Diritto dei Mercati Finanziari


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 87 - pubb. 01/07/2007

Idoneità dell'informazione rilasciata con dicitura sull'ordine di acquisto

Tribunale Trani, 07 Giugno 2005. ..


Obbligazioni Cirio – Assenza di prospetto informativo e di rating – Cessione a risparmiatori retail – Negoziazione in conto proprio – Ammissibilità


Negoziazione di obbligazioni Cirio – Adeguatezza dell’operazione – Prova dell’informazione dovuta a’sensi dell’art. 29 reg. Consob mediante dicitura sull’ordine medesimo – Idoneità


Negoziazione di obbligazioni Cirio avvenuta nel novembre del 2001 – Rischiosità dell’investimento – Insussistenza


Negoziazione di strumenti finanziari in contropartita diretta – Conflitto di interessi – Ordine conferito spontaneamente dal cliente – Esclusione



Le euro-obbligazioni Cirio, una volta emesse sull’euro mercato, sono state assunte “a fermo” da alcune banche e da queste successivamente vendute ad investitori istituzionali e successivamente ad altri soggetti nell’ambito di una attività di negoziazione per conto proprio che consente la cessione a risparmiatori privati anche di obbligazioni prive di prospetto informativo e di rating, diversamente da quanto si verifica nell’ipotesi di sollecitazione all’investimento.


Si deve escludere che l’attività di informazione imposta all’intermediario dall’art. 29 reg. Consob debba necessariamente concretizzarsi in un documento compilato dal cliente stesso. (Nella specie si è ritenuto che la banca avesse fornito tale informazione sulla base della dicitura riportata sullo stesso ordine di acquisto ove si dava atto che il cliente era stato esaustivamente informato sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni dell’operazione riportata nell’ordine medesimo e di averne chiesto l’esecuzione nella più completa autonomia)


Nel novembre del 2001 non vi erano elementi di giudizio per considerare che l’operazione di acquisto di obbligazioni Cirio H. 01. 04 ced 6% fosse altamente rischiosa e quindi inadeguata, in senso oggettivo, ad un profilo con propensione al rischio minima o ridotta ed obiettivi di investimento orientati alla conservazione del capitale, posto che, dalle informazioni reperibili sul mercato a quell’epoca, non poteva in alcun modo evincersi la rischiosità dell’investimento né altrimenti prevedersi il default di detti titoli.


Non vi è conflitto di interessi nell’ipotesi di negoziazione di titoli in contropartita diretta con il cliente, ove la compravendita si sia perfezionata sulla base di un ordine di acquisto dello strumento finanziario conferito espressamente e spontaneamente dal cliente. Il conflitto sarebbe astrattamente ipotizzabile solo ove l’acquisto si sia perfezionato su sollecitazione dell’intermediario e nel caso in cui si provi che l’intermediario perseguiva scopi ulteriori e diversi rispetto alla realizzazione dell’interesse del cliente.
 



Svolgimento del Processo


Con atto di citazione notificato in data 22.07.2004, G. Bianchi, premesso:

- di aver acquistato, nel mese di novembre del 2001, delle obbligazioni “Cirio H. 01. 04, ced. 6,25%”, per un ammontare complessivo di € 25.000;

- di essersi determinato all’acquisto esclusivamente a seguito di sollecitazione da parte dell’istituto proponente, che, per il tramite dei propri funzionari, aveva valorizzato nel prefato titolo la più valida e remunerativa alternativa ai titoli di Stato, cui era aduso fare riferimento;

- che l’investimento in parola era stato prefigurato come privo di rischio, a capitale garantito, e senza il minimo accenno al fatto che si trattava invece di uno strumento finanziario privo di “rating” o di prospetto informativo;

- che, a mezzo delle comunicazioni dei mass-media, aveva appreso del “default” dei titoli in parola, per cui, con reclamo datato 18 ottobre 2003 (ex art. 59 del regolamento Consob n. 11522/98), aveva contestato all’istituto di credito la responsabilità per inesatte informazioni circa la natura dell’investimento realizzato, con l’abuso del basso livello di specifica competenze negli strumenti finanziari acquistati (Skill);

- che dopo aver chiesto all’istituto finanziario il talloncino attestante, il rilascio del documento sui rischi generali dell’investimento, la scheda profilo cliente degli investitori, il contratto di negoziazione e sottoiscrizione di ordini su strumenti finanziari conforme alla direttiva Eurosim, il contratto di norme di deposito dei titoli a custodia ed amministrazione prescritti a pena di nullità del Testo Unico della Finanza e dai correlati disposti del Regolamento Consob di Attuazione, aveva altresì contestato all’istituto di credito la “inadeguatezza” dell’operazione conclusa, per “dimensione, oggetto, tipologia e frequenza”, ai sensi dell’art. 29 del regolamento Consob citato;

- che il reclamo era rimasto inascoltato dalla Banca, per cui si profilava la necessità di azione giudiziaria;

