Diritto dei Mercati Finanziari
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 520 - pubb. 01/07/2007
Inadempimento dell'intermediario e fasi contrattuali
Tribunale Bologna, 18 Dicembre 2006. ..
Intermediazione
finanziaria – Censura di inadempimento mossa dall’investitore – Oggetto –
Distinzione fra fasi precontrattuale, costitutiva ed esecutiva
Intermediazione finanziaria – Violazione dei doveri informativi
dell’intermediario – Inadempimento
Ove le censure mosse dall’investitore riguardino il rapporto negoziale nella sua interezza –non solo quindi le fasi prenegoziali e/o costitutivo-genetiche, ma anche quella esecutiva in senso stretto – diviene ininfluente la questione della natura contrattuale o meno dell’ordine di acquisto impartito all’intermediario.
Da luogo a inadempimento la violazione dei doveri informativi imposti agli
intermediari finanziari.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI BOLOGNA
- SEZIONE SECONDA CIVILE -
riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei Magistrati:
Dott. Bruno Berlettano Presidente
Dott. Giovanni Salina Giudice Relatore
Dott.ssa Anna Maria Rossi Giudice
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella causa civile di I Grado iscritta al N. 6323/2005 R.G. promossa da:
D. I. elettivamente domiciliato in VIA ROLANDINO 1 - BOLOGNA, presso e nello studio degli avv. GRANDI MICHELA e GRANDI ANDREA che lo rappresentano e difendono;
ATTORE
D. M. elettivamente domiciliata in VIA ROLANDINO 1 - BOLOGNA, presso e nello studio degli avv. MICHELA GRANDI e ANDREA GRANDI che la rappresentano e difendono;
ATTRICE
T. C. elettivamente domiciliata in VIA ROLANDINO 1 - BOLOGNA, presso e nello studio degli avv. MICHELA GRANDI e ANDREA GRANDI che la rappresentano e difendono;
ATTRICE
C o n t r o
BNP PARIBAS SERVICES SRL elettivamente domiciliata in PIAZZA SAN MARTINO, 1 - BOLOGNA, presso e nello studio dell'avv. ROSSI ANTONIO che la rappresenta e difende;
CONVENUTA
in punto a:
omissis
FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ex art. 2 D.lvo n. 5/2003, ritualmente notificato in data 19/4/2005, D. I., T. C. e D. M. convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Bologna, la società BNP PARIBAS Services s.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, chiedendo che l'adito Tribunale, previa declaratoria di nullità, annullamento o risoluzione per grave inadempimento della convenuta del contratto di acquisto di titoli obbligazionari argentini sottoscritto in data 27/6/2001, condannasse quest'ultima alla restituzione della somma di £ 35.728,40, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data della sottoscrizione al saldo, ovvero, in via ulteriormente subordinata, previa declaratoria della responsabilità precontrattuale, contrattuale o extracontrattuale della convenuta, condannasse quest'ultima al risarcimento del danno sofferto in conseguenza dei fatti di causa.In particolare, gli attori esponevano che, dopo aver stipulato con la convenuta un contratto di ricezione e trasmissione di ordini di acquisto di titoli in data 20/11/2000, in data 27/6/2001, su insistente suggerimento dei funzionari di quest'ultima, avevano sottoscritto un ordine di acquisto di "bonds argentini" per un ammontare complessivo di £ 35.728,40.
Aggiungevano, inoltre, gli attori che la società convenuta, in data 1/10/2001, aveva loro comunicato la volontà di recedere dal rapporto negoziale in essere, invitandoli a rivolgersi ad altro istituto di credito.
Lamentavano, quindi, gli attori che, in violazione dei doveri imposti agli intermediari finanziari dalle norme di cui al D.lvo n. 58/98 (T.U.F.) e Regolamento CONSOB n. 11522/98, la società convenuta, pochi mesi prima del definitivo default dello Stato Argentino e senza la necessaria preventiva specifica informazione circa la natura dell'investimento sopra indicato, li aveva indotti ad effettuare un'operazione finanziaria altamente rischiosa e non adeguata al loro profilo di investitori ed alla loro bassa propensione al rischio.
Deducevano, per ciò, gli attori che il contratto de quo era nullo per violazione delle suddette norme imperative di legge, ovvero annullabile per dolo o errore, ovvero ancora risolto per grave inadempimento della convenuta, la quale, in ogni caso, avrebbe dovuto essere condannata alla restituzione del capitale investito, ovvero al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità precontrattuale, contrattuale o extracontrattuale.
