Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 33378 - pubb. 10/07/2025

Continuità indiretta, surplus concordatario e verifica del Tribunale

Cassazione civile, sez. I, 28 Aprile 2025, n. 11220. Pres. Ferro. Est. Vella.


Concordato in continuità indiretta – Requisito del miglior soddisfacimento – Necessità dell’attestazione


Miglior soddisfacimento – Surplus concordatario – Incremento dell’attivo rispetto alla liquidazione fallimentare


Surplus concordatario – Contenuto – Utilità effettiva per i creditori


Valutazione del tribunale – Legittimità – Non è giudizio di convenienza


Comparazione tra concordato e fallimento – Ammissibilità – Valutazione dell’attivo realizzabile



La semplice lettura dell’art. 186-bis, comma 2, l.fall. rende infatti evidente che in tutti i casi previsti dalla norma – e dunque, per quanto detto sopra, anche nel caso di prosecuzione dell’attività d’impresa da parte del terzo affittuario dell’azienda – l’attestazione che la prosecuzione dell’attività d’impresa prevista dal piano di concordato sia «funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori» (lett. b) si impone, a pena di inammissibilità. Deve quindi concludersi che anche nel concordato in continuità aziendale indiretta il tribunale deve verificare, a pena di inammissibilità, che, sulla base dell’apposita attestazione, sussista il requisito del cd. “miglior soddisfacimento dei creditori”.


Il requisito del miglior soddisfacimento dei creditori si sostanzia nella necessaria presenza di un surplus concordatario, inteso come incremento oggettivo dell’attivo derivante dal piano rispetto all’alternativa liquidatoria. Non è sufficiente una mera continuità d’impresa né un generico riferimento a prassi di mercato.


Il surplus concordatario non coincide con qualsiasi utilità generata dalla prosecuzione dell’attività, ma solo con quella parte che, secondo il piano, è destinata al pagamento dei creditori e che eccede l’attivo disponibile in ipotesi di fallimento.


La valutazione compiuta dal tribunale circa il miglior soddisfacimento non costituisce giudizio di convenienza, riservato ai creditori, ma verifica di un requisito oggettivo e prognostico di ammissibilità, sindacabile dal giudice sotto il profilo della manifesta inadeguatezza del piano.


È legittima la comparazione tra il valore dell’attivo atteso nel concordato e quello presumibilmente ottenibile nella liquidazione fallimentare, al fine di accertare il miglior soddisfacimento dei creditori. Tale comparazione può fondarsi anche su considerazioni circa le modalità di realizzo (tempistiche, procedure competitive, limiti normativi). (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


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