- che l’inadeguatezza del contratto concluso emergeva e dal rifiuto del Bianchi di fornire informazioni all’istituto proponente e dalla alla circostanza che sui menzionati titoli era stata allocata la totalità (e precisamente il 97, 5%) dei suoi risparmi, in spregio al disposto del regolamento Consob, che avrebbe invece imposto alla banca di verificare il profilo e l’esperienza del cliente, onde poter valutare l’adeguatezza dell’investimento;

- che risultava violato l’obbligo di correttezza e trasparenza sancito dall’art. 21, comma 1, lett. A) del testo unico della finanza, posto che lo strumento finanziario era stato presentato come un prodotto dal rendimento elevato, senza alcun rischio correlato, ben adatto ai risparmiatori prudenti ed avvezzi ai titoli di Stato;

- che risultavano violati i doveri informativi previsti dall’art. 21, comma 1, lett. B) del testo unico della finanza, stanti le inesatte informazioni in ordine ai prodotto venduto;

- che risultava violato l’obbligo di diligenza (gravante su professionista qualificato dalla professionalità finanziaria), dal momento che la Banca Monte dei Paschi di Siena non aveva operato al fine di ottenere dal servizio “il miglior risultato possibile” (c.d. best execution) come invece imponeva il Regolamento Consob, all’art. 26, comma 1, lett. F), né l’operazione era stata eseguita alle migliori condizioni possibili, con riferimento al momento, alla natura e alle dimensioni delle operazioni stesse (Reg. Consob art. 32, comma terzo);

- che risultava violato pure l’obbligo relativo al conflitto di interessi sancito dall’art. 27 del regolamento Consob 11522/98;

- che lo strumento finanziario acquistato risultava infine:

1. privo di un prospetto informativo, e ciò in violazione degli obblighi di indicazione completa, puntuale e costante dei contenuti del contratto e della modalità di svolgimento del servizio.

2. privo di rating

3. collocato in violazione della “Circular Offering”, che imponeva la collocazione esclusivamente ad investitori istituzionali;

- che, inoltre era evidente nel concreto la violazione, da parte dell’istituto proponente, del principio della buona fede precontrattuale nella fase delle trattative sancito dall’art. 1337 del cod. civ., nonché dell’art. 1375 del cod. civ. (buona fede dell’esecuzione del contratto), posto che il dipendente dell’istituto di credito avrebbe dovuto loro dare un informativo completa circa la natura, le caratteristiche, i rischi specifici del prodotto, la sussistenza di una situazione di conflitto di interessi;

- che, dunque, il contratto era nullo non solo per la violazione delle norme imperative summenzionate, ma era altresì annullabile per vizio del consenso e violazione degli articoli 1427, 1428, 1429, 1431, 1439, del codice civile;

- che, peraltro, esso istante aveva acquistato uno strumento finanziario nella qualità di consumatore, e pertanto era altresì applicabile la disciplina prevista dagli artt. 1469 bis e ss cod. Civ;

- che, in ordine tale ultima normativa, doveva rimarcarsi che le clausole del contratto sottoscritto non erano né chiare né comprensibili, per cui doveva dichiararsi l’abusività delle clausole contrattuali e la relativa inefficacia;

- che, a causa di tale investimento, ne era derivata una lesione della sua integrità psicofisica, come asseverato da una relazione medico legale che si produceva, nella quale si evidenziava la sussistenza di un danno biologico apprezzabile in sette punti percentuali ed avente nesso causale rispetto ai fatti per cui il processo;


tutto ciò premesso, fallito l’investimento e compromesso non solo la possibilità di percepire gli interessi ma, addirittura, di recuperare il capitale investito, conveniva dinanzi all’intestato tribunale Banca Monte dei Paschi di Siena onde sentire:

1) In via principale, dichiarare la nullità del contratto di acquisto dell’obbligazione “Cirio H. 01.04., per la violazione delle norme imperative  di cui al testo unico della finanza;

2) in via gradata, dichiarare l’annullamento del contratto, ex artt. 1439 e/o 1428 del cod. civ;

3) in ulteriore subordine, dichiarare l’inefficacia ex artt. 1469-bis e seguenti del codice civile;

4) dichiarare la retrocessione di ogni somma conferita per l’operazione in parola, oltre interessi e rivalutazione dal giorno d’acquisto;

5) condannare la banca convenuta al risarcimento del danno biologico, morale ed assistenziale rivenienti  dalla evidenziata  culpa in contraendo e nell’esecuzione del contratto, da quantificarsi in via equitativa, con vittoria delle spese di lite.


