Diritto dei Mercati Finanziari


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 304 - pubb. 01/07/2007

La normativa sui doveri informativi dell'intermediario non ha natura imperativa

Tribunale Torino, 21 Marzo 2005. ..


Intermediazione finanziaria – Natura imperativa della normativa – Esclusione – Conseguenze della violazione – Nullità – Esclusione


Doveri informativi dell’intermediario finanziario – Specificità – Consegna di documento sui rischi specifici dell’operazione – Idoneità


Doveri informativi dell’intermediario finanziario – Rifiuto dell’investitore di fornire informazioni – Sottoscrizione di avvertenza – Idoneità


Doveri informativi dell’intermediario finanziario – Necessaria verifica della consapevolezza dell’investitore – Esclusione



Non pare sostenibile che le prescrizioni di cui all'art. 21 del d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 e del regolamento CONSOB 1 luglio 1998 n. 11522, (artt. 27 e 28) siano qualificabili come norme imperative, la cui violazione produce la nullità del contratto; in primo luogo, perché tale sanzione non è espressamente (né, per vero, implicitamente) prevista dalla legge, ai sensi dell'art. 1418 u.c. cod. civ.; in secondo luogo, perché nella serie di prescrizioni ve n'é almeno una, quella relativa alla «profilatura del cliente» (art. 28 lett. A reg. Consob) che mal si presta ad essere intesa nel senso della imperatività, visto che può essere oggetto di rinunzia da parte del cliente dell'intermediario, sol che la rinunzia consti da atto scritto; in terzo luogo, perché la normativa suddetta, come d'altronde rilevato dal senso generale delle difese attoree, costituisce una specificazione degli obblighi di informazione e correttezza di cui agli artt. 1337, 1375 cod. civ., la sanzione della cui violazione non è la nullità del contratto.


In ipotesi di acquisto di obbligazioni argentine da parte di investitore non propenso a rischi speculativi, si deve ritenere che l’intermediario abbia assolto ai propri obblighi informativi con la consegna al cliente di un documento relativo ai rischi specifici dell’operazione con l’espressa indicazione del fatto che l’investimento poteva non essere facilmente liquidabile anche a seguito di provvedimenti restrittivi del Governo del Paese emittente nonché a a seguito di oscillazioni anche sensibili di corso in un contesto di scarsità di informazioni.


Con riferimento all’acquisto di quote di un fondo di investimento, si deve ritenere che l’intermediario abbia assolto ai propri doveri informativi ove il cliente abbia rifiutato di fornire informazioni sul proprio profilo di rischio ed abbia sottoscritto un documento con la dicitura ben evidenziata «Operazione non adeguata. OPERAZIONE IN CONFLITTO DI INTERESSE E VALORE MOBILIARE COLLOCATO DA SOCIETÀ DEL GRUPPO».


Non è condivisibile la tesi secondo la quale l’intermediario, per adempiere ai propri doveri informativi, non debba limitarsi a richiedere la sottoscrizione dei moduli relativi all’operazione ma debba anche sincerarsi che il cliente sia consapevole della scelta che sta operando.



Omissis -


Nel merito, non pare sostenibile che le prescrizioni di cui all'art. 21 del d.lgs. 24.2.98 n. 58 (d'ora in avanti, TUF), come contenutisticamente attuate dal regolamento di cui alla deliberazione CONSOB 1 luglio 1998 n. 11522, (artt. 27 e 28) siano qualificabili come norme imperative, la cui violazione produce la nullità del contratto; in primo luogo, perché tale sanzione non è espressamente (né, per vero, implicitamente) prevista dalla legge, ai sensi dell'art. 1418 u.c. cod. civ.; in secondo luogo, perché nella serie di prescrizioni ve n'é almeno una, quella relativa alla «profilatura del cliente» (art. 28 lett. A del. Consob cit.) che mal si presta ad essere intesa nel senso della imperatività, visto che può essere oggetto di rinunzia da parte del cliente dell'intermediario, sol che la rinunzia consti da atto scritto; in terzo luogo, perché la normativa suddetta, come d'altronde rilevato dal senso generale delle difese attoree, costituisce una specificazione degli obblighi di informazione e correttezza di cui agli artt. 1337, 1375 cod. civ., la sanzione della cui violazione non è la nullità del contratto.