Costituitasi in giudizio, la società convenuta contestava la fondatezza delle domande formulate dagli attori, chiedendone l'integrale reiezione.In particolare, la convenuta ricusava ogni addebito, assumendo di aver diligentemente operato in occasione della sottoscrizione dell'ordine di acquisto datato 27/6/2001 e, in particolare, di aver fornito a controparte la dovuta preventiva informazione sui rischi finanziari mediante consegna dell'apposito prospetto informativo.
Evidenziava, altresì, la convenuta che, benché richiesti, gli attori si erano rifiutati di fornire informazioni sulla loro situazione finanziaria, impedendo, in tal modo, qualsiasi diversa valutazione circa l'adeguatezza dell'operazione da quest'ultimi richiesta. Affermava, infine, la convenuta che, in ogni caso, gli attori non avevano aderito all'offerta di scambio formulata dallo Stato Argentino, conseguendo, medio tempore, cedole per complessivi € 2.751,87.Successivamente, con istanza ex art. 8 D.lvo n. 5/2003, depositata in data 1/7/2005, la società convenuta chiedeva la fissazione dell'udienza collegiale di cui all'art. 12 D.lvo citato. Con decreto del 21/7/2005, il designato Giudice Relatore fissava l'udienza collegiale, rigettando le istanze istruttorie avanzate dalle parti.
All'esito dell'udienza collegiale del 7/3/2006, il Tribunale, con ordinanza del 21-22 marzo 2006, confermava il decreto in precedenza emesso dal Giudice Relatore, fissando l'udienza di discussione della causa.
Infine, all'udienza collegiale del 28/11/2006, il Tribunale, sentititi i procuratori delle parti, tratteneva la causa in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Nel presente giudizio, gli attori hanno formulato un ampio ventaglio di domande, in via alternativa e subordinata tra loro, quasi tutte fondate sui medesimi fatti costitutivi (violazione della speciale disciplina dettata in materia di intermediazione finanziaria: D.lvo n. 58/98 e Regolamento Consob n. 11522/98), e sostanzialmente finalizzate ad ottenere una pronuncia giudiziale, meramente dichiarativa ovvero costitutiva, idonea comunque a neutralizzare gli effetti pregiudizievoli loro derivati dall'investimento in titoli obbligazionari "argentini" operato in data 27/6/2001 per il tramite della odierna convenuta.
In particolare, gli attori hanno chiesto la declaratoria di invalidità del contratto de quo nella sua duplice forma della nullità per violazione di norme imperative di legge e dell'annullabilità per vizio del consenso (dolo e/o errore), nonché la sua risoluzione per grave inadempimento della convenuta.
In via di estremo subordine, gli attori hanno anche dedotto a carico della convenuta una responsabilità precontrattuale, contrattuale ed extracontrattuale, di tipo meramente risarcitorio, allegando, unitamente all'inadempimento delle obbligazioni contrattualmente assunte, anche la violazione del generale dovere di correttezza e buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto (art. 1337 c.c.), nonché del dovere di neminem laedere di cui all'art. 2043 c.c.
Fatte queste premesse ed iniziando ad esaminare nel dettaglio le varie istanze così come progressivamente ed alternativamente proposte dagli attori, ritiene il Collegio che, alla luce delle acquisite risultanze processuali, le domande di nullità e di annullabilità del contratto non siano meritevoli di accoglimento.
Per quel che concerne la domanda di nullità del contratto inter partes ai sensi dell'art. 1418 c.c., giova ricordare che, nella fattispecie in esame, la più grave forma di invalidità negoziale è stata invocata dagli attori per un'asserita violazione da parte della società convenuta del complesso di norme aventi natura imperativa, dettate dalla legislazione speciale sopra richiamata, e, segnatamente, per inosservanza di quelle disposizioni che impongono all'intermediario finanziario professionale il dovere di comportarsi secondo canoni di buona fede e correttezza, di fornire al cliente le necessarie informazioni circa l'investimento richiesto e di astenersi dal compiere operazioni finanziarie inadeguate rispetto al profilo dell'investitore ed alla sua propensione al rischio (artt. 21 T.U.F.; 26, 28 e 29 Reg. Consob). Orbene, sul punto, si ritiene di aderire al condivisibile orientamento espresso anche di recente dalla Suprema Corte di legittimità (v. ad es. Cass. Civ. Sez. 29/9/2005 n. 19024; 25/9/2003 n. 11234), ed enunciato anche dalla tuttora prevalente giurisprudenza di merito (ad es. Trib. Novara 3-6 giugno 2006 e 10/1/2006; Trib. Monza 27/7/2004; Trib. Bologna 7/4/2006), secondo cui la nullità del contratto per contrarietà a norme imperative, ai sensi dell'art. 1418 comma I° c.c., postula che siffatta violazione attenga ad elementi intrinseci della fattispecie negoziale, cioè relativi alla struttura o al contenuto del contratto, e quindi l'illegittimità della condotta tenuta nel corso delle trattative per la formazione del contratto, ovvero nella sua esecuzione, non determina la nullità del contratto, indipendentemente dalla natura delle norme con le quali sia in contrasto, a meno che questa sanzione non sia espressamente prevista anche in riferimento a detta ipotesi.