Si costituiva la Banca Monte dei Paschi di Siena, la quale deduceva l’assoluta infondatezza delle avverse argomentazioni, osservando:

a) che, l’attore, nel momento in cui chiese di fruire del servizio di intermediazione della Banca, si rifiutò di fornire informazioni sulla sua esperienza finanziaria, sulla propensione al rischio, sulla situazione finanziaria, sui suoi obiettivi di investimento;

b) che fu chiaramente avvertito dei rischi connessi ai prestiti obbligazionari in generale, ed a quelli relativi ai titoli prescelti in particolare;

c) che, ciò non pertanto, l’attore confermò la scelta e conferì l’ordine di negoziazione per iscritto, riconoscendo espressamente di essere stato esaustivamente informato sulla natura, sui rischi e sulle implicazione dell’operazione riportata, e di averne richiesto l’esecuzione nella più completa consapevolezza, come da documentazione allegata;

d) che, invero, lo stesso attore, fu consigliato dalla fidanzata e dalla madre di questa (che aveva operato la medesima scelta ed in quello stesso giorno acquistò una seconda tranche di obbligazioni Cirio H. 01.04), ad effettuare l’investimento;

e) che essa convenuta si premurò di indagare la finalità di investimento e la propensione al rischio degli attori, come documentato dal rifiuto del Bianchi di fornire informazioni;

f) che l’operazione non fu conclusa in conflitto di interessi perché furono venduti titoli che erano nella esclusiva proprietà di essa convenuta;

g) che invero l’operazione fu conclusa fuori mercato, con la Banca nella posizione di venditrice;

h) che la banca non aveva alcuna operazione in corso con il gruppo Cirio, né operava come collocatrice delle operazioni emesse da tale gruppo, per cui l’asserita violazione della norma relativa al conflitto di interesse non aveva alcun fondamento;

i) che, in ordine alla circostanza del collocamento delle obbligazioni citate presso investitori professionali o istituzionali, andava rimarcato che la circolare in offerta (Circular offering) dell’emittente, riservando il collocamento iniziale delle obbligazioni ad investitori istituzionali e vincolando esclusivamente il comportamento del primo sottoscrittore-collocatore, non vietava assolutamente ed in alcun modo l’ulteriore circolazione dei titoli a trattativa o negoziazione privata;

j) che, in quanto alla asserita nullità dei contratti per mancanza di prospetto informativo o di rating, occorreva evidenziare che, nel caso di specie, non si era presenza di una “sollecitazione al pubblico risparmio” ai sensi degli artt. 94 e ss. del testo unico della finanza, bensì di un’attività di negoziazione a trattativa privata e per conto individuale, per la quale non era prevista la necessità di prospetto informativo o di rating;

k) che, in ordine alla presunta violazione degli obblighi di informazione, correttezza, trasparenza e diligenza, andava evidenziato che, sino al pubblicato default del gruppo Cirio, la stampa specializzata aveva escluso la possibilità dell’insolvenza, e nessun allarme fu sollevato dalle autorità di vigilanza (Consob e Banca d’Italia) a ciò preposte;

l) che vi era dunque l’impossibilità di prevedere il default all’epoca della sottoscrizione dei citati titoli obbligazionari;

m) che, in quanto all’inadeguatezza dell’investimento, era sufficiente sottolineare che l’ordine di acquisto venne impartito per iscritto, che il dipendente della Banca informò esaustivamente i clienti dei rischi dell’operazione valutando i profili di adeguatezza nonostante il rifiuto di fornire informazioni;

n) che infondata era altresì l’annullabilità del contratto per vizio del consenso, posto che il consenso maturò in piena consapevolezza ed autonomia, non fu provocato da alcun errore, non tantomeno carpito con dolo;

o) che, in ordine all’invocato dovere di “clare loqui”, sancito dalla normativa posta a tutela dei consumatori, non poteva sottacersi l’assoluta genericità delle contestazioni;

tanto premesso, richiedeva il rigetto della domanda di parte attrice.

La causa veniva istruita con un ordine di esibizione dei documenti richiesti dall’attore, con i rigetto della richiesta di consulenza tecnica e medico legale (perché aventi natura meramente esplorativa), della richiesta di interpello formale (perché afferente a delle circostanze delle quali il legale rappresentante della Banca convenuta non poteva essere a conoscenza, il quanto il rapporto si era svolto a suo tempo con la Banca 121) e con una prova per testi.

Depositate le memorie conclusionali, all’udienza del 10 maggio 2005, dopo rituale discussione, il Collegio si è riservato per la decisione, come termine per il deposito entro trenta giorni.


MOTIVI DELLA DECISIONE


1. Sulla sollecitazione al pubblico risparmio o negoziazione su base individuale.

Preliminarmente, occorre anzitutto accertare se, nel caso di specie, si sia trattato di una sollecitazione al pubblico risparmio o di una negoziazione su base individuale; tale chiarificazione non è oziosa, posto che, dalla riconducibilità della negoziazione dei titoli in questione all’ipotesi della sollecitazione al pubblico risparmio ovvero a quella della trattativa su base individuale, ne deriva l’applicabilità della disciplina prevista dagli artt. 94 e ss. del Testo Unico della Finanza.

Va premesso che la sollecitazione all’investimento è stata individuata dall’art. 94 e ss. del testo unico della finanza come “ogni offerta, invito ad offrire, o messaggio promozionale, in qualsiasi forma rivolti al pubblico, finalizzati alla vendita o alla sottoscrizione di prodotti finanziari”.

