Diritto dei Mercati Finanziari


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 305 - pubb. 01/07/2007

Sollecitazione all'investimento, prospetto informativo. Nullità e inadempimento, distinzione

Tribunale Parma, 13 Aprile 2005. ..


Sollecitazione all’investimento e negoziazione per conto proprio – Grey market – Obbligo del prospetto informativo – Insussistenza


Intermediazione finanziaria – Normativa a tutela dei mercati – Ordine pubblico


Intermediazione finanziaria – Violazione delle norme a tutela dell’investitore e del mercato – Conseguenze – Nullità – Risarcimento del danno



La negoziazione su base individuale da parte dell’intermediario per conto proprio o per conto terzi di titoli sul mercato secondario non costituisce sollecitazione all’investimento e non richiede pertanto la consegna del prospetto informativo e ciò anche in presenza di attività propositiva da parte dell’intermediario ed anche quando tale negoziazione abbia luogo sul nella fase cd di grey market.


Le norme preposte al collocamento di strumenti finanziari contenute nel TUF e nei regolamenti attuativi sono d'ordine pubblico in quanto destinate ad incidere in un settore contrassegnato da una elevata prevalenza dell'interesse pubblico e dalla natura pubblica e generale degli interessi garantiti che concernono la tutela dei risparmiatori e del risparmio pubblico in sé considerato come elemento di valore della economia nazionale.  Tale normativa è di diretta attuazione del principio costituzionale previsto dall'art. 47, 1° comma, Cost., secondo il quale «la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina e coordina l'esercizio del credito» e, come tale, costituisce diretta applicazione del principio costituzionale di tutela del risparmio.


La violazione delle norme del TUF può portare alla dichiarazione di nullità del contratto a condizione che la norma violata abbia un contenuto sufficientemente specifico, preciso ed individuato, non potendosi, in caso contrario, far discendere una sanzione tanto grave, qual è quella della nullità del rapporto, se non a fronte di parametri di comportamento sufficientemente precisi e determinati. Pertanto, alla violazione di specifiche regole che l'intermediario è tenuto a rispettare (ad esempio: gli intermediari autorizzati devono chiedere all'investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio; devono consegnare, agli investitori il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari) può conseguire, su domanda del cliente, la nullità del contratto per violazione di una regola di tutela, o di protezione del cliente medesimo, di natura imperativa; alla violazione di norme generali di prudenza e diligenza professionale nel proprio operato, non meglio specificate o codificate in sede regolamentare o attuativa, segue unicamente, in virtù dei principi generali in materia d'inadempimento della obbligazione, ed in particolare, in forza dello specifico disposto dell'art. 23, 6° comma, TUF l'azione per il risarcimento dei danni.
 



Omissis.


- Motivi: L'attore lamenta, in maniera invero alquanto disarticolata, la violazione di numerosi aspetti della speciale disciplina dell'intermediazione finanziaria ed in particolare deduce fatti e comportamenti della banca integranti, a suo giudizio, numerose e gravi anomalie di natura giuridica, economica e finanziaria, concretanti, appunto, violazione della disciplina di cui al D.l.vo n. 58/98 e delle connesse disposizioni consob poste in particolare dal regolamento n. 11522 del 1.7.98, che espressamente invoca.

Passando ad esaminare nel merito ciascuna delle questioni controverse, è opportuno procedere ad un esame partitico ed analitico delle stesse, dandosi atto che talvolta alcune delle ragioni attoree sono invocate per sostenere differenti profili di censura.


I. Mancata sottoscrizione dell'ordine d'acquisto.

È dedotto in citazione che l'operazione d'acquisto fu conclusa attraverso la sottoscrizione dell'ordine da parte del proprio genitore, con conseguente difetto della forma scritta. Dal fissato bollato del 30.4.01 (cod. 1 attore) si evince trattarsi di obbligazioni Del Monte Fin 01/06, acquistate in data 27.4.01 per un controvalore di € 15.037,500 oltre € 1,360 per bolli, per una spesa complessiva di € 15.038,860, operazione materialmente attuata dalla medesima attrice come si evince dalla sua sottoscrizione in calce all'ordine prodotta dalla banca (cfr. doc. 5), autografia nella firma non contestata né disconosciuta.Ne consegue in ogni caso l'infondatezza in fatto della censura relativa alla mancanza del requisito formale.


