armonizzata con quella italiana; i titoli in questione erano, comunque, riferibili a Parmalat S.p.A. ed a Parmalat Finanziaria S.p.A. in quanto da queste garantiti.
Quanto alla usualità delle cosiddette “euroemissioni” appaiono eloquenti le tabelle a pag. 7 e 9 dello studio pubblicato sul bollettino economico Bankitalia n. 41/03 (doc. 9) che elencano le 44 imprese italiane le quali hanno effettuato emissioni obbligazionarie in altri paesi comunitari, appunto il Lussemburgo, nonché i nuovi emittenti del settore pubblico che hanno fruito anch’essi del mercato lussemburghese: tra questi, la stessa Repubblica Italiana.
Tutte le eurobbligazioni, poi, seguono la medesima struttura che prevede l’emissione del titolo da parte di una società veicolo (Special purpose vehicle) i cui impegni sono garantiti mediante fideiussione solidale dalla società interessata.
Ciò posto, vanno esaminate le molteplici violazioni addebitate alla Banca convenuta.
A) Mancanza del prospetto informativo (art. 101 TUF approvato con Dlgs 58/98).
Lamentano gli attori di essere stati sollecitati - sollecitazione di tipo pubblicitario - ad acquistare allo sportello bancario titoli che, secondo la legislazione italiana, non potevano circolare fra i piccoli risparmiatori, essendo riservati agli investitori istituzionali. La loro difesa distingue tre specie di sollecitazione all’investimento: offerta al pubblico (OPA), invito ad offrire (OPV) e messaggio promozionale, ciascuna con propri elementi qualificanti, ed invita a non confondere il genus “sollecitazione all’investimento” con le species offerta pubblica di acquisto (OPA) o di vendita OPV), al fine di attribuire al “genere” i requisiti caratterizzanti delle specie.Secondo l’elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale, i caratteri comuni di tutte le forme di sollecitazione all’investimento sono: a) l’intenzione di far acquistare o far sottoscrivere prodotti finanziari; b) la natura in incertam personam.
In relazione al punto a), l’intenzione delle banche collocatrici e negoziatrici di vendere i titoli ai propri clienti, risulterebbe dai suggerimenti a tutti i risparmiatori italiani dati presso gli sportelli, dall’inserimento dei titoli nei propri “panieri”, ovvero nelle piattaforme Internet (es. Tradinglab), dalla pubblicità sui giornali e dalla stessa conclusione dei contratti, che presupponeva, appunto, la volontà di vendere.
Riguardo al punto b), si richiede che il messaggio promozionale sia rivolto al pubblico, cioè ad un numero non predeterminato di soggetti.Il requisito della pubblicità della sollecitazione sarebbe, dunque, soddisfatto quando, come nel caso di specie, l’istituto di credito convenuto, come molti altri, ha proposto l’acquisto di bond Parmalat a tutti quei clienti che chiedevano di effettuare un investimento a basso rischio e certezza del rimborso del capitale investito. La sollecitazione all’investimento deve essere preceduta dall’autorizzazione della Consob e dalla redazione del prospetto informativo, ex art. 101 Dlgs 58/98, con due eccezioni: - quando la sollecitazione è rivolta agli investitori istituzionali (come definiti dall’art. 1 del Dlgs 58/98: le banche, le imprese di assicurazione, le imprese di investimento, i fondi pensione, gli organismo di investimento collettivi OIC); - per emissioni estere non superiori a cento miliardi di lire.
Nel caso di specie, i piccoli risparmiatori non sono investitori istituzionali e, come si evince dal frontespizio dei regolamenti di emissione, denominati “Offering Circular”, i titoli de quibus sono stati emessi per tranches di almeno 150 ML di Euro.
L’assunto è infondato.
La banca convenuta era autorizzata all’esercizio della sollecitazione, l’assenza del prospetto informativo (circostanza incontroversa) non configura nel caso in esame, a parere del Collegio, la dedotta violazione dell’art.101 cit..
Com’è noto “si intende per “sollecitazione all'investimento”: ogni offerta, invito a offrire o messaggio promozionale, in qualsiasi forma rivolti al pubblico, finalizzati alla vendita o alla sottoscrizione di prodotti finanziari; non costituisce sollecitazione all'investimento la raccolta di depositi bancari o postali realizzata senza emissione di strumenti finanziari” (art. 1 lett. t) del cit. testo unico sulla intermediazione finanziaria).