Rientrano, dunque, nella nozione di sollecitazione all’investimento, le attività volte a promuovere l’investimento in prodotti finanziari (compresi i titoli obbligazionari pubblici e privati, e qualsiasi altro strumento finanziario), ad incoraggiare cioè l’acquisto o la sottoscrizione di tali prodotti da parte del pubblico.

La disciplina del sollecitazione all’investimento, così come contenuta nella regolamentazione di attuazione degli artt. 94 e ss. del T.U. della finanza emanata dalla Consob (provvedimento n. 11971/1999), prevede, a carico dell’emittente, dell’offerente e dei responsabili alla esigenza di una maggiore tutela per il soggetto “sollecitato”, rendendo garante di tale protezione la Consob ed attribuendo alla stessa un potere regolamentare molto penetrante, finalizzato all’esercizio di un controllo di tipo preventivo: Invero, secondo l’art. 94, comma 1, della legge predetta, “coloro che intendono effettuare una sollecitazione investimento, ne danno preventiva comunicazione alla Consob, allegando il prospetto destinato alla pubblicazione”.

La suddetta comunicazione deve contenere la sintetica descrizione dell’offerta e le indicazione dei soggetti che la promuovono, attestare i presupposti necessari per l’offerta, essere corredata dalle informazioni richieste dall’allegato 1/A, e sottoscritto da coloro che intendono effettuare la sollecitazione; il comma 2 dell’art. 94 dispone, poi, che il prospetto contiene delle informazioni – a seconda delle caratteristiche dei prodotti finanziari e degli emittenti – necessarie affinché gli investitori possano pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale, economica finanziaria e sull’evoluzione dell’attività dell’emittente nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti.

Si procede quindi alla pubblicazione del prospetto informativo (disciplinata dall’art. 8 Reg. Consob), che avviene con modalità tali da consentire alla Consob forti poteri di controllo, sia sul prospetto che sui soggetti.In definitiva, quindi, chi intende offrire strumenti finanziari al pubblico indistinto, con modalità standardizzata, è tenuto a pubblicare un prospetto informativo da sottoporre alla preventiva autorizzazione della Consob.

È evidente, allora, che la ratio di tale normativa è deputata a tutelare una molteplicità di soggetti, i quali potrebbero essere tratti in inganno da forme di pubblicità in prodotti finanziari di dubbia solidità, e pertanto si prevede un previo controllo di un ente pubblico (Consob) sulla veridicità delle informazioni diffuse; analoga tutela non è prevista, nè reputata necessaria, nel caso di un singolo cliente che intende investire su un particolare prodotto o strumento finanziario.

Nella prassi, specie internazionale, è andato infatti diffondendosi un canale, più rapido e meno oneroso, attraverso il quale gli emittenti si rivolgono al mercato; si tratta del c.d. “private placement” (o collocamento privato), in base ai quali gli emittenti sia privati che pubblici (bond di Comuni, Provincie, Regioni ed altri enti pubblici) offrono gli strumenti finanziari emessi a destinatari internazionali (fondi comuni, banche e intermediari finanziari italiani ed esteri, società fiduciarie, etc.).

Il collocamento privato, proprio in quanto rivolto a soggetti qualificati, consente un’attività di marketing semplificata e risulta supportato da un documento di offerta (c.d. “circular offering), di norma in lingua inglese, redatto secondo la prassi internazionale.

Ora, l’adozione di un private placement non preclude la successiva vendita degli strumenti finanziari a investitori c.d. retail o non qualificati; i titoli, infatti, possono successivamente entrare nel patrimonio di tali investitori mediante l’attività degli intermediari nella loro veste di soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento nei confronti della clientela.

Nel caso delle euro-obbligazioni Cirio, acquistate dall’odierno attore va detto che, una volta emesse sull’euro mercato, sono state inizialmente assunte “a fermo” da alcune Banche, le quali le hanno successivamente vendute ad investitori istituzionali e da queste a soggetti privati, analogamente a quanto avvenuto per le principali emissioni internazionali effettuate da gruppi italiani.

Sul punto. La Banca d’Italia, nel bollettino economico n. 41/03 ha chiarito che “l’assenza del prospetto informativo previsto per le offerte pubbliche impedisce alle Banche, sia a quelle che sottoscrivono inizialmente i titoli sia a quelle che li acquistano dalle banche collocatrici di sollecitare il pubblico a comprare i valori mobiliari.

Le banche possono tuttavia vendere i titoli del proprio portafoglio ai clienti che ne facciano richiesta, nell’ambito di una attività di negoziazione per conto proprio.

La sequenza “assunzione a fermo – negoziazione sul mercato secondario” è perfettamente lecita e non implica in alcun modo violazione dell’obbligo di  prospetto; la Banca d’Italia, nel bollettino predetto, non ha messo infatti in discussione né “la liceità della vendita dei titoli suddetti sul mercato (neppure nella fase c.d. di grey market), né la presenza di attività in qualche modo propositive da parte degli intermediari.“

Nel caso delle obbligazioni Cirio, le procedure di emissione e di collocamento dei prestiti obbligazionari facenti capo a società del gruppo, ricalcano quelle descritte in precedenza” (v. sempre Boll. Ec. Banca d’Italia n. 41/03).In particolare, è da ritenersi che, in relazione alla vendita delle obbligazioni agli odierni attori, nulla impediva alla banca di poter vendere i titoli agli investitori privati che ne facevano richiesta, e ciò nell’ambito di un’attività di negoziazione individuale.