II. L'operazione di vendita quale negoziazione.

È stato eccepito che le obbligazioni in questione furono emesse senza rating e, quindi, non potevano essere collocate presso la clientela se non quella istituzionale, stante l'assenza del prospetto informativo, così ingenerandosi a carico della convenuta una c.d. responsabilità che va giuridicamente inquadrata alla luce dell'art. 94, 2° comma, TUF e può essere sinteticamente definita come violazione e responsabilità da prospetto informativo.

Con tale censura la difesa attorea sostiene in pratica che le obbligazioni de qua non potevano essere offerte in vendita ai clienti privati, perché soggette alla esclusiva collocazione presso investitori istituzionali secondo la specifica procedura, che prevede appunto l'adozione di un prospetto informativo, e, quindi, sostanzialmente, se rettamente s'interpreta la difesa priva in proposito di richiami normativi, secondo la procedura prevista dal titolo secondo, capo primo, relativi all'appello al pubblico risparmio ed alla sollecitazione all'investimento.

Se ciò è esatto, è evidente come le difese ed i richiami normativi operabili, così come evidenziato da subito dalla convenuta, non sono fondate, le prime, e non sono pertinenti al caso di specie, i secondi.

L'art. 1, lett. t) del TUF individua come «"sollecitazione all'investimento”: ogni offerta, inviti a offrire o messaggio promozionale, in qualsiasi forma rivolti al pubblico, finalizzati alla vendita o alla sottoscrizione di prodotti finanziari». È piuttosto chiaro ed evidente, che tale forma di collocamento di strumenti finanziari in genere è destinata ad una moltitudine indistinta di soggetti e la sua disciplina è collocata nella parte quarta al titolo secondo, capo primo agli artt. 94 e segg. TUF.

Distinta da essa il TUF ed il Regolamento Consob 11522/98 prevedono altre forme di compravendita di titoli o valori mobiliari, ed, in particolare, la cosiddetta negoziazione su base individuale, disciplinata dall'art. 32 del Regolamento, rubricato appunto «Negoziazione» ed inserito nella sezione I - Negoziazione, del capo II - Norme per la prestazione dei singoli servizi, al quale fa da pendant nella normativa primaria l'art. 1, 5° comma, TUF che così precisa «Per "servizi di investimento" s'intendono le seguenti attività, quando hanno per oggetto strumenti finanziari; a) negoziazione per conto proprio; b) negoziazione per conto terzi:.....».

Il regolamento riprende questa suddivisione in negoziazione per conto proprio o per conto terzi [cfr. art. 32, 3 e 4 commi, secondo i quali: «... gli intermediari autorizzati eseguono in conto proprio o in conto terzi le negoziazioni alle migliori condizioni possibili con riferimento al momento, alle dimensioni e alla natura delle operazioni stesse. Nell'individuare le migliori condizioni possibili si ha riguardo ai pressi pagati o ricevuti e gli altri oneri sostenuti direttamente o indirettamente dall'investitore» (3° comma); «Le condizioni di cui al comma 3 si considerano soddisfatte nel caso in cui la negoziazione sia eseguita: durante l'orario ufficiale di negoziazione, come definito dal regolamento previsto dall'art. 25, comma 2. del testo unico, in un mercato regolamentato; al di fuori dell'orario ufficiale di negoziazione, come definito dal regolamento previsto dall'art. 25, comma 2, del testo unico, in un mercato regolamentato o in un sistema di scambi organizzati» (4° comma)].

La negoziazione per conto proprio presuppone la titolarità del titolo o del valore mobiliare in capo all'intermediario, che in precedenza lo ha acquistato sul mercato finanziario (cfr. art. 32, 5° comma, REG «....gli intermediari autorizzati comunicano all'investitore, all'atto della ricezione dell'ordine, il prezzo al quale sono disposti a comprare o a vendere gli strumenti finanziari ed eseguono la negoziazione contestualmente all'assenso dell'investitore; sul prezzo pattuito non possono applicare alcuna commissione»).