Nel caso di specie, la nullità ex art. 1418 c.c. è stata ipotizzata dagli attori con riferimento a disposizioni di legge, primaria e secondaria, le quali, però, regolano elementi e profili non genetici o obiettivi dell'accordo, bensì quelli pertinenti la condotta prenegoziale delle parti ovvero quelli che afferiscono più strettamente alla fase esecutiva di questo, e rispetto ai quali, però, il legislatore non ha previsto espressamente detta sanzione sostanziale.
Ne consegue che, a prescindere da ogni considerazione in ordine alla sussistenza tra le parti di un contratto di acquisto di titoli obbligazionari distinto ed autonomo rispetto a quello precedentemente sottoscritto di ricezione e trasmissione di ordini, nella fattispecie de qua, deve, in ogni caso, escludersi, in via di principio, l'applicabilità della disciplina dettata dal citato art. 1418 comma I° c.c.
Va parimenti disattesa la domanda attrice di annullamento del contratto per vizio del consenso (dolo e/o errore).Infatti, ancora una volta prescindendo dalla questione circa la natura contrattuale dell'ordine di acquisto-titoli impartito dagli attori, nella fattispecie in esame, risulta comunque del tutto carente la prova dell'allegato vizio della volontà negoziale degli investitori.
Più esattamente, gli attori non hanno fornito alcun elemento di valutazione comprovante la condotta dolosa o fraudolenta della convenuta finalizzata ad indurre gli attori all'effettuazione di un'operazione finanziaria che, altrimenti, essi mai avrebbero concluso, ovvero, in alternativa, attestante il consapevole approfittamento da parte di quest'ultima della falsa rappresentazione della realtà in cui gli attori sarebbero autonomamente ed incolpevolmente incorsi in ordine al tipo, alla natura ed alla sicurezza del richiesto investimento.
A diversa conclusione si deve, invece, pervenire con riferimento all'ulteriore domanda formulata dagli attori, di risoluzione del contratto inter partes per grave inadempimento della società convenuta.
Al riguardo, giova, in primo luogo, rilevare che le censure mosse dagli attori all'operato della convenuta involgono il rapporto negoziale intercorso tra le parti nella sua interezza, non solo quindi, le sue fase prenegoziali e/o costitutivo-genetiche, ma anche, e soprattutto, quella esecutiva in senso stretto.
Da ciò discende la sostanziale ininfluenza della questione, in precedenza solo accennata, della natura contrattuale o meno dell'ordine di acquisto impartito alla convenuta.
Infatti, anche a voler ritenere che l'ordine di acquisto sottoscritto dagli attori in data 27/6/2001 non costituisca un contratto a sé rispetto all'iniziale accordo-quadro di ricezione e trasmissione ordini stipulato in data 20/11/2000, ma rappresenti soltanto un'attività esecutiva di questo, l'inadempimento contrattuale e, quindi, le specifiche violazioni di obblighi comportamentali contestati dagli attori, ove ritenuti sussistenti, andrebbero comunque a vulnerare il rapporto de quo nella sua globalità, compreso, cioè, l'atto esecutivo, peraltro unico, di questo.
Detto questo, ai fini di un corretto inquadramento storico della presente vicenda giudiziaria, preme altresì osservare che, nel caso di specie, il contratto-quadro di negoziazione titoli è stato stipulato dalle parti nel novembre 2000, mentre l'ordine di acquisto di "bonds argentini" per un ammontare complessivo di poco superiore a € 35.000,00 è stato sottoscritto dopo circa sette mesi, in data 27/6/01.