Peraltro, nella specie, non è stata in qualche modo dimostrata da parte attrice un’attivatà di preposizione o di effettiva promozione da parte dei funzionari della Banca 121; anzi, dalla espletata prova testimoniale, è emerso che il Bianchi, accompagnato presso l’istituto di credito dalla fidanzata (e dalla madre di quest’ultima), fu da questa consigliato di operare investimento analogo a quello fatto dai genitori nel febbraio del 2001 (ed implementato nel novembre 2001); non vi sono, pertanto, gli estremi per poter ritenere che, nel concreto, la vendita delle obbligazioni Cirio H. 01-04 possa essersi configurata in termini di sollecitazione al pubblico risparmio, con la conseguente applicazione della disciplina prevista dalle regole del T.U. della finanza sulla sollecitazione all’investimento.

Esclusa allora la sussistenza di una sollecitazione al pubblico risparmio, non possono essere condivise le argomentazioni di parte attrice, relativa alla impossibilità di collocare tali prodotti ad investitori non istituzionali ed alla assenza di “rating” o di prospetto informativo sui titoli per cui è causa.

È del tutto evidente, invece, che nella specie debba trovare applicazione la diversa disciplina della c.d. negoziazione su base individuale, prevista dall’art. 32 del Reg. Consob.


2. Sull’attività di negoziazione individuale per conto proprio.

Nello specifico, la Banca si è posta in contropartita diretta con il cliente, operando nello svolgimento del servizio di negoziazione c.d. “per conto proprio”.

È bene rammentare che tale servizio può dare luogo a una differenza tra prezzo di acquisto del titolo da parte dell’intermediario e il prezzo di vendita ai clienti, in quanto l’intermediario, nell’operatività per conto proprio, ha l’obbligo di comunicare ai clienti il prezzo al quale è disposto a concludere la transazione, ma non può applicare alcuna commissione; nel concreto, la Banca 121 ha acquistato l’eurobbligazioni Cirio H. 01. 04 dalla “Euroimmobiliare Sim” Spa e, successivamente, ha venduto i titoli all’attore, per un controvalore di € 25.000,00; l’acquisto in esame non si colloca, pertanto, nella fase c.d. di mercato “primario” (o di emissione), bensì nella fase, successiva, di mercato c.d. “secondario”, in cui il titolo, già in possesso dell’investitore, viene negoziato con un latro soggetto privato.

Quand’anche, poi, volesse accedersi alla tesi in base alla quale gli strumenti finanziari in questione furono “consigliati” dai funzionari, e ciò sulla base di un’attività di consulenza da parte della Banca, deve rilevarsi che comunque l’attività di consulenza si caratterizza per la sostanziale “neutralità” dell’intermediario rispetto alla conclusione delle operazioni eventualmente conseguenti all’esercizio della consulenza; è evidente, infatti, che, nel caso della consulenza (a differenza dell’attività di gestione, che comporta l’obbligo di effettuare valutazioni discrezionali circa l’opportunità di investimenti e l’obbligo di predisporre la possibilità che dette valutazioni si traducano in operazioni), la scelta di tradurre in operatività i consigli rimane sempre in capo ai clienti,  e così è avvenuto nella specie (v. doc. all. e in particolare ordine di acquisto).

Né, sul punto, parte attrice ha dimostrato la sussistenza di un precedente accordo o convenzione, tra l’emittente della Banca, in base al quale la seconda si impegnava a sollecitare la sottoscrizione dei contratti di obbligazioni Cirio nei confronti della clientela; dalle risultanza probatorie, è emerso, piuttosto, che l’attività si è concretizzata in una vera e propria negoziazione individuale di titoli già nel paniere della Banca, ed effettuata su richiesta del cliente e nell’ambito di una attività di consulenza, che tuttavia non implicava (e di ciò non è stata fornita alcuna prova) alcuna attività promozionale e/o di gestione.

Risulta a questo punto opportuno evidenziare che, in generale, nell’ipotesi si acquisto dei titoli dagli investitori istituzionali destinatari del private placement, i risparmiatori non restano comunque privi di forme di tutela, ma quest’ultima si rinviene nelle forme riguardanti gli obblighi di comportamento gravanti sugli intermediari nella prestazione dei servizi di investimento, costituite dagli artt. 21 e ss. del T.U. della finanza e la disciplina contenuta nel Regolamento Consob n. 11522/98. la fonte comunitaria di tali disposizioni è la Direttiva n. 93/22/CEE (in particolare, l’art. 11).