Nella prestazione del servizio di negoziazione per conto terzi, invece, l'intermediario acquista sul mercato il titolo o valore mobiliare percependo un compenso per tale attività di sostanziale mediazione (cfr. art. 32, 6° comma: «ferma restando l'applicazione delle commissioni e delle spese, il prezzo praticato all'investitore è esclusivamente quello ricevuto o pagato dall'intermediario»).

Nel caso di specie la Cassa di Risparmio di Firenze spa ha dedotto, ma non provato, che non deteneva nel proprio paniere, come sostenuto dalla difesa attorea, i titoli obbligazionari; non ha però dichiarato che per fare fronte alle richieste di acquisto di detti strumenti finanziari ha dovuto acquistate gli stessi sul mercato secondario; tuttavia dal fissato bollato (doc. 1 attore) si legge «operazione eseguita fuori mercato, in contropartita diretta con C.R. Firenze» dalla quale può desumersi, essendo mancata una prova di contrario avviso, che la banca abbia venduto titoli che aveva in suo diretto possesso.

Ma la negoziazione, tuttavia, sia essa per conto proprio o per conto terzi, di strumenti finanziari non può essere equiparata in alcun modo alla sollecitazione all'investimento, perché differenti ne sono i destinatari, un pubblico indiscriminato di soggetti, nel primo caso, il singolo cliente o risparmiatore, nel secondo.

Tale conclusione è assolutamente conforme all'intenzione del legislatore, che ha inteso circondare d'opportune cautele, a tutela dell'investitore, «l'appello al pubblico risparmio», al fine di evitare che le collettività dei risparmiatori sia tratta in inganno da pubblicità e da altre forme di sollecitazione all'investimento in prodotti finanziari di dubbia o scarsa solidità, imponendo all'art. 96 TUF un preventivo controllo di un ente pubblico (la Consob) sulla veridicità delle informazioni diffuse, prevedendo appunto l'obbligo del prospetto informativo, mentre analoga tutela non è affatto prevista, perché all'evidenza non necessaria, nel caso del singolo risparmiatore che intenda investire su quel particolare prodotto finanziario circolante sul mercato c.d. secondario, ossia che intenda acquistare quel prodotto finanziario nella fase successiva al suo collocamento vero e proprio.In proposito deve osservarsi, in sostanziale linea con la tesi difensiva dell'istituto, che la Banca d'Italia, in una pubblicazione a cura del Servizio Studi e dei servizi di Vigilanza intitolato «Lo sviluppo del mercato obbligazionario per le imprese italiane» (cfr, doc. 6 di parte convenuta), ha reputato legittima la prassi delle banche di vendere i titoli anche del proprio portafoglio ai clienti che ne facciano richiesta, nell'ambito di un'attività di negoziazione in conto proprio, precisando (cfr. pag. 29) che «In relazione alla possibile vendita di eurobbligazioni a investitori privati, in Italia l'assenza del prospetto previsto per le offerte pubbliche impedisce alle banche, sia a quelle che sottoscrivono inizialmente i titoli sia a quelle che li acquistano dalle banche collocatrici, di sollecitare il pubblico a comprare valori mobiliari.

Le banche possono tuttavia vendere i titoli del proprio portafoglio ai clienti che ne facciano richiesta, nell'ambito di un'attività di negoziazione in conto proprio. La sequenza "assunzione a fermo [ndr: ovvero, l'acquisto da parte della banca di titoli obbligazionari quotati su un mercato europeo e collocati presso gli investitori professionali, in esenzione alla procedura di appello al pubblico risparmio, esenzione espressamente prevista dall'art. 100, lettera a) TUF] - negoziazione sul mercato secondario" non implica violazione dell'obbligo di prospetto», con la conseguenza che «Non sono messi in discussione né la liceità della vendita di titoli sul mercato secondario, neppure nella fase cosiddetta di grey market, né la presenza di attività in qualche modo "propositive" da parte degli intermediari, a meno che non si ricada nella fattispecie della violazione della normativa sulla sollecitazione all'investimento » (cfr. pag. 29 cit.). Ne consegue che, secondo l'autorevole opinione dell'organo tecnico di vigilanza, la negoziazione alla clientela è sempre lecita e possibile e come tale non necessita di alcun prospetto, anche in presenza di attività propositiva da parte degli intermediari, ed anche quando tale attività di negoziazione su base individuale avvenga nella fase cosiddetta di grey market [«che va dall'annuncio dell'emissione dei titoli (launch day) alla data di regolamento degli stessi e di versamento del ricavato all'emittente (closing day), dura generalmente dalle due alle quattro settimane. In questa fase possono avvenire sia l'iniziale sottoscrizione dei titoli da parte degli investitori professionali (che li acquistano dalle banche collocatrici facenti parte del consorzio) sia la negoziazione degli stessi con la clientela che ne faccia richiesta» - cfr. doc. 6 cit. pag. 30].