Le doglianze attoree in merito alle omissioni della banca circa i suoi obblighi informativi sono relative a due operazioni: l'acquisto di obbligazioni argentine e la sottoscrizione del fondo comune San Paolo Soluzione 5. Iniziando dalla prima delle due fattispecie, non pare che la banca abbia violato alcuno degli obblighi che a lei faceva capo, in omaggio alla su riferita normativa generale (artt. 1337, 1375 cod. civ., 21 TUF, 28 reg. CONSOB n. 11522). Ed infatti, seguendo l'ordine della trattazione attorea:- quanto alla omessa c.d. «profilatura del cliente» il doc. 3 prodotto dalla banca dà la prova inconfutabile che fu proprio il Mora a ritenere di non farsi «profilare»: nel testo del contratto di mandato per la negoziazione di titoli, stipulato il 14 agosto 1996 contestualmente al deposito amministrato (il dato è da ritenersi pacifico in lite), infatti, risulta «crocettata» la casella relativa al diniego del Mora a fornire alla banca le informazioni riferite alla sua situazione finanziaria e i suoi obiettivi. La difesa dell'attore ha invero dato atto che la crocetta non è riferibile alla mano del Mora: ma un abusivo riempimento «absque pactis» del foglio firmato in parte in bianco, ad opera della banca (tale dovendosi qualificare la tesi del Mora), doveva essere oggetto di querela di falso (Cass., 18.2.2004, n. 3155: Cass., 24.10.2003, n. 16007) che non è stata proposta, il che induce necessariamente a riferire alla volontà del Mora, sottoscrittore del contratto, anche la detta crocetta. Risulta dunque prova scritta del fatto che il cliente dell'intermediario, debitamente avvisato circa il fatto che l'accertamento sarebbe stato di suo esclusivo interesse, abbia optato per evitare di fornire alla banca informazioni che lo riguardavano.

Trattasi di scelta legittima, prevista come tale, solo che risulti da atto scritto, dall'art. 28 lett. A della del. Consob n. 11522 citata, entrata in vigore successivamente alla stipulazione del contratto in oggetto;- quanto alla omessa consegna al Mora del documento relativo ai rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari, previsto dalla lett. B dell'art. 28 della delibera n. 11522, proprio il fatto che tale norma non fosse ancora in vigore alla data della stipula del contratto esclude legittimamente che in tale sede il documento potesse essere consegnato. Risulta però che in data 25.5.98 il Mora ricevette un documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari (doc. 4 conv.). Per il vero, non quello previsto dalla delibera Consob 11522, ma da altra, e di poco precedente, delibera Consob: ma questo non pare rilevante. A parte l'osservazione, infatti, che il contenuto di un documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari, per sua natura, non può che essere sostanzialmente unico nella sua latitudine informativa. Latitudine, per l'appunto, generale e non specifica, e per sua natura risolventesi in una disanima delle insidie che possono costellare la strada dell'investitore in strumenti finanziari: per cui non si vede come il detto documento, previsto da altra delibera Consob (e senz'altro, come detto, ricevuto dal Mora), possa divergere, quanto a contenuto informativo, da quello previsto dalla delibera Consob 11522.

Ma, soprattutto, ciò che fugge ogni timore circa la correttezza dell'operato della banca nella sua attività informativa è che questa consegnò al cliente, proprio in vista dell'acquisto delle obbligazioni argentine delle quali si discute, un documento sui rischi specifici di «quella» operazione (doc. 6 conv.). Tale documento costituisce la prova del fatto che il Mora fosse ben conscio dei rischi che correva; in esso infatti il Mora riconosce che il suo investimento poteva comportare l'eventualità di non essere facilmente liquidabile, anche a «seguito di provvedimenti restrittivi» del Governo del Paese emittente, oscillazioni anche sensibili di corso in un contesto di scarsità di informazioni, ecc. Il fatto che il Mora conoscesse tali allarmantissime circostanze esclude che si sia risolto all'acquisto delle obbligazioni argentine senza una piena contezza del contesto dell'investimento. Il tenore di tali circostanze, davvero univoco nella sua tangibile - anche per un non esperto, come il sig. Mora - segnalazione del fatto che l'obbligazione in oggetto era emessa da un Paese ben lontano dalla stabilità elvetica, deve fare infatti ritenere che il Mora avesse tutte le informazioni necessarie per «inquadrare» l'investimento che andava a fare, senza che, crollato il sistema economico di quel Paese, possa lamentare alcunché.