Si tratta pertanto di verificare se, nel caso di specie, siano state rispettate le regole di comportamento degli intermediari.Invero, come per il collocamento, anche per la negoziazione di titoli occorre che:

1) i clienti siano adeguatamente informati sulle operazioni poste in essere;

2) venga assicurata al cliente la necessaria trasparenza, riducendo al minimo le situazioni di conflitto  di interessi;

3) vengano sconsigliate operazioni non adeguate all’investitore;

4) gli strumenti finanziari negoziati siano coerenti con le esigenze finanziarie, la disponibilità economica, la propensione al rischio dei singoli investitori.


3. Sui doveri di cui all’art. 21, 22, 23, 26 e 29 T.u.f.

Di tali disposizioni vanno precisati e ricostruiti i confini di applicazione.

A tal fine, si può sottolineare come la norma di cui all’art. 21 (e in parte di cui agli artt. 22 e 23) t.u.f. ponga a carico degli intermediari il dovere di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza nell’interesse dei clienti e per la integrità dei mercati.

Tali clausole generali costituiscono gli standard basilari per garantire la chiusura e la necessaria elasticità del sistema, individuando i beni di carattere generale (interesse dei clienti ed integrità dei mercati) sottesi alla disciplina.

La diligenza richiesta all’intermediario è quella specifica, esigibile dagli intermediari professionali del settore (art. 1176, secondo comma, del cod. civ.).

Nel caso di specie, parte attrice, pur deducendo la violazione, da parte dei funzionari della banca 121, del dovere di esatta informazione, di diligenza e di trasparenza in ordine alla speculatività ed alla alta rischiosità dei titoli acquistati, non ha fornito alcun riscontro in ordine alla asserita contrarietà a tali standard comportamentali.

Sul punto, va rimarcato che la Banca ha documentato da aver consegnato al cliente la documentazione necessaria a renderlo edotto della natura, delle caratteristiche e dei rischi dell’investimento; in particolare, lo stesso contratto scritto dal cliente costituisce, nella specie, veicolo di informazione sul piano dei contenuti dell’investimento.

Risulta, poi, dai documenti prodotti, che fu consegnato agli attori:

- il documento sui rischi generali dell’investimento;

- una copia dell’ordine di negoziazione degli strumenti finanziari, con il visto dell’operatore per l’adeguatezza dell’operazione;

- la scheda per l’individuazione del profilo cliente, da cui risulta: il rifiuto di fornire informazioni sulla precedente esperienza in strumenti finanziari strutturati e derivati; sugli obiettivi di investimento; sulla disponibilità finanziaria; sulla propensione al rischio.

Orbene alla luce della documentazione consegnata, deve ritenersi:

1) che sia stato rispettato il requisito della forma scritta ad substantiam, sancito dall’art. 23, primo comma, d.leg. 58/98, che stabilisce che “i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento e accessori sono redatti per iscritto e l’inosservanza della forma scritta è sanzionata con la nullità”;

2) che risulta adempiuto anche l’obbligo formale di cui all’art. 28, primo comma, lett. A) del Reg. Consob 11522/98, ai sensi del quale “prima di iniziare la prestazione dei servizi di investimento gli intermediari autorizzati devono chiedere all’investitore notizie circa la sua esperienza in materia di strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, la sua propensione al rischio”.


4.  Sul giudizio di adeguatezza ex art. 29 Reg. Consob n. 11522/95 dell’operazione conclusa.

Nel concreto, va premesso che, pur avendo il funzionario richiesto al cliente di compilare la scheda profilo, questi si rifiutò di fornire informazioni.

Da tale rifiuto sarebbe derivata – a giudizio dell’attore – la violazione della regola ex art. 29 Reg. Consob, concernente il giudizio di adeguatezza  c.d. “soggettiva” dell’operazione.

Sul punto, va rammentato che la regola condotta dalla c.d. adeguatezza, o “suitability” (che impone all’intermediario di controllare l’adeguatezza rispetto al cliente delle operazioni disposte ai sensi dell’art. 29 Reg. Consob, riassunta nella nota espressione anglosassone “know your customer”), impone all’intermediario di esprimere un giudizio sulla operazione, avuto riguardo ai criteri della “tipologia, oggetto, dimensione e frequenza”, il principio di conoscenza del cliente risulta, pertanto, con tutta evidenza, prodromico e strumentale alla regola della c.d. “suitability”, che richiede all’intermediario di controllare l’adeguatezza  delle operazioni deposte rispetto al profilo del cliente.

Da ciò deriva che l’acquisizione delle informazioni dal cliente è un processo dinamico, che non si esaurisce all’apertura del rapporto, ma che richiede necessari aggiornamenti.

Sotto questo profilo, reputa il Collegio che è senz’altro esatta la tesi in base alla quale, nel caso in cui il cliente rifiuti di fornire informazioni, l’intermediario non è comunque dispensato dal formulare il giudizio di adeguatezza, ma dovrà a tal fine, “tenere in considerazione le informazioni di cui sia a conoscenza” (v. Comunicazione Consob n. 95007939 dal 15 settembre del 1995; Comunicazione n. DIN/30396 del 21 aprile 2000).