III. L'obbligo d'informativa e la documentazione necessaria.

Così come da prospettazione attorea, l'art. 21 TUF prevede, tra l'altro, nella prestazione dei servizi d'investimento che l'intermediario debba: a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati; b) acquisire le informazioni necessarie dagli stessi, operando in modo tale che essi siano sempre adeguatamente informati.

Tali previsioni sono riprese in via di precetti d'attuazione dall'art. 28 REG il quale, rubricato come «Informazioni tra gli intermediari e gli investitori» prevede che «1. Prima della stipulazione del contratto di gestione e di consulenza in materia di investimenti e dell'inizio della prestazione dei servizi di investimento e dei servizi accessori a questi collegati, gli intermediari autorizzati devono:

a) chiedere all'investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio. L'eventuale rifiuto di fornire le notizie richieste deve risultare dal contratto di cui al successivo articolo 30, ovvero da apposita dichiarazione sottoscritta dall'investitore;

b) consegnare agli investitori il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari di cui all'Allegato n. 3.

2. Gli intermediari autorizzati non possono effettuare o consigliare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento».


Delle allegazioni dell'istituto, sul quale deve gravare il relativo onere, mentre è provato con produzione documentale (cfr. nn. 1 e 2) la stipulazione in data 1.4.96 di due distinti contratti, l'uno di deposito titoli a custodia ed amministrazione (doc. 1) e l'altro di negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini su strumenti finanziari (cfr. doc. 2), viceversa non è provato alcunché in relazione all'avvenuta acquisizione delle informazioni dal cliente, posto che la parte a ciò riservata nella modulistica contrattuale predisposta dalla banca (cfr. doc. 2 prima pagina righe da 3 a 7) non risulta affatto compilata, essendo lasciati in bianco sia il riquadro relativo al rifiuto da parte del cliente investitore di fornire le suddette informazioni; né è provato che al cliente investitore sia stata fornita la piú ampia e completa informativa richiesta dalla successiva novella introdotta dal REG, già in vigore al tempo dell'investimento oggi contestato, il quale all'art. 28, prevede la raccolta di informazioni circa l'esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la propria esperienza finanziaria, la situazione finanziaria, i propri obiettivi di investimento, la propensione al rischio.

Deve dirsi, pertanto, che la banca non ha fornito ed acquisito le informazioni suddette né all'epoca in base alla normativa in vigore (L. 1/91) al tempo della stipulazione del contratto né quelle previste dalla normativa in vigore al tempo dell'operazione d'intermediazione.Inoltre, dalla documentazione ulteriormente prodotta, non risulta affatto che la Banca abbia consegnato il documento sui rischi generali d'investimento (cfr. doc. 7), redatto ai sensi dell'art. 28, 1° comma, lett. b) REG, posto che l'asserzione di aver spedito tale documento è sfornita di prova; né la prova della effettiva consegna o della spedizione è stata fornita in altro modo, non avendo la banca richiesto di provare alcunché in proposito ed essendo il documento prodotto privo di una attestazione di ricezione, peraltro neppure contemplata dalla modulistica apprestata dall'intermediario.

Ritiene il Collegio che la Banca non abbia provato di aver adempiuto agli obblighi formali imposti dalla normativa di settore per quanto concerne la raccolta di informazioni rilevanti dagli investitori, omettendo anche di consegnare il documento sui rischi.