Siffatta forma di collocamento di strumenti finanziari, in genere è destinata ad una moltitudine indistinta di soggetti, e la sua disciplina è collocata nella parte quarta al titolo secondo, capo primo agli artt. 94 e segg. TUF.
Distinta da essa, il TUF ed il Regolamento CONSOB prevedono altre forme di compravendita di titoli o valori mobiliari, ed, in particolare, la cosiddetta negoziazione su base individuale, disciplinata dall'art. 32 del Regolamento, rubricato appunto <> ed inserito nella sezione I- Negoziazione, del capo II - Norme per la prestazione dei singoli servizi, al quale fa da pendant, nella normativa primaria, l'art. 1, 5^ comma, TUF, in forza del quale "Per <> s'intendono le seguenti attività, quando hanno per oggetto strumenti finanziari; a) negoziazione per conto proprio; b) negoziazione per conto terzi;………" .
Il regolamento riprende questa suddivisione, in negoziazione per conto proprio o per conto terzi, prescrivendo che vanno eseguite alle migliori condizioni possibili, tenendo conto della natura delle operazioni ed ai prezzi, ed indicando luoghi (mercati regolamentati o sistema scambi organizzati) e tempi.
La negoziazione per conto proprio, presuppone la titolarità del titolo o del valore mobiliare in capo all'intermediario, che in precedenza lo ha acquistato sul mercato finanziario (cfr. art. 32, 5° co., REG "...gli intermediari autorizzati comunicano all'investitore, all'atto della ricezione dell'ordine, il prezzo al quale sono disposti a comprare o a vendere gli strumenti finanziari ed eseguono la negoziazione contestualmente all'assenso dell'investitore; sul prezzo pattuito non possono applicare alcuna commissione").
Nella prestazione del servizio di negoziazione per conto terzi, invece, l'intermediario acquista sul mercato il titolo o valore mobiliare percependo un compenso per tale attività di sostanziale mediazione (cfr. art.32, 6° co., : "ferma restando l'applicazione delle commissioni e delle spese, il prezzo praticato all'investitore è esclusivamente quello ricevuto o pagato dall'intermediario").
La negoziazione di strumenti finanziari, in entrambe le ipotesi, non può essere equiparata alla sollecitazione all'investimento, differenti essendone i destinatari, un pubblico indiscriminato di soggetti, nel primo caso, il singolo cliente o risparmiatore, nel secondo.
Tale conclusione è conforme all'intenzione del legislatore, laddove ha inteso circondare d'opportune cautele, a tutela dell'investitore, l'appello al pubblico risparmio, al fine di evitare che la collettività dei risparmiatori sia tratta in inganno da pubblicità, e da altre forme di sollecitazione all'investimento, in prodotti finanziari di dubbia o scarsa solidità, imponendo all'art. 94 TUF un preventivo controllo della CONSOB sulla veridicità delle informazioni diffuse, prevedendo appunto l'obbligo del prospetto informativo, mentre analoga tutela non è affatto prevista, perché all'evidenza non necessaria, nel caso del singolo risparmiatore il quale intenda investire su quel particolare prodotto finanziario circolante sul mercato c.d. secondario, ossia che intenda acquistare quel prodotto finanziario nella fase successiva al suo collocamento vero e proprio.In proposito deve osservarsi, in sostanziale linea con la tesi difensiva dell'istituto, che la Banca d'Italia, nel bollettino economico numero 41 del novembre 2003, ha reputato legittima la prassi delle banche di vendere i titoli anche del proprio portafoglio ai clienti che ne facciano richiesta, nell'ambito di un'attività di negoziazione in conto proprio, precisando (cfr. pag. 16) che “in relazione alla possibile vendita di eurobbligazioni a investitori privati, in Italia l'assenza del prospetto previsto per le offerte pubbliche impedisce alle banche, sia a quelle che sottoscrivono inizialmente i titoli sia a quelle che li acquistano dalle banche collocatrici, di sollecitare il pubblico a comprare valori mobiliari. Le banche possono tuttavia vendere i titoli del proprio portafoglio ai clienti che ne facciano richiesta, nell'ambito di un'attività di negoziazione in conto proprio. La sequenza "assunzione a fermo [ndr: ovvero, l'acquisto da parte della banca di titoli obbligazionari quotati su un mercato europeo e collocati presso gli. investitori professionali, in esenzione alla procedura di appello al pubblico risparmio, esenzione espressamente prevista dall'art. 100, lettera a) TUF] - negoziazione sul mercato secondario" non implica violazione dell'obbligo di prospetto”, con la conseguenza che “non sono messi in discussione né la liceità della vendita di titoli sul mercato secondario… né la presenza di attività in qualche modo 'propositive' da parte degli intermediari, a meno che non si ricada nella fattispecie della violazione della normativa sulla sollecitazione all'investimento” (cfr. pag. 16 Bollettino n. 41 cit). In altri termini, pure secondo l'autorevole opinione dell'organo tecnico di vigilanza, la negoziazione alla clientela è sempre lecita e possibile e come tale non necessita di alcun prospetto, anche in presenza di attività propositiva da parte degli intermediari (in tal senso si è già espresso questo Tribunale – pronuncia del 21 febbraio 2005, Fazza c.Banca Monte).