Sempre in fatto, è rilevante evidenziare che, dopo soli tre mesi dalla sottoscrizione del predetto ordine di acquisto e, soprattutto, appena due mesi prima del definitivo default della Repubblica Argentina, la società convenuta, senza una specifica e documentata ragione, ma soltanto sulla base di un generico mutamento di strategia aziendale, ha comunicato agli attori il proprio unilaterale recesso dal rapporto in questione.
Tra la data di acquisto dei titoli in questione e quella della dichiarazione ufficiale del dissesto economico-finanziario dello Stato emittente i titoli per cui è causa, è, quindi, intercorso un periodo, alquanto breve, di circa cinque-sei mesi, mentre ancora più ridotto è stato il tempo trascorso dalla data del recesso della convenuta a quella del predetto default.
La successione cronologica degli eventi sopra descritti e, segnatamente, l'estrema brevità di quest'ultimo periodo rende quantomeno sospetto il prematuro e non specificamente giustificato recesso della società convenuta, con particolare riferimento alla consapevolezza o almeno la forte preoccupazione da parte di quest'ultima circa l'inaffidabilità dello Stato emittente e l'elevata difficoltà per gli investitori di incassare cedole o di ottenere il rimborso del capitale, con conseguente elevato rischio di esporsi a complessi contenziosi con i clienti investitori.
Dalla rapida ricostruzione storica dei fatti in esame, risulta, per ciò, che, nel caso che qui ci occupa, ci troviamo in presenza di un'operazione finanziaria posta in essere dagli attori non alcuni anni prima del default, bensì pochissime settimane prima di questo evento.
Questo dato assolutamente obiettivo serve per meglio valutare, sotto il profilo della trasparenza, correttezza e diligenza, la condotta in concreto tenuta dalla convenuta.
Infatti, secondo un criterio di diligenza qualificata, quella cioè riferibile alla particolare attività esplicata dal soggetto obbligato, è fondato ritenere che, quanto più prossima era la dichiarazione di dissesto dello Stato emittente e quanto più decrescente era l'andamento del rating dei titoli emessi da quest'ultimo, tanto più elevato avrebbe dovuto essere il grado di trasparenza e di diligenza professionale dell'intermediaria convenuta.
Infatti, il rapporto negoziale sorto nel novembre 2000 ha, poi, avuto la sua prima ed unica esecuzione nel giugno del 2001, ovverosia quando le principali agenzie internazionali avevano già da tempo attribuito ai titoli acquistati dagli attori un indice di affidabilità o rating (B), basso e, comunque, sintomatico della loro elevata rischiosità.
Sotto questo specifico profilo, ciò che rileva non è tanto se il valore dei titoli, in quel momento, si fosse o meno azzerato, bensì il suo andamento e la velocità del ribasso.Il rating delle obbligazioni argentine, infatti, nel momento della sottoscrizione dell'ordine di acquisto in esame, era comunque in rapidissima "picchiata", essendo passato, nel giro di pochi mesi,) da BB (settembre 2000, epoca di stipulazione del contratto di negoziazione), a BB- e B+ (marzo 2001) e, infine, a B (maggio 2001) e B- (luglio 2001).
Un siffatto vertiginoso andamento in ribasso avrebbe dovuto costituire per la convenuta un assordante segnale di allarme circa la rischiosità dell'investimento che gli attori si accingevano, per il suo tramite, a compiere, e quindi, un preciso dato obiettivo in ragione del quale essa avrebbe dovuto adottare il massimo grado di trasparenza, diligenza e professionalità, assumendo tutte le misure precauzionali volte a proteggere i clienti dai pregiudizi che, con ogni probabilità, sarebbero loro derivati da investimenti quantomeno imprudenti e dagli operatori del settore definiti non desiderabili.
La banca, invece, benché gravata da specifici doveri informativi, in senso sia passivo (artt. 21 T.U.F. e 28 Reg. Consob), che attivo (artt. 21 T.U.F. e 29 Reg. Consob), denominati, rispettivamente, know your customer e suitability rule, si è limitata, per quel che concerne questo secondo profilo, a consegnare agli attori, al momento della stipulazione dell'accordo-quadro, il documento informativo contenente una generica ed indeterminata illustrazione circa i rischi generali delle operazioni finanziarie, omettendo, invece, di mettere a disposizione dell'investitore, all'atto della successiva sottoscrizione dell'ordine di acquisto, tutti i dati e gli elementi necessari per poter valutare ed apprezzare la natura, la rischiosità e la sicurezza dell'operazione richiesta, e, quindi, per poter formulare un ordine di acquisto effettivamente consapevole.