IV. L'adeguatezza dell'operazione.

Altra argomentazione attorea per indurre indistintamente la nullità, l'annullabilità del contratto, ma sarebbe più corretto dire dell'ordine d'acquisto delle obbligazioni, nonché la responsabilità della banca intermediaria, è fatto derivare dalla violazione dell'art. 29 REG.

Tale norma prescrive l'onere d'informare il cliente della non adeguatezza dell'operazione per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione, con l'ulteriore onere di acquisire documentazione scritta, ovvero registrata per ordini orali, dell'intenzione del cliente di procedere comunque. La norma prevede altresì che nelle valutazioni dell'adeguatezza dell'operazione gli intermediari tengano conto delle informazioni di cui all'art. 28 REG e di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati.

È evidente, per quanto già detto in precedenza che l'acquisto delle obbligazioni non possa dirsi né adeguato né inadeguato in considerazione degli indici normativi previsti, mentre se si considera il sostanziale andamento dell'estratto del dossier del deposito titoli (cfr. doc. 3 parte convenuta) alla data del 30.6.01, l'operazione non può dirsi certamente inadeguata a quanto concretamente compravenduto dal cliente. Un tal giudizio di desume dalla consistenza del dossier medesimo che vede, unitamente alle obbligazioni de quo, la presenza di titoli quali ad esempio, Credito Valt., Cred. Art. 99, Seat PG Fin. ICF Tosc. Of, che al 31.12.01 si alimenta anche dei titoli Parmalat e Grandi Navi.

Tuttavia è evidente il giudizio su tale argomentazione non può che restare assorbita dalle violazioni in precedenza accertate.


V. Il conflitto d'interessi.

Anche il valore di tale argomentazione resta assorbita da quanto già rilevato in punto delle violazioni precedentemente rilevate.


VI. La violazione della norma di settore e la sanzione della nullità per contrarietà a norme imperative.

Occorre ricordare brevemente che parte attorea induce come domanda principale la nullità dell'acquisto per violazione delle numerose norme imperative, che passa poi ad individuare, che disciplinano la materia, non potendosi attribuire, secondo il consolidatissimo orientamento della Suprema Corte, alcuna rilevanza alla circostanza che tale sanzione non sia prevista, in caso di loro inosservanza.

È necessario ed imprescindibile, quindi, accertare la natura imperativa delle norme regolanti il settore dell'intermediazione finanziaria per poter accedere alla tesi difensiva foriera della nullità dell'ordine d'acquisto.

In via di previsione generale è noto che il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, come dispone l'art. 1414 cod. civ al primo comma.

Al di fuori delle ipotesi in cui la sanzione della nullità è comminata specificamente, prevale in dottrina ed in giurisprudenza la tesi che il primo comma dell'art. 1418 cod. civ. sia espressione di un principio generale diretto a prevedere e disciplinare proprio quei casi in cui la violazione di una norma imperativa non sia sanzionata espressamente con la nullità. Si tratta delle così dette nullità virtuali.

Prevale, infatti, l'opinione che il primo comma dell'art. 1418 cod. civ integri una sorta di norma di chiusura del sistema, espressione di un principio generale volto a disciplinare tutti quei casi in cui alla violazione di una norma imperativa non sia accompagnata una specifica previsione di nullità del contratto.

Occorre, pertanto, accertare di volta in volta, quando, in assenza d'espressa comminatoria della nullità, ci si trovi di fronte ad una norma che possa qualificarsi come imperativa.

In via d'approssimazione generale può certamente affermarsi che assume carattere imperativo la norma posta a tutela di un interesse pubblico. Occorre, quindi, valutare gli interessi che la norma intende tutelare e quando si accerta la loro generalità, ossia il loro trascendere le parti del negozio, o comunque la tendenza della norma alla protezione di finalità fondamentali dell'ordinamento giuridico, allora può dirsi di essere al cospetto di un principio imperativo.

Certamente può ritenersi che la nullità consegua anzitutto dalla violazione di norme costituzionali e di norme ordinarie che costituiscano attuazione dei principi costituzionali.