Passando all'analisi delle doglianze attoree in merito all'acquisto del fondo comune San Paolo Soluzione 5:

- «la mancata profilatura» è dipesa, nuovamente, da una scelta del Mora, come risulta dalla «crocetta» del contratto di gestione su base individuale di portafogli di investimento (doc. 9 conv.);

- il documento sui rischi generali risulta consegnato, quale sezione IV dell'allegato A, in una con la stipula (il Mora sottoscrive per ricevuta proprio il 24.8.00: doc. 11 conv.);

- al momento dell'acquisto del fondo Soluzione 5 il Mora era perfettamente edotto della particolarità dell'operazione.

L'accettazione della sottoscrizione del fondo contempla infatti, nello spazio «per annotazioni circa eventuale non adeguatezza dell'operazione» tale chiarissima dizione: «Operazione non adeguata. OPERAZIONE IN CONFLITTO DI INTERESSE E VALORE MOBILIARE COLLOCATO DA SOCIETÀ DEL GRUPPO» (doc. 7 conv.).

Il carattere maiuscolo non è una scelta dello scrivente. La segnalazione del conflitto di interessi risulta infatti con carattere tipografico maiuscolo, ben più evidente del corsivo con il quale continuano le clausole del contratto. Non è quindi sostenibile che il Mora non sapesse del conflitto, né che questo non risulti in maniera adeguata dal corpo grafico del contratto, che dunque l'investitore non abbia avuto la contezza piena delle caratteristiche che andava ad acquistare.

La domanda attorea deve quindi essere respinta, essendo agli atti la prova della correttezza dell'operato della banca alla luce della normativa di riferimento: deve peraltro notarsi come l'esperita istruttoria orale abbia dato prova del fatto che gli investimenti del Mora non furono a questi sollecitati, ma furono da lui decisi nella consapevolezza di una delle regole di fondo del mercato dell'investimento: più alto è il rendimento, più alto è il rischio (cfr. dep. ***, udienza 5.5.04).

Preme allo scrivente sottolineare, a conclusione della presente motivazione, come la tesi attorea pretenda troppo, nel far riferimento all'opinione secondo la quale non soltanto la banca avrebbe dovuto consegnare (come, si è detto, ha fatto) al cliente, ovvero far risultare dal corpo dei contratti (come in effetti risulta) la doverosa serie di informazioni di «allarme» circa i rischi delle operazioni, ma anche sincerarsi che il cliente avesse ben compreso tutto quanto, e non «solo» sottoscritto dei moduli. Tale tesi si risolve nella previsione della doverosità, nella prassi bancaria, di una sorta di esame di diritto ed economia degli intermediari finanziari, che il cliente deve necessariamente superare per poter effettuare un investimento, e la banca possa andare esente da responsabilità risarcitoria ove l'investimento si risolva in un fiasco. Il che par davvero troppo. Piuttosto, è senz'altro vero, anche se privo di rilevanza in chiave di attribuzione di responsabilità, il fatto che quando la banca (come nel caso di specie) adempie a tutti i suoi obblighi informativi «formali», pure il cliente potrebbe non essere perfettamente edotto della situazione: perché senz'altro, e quasi ontologicamente, i due soggetti economici che entrano in contatto (la banca e il cliente) non sono qualificabili in termini di simmetria culturale (ovviamente, nell'ambito finanziario di riferimento). Ma tanto occorre sapere, quando si interagisce, da clienti «retail», con un intermediario: e pare di poter affermare che è sufficiente, ove non si abbia piena padronanza del perimetro di rischio illustrato da un documento di investimento che si va a firmare, non firmarlo, per evitare ogni nocumento patrimoniale.


- Omissis.