Del tutto inconferente rispetto alla fattispecie è, pertanto, la sentenza di Cassazione n. 10976 del 10/12/96, non fosse altro per la ragione che il TUF (d.Lgs 58/98) è successivo alla stessa sentenza e, più in particolare, l’art. 101 ha sostituito l’art. 18 dello L. 7/6/74 n. 216 richiamata in sentenza.
B) Mancata comunicazione alla Banca d’Italia (art.129 TU bancario approvato con Dlgs 385/93).
Secondo l’art. 129 Dlgs n.385 cit.: “le offerte in Italia di valori mobiliari esteri non liberamente effettuabili ai sensi del comma 1 sono comunicate alla Banca d’Italia a cura degli interessati”, in quanto “al fine di assicurare la stabilità e l’efficienza del mercato dei valori mobiliari, la Banca d’Italia … può … vietare le operazioni”.
La difesa convenuta - in verità senza ricevere contestazioni - ha sul punto evidenziato che, per tutti i prestiti obbligazionari emessi da società del Gruppo Parmalat, gli adempimenti previsti da tale disposizione sono stati interamente e regolarmente posti in essere da parte dei soggetti a ciò tenuti, come confermato dalla stessa Banca d’Italia (cfr. Bollettino Economico Bankitalia n. 41, nov. 2003), la quale tra l’altro, a sua volta, non ha affatto ritenuto di vietare l’offerta in Italia dei suddetti valori mobiliari.
C) Violazione degli artt. 21 TUF e 27,28 e 32 Reg. Consob n. 11522/98 norme relative alla intermediazione finanziaria.
C1) Obbligo di informazione di cui alla lettera b) del citato art. 21 TUF in relazione all’obbligo da parte della banca di informare il cliente in tutte le fasi contrattuali.
In attuazione di tale norma, l’art. 28 Regolamento Consob citato dispone: “gli intermediari autorizzati informano prontamente e per iscritto l’investitore ove il patrimonio affidato nell’ambito di una gestione si sia ridotto per effetto di perdite, effettive o potenziali, in misura pari o superiore al 30% del controvalore totale del patrimonio a disposizione … Analoga informativa dovrà essere effettuata in occasione di ogni ulteriore riduzione pari o superiore al 10% di tale controvalore”.
Nel caso de quo, la parte attrice ha appreso la notizia della riduzione nominale dei titoli Parmalat grazie ai mass-media e di aver acquistato titoli della Parmalat Finance Corporation BV dal proprio legale.
Tale dovere di fornire adeguate informazioni “in ogni tempo” è considerato un’applicazione del generico dovere di comportarsi secondo buona fede, in quanto chi instaura una trattativa è tenuto a dare notizia all’altra parte di ogni dato e circostanza rilevante che la controparte non possa già conoscere adoperando la comune diligenza.
La norma è inapplicabile nella fattispecie.