La giurisprudenza ha ribadito più volte l'affermazione del principio che la natura imperativa della norma violata deve essere individuata in base all'interesse pubblico generale tutelato (cfr. ex multis Cass. 1901/77; Cass. S.U. 2697/72; Cass. 6601/82; e più di recente Cass. 11256/03, relativa ad un caso di dichiarata nullità del contratto avente ad oggetto una fornitura di caffè, in quanto le relative confezioni non recavano la data di scadenza del prodotto, contrariamente alle prescrizioni dettate dagli artt. 3 e 12 del D.P.R 322/82 a tutela della salute del consumatore).

In particolare nell'ambito del settore di attuale specifica rilevanza, quello dell'intermediazione finanziaria, la Suprema Corte (Cass. civ., sez. I, 7.3.01, n. 3272) ha sancito che «...poiché il carattere inderogabile delle disposizioni della l. 2 gennaio 1991 n. 1 (ndr: recante la disciplina dell'attività di intermediazione mobiliare e disposizioni sull'organizzazione dei mercati mobiliari), che prevedono la necessità di iscrizione all'albo della società di intermediazione mobiliare, previo accertamento da parte della Consob della sussistenza di una serie di requisiti, deriva dalla natura, pubblica e generale, degli interessi con esse garantiti, che concernono la tutela dei risparmiatori uti singuli e quella del risparmio pubblico come elemento di valore dell'economia nazionale, è affetto da nullità assoluta il contratto di swap, da annoverare tra le attività di intermediazione mobiliare disciplinate dalla suddetta legge, stipulato in contrasto con la stessa da un intermediario abusivo, atteso l'interesse dell'ordinamento a rimuovere detto contratto per le turbative che la conservazione di esso è destinata a creare nel sistema finanziario generale».

Nello stesso senso, sempre in materia di intermediazione mobiliare, può essere segnalata Cass. 5052/01, la quale ha riaffermato il principio della contrarietà a norme imperative dei contratti swap, stipulati dopo l'entrata in vigore della L. 1/91, da soggetto diverso dalle SIM, essendo contrari a norme da ritenersi imperative, perché dirette a tutelare interessi di carattere generale alla regolarità dei mercati ed alla stabilità del sistema finanziario, e pertanto affetti da nullità.

Passando ad esaminare le norme in questione, in parte anche di natura regolamentare, occorre valutare, al fine di accertare l'ammissibilità ed il fondamento della domanda di nullità per contrarietà a norme imperative, se esse possano definirsi imperative in virtú della finalizzazione alla tutela di un interesse pubblico, e, in secondo luogo, se in tale novero possano ricondursi anche le norme di natura attuativa della legislazione primaria, costituenti l'attuazione dei principi generali posti dal TUF.

Gli ant. 18 e 19 TUF sottopongono i soggetti operanti nel campo dell'intermediazione finanziaria e che si occupino professionalmente dell'esercizio dei servizi d'investimento nei confronti del pubblico, al potere di direttiva, vigilanza ed autorizzazione da parte della Consob e della Banca d'Italia.

L'art. 21 TUF impone ai soggetti abilitati, tra cui le Banche abilitate ai servizi d'investimento, di osservare, nella prestazione di tali servizi ed in quelli ad essi accessori, una serie di obblighi di diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati (lett. a); di acquisire le informazioni necessarie dai clienti, operando in modo che gli stessi siano sempre adeguatamente informati (letti b); di organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il conflitto d'interessi, agendo in situazione di conflitto in modo da assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento (lett. c); di disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l'efficiente svolgimento dei servizi (lett. d); di svolgere una gestione indipendente, sana e prudente, e di adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati.

L'art. 23 del TUF, inoltre, sanziona espressamente con la nullità la mancanza della forma scritta dei contratti relativi alla prestazione dei servizi d'investimento ed accessori, prevedendo la nullità di ogni pattuizione di rinvio agli usi per la determinazione del compenso e di ogni altro onere a carico del cliente per il servizio. Infine, il comma sesto del medesimo articolo dispone che nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi d'investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati (ovvero agli intermediari) l'onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta.