Nel caso di specie, tuttavia, il giudizio di adeguatezza della Banca è stato formulato (come risulta dal visto per l’adeguatezza apposto in calce all’ordine di acquisto), e proprio tenendo nella dovuta considerazione le informazioni di cui il funzionario di banca venne direttamente in possesso dal Bianchi, il quale, recatosi in Banca con la fidanzata e la Sig.ra Matera Ippolita (le quali gli suggerirono di effettuare analogo investimento a quello da esse operato poco prima):

- richiese una forma alternativa all’investimento nei titoli di Stato;

- fu informato – come si legge nell’ordine di acquisto dei titoli Cirio H. 01.04, nel quale dà atto di essere stato ”esaustivamente informato sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni dell’operazione riportata nel presente ordine di aver richiesto l’esecuzione nella più completa autonomia” delle caratteristiche, della natura e dei rischi dell’operazione conclusa;

- decise comunque di sottoscrivere l’operazione, a fronte del corredo informativo rilasciatogli dal funzionario di banca.Ciò posto va ancora rimarcato che lo scopo della norma di cui all’art. 29 del Reg. Consob – come esattamente rilevato dalla Suprema Corte, nella sentenza n. 11279/1997 – “è quella di imporre all’intermediario di assumere dal cliente le più complete informazioni afferenti la sua situazione finanziaria, affinché possa meglio valutare se l’operazione dal cliente proposta o a lui suggerita sia compatibile con le sue capacità economiche”.

Questo è l’obbiettivo perseguito nella disposizione di legge in esame.E’ coerente – prosegue la Suprema Corte nella citata sentenza – che “in nessun luogo la lettera della disposizione impone che l’attività di informazione sia consacrata in un documento compilato dal cliente stesso”.

Alla stregua di tali considerazioni, è ritenuto che:

- è da escludersi la necessità cha la attività di informazione acquista dalla banca dovesse essere consacrato in un documento compilato dal cliente stesso (alla luce della riferita sentenza, invero, nei successivi Regolamenti, la Consob non ha ripetuto la previsione circa la necessità di un’apposita formalizzazione, in documentazione allegata al contratto delle informazioni acquisite all’atto della vendita dell’attore);

- la Banca aveva avuto piena informazione sulla situazione finanziaria del Bianchi, posto che – come ammesso dallo stesso attore in sede di interrogatorio libero – gli erano scaduti i titoli di Stato (BOT) per un controvalore di € 25.000,00 e degli obbiettivi di investimento dell’attore, il quale intendeva reinvestire la somma riveniente dalla scadenza del BOT, in un investimento a capitale garantito e con un elevato rendimento;

- l’intermediario non poteva che desumere una propensione al rischio minimo o ridotta, e di conseguenza, obiettivi di investimento orientati alla conservazione del capitale investito piuttosto che alla massimizzazione della redditività;

- furono fornite all’investitore (v. ordine di acquisto) informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione, la cui conoscenza era necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento;

- l’ordine fu ugualmente impartito dal Bianchi per iscritto;

- il funzionario di banca (e, sotto questo profilo, il giudizio deve, ovviamente essere effettuato ex ante, cioè parametrato al momento in cui fu conclusa l’operazione e non ex post, sulla base della conoscenza del default dei titoli in questione), non aveva, all’epoca dei fatti, elementi di giudizio per considerare che l’operazione fosse altamente rischiosa ed inadeguata, in senso oggettivo, rispetto al profilo fornitogli dal cliente, posto che, dalle informazioni reperibili sul mercato all’epoca dei fatti, non poteva in alcun modo evincersi la rischiosità dell’investimento né altrimenti prevedersi il default dei titoli in argomento; d’altra parte, a riguardo, con riferimento alla data dell’operazione, nessuna prova è stata --- dall’attore;

- all’epoca, detti strumenti di debito avevano un rendimento decisamente più elevato di quello di altri prodotti simili, e notevolmente maggiore rispetto a quello dei titoli di Stato dell’area Europa (nella specie, il 6,25%), sicché non può affermarsi che la scelta finanziaria fosse, a monte, inadeguata, sia per tipologia ed oggetto (il Bianchi passò dal titolo di Stato alle obbligazioni Cirio) che per dimensioni e per frequenza atteso il reinvestimento della precedente somma in altrettanti titoli di debito, con una cedola però superiore di rendimento;

può affermarsi, conclusivamente, che la Banca ha adempito integralmente agli obblighi formali imposti dalla normativa di settore, per quanto concerne la raccolta di informazioni rilevanti dall’investitore.


5. Sul conflitto di interessi.

L’attore ha dedotto la violazione dell’art. 27 Reg. Consob, che sotto la rubrica “conflitti di interessi” recita: “gli intermediari autorizzati non possono effettuare operazioni con o per conto della propria clientela se hanno direttamente o indirettamente un interesse in conflitto anche derivante da rapporti di gruppo, della prestazione congiunta di più servizi o da altri rapporti di affari propri o di società del gruppo a meno che non abbiano preventivamente informato per iscritto l’investitore circa la natura e l’estensione del loro intere nell’operazione e l’investitore non abbia acconsentito espressamente per iscritto alla effettuazione dell’operazione…”.