La regolamentazione specifica della trasparenza nei servizi di investimento, risulta meno articolata della trasparenza bancaria e si concreta sostanzialmente nell’obbligo di forma scritta per i contratti e nel divieto di rinvio agli usi per il corrispettivo dovuto dal cliente (art. 23 TUF). Ulteriori regole applicative del principio della trasparenza in senso forte, vengono specificati dai criteri dell’art. 21 c. 1 lett. b) TUF, relativi agli specifici obblighi informativi nei rapporti contrattuali intrattenuti con i singoli investitori.
La formula della lettera b) contempla, da un lato, l’obbligo degli intermediari di acquisire le informazioni “necessarie” dai clienti, e dall’altro di operare in modo che essi siano “adeguatamente” informati.
Ebbene, nei casi in questione, inconferente si palesa il richiamo all’art. 28 Regolamento Consob, avente ad oggetto l’avvertenza all’investitore “del verificarsi di perdite in misura pari o superiore al 30% del controvalore del patrimonio dell’investitore”.
Trattasi, infatti, di norma relativa esclusivamente alla “gestione di portafogli di investimento” disciplinata dall’art. 24 TUF con la previsione di norme di comportamento specifiche in considerazione della sua peculiarità.
Nella fattispecie, invece, non siamo in presenza di un servizio di gestione su base discrezionale della Banca ma, al contrario, come si vedrà, di un servizio di raccolta e trasmissione di ordini collegato ad un contratto di amministrazione c.d. statica, avente ad oggetto la mera custodia degli strumenti finanziari dei clienti.
Nell’ambito di tale ultimo rapporto, la banca è abilitata a porre in essere esclusivamente le operazioni specificamente disposte dal cliente ed, in presenza di uno specifico ordine scritto, non avrebbe né dovuto né potuto esimersi dal dare esecuzione alle operazioni volute dai clienti, perché la mancata esecuzione di tali disposizioni l’avrebbe esposta a sicura responsabilità per i mancati guadagni che l’eventuale apprezzamento dei titoli stessi avrebbe comportato per i clienti.
C2) Violazione del divieto di operare in conflitto di interessi (lett.c) art.21 TUF, art.27 Regolamento).
La Banca ha l’obbligo (variamente sanzionato) di “organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse e, in situazioni di conflitto, agire in modo da assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento”.
L’art. 27 REG al riguardo prescrive agli intermediari autorizzati di vigilare per l’individuazione dei conflitti di interesse e prosegue: “gli intermediari autorizzati non possono effettuare operazioni con o per conto della propria clientela se hanno direttamente o indirettamente un interesse in conflitto… a meno che non abbiano preventivamente informato per iscritto l’investitore sulla natura e sull’estensione del loro interesse nell’operazione e l’investitore non abbia acconsentito espressamente per iscritto all’effettuazione dell’operazione…”.
Secondo la difesa attrice la CASSA convenuta non solo ha agito in conflitto di interessi, ma avrebbe pure omesso di darne avviso al cliente, essendo il conflitto desumibile “da un linguaggio gergale e crittografico, non comprensibile dai non addetti ai lavori”.
Nella documentazione a loro mani il conflitto di interessi dovrebbe risultare dalle seguenti espressioni: in relazione al fissato bollato n. 8556692 dalle parole “La Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza vende a…”; negli altri quattro fissati bollati dalle parole “operazione eseguita fuori mercato” e dalla indicazione della parte venditrice come “Caboto Holding Sim S.p.A”, che è la Sim della banca convenuta.
L’assunto non è nell’ipotesi concreta condivisibile.Fermo restando – come anche la stessa Consob ha già avuto modo di riconoscere – il fatto che l’esistenza di una esposizione creditoria della banca nei confronti dello stesso emittente non determina di per sé la sussistenza del conflitto di interesse, poiché altrimenti e per assurdo le maggiori banche italiane dovrebbero sempre segnalare il conflitto in occasione della negoziazione di obbligazioni societarie, “con il possibile risultato di far perdere selettività e quindi effettività alla segnalazione medesima”, rileva il Collegio che, a maggior ragione, deve escludersi anche la astratta possibilità di un conflitto di interesse nel caso, come il presente, in cui la convenuta non era creditrice, in particolare, della società emittente il prestito obbligazionario (Parmalat Finance Corporation BV) di cui è causa, bensì di altra società del gruppo.