Ancora di rilievo per le finalità premesse, ossia indagare la natura o meno di norma imperativa, sono tutte quelle disposizioni che prevedono tutta una serie di sanzioni penali (da artt. 166 e 187 bis) o amministrative (da artt. 188 a 196) ed in particolare gli artt. 166 e 167 in materia di abusivismo e gestione infedele, quanto al profilo penale, e 188, 190 e 191, quanto al profilo amministrativo.In numerose norme del TUF demandato alla Consob di disciplinare con regolamento alcuni settori o aspetti dell'assetto normativo del testo legislativo.

Di particolare importanza è l'art. 6, comma 2°, del TUF, nel quale è stabilito che: «La CONSOB, sentita la Banca d'Italia, tenuto conto delle differenti esigenze di tutela degli investitori connesse con la qualità e l'esperienza professionale dei medesimi, disciplina con regolamento:

a) le procedure, anche di controllo interno, relative ai servizi prestati e la tenuta alle evidenze degli ordini e delle operazioni effettuate;

b) il comportamento da osservare nei rapporti con gli investitori. anche tenuto conto dell'esigenza di ridurre al minimo i conflitti di interessi e di assicurare che la gestione del risparmio su base individuale si svolga con modalità aderenti alle specifiche esigenze dei singoli investitori e che quella su base collettiva avvenga nel rispetto degli obiettivi di investimento dell'OICR;

c) gli obblighi informativi nella prestazione dei servizi; i flussi informativi tra i diversi settori dell'organizzazione aziendale, anche tenuto conto dell'esigenza di evitare interferenze tra la prestazione del servizio di gestione su base individuale e gli altri servizi disciplinati dalla presente parte».

In virtù di tale delega regolamentare, la Consob ha adottato, con delibera in data 1.7.98, n. 11522, il Regolamento di Attuazione del decreto legislativo 24.02.98 n. 58 concernente la disciplina degli intermediari, pubblicato sulla G.U. S.O. 17.7.98, n. 165.L'art. 1 del Regolamento esordisce specificando che esso è adottato ai sensi degli artt. 6, comma 2, 19, comma 3, 23, comma 1, 27. commi 3 e 4, 28, comma 3, 30, commi 2 e 5, 31, comma 6, lettere d), f), g) e h), 32, comma 2, e 201, comma 8, del decreto legislativo 24.2.98, n. 58, ovvero con riferimento alle disposizioni legislative che demandano alla Consob il relativo potere regolamentare.

Nel concreto, il Regolamento Consob 11522/98 disciplina minuziosamente i servizi d'investimento ed i servizi di gestione collettiva del risparmio, stabilendo, per i primi, che qui interessano, una serie di disposizioni di carattere generale (artt. 26-31), concernenti regole generali di comportamento, regole sui conflitti d'interesse; obblighi di informazioni; operazioni non adeguate e contratti con gli investitori.

A queste seguono le norme per la prestazione dei singoli servizi d'investimento, ripartiti in negoziazione su base individuale (art. 32); ricezione e trasmissione di ordini e mediazione (artt. 33 e 34); collocamento ed offerta fuori sede di strumenti finanziari (artt. 35 e 36); gestione di portafogli e concessioni di finanziamenti agli investitori (artt. 37 e segg.).

Tanto premesso sia sotto il profilo giurisprudenziale che legislativo, il Tribunale rileva che le norme preposte al collocamento di strumenti finanziari, contenute sia nel TUF che nei regolamenti attuativi, non possano che definirsi d'ordine pubblico.

È indice chiaro e non equivoco la loro essenziale e preminente inclinazione ad incidere in un settore contrassegnato da una elevata prevalenza dell'interesse pubblico e dalla natura pubblica e generale degli interessi garantiti dalle predette norme, che concernono la tutela dei risparmiatori e quella del risparmio pubblico in sé considerato come elemento di valore della economia nazionale.

Infatti, è piuttosto evidente che tutta la normativa di settore sia anche diretta attuazione del principio costituzionale previsto dall'art. 47, 1° comma, Cost., secondo il quale «la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina e coordina l'esercizio del credito», ponendosi, quindi, come diretta applicazione del principio costituzionale di doverosa tutela del risparmio.