La mera consegna del prospetto informativo generale e generico, avvenuta oltre sette mesi prima della sottoscrizione dell'ordine de quo e senza alcuno specifico riferimento all'operazione poi in concreto eseguita, risulta del tutto insufficiente ad assolvere quel dovere di informazione attiva imposto dalla normativa sopra richiamata.
Peraltro, spettava all'odierna convenuta, a norma dell'art. 23 T.U.F., offrire adeguata prova dell'esatto e completo adempimento del dovere informativo sopra descritto.
Ma, sul punto, va rilevato come l'intermediaria non abbia neppure allegato di aver assolto l'onere probatorio su di essa incombente.
Una siffatta violazione, in considerazione delle finalità niente affatto speculative perseguite dagli attori e dell'ormai praticamente irreversibile stato di dissesto dell'emittente conclamatosi pochi mesi dopo la sottoscrizione dell'ordine, rappresenta, di per sé, un grave inadempimento suscettibile di determinare la risoluzione del rapporto dedotto in giudizio a norma degli artt. 1453 e segg. c.c.
Ma l'inadempimento ascritto all'odierna convenuta risulta ancor più grave ove si consideri che l'intermediaria è venuta meno anche ad un altro fondamentale dovere di condotta prescritto dalle speciali disposizioni normative sopra richiamate.
La convenuta, infatti, risulta del tutto inadempiente rispetto all'ulteriore dovere di astenersi dal compiere investimenti non adeguati al profilo dell'investitore ed alla sua propensione al rischio (art. 29 Reg. Consob).
Sul punto, occorre anzitutto sottolineare come gli attori non possano rientrare nella categoria degli investitori abituali, cioè di coloro che, in modo continuativo e sistematico, operano sui mercati finanziari, né gli stessi appartengano al genus di risparmiatori inclini ad impiegare le proprie risorse economiche, in tutto o in parte, in strumenti finanziari di tipo speculativo.
Anzi, non risulta neppure che la famiglia D., oltre alle risorse economiche oggetto dell'investimento in questione, avesse ulteriori disponibilità a loro volta utilizzate in operazioni finanziarie di qualsiasi genere.
I signori D.-T., quindi, compongono un nucleo familiare (marito, moglie e figlia) che, per caratteristiche soggettive (il primo, esercente attività impiegatizia, la seconda, casalinga, e la terza, studentessa) e per condizioni economiche di base, appare privo di una spiccata attitudine al rischio finanziario.
In relazione ad un profilo di investitore e ad una propensione al rischio di così basso livello, l'acquisto di bonds argentini per un ammontare complessivo superiore a € 35.000,00, commissionato nel giugno 2001, pochissimi mesi prima del default dello Stato emittente ed in presenza di un rating in rapidissimo e costante crollo verticale, appare, oggettivamente e soggettivamente, un'operazione finanziaria del tutto inadeguata.
Né la superiore valutazione può essere inficiata dalla circostanza allegata dalla convenuta, secondo cui gli attori, dopo aver risolto il precedente rapporto di gestione titoli e sottoscritto un contratto di negoziazione, si erano rifiutati di fornirle informazioni circa la loro situazione finanziaria, chiedendo, altresì, una gestione del risparmio c.d. dinamica.
Infatti, se, da un lato, è vero che, rispetto al contratto di gestione titoli, quello di trasmissione e ricezione di ordini conferisce all'investitore ordinante una maggiore autonomia negoziale, dall'altro, è parimenti vero che, anche in quest'ultimo caso, in forza dei doveri di correttezza e trasparenza, nonché di informazione, in senso attivo e passivo, imposti dalla speciale legislazione in materia, l'intermediario finanziario non è relegato al ruolo di mero esecutore materiale o nudus minister, dovendo esso, comunque, tenere una condotta ispirata a principi di diligenza e prudenza, nonché finalizzata alla protezione del cliente, in special modo quando, come nel caso di specie, quest'ultimo non sia un investitore abituale e sia addirittura alla sua prima esperienza nel ramo specifico.
Per quel che concerne il tipo di gestione affidata dagli attori alla convenuta, è sufficiente rilevare come il termine dinamico non sia minimamente sinonimo di speculativo.
Il dinamismo operativo richiesto dagli attori, infatti, implica soltanto una gestione non statica e non meramente conservativa del capitale, orientata, cioè, anche ad un incremento del capitale ma con assunzione di rischi contenuti e controllati.
La gestione speculativa, invece, riguarda operazioni altamente rischiose e con un elevato indice di aleatorietà (ad es. investimenti in c.d. derivati), equiparabili, per natura e contenuto, a delle autentiche scommesse o a veri e propri giochi d'azzardo.