Nella fattispecie all’esame del Collegio, si deve rammentare che la Consob (risposta a quesito n. DAL 97006042 del 9.7.1997) ha ritenuto insussistente il conflitto di interessi nel caso – come quello di specie – di negoziazione di titoli in contropartita diretta con il cliente, ove la compravendita si sia perfezionata sulla base di un ordine di acquisto dello strumento finanziario conferito espressamente e spontaneamente dal cliente, ammettendone l’astratta possibilità solo ove l’acquisto si sia perfezionato su sollecitazione dell’intermediario (che nella specie, è stata, come detto, esclusa) e nel caso in cui si provi che l’intermediario perseguiva scopi ulteriori e diversi rispetto alla realizzazione dell’interesse del cliente, il che, nel concreto, non è stato affatto dimostrato.

Peraltro, non va sottotaciuto che la Banca 121, all’epoca, non aveva alcun rapporto di finanziamento con la Cirio Spa, e ciò esclude di per sé che vi fosse nell’azione della Banca un fine ulteriore e diverso rispetto a quello della soddisfazione dell’attore, da tempo cliente della Banca.

Inoltre, nella fattispecie, non v’è stata alcuna prova sul fatto che la negoziazione dei titoli in questione sia stata preceduta da sollecitazione o proposta del funzionario della Banca, né che l’istituto di credito avesse un qualunque interesse a collocare le obbligazioni Cirio H. 01.04, delle quali non era creditrice in forma diretta.

Ancora, la prova è esclusa proprio dalla incontestata circostanza che la Banca comprò un considerevole quantitativo di obbligazioni Cirio H. (per un controvalore di circa € 286.000,00) dalla società “Euroimmobiliare Spa”, a riprova del fatto che il titolo era considerato, dalla stessa banca, solido finanziariamente e presente sul mercato.


6. Sull’annullabilità del contratto per vizio della volontà.

Deduce l’attore di aver sottoscritto il contratto sulla base di una falsa rappresentazione della realtà da parte del funzionario di banca preposto, il quale gli suggerì di sottoscrivere il contratto assicurandogli un alto rendimento ed un capitale garantito.

Tale affermazione – peraltro rimasta, alla luce della prova espletata, priva del benché minimo riscontro probatorio (come si è detto, fu la fidanzata del Bianchi e la madre di questa che lo accompagnarono in banca alla scadenza dei titoli di stato e gli consigliarono di effettuare analogo investimento a quello da esse effettuato nel febbraio del 2001 ed implementato nel novembre del 2001) – risulta del tutto sfornita di prova, sia in ordine alla circostanza che il funzionario di banca fosse consapevole dello stato di prevedibile e successivo default o dissesto dei titoli in parola e dei requisiti dell’”essenzialità e riconoscibilità” dell’errore, a fronte del chiaro tenore letterale del documento sottoscritto, in cui il Bianchi da atto di essere stato “esaustivamente informato sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni dell’operazione riportata nel presente ordine e di aver richiesto l’esecuzione nella più completa autonomia”.


7. Sull’inefficacia del contratto ex art. 1469 bis e ss. c.c. e sulla abusività delle clausole.

L’attore lamenta inoltre l’abusività delle clausole del contratto sottoscritto, in contrasto con il dovere di “clare loqui”, sancito dalla normativa a tutela del consumatore (art. 1469 bis ss. c.c.).

Sul punto ritiene il Collegio che l’allegazione sia estremamente generica (nella parte in cui viene contestato il contenuto dell’intero contratto e non di una singola e specifica clausola), non potendosi l’attore sottrarre agli obblighi derivanti dal contratto assumendo difficoltà di interpretazione o di chiarezza del contratto che, viceversa, appare intelligibile in tutte le sue parti, e consente anche ad una persona di comune preparazione e diligenza, di prendere conoscenza delle condizioni contrattuali mediante accurata lettura, tenuto conto, tra l’altro, del fatto che “anche la normativa diretta alla maggiore trasparenza ed alla tutela del contraente più debole fa salvo il principio della partecipazione al rischio di investimenti collegati alle fluttuazioni degli indici di borsa da parte del sottoscrittore” (cfr. Corte App. Milano, 6 agosto 1999).

In conclusione, non vi sono elementi per accogliere la domanda di parte attrice.

Quanto alle spese del giudizio, data la novità della questione, sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.


P.Q.M.


Il Tribunale di Trani, prima sezione civile in composizione collegiale definitivamente pronunziando  nel contraddittorio tra le parti sulla causa n. 2194/04 promossa da Bianchi G. nei confronti di Banca Monte dei Paschi di Siena

così statuisce:

1) rigetta le domande proposte da parte attrice;

2) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di lite.


Così deciso in Trani, li 7 giugno 2005.