L'insieme delle disposizioni che sovrintendono all'attività d'intermediazione finanziaria, dunque, deve ritenersi imperativo, perché diretto a tutelare interessi di carattere generale (al risparmio ed alla regolarità dei mercati, che lo regolano, ed alla stabilità del sistema finanziario), come, peraltro, ha ritenuto anche la giurisprudenza di legittimità nel caso di violazione delle norme di cui alla L. 1191 relative al funzionamento delle società d'intermediazione mobiliari già richiamate. Analogamente militerebbe in tal senso anche la disciplina sanzionatoria amministrativa e penale, posto che il prevedere sanzioni amministrative e penali è sintomatico della natura di disciplina emanata a protezione di un interesse pubblico, in tal senso condividendosi quella parte della giurisprudenza per la quale la sanzione amministrativa di per sé è indice espressivo della rilevanza in termini d'interesse pubblico della norma.

In ogni caso nel novero delle norme imperative sopra delineato sono ovviamente da ricondursi anche le norme attuative, quindi quelle di natura regolamentare di cui alla delibera Consob 11522/98, costituenti l'attuazione dei principi generali posti dal TUF, posto che esse costituiscono con il primo un tutt'uno.In conclusione, pertanto, può ritenersi che i contratti conclusi in violazione del complesso delle norme costituito dal TUF e dai relativi regolamenti siano suscettivi di declaratoria di nullità, ove non siano stati in concreto rispettati gli specifici obblighi imposti dall'intermediario finanziario, ovvero manchi la prova del loro rispetto.

Tale conclusione generale deve però essere intesa cum grano salis, dovendosi ritenere sottoposta ad un preciso limite: è necessario che la norma, la cui violazione comporti nullità, abbia un contenuto sufficientemente specifico, preciso ed individuato, non potendosi, in caso contrario, far discendere una sanzione tanto grave, qual è quella della nullità del rapporto, se non a fronte di parametri di comportamento sufficientemente precisi e determinati, pena la violazione del generale principio di legalità, affidando all'alea dell'apprezzamento del giudice il contenuto precettivo di una norma dalla cui violazione discende una sanzione grave come la nullità.

Il rapporto tra violazione e sanzione per quanto detto va ricostruito nei seguenti termini: alla violazione di specifiche regole che l'intermediario è tenuto a rispettare (ad esempio: gli intermediari autorizzati devono chiedere all'investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio; devono consegnare, agli investitori il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari) può conseguire, su domanda del cliente, la nullità del contratto per violazione di una regola di tutela, o di protezione del cliente medesimo, di natura imperativa; alla violazione di norme generali di prudenza e diligenza professionale nel proprio operato, non meglio specificate o codificate in sede regolamentare o attuativa, segue unicamente, in virtù dei principi generali in materia d'inadempimento della obbligazione, ed in particolare, in forza dello specifico disposto dell'ari. 23, 6° comma, TUF l'azione per il risarcimento dei danni.


VI. Conclusioni.

In conclusione deve dirsi che la domanda principale può essere accolta sotto i profili avanzati e discussi in precedenza sub III, posto che ne risulta provato il fondamento, mentre possono ritenersi assorbiti dalla declaratoria di nullità per le predette violazioni, sia il profilo del conflitto d'interesse sia quello dell'adeguatezza dell'operazione d'investimento, sia gli eventuali ulteriormente dedotti.

Viceversa la domanda si è rivelata infondata sotto il profilo della regolarità formale già trattato al punto I.

In conseguenza dell'accoglimento va dichiarata la nullità dell'operazione di acquisto titoli in questione e la convenuta va condannata alla restituzione della somma impiegata per la stessa, oltre che al pagamento egli interessi al saggio legale dal momento dell'esborso, coincidente con la data dell'addebito in conto, fino al soddisfo.

Nello specifico tuttavia essendo pacifico tra le parti (vedasi verbale d'udienza) che il cliente ha provveduto alla vendita delle obbligazioni ricavandone la somma di € 10.500,00, ne consegue che la condanna alla restituzione, in ordine alla cui sola parte permane l'interesse ad agire, dovrà essere limitata al minor importo tra quello sborsato e quello ricavato dalla vendita e cioè ad E 4.538,860, oltre interessi già detti.


- Omissis.