È evidente, per le ragioni sopra esposte, come quest'ultimo tipo di operazioni non siano per nulla consone al generale profilo degli odierni attori.
Né vale obiettare che gli attori, all'atto della sottoscrizione del contratto e/o dell'ordine di acquisto, si siano rifiutati di illustrare, nel dettaglio, la loro situazione finanziaria.
Tale rifiuto, infatti, non esonerava la convenuta dal dovere di astenersi dal compiere operazioni che, come detto, fossero diventate estremamente rischiose e soggettivamente inadeguate, ma, anzi, avrebbe dovuto indurla ad una maggiore cautela e prudenza, e, quindi, a spiegare, in modo ancor più chiaro ed analitico, agli investitori che per la prima volta si accingevano ad un simile impiego delle proprie risorse, la tipologia, la natura e la rischiosità dell'investimento soprattutto con riferimento al recente ed allarmante andamento dei titoli stessi, dando poi attuazione all'ordine soltanto dopo averne ricevuto conferma scritta.
Ma, come in precedenza esposto, la convenuta non ha dato prova dell'adempimento del collegato dovere informativo, risultando così gravemente inadempiente ai doveri caratterizzanti l'attività di intermediazione mobiliare professionalmente esercitata. Pertanto, alla luce delle superiori argomentazioni, accertato il grave inadempimento della convenuta, va dichiarata la risoluzione, con effetti ex tunc, del contratto stipulato dagli attori e, conseguentemente, così come richiesto dagli attori, la convenuta deve essere condannata alla restituzione in favore di quest'ultimi della complessiva somma di € 35.728,40 corrispondente a quella impiegata nella caducata operazione finanziaria.
Sulla somma sopra indicata, agli attori vanno altresì riconosciuti, ex art. 2033 c.c., gli interessi di legge che, in difetto di significativi elementi comprovanti la mala fede della convenuta, decorreranno dalla data della domanda al saldo, e da cui dovrà, comunque, detrarsi la somma di € 2.751,87, pari agli interessi medio tempore percepiti dagli attori.
In difetto di specifica domanda da parte della convenuta, non può contestualmente ordinarsi agli attori la restituzione dei suddetti titoli obbligazionari, ancorché gli investitori vi siano giuridicamente tenuti in conseguenza dell'efficacia ex tunc della dichiarata risoluzione negoziale.
Va, inoltre, rigettata la domanda attrice di rivalutazione monetaria dell'importo di cui sopra, da intendersi quale richiesta di risarcimento del c.d. maggior danno ex art. 1224 c.c., atteso che, trattandosi di debito di valuta, gli attori non hanno offerto elementi di valutazione attestanti l'esistenza di un ulteriore pregiudizio patrimoniale non sufficientemente ristorato dagli interessi legali sopra riconosciuti.
Le superiori statuizioni, ovviamente, assorbono e rendono superflua qualsiasi delibazione in ordine alle ulteriori questioni poste dagli attori in via di mero subordine.
Le spese di lite seguono la soccombenza e, quindi, come da dispositivo, vanno liquidate a carico della convenuta.Infine, ai sensi dell'art. 282 c.p.c., la presente sentenza è, ope legis, provvisoriamente esecutiva.
P.Q.M.
Il Tribunale, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando nella causa promossa con atto di citazione ex art. 2 D.lvo N. 5/2003, notificato in data 19/4/2005 da D. I., T. C. e D. M. nei confronti di BNP Paribas Services s.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, così decide:
DICHIARA
la risoluzione del contratto inter partes per grave inadempimento della convenuta, e, per l'effetto, condanna quest'ultima al pagamento, in favore degli attori, in solido tra loro, della complessiva somma di £ 35.728,40, oltre interessi legali dalla domanda al saldo, detratto il controvalore delle cedole già incassate dagli attori pari a £ 2.751,87.
RIGETTA
le domande di nullità ed annullabilità del contratto formulate dagli attori.
CONDANNA
la convenuta al rimborso in favore degli attori, in solido tra loro, delle spese di lite liquidate in complessivi € 4.790,00, di cui € 440,00 per spese, € 850,00 per competenze e € 3.500,00 per legge.Visto l'art. 282 c.p.c.
DICHIARA
la presente sentenza provvisoriamente esecutiva.
Così deciso in Bologna, nella Camera di Consiglio della II^ Sezione Civile del Tribunale in data 05/12/2006.